N. 86 - Febbraio 2015
(CXVII)
Stanislas Wawrinka
Il rovescio che uccide
di Francesco Agostini
Quando
sei
un
atleta
e
hai
la
sfortuna
di
nascere
nella
stessa
nazione
del
tennista
più
forte
di
tutti
i
tempi,
certo
non
si
può
dire
che
tu
sia
proprio
baciato
da
una
buona
stella.
Soprattutto
se
si
sta
parlando
della
Svizzera,
una
nazione
piccola
e
non
particolarmente
generosa
di
talenti,
e il
tuo
connazionale
si
chiama
Roger
Federer.
Chiunque
quindi,
avrebbe
risentito
del
confronto
col
re
del
tennis,
ma
non
Stanislas
Wawrinka,
detto
Stan,
un
atleta
dalle
straordinarie
doti
tecniche
e
dalla
tempra
d’acciaio.
È
proprio
per
questo
motivo,
infatti,
che
il
tennista
svizzero
si è
fatto
tatuare
sull’avambraccio
sinistro
una
frase
dello
scrittore
irlandese
Samuel
Beckett,
che
racchiude
un
po’
tutta
la
sua
visione
di
vita:
“Ever
tried.
Ever
failed.
No
matter.
Try
again.
Fail
again.
Fail
better”
ossia:
“Ho
provato,
ho
fallito.
Non
importa,
riproverò.
Fallirò
meglio”.
Lo
stesso
Wawrinka
ha
così
commentato
il
significato
di
questa
frase:
“È
la
mia
visione
della
vita
e
del
tennis.
Nel
tennis,
se
non
sei
Roger
o
Rafa
o
Andy
o
Nole
non
vinci
tanti
tornei,
perdi
sempre.
Ma
hai
bisogno
di
prendere
gli
aspetti
positivi
delle
sconfitte,
e
tornare
al
lavoro
e
continuare
a
giocare.
Perché
se
una
sconfitta
ti
ammazza,
è
difficile
giocare
a
tennis.
È
semplice”.
Tutto
vero.
Se
non
sei
Roger
(Federer),
Rafa
(Nadal),
Andy
(Murray)
o
Nole
(Djokovic)
è
davvero
difficile
riuscire
a
vincere
qualche
torneo
ma
lui,
lo
svizzero
dalla
tempra
d’acciaio,
ce
l’ha
fatta
comunque,
riuscendo
a
migliorare
progressivamente
il
suo
stile
di
gioco
e
diventando
uno
dei
più
forti
giocatori
del
mondo.
All’inizio
della
carriera
Stan
vince
tornei
importanti
come
quello
di
Umago
o
l’Estoril
Open
e,
in
coppia
con
sua
maestà
Federer
si
aggiudica
per
la
Svizzera
le
Olimpiadi
del
2008
disputatesi
a
Pechino.
Ma
il
meglio
deve
ancora
venire.
Wawrinka,
che
partiva
già
da
un’ottima
base
tecnica,
inizia
a
sviluppare
uno
stile
di
gioco
solido
e
aggressivo
da
fondocampo,
basato
su
un
dritto
giocato
alternato
piatto
e in
top
e un
rovescio
semplicemente
devastante.
Non
a
caso,
per
la
sua
bellezza,
forza
e
precisione
è
considerato
dai
più
come
il
rovescio
migliore
di
tutto
il
circuito
ATP.
Il
tennista
svizzero
è
poi
uno
degli
ultimi
rimasti
a
giocarlo
a
una
mano,
come
si
faceva
una
volta.
A
esso
si
aggiunge
un
servizio
che
spesse
volte
raggiunge
i
200
km/h
e,
se
chiamato
in
causa
dall’avversario,
un
buon
gioco
di
rete.
È
proprio
grazie
a
questo
solido
background
che
Wawrinka
si
appresta
a
vivere
il
suo
miglior
anno
tennistico:
il
meraviglioso
e
ricco
di
soddisfazioni
2014.
Per
prima,
a
gennaio,
arriva
la
vittoria
in
uno
Slam,
mai
conquistato
in
precedenza:
agli
Australian
Open
lo
svizzero
sconfigge
in
quattro
set
Rafael
Nadal
con
incredibile
facilità.
Lo
spagnolo,
infatti,
viene
liquidato
con
un
perentorio
6-3,
6-2,
3-6,
6-3.
Forte
di
questo
successo,
Wawrinka
raggiunge
il
numero
tre
del
ranking
Atp,
la
posizione
più
alta
mai
raggiunta
e
traina
la
nazionale
svizzera
fino
alla
finale
di
Coppa
Davis
contro
i
cugini
francesi.
Qui,
sconfigge
in
singolare
Jo
Wilfried
Tsonga
e,
nel
doppio,
assieme
all’amico
Federer
schianta
in
tre
set
la
coppia
Gasquet
–
Benneteau,
regalando
alla
sua
nazione
la
prima
Coppa
Davis
della
storia.
E
allora,
a
fronte
di
queste
importanti
vittorie
e di
una
carriera
che
ancora
può
dare
tanto,
la
frase
di
Beckett
risuona
ancora
di
più
nelle
orecchie
come
un
vero
e
proprio
mantra
da
seguire,
un
insegnamento
e
una
via
di
vita
verso
più
luminose
e
brillanti
vittorie.