N. 144 - Dicembre 2019
(CLXXV)
taormina
storia
della
roccaforte
e
dei
restauri
del
teatro
-
parte
I
di
Giuseppe
Cuscunà
L’intenzione
di
questo
articolo
è
tentare
una
ricostruzione,
tramite
un
connubio
di
storia
e
archeologia,
delle
diverse
fasi
di
costruzione
e
riedificazione
dell’edificio
teatrale
di
Taormina.
Ricostruzione
che
ha
interessato
l’edificio
fino
a
tempi
recentissimi:
si
pensi
che
dopo
il
sisma
del
365
d.C.,
che
modificò
l’assetto
topografico
di
gran
parte
delle
città
della
Sicilia
orientale,
il
teatro
venne
incessantemente
modificato,
le
sue
destinazioni
d’uso
ribaltate,
parti
di
laterizio
riutilizzate,
ricostruite
e
soggette
a
spoliazioni
fino
al
1928,
anno
in
cui
vennero
messe
in
scena
rappresentazioni
teatrali.
Da
questo
momento
in
poi
il
teatro
conobbe
un
periodo
di
relativa
stabilità
architettonica.
Nell’effettuare
una
puntuale
categorizzazione
delle
varie
fasi
di
vita
del
teatro,
procedendo
attraverso
un
parallelismo
con
la
storia,
è
necessario
cominciare
dal
III
secolo
a.C.,
secolo
nel
quale
la
communis
opinio
concorda
nel
collocare
la
prima
fase
di
costruzione
dell’edificio:
prova
ne
sarebbero
alcuni
blocchi
calcarei
poco
lavorati,
ubicati
sotto
la
scaena
romana
dalla
facciata
in
mattoni.
Sear
adduce
effettivamente
un’ulteriore
prova
di
datazione
all’epoca
Ellenistica:
secondo
lo
studioso,
infatti,
anche
alcune
iscrizioni,
rinvenute
sui
sedili
di
calcare
custoditi
oggi
all’interno
della
parodos
occidentale
dell’edificio,
farebbero
supporre
riferimenti
a
personaggi
storici
del
III
secolo
a.C.:
la
teoria
sarà
però
smentita
da
Dimartino.
Il
punto
sarà
affrontato
analiticamente
più
avanti,
dove
verranno
trattate
le
fasi
di
costruzione
e
restauro
del
teatro.
Pertanto,
in
una
prima
parte,
verrà
sintetizzata
la
storia
della
città
di
Taormina
attraverso
l’uso
diretto
delle
fonti
storiche
antiche.
In
una
seconda
parte,
invece,
sarà
analizzata
la
cronologia
delle
varie
fasi
di
costruzione
del
teatro
e
verrà
approntata
una
storia
dei
restauri
fino
all’età
moderna.
La
tradizione
sulla
fondazione
della
roccaforte
sembra
entrare
in
contraddizione,
già
le
fonti
antiche
sembrano
conoscere
versioni
differenti.
Questo
racconta
Diodoro
Siculo
nella
sua
Bibliotheca
historica:
τοῦτον
δὲ
κατειληφότες
ἦσαν
Σικελοί,
συχνοὶ
μὲν
τὸ
πλῆθος
ὄντες,
οὐδένα
δ’
ἔχοντες
ἡγεμόνα.
τούτοις
δὲ
τὸ
μὲν
πρότερον
Διονύσιος
δεδώκει
τὴν
τῶν
Ναξίων
χώραν,
τότε
δ’
ὑπ’
Ἰμίλκου
πεισθέντες
ἐπαγγελίαις
τὸν
λόφον
κατελάβοντο.
ὀχυροῦ
δ’
ὄντος
τούτου,
καὶ
τότε
καὶ
μετὰ
τὸν
πόλεμον
ᾤκουν
αὐτὸν
τεῖχος
περιβαλόμενοι,
καὶ
τὴν
πόλιν
διὰ
τὸ
μεῖναι
τοὺς
ἐπὶ
τὸν
Ταῦρον
ἀθροισθέντας
Ταυρομένιον
ὠνόμασαν.
(Diod.
Sic.
XIV,
59,
1).
“Questa
roccaforte
(Taormina)
era
stata
presa
dai
Siculi,
i
quali
erano
in
grande
numero,
ma
non
avevano
capo
alcuno.
