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N. 124 - Aprile 2018 (CLV)

A PROPOSITO Di templari
Ascesa e declino del più famoso ordine del Medioevo
di Manuel Brunati

 

Il 15 luglio 1099 Gerusalemme cadeva sotto il controllo dell’esercito cristiano segnando il trionfo della Prima Crociata indetta da Papa Urbano II nel 1095. Nella loro avanzata verso la Città Santa i cavalieri cristiani avevano sottomesso un vasto territorio esteso tra gli attuali Israele, Giordania, Libano, e Siria.

 

Apparve chiaro da subito ai conquistatori che difendere questi possedimenti avrebbe richiesto nuovi e più gravosi sforzi, tenendo conto del fatto che molti dei reduci della crociata erano fermamente intenzionati a tornare ai loro castelli e alle loro terre in Europa e che certamente i vicini principati musulmani avrebbero presto cercato di riconquistare i territori perduti non potendo accettare che Gerusalemme, considerata città santa anche per l’Islam, rimanesse in mano ad un’orda di barbari infedeli giunti chissà da dove.

 

Fu così che negli anni successivi vennero organizzate nuove spedizioni per sostenere militarmente la difesa del Regno di Gerusalemme, che però riescono solo a limitare e non ad arrestare definitivamente la riconquista islamica che procedette inesorabile.

 

Ogni anno partivano dall’Europa gruppi di cavalieri che prendevano la decisione di servire la causa della Cristianità facendo la sola cosa che essi erano in grado di fare e cioè combattere in difesa del Santo Sepolcro. La maggior parte dei partecipanti alle crociate si impegnava a servire in armi in Terrasanta per alcuni anni per poi rientrare in patria mentre altri cavalieri prendevano la decisione di fermarsi per sempre a Gerusalemme.

 

Tra gli uomini d’arme che decisero di consacrare la propria vita alla difesa dei territori cristiani d’Oltremare c’erano due nobili francesi, Hugues de Payns e Goeffrey de Saint-Omer, entrambi veterani della prima crociata.

 

Una ventina d’anni dopo la presa di Gerusalemme, intorno al 1119, i due decisero di dar vita ad una “associazione”, o per meglio dire un ordine, insieme a un gruppo di compagni d’arme che avevano compiuto la medesima scelta di abbandonare le proprie terra, i propri castelli e le proprie famiglie per in nome dell’ideale crociato.

 

La confraternita si dedicò fin da subito non solo alla difesa dei Luoghi Santi da poco conquistati ma si prodigò anche nella protezione dei pellegrini che ogni anno giungevano numerosi in Palestina dall’Europa.

 

Come segno di benevolenza verso il neonato ordine e gli scopi che esso si prefiggeva, Re Baldovino II di Gerusalemme concesse ai suoi membri la possibilità di utilizzare come quartier generale dell’organizzazione l’ala del Palazzo reale nei pressi della Moschea di Al-Aqsa, in prossimità del luogo in cui si riteneva che, nei secoli passati, sorgesse il Tempio di Salomone.

 

Proprio per questo motivo i membri della confraternita assunsero il nome di “Poveri compagni d’arme di Cristo del Tempio di Salomone”, o più semplicemente di Templari, come sono noti anche a noi.

 

L’Ordine, che fin da subito elesse Hugues de Payns come proprio Gran Maestro, fu riconosciuto ufficialmente da Papa Onorio II nove anni dopo la sua nascita, nel 1128 durante il concilio di Troyes. Fin da subito i cavalieri del Tempio incassarono l’appoggio di Bernardo di Clairvaux, futuro santo e Dottore della Chiesa.

 

Tra il 1129 e il 1136, anno della morte di Hugues de Payns, l’abate di Chiaravalle redasse un celebre trattato, intitolato De laude novae militiae ad Milites Templi (Elogio della nuova cavalleria) nel quale esaltava il coraggio dei guerrieri cristiani e la loro dedizione alla causa fino al martirio. 

In un celebre passaggio dell’opera si legge come “il cavaliere di Cristo uccide in piena coscienza e muore tranquillo” perché “morendo si salva, uccidendo lavora per Cristo”.

 

Bernardo affermava inoltre che quando il combattente cristiano uccide un nemico in battaglia “egli non commette un omicidio bensì un malicidio e deve considerarsi il carnefice autorizzato da Cristo”.

 

In sostanza San Bernardo, in linea con quanto affermato dalla Chiesa, non autorizza l’uccisione di un nemico anche se si tratta di un infedele, (essendo ciò contrario al Quinto Comandamento) ritenendo tuttavia tale condotta necessaria per eliminare il male che il nemico stesso commette.

 

Sarà proprio San Bernardo a dettare quella Regola di vita a cui si conformava la condotta dei Templari, un codice durissimo e pieno di divieti composto in origine di 72 articoli che nel tempo, a seguito di integrazioni successive arriveranno ad essere ben 678. Essi regolavano minuziosamente la vita di ogni templare su ogni aspetto dell’esistenza, come per esempio alimentazione, vestiario, preghiere, rapporti con gli altri membri dell’ordine e con l’esterno.

