medievale
TEODORA, IMPERATRICE
TRA FASCINO, SEDUZIONE E UN CELEBRE
MOSAICO
di
Francesca Lorenzini
“Era effettivamente bella, piuttosto
piccola di statura, ma di una grazia
estrema. Il viso incantevole, dalla
carnagione olivastra un po’ pallida, era
illuminato da due occhi immensi, pieni
di sentimento, di vivacità, di passione”.
Con questa descrizione Charles Diehl,
famoso bizantinista francese, consegnò
alla letteratura europea dei primi anni
del Novecento la figura di Teodora
imperatrice “scandalosa”, protagonista
di una monografia, fiore all’occhiello
della serie di biografie contenute nella
sua opera principale le Figure
Bizantine.
Proprio nella biografia a lei dedicata,
Diehl, attraverso la sua penna di
storico e la verve tipica dei
grandi appassionati e conoscitori della
materia, riuscì a restituire un ritratto
della sovrana ma, ancor prima, della
donna che seppe dominare il VI secolo
bizantino e conquistare i posteri grazie
alla sua innata spregiudicatezza.
Non sappiamo se, effettivamente, Teodora
potesse somigliare, anche in minima
parte, all’immagine delineata da Diehl
che, nel descrivere il suo aspetto
fisico in maniera così accurata,
sembrava avere Teodora proprio sotto ai
suoi occhi. Probabilmente era davvero
bella, una vera femme fatale ma,
l’unico ritratto autentico e ufficiale
che possediamo è quello che si trova a
Ravenna, nella basilica di San Vitale.
Come notò lo stesso Diehl a suo tempo,
in questa raffigurazione pubblica di
corte è difficile rintracciare
quell’aspetto seduttivo che tanto doveva
aver colpito i contemporanei, gli
abitanti della capitale Costantinopoli e
di tutto l’impero, compreso l’imperatore
Giustiniano: «La figura è rigida
sotto il pesante manto imperiale e
appare più alta; sotto il diadema che
nasconde la fronte il viso minuto,
delicato, dall’ovale un po’smunto, dal
gran naso dritto e sottile, ha una
gravità solenne, quasi malinconica.
Dell’antica bellezza, in quel volto
sciupato non rimangono che gli splendidi
occhi neri sotto la sbarra scura dei
sopraccigli congiunti».
Mosaico in San Vitale, Ravenna
Non erano probabilmente di questo parere
l’artista Gustave Klimt e il drammaturgo
francese Victorien Sardou. Il primo,
riscontrando un fascino incontenibile,
utilizzò proprio la figura di Teodora in
San Vitale per il suo famoso ritratto di
Adele Bloch-Bauer. Il secondo, il 26
dicembre del 1884 portò in scena una
Teodora intrigante, una vera seduttrice,
interpretata non a caso dalla femme
fatale per eccellenza dell’epoca,
l’attrice Sarah Bernhardt la quale, per
l’occasione, fece visita proprio alla
Teodora di San Vitale cercando
ispirazione per gli stessi costumi di
scena.
Oltre alla bella presenza, a imporsi
con forza nell’immaginario collettivo fu
la stessa storia di questa donna.
Impressionò in particolare l’ascesa di
una giovane cresciuta a contatto con il
popolo, dai trascorsi professionali e
sentimentali alquanto discutibili che
arrivò a guadagnarsi, nel vero senso del
termine, la porpora imperiale. E, non
meno importante, il rispetto del suo
popolo e del suo sovrano che, per dirla
con le parole della canzone di Francesco
Guccini, divenne “sposo di puttana”.
Fu proprio questo aspetto della vita di
Teodora che attirò come una calamita gli
occhi degli spettatori contemporaneie
quelli soprattutto dei posteri tanto da
domandarsi con grande insistenza:
Teodora era o no una prostituta?