Precedentemente,
a
loro
Dionigi
concesse
il
territorio
dei
Nassiani,
ma
poco
dopo,
indotti
dalle
minacce
di
Imilco
(condottiero
cartaginese),
occuparono
l’altura.
Dal
momento
che
si
trattava
di
un
punto
strategico,
sia
in
quel
momento
che
per
la
guerra,
l’hanno
reso
casa
costruendo
delle
mura
e
dal
momento
che
coloro
che
si
adunarono
rimasero
(μεῖναι)
sopra
il
Toro
(nome
del
monte),
chiamarono
la
città
Ταυρομένιον”.
Aggiunge
successivamente:
ὁ δὲ
Διονύσιος,
τῶν
περὶ
τὸν
πορθμὸν
αὐτῷ
τόπων
κατεσκευασμένων
φιλίων,
διενοεῖτο
μὲν
ἐπὶ
Ῥήγιον
στρατιὰν
ἄγειν,
παρηνωχλεῖτο
δ’
ὑπὸ
τῶν
τὸ
Ταυρομένιον
κατειληφότων
Σικελῶν.
(Diod.
Sic.
XIV,
87,
4).
“Dionigi,
adesso
che
le
città
lungo
lo
stretto
erano
venute
a
rapporti
amichevoli
con
lui,
pianificò
di
condurre
un
esercito
contro
Reggio,
ma
ebbe
problemi
con
i
Siculi
che
abitavano
Taormina”.
Concludendo
poi:
ἦσαν
δ’
αἱ
συνθῆκαι
τὰ
μὲν
ἄλλα
παραπλήσιαι
ταῖς
πρότερον,
Σικελοὺς
δὲ
δεῖν
ὑπὸ
Διονύσιον
τετάχθαι
καὶ
παραλαβεῖν
αὐτὸν
τὸ
Ταυρομένιον.
μετὰ
δὲ
τὰς
συνθήκας
Μάγων
μὲν
ἀπέπλευσε,
Διονύσιος
δὲ
παραλαβὼν
τὸ
Ταυρομένιον
τοὺς
μὲν
πλείστους
τῶν
ἐκεῖ
Σικελῶν
ἐξέβαλεν,
τῶν
δ’
ἰδίων
μισθοφόρων
τοὺς
ἐπιτηδειοτάτους
ἐπιλέξας
κατῴκισεν.
(Diod.
Sic.
XIV,
96,
4)
“Le
condizioni
erano
come
in
precedenza
stabilito,
tranne
per
il
fatto
che
i
Siculi
erano
sottomessi
a
Dionigi
e
che
doveva
ricevere
Taormina.
Dopo
la
conclusione
del
trattato,
Magone
salpò
e
Dionigi,
dopo
aver
preso
possesso
di
Taormina,
bandì
gran
parte
dei
Siculi
che
la
abitavano
e
selezionò
e
trasferì
qui
i
membri
più
fidati
delle
sue
truppe
mercenarie”.
A
quanto
racconta
lo
storico
siciliano,
in
un
primo
momento
fu
Dionigi
il
tiranno
a
concedere
ai
Siculi
il
territorio
di
Naxos,
dopo
averla
distrutta
egli
stesso
nel
403
a.C.;
successivamente
i
Siculi
la
occuparono
e si
spinsero
anche
sul
monte
Tauro,
minacciati
da
Imilco,
e lo
pretesero
pure,
sostenendo
che
i
loro
antenati
lo
abitavano
già
in
un
periodo
antecedente
allo
sbarco
dei
Greci
Calcidesi
nella
baia
(735
a.
C.,
ca.):
la
notizia
sembra
in
effetti
essere
confermata
da
una
necropoli
di
tombe
a
grotticella
artificiale
scavate
in
un
roccione
di
costa
calcarea
risalente
all’età
del
Ferro,
come
suggeriscono
i
frammenti
di
ceramica
del
tipo
piumato
con
decorazione
dipinta
(fine
X
secolo
a.C.
-metà
VIII
secolo
a.C.
la
probabile
datazione
ivi
proposta).
Più
tardi
però
i
rapporti
con
Dionigi
si
inasprirono,
complice
anche
la
mancata
solidarietà
al
tiranno
siracusano
durante
la
sua
guerra
contro
Reggio,
e si
compromisero
a
tal
punto
che
egli
pretese
la
restituzione
della
roccaforte.