 

Dalla loro fondazione, nel corso di tutta la durata dell’epopea crociata i Templari presero parte a tutte le guerre combattute in difesa del Regno di Gerusalemme nel tentativo, coraggioso quanto vano, di arrestare l’inesorabile riconquista islamica della Terrasanta.

 

Era fatto loro divieto di usare le armi contro altri cristiani mentre in battaglia erano tenuti a non concedere quartiere al nemico. Qualora fossero caduti vivi nelle mani dei musulmani il loro unico destino era la morte: i cavalieri infatti erano impossibilitati a pagare un riscatto in quanto non possedevano personalmente alcun bene  in ossequio al voto di povertà pronunciato entrando nell’Ordine. D’altra parte anche se l’Ordine era titolare di enormi ricchezze era la stessa Regola a vietare che si sborsasse denaro per il riscatto di un confratello.

 

Per questi motivi tutti i Templari catturati dalle forze di Saladino furono giustiziati dopo la battaglia di Hattin combattuta il 4 luglio 1187. Il sultano, che non era affatto un uomo sanguinario, prese questa decisione perché conscio che quei cavalieri non avrebbero potuto giurare che, in cambio della libertà, avrebbero cessato di combattere contro di lui in quanto se lo avessero fatto avrebbero sarebbero venuti meno al giuramento prestato al momento della loro ordinazione.

 

Quella di liberare un prigioniero “sulla parola” non era tanto espressione della magnanimità del Saladino quanto una consuetudine diffusa e rispettata sia nel mondo cristiano che in quello musulmano.

 

L’Ordine templare abbandonò per sempre la Palestina nel 1291 quando l’ultimo avamposto cristiano, San Giovanni d’Acri, venne conquistato dai mamelucchi d’Egitto.

 

Perduta definitivamente la Terrasanta, i Cavalieri di Cristo accantonarono definitivamente la loro primitiva vocazione guerriera per dedicarsi completamente alla gestione del loro sterminato patrimonio: fin dalla sua fondazione infatti, l’Ordine aveva iniziato a ricevere cospicue donazioni e lasciti testamentari di un numero crescente di devoti, il che rese i Templari detentori di una immensa ricchezza finanziaria e immobiliare.

 

A rendere l’ordine incredibilmente ricco, pensarono anche i nuovi cavalieri che al momento dell’ingresso nella confraternita erano soliti donare ad essa tutte le proprie sostanze o una cospicua quota di esse.

 

L’Ordine divenne così anche una delle prime “holding” bancarie del Medioevo, presente con le proprie filiali in tutto l’Occidente cristiano. Fu però proprio la ricchezza che condusse l’Ordine alla rovina: ridotto in bancarotta il Re di Francia Filippo IV il Bello mise gli occhi sul tesoro dei Cavalieri del Tempio.

 

Come ai tempi sostenuto da Dante Alighieri nel Canto XX del Purgatorio, il Re imbastì una vera e propria cospirazione avente lo scopo, attraverso la soppressione dell’Ordine, di azzerare i suoi debiti nei confronti dei Templari e incamerarne le ricchezze.

 

Venerdì 13 ottobre 1307 venne spiccato un mandato d’arresto per tutti i Templari presenti nel Regno di Francia. I cavalieri arresti furono sottoposti a ripetute torture a seguito delle quali confermarono le loro presunte colpe: sodomia, eresia e idolatria, consistente nell’adorazione di una idolo demoniaco chiamato Bafometto.

 

A seguito delle confessioni il 22 novembre successivo Clemente V diede il via libera all’arresto dei cavalieri nel resto della Cristianità. Il 3 aprile 1312 il papa, attraverso la bolla Vox in Excelso, decretò la definitiva soppressione dell’Ordine.

 

L’ultimo atto della parabola dei Cavalieri del Tempio si consumò il 18 marzo 1314 quando l’ultimo Gran Maestro dell’Ordine, Jacques de Molay, venne arso sul rogo a Parigi.

 

In seguito all’esecuzione cominciò a circolare una sinistra leggenda, secondo la quale prima di essere avvolto dalle fiamme De Molay abbia maledetto il papa, Re Filippo e tutta la sua discendenza.

 

Ciò che appare impressionante è il fatto che tanto il pontefice quanto il re siano morti improvvisamente prima della fine del 1314 e che in capo a quattordici anni scomparvero uno dopo l’altro, tutti senza eredi, i tre figli di Filippo il Bello succedutigli sul trono, Luigi X, Filippo V e Carlo IV, decretando la fine della dinastia.

 

E fu proprio la crisi dinastica innescatasi di conseguenza ad aprire la strada, nel 1337, alle rivendicazioni di Edoardo III d’Inghilterra e al successivo scoppio della devastante Guerra dei Cent’anni.



 

 

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