N. 82 - Ottobre 2014
(CXIII)
La teoria dei poteri impliciti
Storie di potere - parte ii
di Laura Ballerini
Il
principio
per
cui
il
potere
può
espandersi
e
incrementare
se
stesso
non
era
noto
solo
negli
Stati
Uniti.
La
dottrina
dei
poteri
impliciti,
infatti,
viene
intesa
come
propria
di
ogni
ordinamento
o
testo
normativo,
anche
in
assenza
di
una
clausola
specifica
che
lo
permetta
come
quella
della
Costituzione
statunitense.
Così,
anche
nel
nostro
paese
i
poteri
impliciti
hanno
trovato
applicazione.
Nell’Italia
repubblicana,
la
storia
dell’applicazione
della
suddetta
teoria
al
diritto
amministrativo
nasce
con
la
pubblica
amministrazione
stessa,
tanto
che
intere
categorie
di
poteri,
per
non
dire
istituti,
in
assenza
di
espressa
previsione
normativa
sono
stati
ricavati
per
implicito.
La
teoria
dei
poteri
impliciti,
dunque,
in
epoca
moderna
nasce
oltremare,
ma
diviene
parte
da
subito
della
storia
amministrativa
della
Repubblica.
In
Italia,
tuttavia,
il
ricorso
ai
poteri
impliciti
non
è
immediato
come
negli
USA,
poiché
il
nostro
ordinamento
segue
il
principio
di
legalità,
in
base
al
quale
ogni
organo
dello
Stato
è
tenuto
ad
agire
secondo
le
disposizioni
di
legge.
Quando
la
Costituzione
impone
esclusivamente
alla
legge
di
disciplinare
una
materia,
si
parla
di
riserva
assoluta
di
legge,
dalla
quale
non
possono
dedursi
poteri
impliciti.
Qualora,
invece,
la
Costituzione
imponga
alla
legge
di
disciplinare
solo
i
principi
di
una
materia,
si
parla
di
riserva
relativa,
dove
spetta
alle
fonti
secondarie
del
diritto
la
normativa
attuativa
e
integrativa
di
tali
principi.
Solo
in
questo
caso
sarebbe
possibile
desumere
delle
competenze
implicite.
La
tendenza
odierna
è
tuttavia
quella
di
codificare
i
poteri
impliciti,
come
è
avvenuto
con
la
legge
n.15/2005.
Tramite
quest’ultima,
infatti,
sono
stati
codificati
i
poteri
prima
impliciti
di
annullamento
d’ufficio,
revoca,
convalida
e
sospensione:
sono
stati
inseriti
limiti
e
presupposti
per
il
loro
uso,
e il
loro
campo
di
applicazione
è
stato
ridotto
e
ben
definito.
Allo
stesso
modo
è
stato
reso
esplicito
il
potere
generale
di
coazione,
ovvero
il
potere
generale
della
pubblica
amministrazione
di
dare
attuazione
ai
provvedimenti
rimasti
non
eseguiti
da
parte
degli
interessati,
pur
intimati
in
tal
senso.
Prima
questo
potere
veniva
fatto
derivare
dal
c.d.
provvedimento
esecutorio
–
ossia
dalla
capacità
della
pubblica
amministrazione
di
provvedere
direttamente
a
dare
attuazione
ai
propri
atti
–
poi
con
l’articolo
21-ter
della
legge
n.
241/1990,
integrata
dalla
n.
15/2005,
si è
stabilito
che
nei
casi
e
con
le
modalità
stabiliti
dalla
legge,
le
pubbliche
amministrazioni
possono
imporre
coattivamente
l'adempimento
degli
obblighi
nei
loro
confronti.
La
teoria
dei
poteri
impliciti
trova
un
più
piccolo
spazio
di
applicazione
anche
nella
dialettica
Stato-
Regioni,
in
seguito
alla
riforma
del
Titolo
V
della
Costituzione,
avvenuta
nel
2001.
Ai
sensi
dell’articolo
3 di
questa
legge,
l’articolo
117
della
Costituzione
ora
espone
quali
siano
le
sfere
di
competenza
esclusiva
dello
Stato
e
quali
quelle
delle
Regioni.
le
funzioni
amministrative
possano
essere
conferite
da
un
ente
all’ente
superiore,
secondo
il
principio
di
sussidiarietà.
La
sussidiarietà
verticale
si
esplica
nell’ambito
di
distribuzione
di
competenze
amministrative
tra
diversi
livelli
di
governo
territoriali
ed
esprime
la
modalità
d’intervento
degli
enti
territoriali
superiori
rispetto
a
quelli
minori,
ossia
gli
organismi
superiori
intervengono
solo
se
l’esercizio
delle
funzioni
da
parte
dell’organismo
inferiore
sia
inadeguato
per
il
raggiungimento
degli
obiettivi.
Questo
pone
l’azione
statale
a un
gradino
superiore
rispetto
a
quella
regionale,
seppur
le
rispettive
competenze
siano
ben
differenziate.
L’articolo
117
citato
enumera
i
campi
d’azione
delle
diverse
realtà
istituzionali,
ma
ciò
non
toglie
che
ci
si
possa
imbattere
in
un
gap
risolvibile
solo
tramite
il
ricorso
alla
Corte
Costituzionale.
È il
caso
della
sentenza
n.303/2003
emessa
dalla
stessa
Corte
e
riguardante
un
conflitto
di
competenza
sui
lavori
pubblici.
La
Corte
si è
sbilanciata
a
favore
dello
Stato,
poiché
non
ritenendo
i
lavori
pubblici
come
materia
di
esclusiva
competenza
dell’una
o
dell’altra
istituzione,
ai
sensi
dell’articolo
117
della
Costituzione,
ha
disposto
dovesse
prevalere
l’autorità
statale
ai
sensi
dell’articolo
118.
In
Italia,
si
può
concludere
che
l’applicazione
della
teoria
dei
poteri
impliciti,
nei
due
campi
sopra
considerati,
non
assume
la
stessa
connotazione
politica
che
ha
luogo
in
America,
bensì
è
maggiormente
inerente
all’aspetto
amministrativo
e
funzionale.
Essendo
l’Italia
uno
Stato
centralizzato
(seppur
con
il
rispetto
delle
sue
autonomie),
non
ha
bisogno
di
ricorrere
ai
poteri
impliciti
per
rimarcare
l’autorità
centrale
e
creare
coesione,
come
negli
USA.
La
Costituzione
italiana
lascia
poco
spazio
ai
poteri
impliciti,
prediligendo
i
principi
di
legalità
e
tipicità.
Le
competenze
non
espresse,
dunque,
non
costituiscono
il
cardine
della
storia
costituzionale
italiana
(come
invece
afferma
Wilson
per
gli
Stati
Uniti),
ma
semmai
sono
uno
strumento
per
coprire
alcuni
vuoti
normativi.
R.
Chieppa
e R.
Giovagnoli,
Manuale
di
Diritto
Amministrativo,
Giuffrè
Editori,
Padova,
2009,
p.
470.