Quasi sicuramente sì. Secondo la
testimonianza di un grande storico del
periodo Procopio di Cesarea, un
insider della corte bizantina,
durante la sua giovinezza Teodora fu non
solo una ballerina e un’attrice dai
facili costumi e dal dubbio valore, ma
anche una prostituta pronta ad
accompagnarsi con chiunque ricercasse
una “certa” compagnia. Le parole di
Procopio contenute nella sua opera la
Storia Segreta, non lasciano adito a
dubbi.
Eppure, nel considerare le “malefatte”
giovanili di questa ragazza, figlia
forse di un addomesticatore di orsi e
cresciuta nel contesto politico e civile
dell’Ippodromo, si dovrebbe porre
l’accento anche sulla sua grande
capacità di reiventarsi, agire
opportunisticamente a seconda delle
circostanze, in maniera camaleontica,
sfoderando un’intelligenza priva di
scrupoli. Nel parlare di Teodora non è
possibile prescindere dalla sua
precedente esistenza ma, questa, non
deve essere l’unico tassello da
considerare nel variegato mosaico della
figura di donna e di basilissa.
Come scrisse Diehl, Teodora fu molto più
di una semplice, diremmo oggi,
arrampicatrice sociale. Era
intelligente, brillante e arguta, un
vero “uomo di Stato” che seppe non solo
ricoprire il ruolo di imperatrice
consorte, ma anche influenzare il suo
sposo nelle decisioni politiche più
delicate e spinose, che si trattasse di
questioni interne o estere o di
controversie religiose che tanto
infiammarono il panorama del periodo.
Questo aspetto contribuì moltissimo ad
accrescere la potenza e il fascino di
Teodora ma, in maniera opposta, fu
giudicato anche inappropriato e
sconveniente, emblema concreto della
debolezza di Giustiniano. Fu esattamente
il contrario: Teodora fu la sua vera
forza e l’imperatore lo comprese ben
prima di altri. Le lasciò infatti ampio
spazio di manovra come sua prima
collaboratrice avvalendosi sempre del
suo consiglio. La sua intromissione
nelle vicende e negli affari di Stato
divenne la carta vincente della politica
bizantino-giustinianea.
Se la Teodora dei primi anni divertì,
affascinò e scandalizzò Costantinopoli
per il suo spirito ribelle e libertino
fece lo stesso, con indirizzo opposto,
una volta divenuta imperatrice. A non
abbandonare mai Teodora fu quel
sentimento di rancore e rivalsa
mescolato all’orgoglio che determinò la
linea del suo governo. Crudele e
spietata con i nemici, sapeva però ben
ricambiare coloro che le dimostrassero
fiducia e appoggio incondizionato nei
suoi progetti anche quelli più oscuri.
Stando alle parole di Procopio, per
raggiungere i suoi scopi Teodora nella
sua avidità di potere si avvalse sempre
dell’aiuto di individui privi di morale.
Teodora si spense il 20 giugno del 548
d.C, dopo venti anni di regno e una
lunga malattia. Se, nel ritratto
mosaicato di San Vitale è difficile
ammirare la lungimiranza e la
femminilità seduttiva di Teodora, questa
rappresentazione consacra
all’immortalità la donna, la moglie e
l’imperatrice all’apice, in tutta la sua
maestosa autorevolezza.
Riferimenti bibliografici:
Diehl C., Figure Bizantine,
Einaudi, Torino 2007.
Diehl C., Théodora, impératrice de
Byzance,
trad. A.
Fattorini, Castelvecchi, Roma
2015.
Procopio di Cesarea, Carte segrete,
Garzanti, Milano 2008.
Ronchey S., Teodora Femme Fatale,
in Aa.Vv., La decadenza,
Sellerio, Palermo 2002, pp. 19-43.
Ronchey S., Charles Diehl, o del
bizantinismo, in C. Diehl, Figure
bizantine, ed. it., Torino, Einaudi
2007, pp. VII-XIV. |