N. 124 - Aprile 2018
(CLV)
Gustavo Kuerten
PICASSO
di Francesco Agostini
Chi
non
si
ricorda
di
Gustavo
“Guga”
Kuerten,
il
brasiliano
dal
capello
selvaggio
e
dal
perenne
sorriso
sulle
labbra?
Con
le
sue
giocate
e il
suo
rovescio
a
una
mano
a
dir
poco
magico
ha
infiammato
le
platee
di
mezzo
mondo
tra
la
fine
degli
anni
novanta
e
l’inizio
del
duemila.
Poi,
purtroppo,
una
interminabile
serie
di
infortuni
ne
compromise
la
carriera.
Ma
non
il
suo
ricordo.
Il tennis è
una
continua
evoluzione.
Cambiano
i
materiali,
cambia
il
modo
di
colpire
la palla,
ora
si
va
molto
più
veloce.
Gli
anni
in
cui Gustavo
Kuerten giocava
(“Guga”
è un
classe
’76)
erano
anni
in
cui
il
calendario
era
molto
più
fitto,
si
giocavano
partite
a un
ritmo
massacrante
e il
gioco
era
sicuramente
più
lento
di
adesso.
In
questo
contesto,
ancora
parzialmente
scevro
dal
“power
tennis”
di
cui
Nadal
sarà
grande
testimone,
un
campione
dalla
classe
infinita
come
Gustavo
Kuerten
riuscì
ad
emergere.
Figura
singolare,
Guga.
Alto
un
metro
e
novanta,
magrissimo,
capelli
ricci
al
vento,
orecchino
e
sorriso
bianco
ma,
soprattutto,
grande,
grande
tennista.
Buon servizio, dritto in top, rovescio
a
una
mano, devastante
sia
incrociato
che
lungolinea.
Ottima
manualità
sotto rete,
con volée sempre
sicure
e
decise, stop
volley di
ottima
fattura
e demi-volée
velenosissime.
Non
a
caso,
Gustavo
Kuerten,
è
stato
anche
un
eccellente
giocatore
di doppio.
Vedere
giocare
Guga
dava
uno
strano
effetto.
Osservare
questo
ragazzone
dinoccolato
muoversi
con
aria
stanca
lungo
il
campo,
quasi
con
un’aria
di
indolenza,
era
diverso
dal
vedere
chiunque
altro.
Sembrava
venuto
da
un
altro
pianeta,
Guga:
in
un
circuito
pieno
di
spagnoli
che
remavano
da
fondocampo
con
forza
e
sudore,
Gustavo
Kuerten
sembrava
leggero
leggero,
così
esile
e
delicato
che
pareva
impossibile
potesse
vincere
contro
di
loro.
E
invece…
A
vederlo
sempre
così
allegro
e
sorridente
nessuno
sospetterebbe
quante
disgrazie
il
brasiliano
ha
dovuto
subire
nella
sua
vita.
Sofferenze
soprattutto
familiari,
che
ne
hanno
temprato
il
carattere
in
senso
positivo.
Quando
delle
tragedie
segnano
la
nostra
vita
solitamente
si
possono
imboccare
due
strade:
chiudersi
in
sé
stessi
e
peggiorare,
umanamente
parlando,
oppure
vedere
il
bicchiere
mezzo
pieno,
divenire
più
sensibili
e
migliorare.
Gustavo
Kuerten
ha
scelto
la
seconda
strada.
Il
padre
di
Guga
era
giocatore
di
tennis,
di
livello
amatoriale,
e
arbitro.
Purtroppo
nel
1985
morì
di
infarto
mentre
stava
arbitrando
una
partita
juniores,
lasciando
il
figlio
orfano.
Ma
non
solo.
Il
fratello
minore
di
Gustavo
Kuerten,
Guilherme,
soffriva
di
paralisi
cerebrale.
Spinto
dall’amore
per
il
fratello
e
dalla
compassione
verso
chi
era
vittima
di
questa
patologia,
faceva
cospicue
donazioni
a
società
brasiliane
che
assistevano
chi
era
malato
di
paralisi
cerebrale.
Regalava
inoltre
tutti
i
suoi
trofei
al
fratello,
morto
nel
2007.
La
sua
aria
allegra
e
spensierata
non
deve
ingannare:
Gustavo
Kuerten
è
stato
un
giocatore
solido
e
cinico,
che
non
mollava
un
15
nemmeno
a
morire,
almeno
fino
a
che
le
sue
anche
hanno
retto.
Non
è un
caso
che
nel
periodo
di
interregno
tra Pete
Sampras e
Roger
Federer,
Guga
sia
stato
anche
numero
uno
del
mondo;
per
la
precisione
alla
vetta
il
brasiliano
ci
arrivò
il 4
dicembre
del
2000.
Tante
le
vittorie:
ben
20
titoli Atp.
