arte
RIPERCORRENDO LA STORIA DEL
TATUAGGIO
TRA CULTURA ED ESTETICA / III
di Emanuel De Marchis
Scoperte le radici storiche del
tatuaggio e la sua valenza
antropologica, è il momento di uscire
dal sottosuolo per poter scoprire il
tronco, i rami e i frutti di questa
particolare “pianta”. O meglio, di
quest’arte che ci accompagna dalla notte
dei tempi, coinvolgendo eroi,
imperatori, sacerdoti, pirati e persone
comuni. Peraltro, venendo spessa visto,
in area occidentale, non come un
arricchimento artistico, ma come
un’azione deplorevole. Sull’argomento,
esistono d’altronde ancora numerose
remore, pur a fronte a una diffusione
dei tatuaggi che risulta oggi
eccezionale.
Tornando ora alla storia e alle
evoluzioni di tale forma d’arte,
un’importante svolta fu costituita
dall’avvento delle macchinette
elettriche. Nello specifico, e come già
accennato in precedenza, fu l’inventore statunitense Thomas
Edison
(1847-1931) a mettere a punto un
dispositivo elettrico noto come “Elettric
Pen”, da cui nacque tutto. Tale
penna sfruttava il lavoro di un motorino
in miniatura (ma comunque apprezzabile,
visto il periodo storico), che faceva
muovere ad alta velocità un piccolo ago.
Cinque anni dopo, nel 1881, giunse
quindi il tatuatore newyorkese Samuel O’Reilly
(1854-1909),
che fece un upgrade
dell’invenzione di Edison, aumentando il
numero degli aghi e aggiungendo un
serbatoio per l’inchiostro. Era
finalmente nata la prima vera
macchinetta elettrica per tatuaggi, il
cui utilizzo velocizzò enormemente la
realizzazione di tali piccole opere
d’arte. Peraltro, come capita per molte
invenzione, la reale paternità della
macchina per tatuaggi è tuttora
dibattuta. Difatti, contemporaneamente
Samuel O’Reilly, anche un altro
tatuatore, Charly Wagner, cominciò a
usare un congegno simile. Quel che è
certo, è che con la “meccanizzazione”
degli antichi rituali polinesiani con le
bacchette si aprirono nuove porre nel
mondo del tatuaggio.
.
Struttura della macchinetta brevettata
nel 1891 da Samuel O’Reilly
Nel dettaglio, grazie alle macchinette
le linee cominciarono a essere più fini,
armoniose ed eleganti, e nel contempo
anche la manualità e la manovrabilità
risultavano più efficaci. Tutto ciò
permise agli artisti di quell’epoca di
“sbilanciarsi” e passare a stili di
tatuaggio diversificati, in grado di
accontentare un pubblico sempre più
ampio.
Nel 1929 il tatuatore Percy Waters, di
Detroit, sull’onda dei suoi predecessori
brevettò un nuovo modello di macchinetta
che somigliava in tutto e per tutto a
quelli odierni, con due bobine
d’inchiostro (prima se ne utilizzava
solo una). Oltre a ciò, era previsto un
sistema protezione dalle possibili
scintille (che comunque fuoriuscivano in
parte durante l’esecuzione del
tatuaggio). In seguito, tale problema
sarà del tutto risolto grazie all’uso di
condensatori. Quanto a Waters, i suoi
studi ebbero stato un grande impatto sul
mondo dei tatuaggi, anche perché di anno
in anno produsse macchinette sempre
migliori, per un totale di ben
quattordici modelli, molte dei quali in
uso ancora oggi.
.
Una delle macchinette a doppia bobina
progettate da Percy Waters
Un altro grande passo nelle tecniche
tatuatorie venne fatto dall’artista
canadese Carol Nightingale, che nel 1979
prevettò una macchinetta che puntava
molto al design e che ancora oggi
circola tra i cultori di tali oggetti.
Nel frattempo, con l’arrivo del nuovo
millennio, sono state introdotte sul
mercato ulteriori tipologie di
macchinette, sempre più leggere (anche
perché prive di bobine) e simili a delle
penne. Queste nuove strumentazioni
(sulle quali sarà interessante tornare)
hanno fatto sì che i tatuatori possano
oggi esprimere al meglio la propria
arte, lavorando con maggior accuratezza
e, nello stesso tempo, con maggior
velocità e praticità. Senza però mai
dimenticare le radici di un arte che
accompagna l’essere umano fin dalla
nascita. |