Fra
i
tanti
trionfi
spicca
ovviamente
il Roland
Garros fatto
suo
per
tre
edizioni
(1997,
2000
e
2001),
dove
riuscì
a
battere
grandi
tennisti
come
Sergi
Bruguera,
Magnus
Norman
e Àlex
Corretja,
veri
e
propri
ossi
duri
soprattutto
sulla
terra
battuta.
Tra
le
altre
grandi
affermazioni
ricordiamo
soprattutto
la
vittoria
agli
Internazionali
d’Italia
(dove
arrivò
in
finale
altre
due
volte
ma
perse
da
Norman
e da
Ferrero)
e di
Montecarlo
del
1999.
Poi,
purtroppo,
ci
si
misero
di
mezzo
gli
infortuni
a
mettere
i
bastoni
fra
le
ruote
alla
carriera
già
comunque
straordinaria
di
Guga.
Infortuni
alle
anche
terribili,
che
gli
provocavano
lancinanti
dolori,
impossibili
da
superare.
Ancora
oggi
il
brasiliano
ne
porta
le
tristi
conseguenze,
tant’è
che
è
stato
lo
stesso
Gustavo
Kuerten
a
dichiarare
che
“Non
posso
correre
100
metri
in
una
strada
dritta“.
Di
chi
è la
colpa?
Per
Guga
dell’Atp.
Ha
infatti
detto
con
decisione
che
le
partite
da
giocare
nel
circuito
erano
troppe
in
quel
periodo
e
che
questo,
praticamente, sfiancava
il
tennista.
“Sono
sempre
più
convinto
che
anno
dopo
anno
l’ATP
ha
spezzato
il
gruppo
composto
da
me,
Rios,
Norman
e
Safin.
Molti
tennisti
eccellenti
hanno
appeso
la
racchetta
al
chiodo”.
Un
personaggio
come
il
brasiliano
non
può
non
piacere,
è
chiaro.
Questa
sua
simpatia
innata
si è
espansa
trasversalmente
a
pubblico
e
colleghi,
giovani
e
meno
giovani.
Uno
dei
suoi
amici
più
noti
è
Novak
Djokovic.
In
una
esibizione
a
Rio
nel
novembre
del
2012,
infatti,
il
serbo
si è
infilato
una
parrucca
dai
morbidi
ricci
castani
per
imitarlo
e ha
iniziato
il
suo
spassosissimo
show.
Spostamenti
dinoccolati,
continui
movimenti
delle
anche
e
scossoni
della
testa,
tipici
di
quei
piccoli
tic
e
manie
che
ogni
tennista
ha
come
proprio
bagagliaio
personale.
Inutile
dire
quanto
il
pubblico,
Novak
e lo
stesso
Gustavo
Kuerten
si
siano
divertiti
di
questa
simpatica
imitazione
che
ha
riproposto
in
chiave
ironica
uno
sport
che
spesse
volte
viene
approcciato
in
maniera
troppo
seriosa.
Tanti
fra
appassionati
di
tennis,
colleghi
e
giornalisti
hanno
voluto
dire
la
loro
su
Gustavo
Kuerten.
Tra
le
tante
frasi
ne
vogliamo
ricordare
due
in
modo
particolare:
la
prima
di
Rino
Tommasi,
per
anni
la
voce
del
tennis
italiano
assieme
a
Gianni
Clerici,
e la
seconda
di
Evgenij
Kafel’nikov,
uno
dei
suoi
più
grandi
rivali.
Entrambi,
ovviamente,
con
parole
al
miele.
Rino
Tommasi
ha
infatti
detto:
“Guga
ci
voleva
proprio.
Con
le
gambe
di
Mats
Wilander,
la
fantasia
di
Adriano
Panatta
e
l’allegria
di
Yannick
Noah
é il
personaggio
che
John
McEnroe
auspicava
per
il
tennis:
“Un
soffio
d’aria
fresca.
Una
nuova
personalità
per
creare
nuove
rivalità
e
fare
la
differenza
in
un
calendario
troppo
fitto
e
confuso“.
Gustavo
Guga
Kuerten
è
l’emblema
dello
sport
moderno”.
Il
campione
russo
invece,
trionfatore
del
Roland
Garros
nel
1996
e
dell’Australian
Open nel
1999,
ha
invece
descritto
forse
nella
maniera
più
bella
il
grande
campione
brasiliano.
Con
la
sua
frase,
dunque,
vogliamo
chiudere
l’articolo.
In
bellezza,
naturalmente.
“È
difficile
giocare
tutto
il
tempo
dietro
con
un
giocatore
come
Gustavo.
Se
gli
dai
libertà,
lui
è
come
Picasso.
Ti
gioca
un
rovescio
lungolinea,
un
rovescio
incrociato,
fa
qualsiasi
cosa”.