Diodoro
ci
fornisce
anche
l’origine
del
toponimo
della
città,
toponimo
sul
quale
le
fonti
sembrano
concordare.
Come
però
nota
Vito
Amico
(Teoria
esposta
nel
Lexicon
topographicum
Siculum),
storico
catanese
che
opera
nella
prima
metà
del
1700,
Diodoro
Siculo
entra
in
contraddizione
qualche
capitolo
più
avanti:
Ἅμα
δὲ
τούτοις
πραττομένοις
Ἀνδρόμαχος
ὁ
Ταυρομενίτης,
Τιμαίου
μὲν
τοῦ
τὰς
ἱστορίας
συγγράψαντος
πατὴρ
ὤν,
πλούτῳ
δὲ
καὶ
ψυχῆς
λαμπρότητι
διαφέρων
ἤθροισε
τοὺς
ἐκ
τῆς
Νάξου
τῆς
κατασκαφείσης
ὑπὸ
Διονυσίου
περιλειφθέντας.
οἰκίσας
δὲ
τὸν
ὑπὲρ
τῆς
Νάξου
λόφον
τὸν
ὀνομαζόμενον
Ταῦρον
καὶ
μείνας
κατ’
αὐτὸν
πλείω
χρόνον
ἀπὸ
τῆς
ἐπὶ
τοῦ
Ταύρου
μονῆς
ὠνόμασε
Ταυρομένιον.
(Diod.
Sic.
XVI,
7,
1).
“Nel
frattempo,
Andromaco
di
Taormina,
padre
di
Timeo,
autore
di
storie,
distinto
per
richezza
e
nobiltà
di
spirito,
riunì
i
superstiti
dell’eccidio
di
Naxos
avvenuto
per
mano
di
Dionigi.
Essendosi
stabilito
sul
monte
al
di
sopra
di
Naxos,
chiamato
Tauro,
ed
essendo
rimasto
lì
un
periodo
considerevole,
la
chiamò
Ταυρομένιον”.
Nel
XVI
capitolo,
al
contrario
di
quanto
affermato
nel
XIV,
Diodoro
racconta
che
fu
Andromaco,
padre
dello
storico
Timeo,
a
radunare
i
Siculi
reduci
dall’eccidio
di
Naxos
sul
colle
limitrofo:
la
così
detta
rifondazione
di
Tauromenium
del
358
a.C.
si
dovrebbe
dunque
a
lui.
Filippo
Cluverio,
geografo
tedesco
di
inizio
1600,
conferma
la
versione
del
XVI
libro:
nei
suoi
Siciliae
antiquae
libri
duo
anch’egli
parla
di
Andromaco.
È
invece
Strabone
che
discorda
sull’origine
dei
primi
colonizzatori
del
promontorio:
non
Siculi,
ma
Zanclei.
καὶ
Κατάνη
δ’
ἐστὶ
Ναξίων
τῶν
αὐτῶν
κτίσμα,
Ταυρομένιον
δὲ
τῶν
Ζαγκλαίων·
(Strab.
Geog.
VI,
2,
3).
“la
fondazione
di
Catania
è da
attribuire
ai
Nassi,
quella
di
Taormina
ai
Zanclei”.
Ad
Andromaco
si
ricollegano
molte
altre
notizie,
sappiamo
ad
esempio
che
fra
tutti
i
tiranni
sicelioti,
egli
fu
l’unico
cui
Timoleonte
permise
di
continuare
a
regnare
indipendente:
fu
questo
un
segno
di
gratitudine,
in
virtù
del
fatto
che,
nel
345
a.C.,
Andromaco
fu
l’unico
tiranno
a
concedere
appoggio
a
Timoleonte
nel
suo
progetto
di
liberare
Siracusa
dalla
lotta
tra
Dionigi
il
giovane
e
Dione.
Una
delle
fonti
che
più
dettagliatamente
affronta
l’evolversi
della
condizione
politica
taorminese,
in
riferimento
al
periodo
immediatamente
successivo
a
Timoleonte,
è
proprio
il
figlio
di
Andromaco:
lo
storico
Timeo.
È
opportuno
precisare
che
Timeo
è
una
fonte
storica
fortemente
viziata
e
imparziale.
Sarà
Polibio
stesso
a
definirlo
fazioso
ed
esagerato
nelle
sue
descrizioni
di
Agatocle:
il
tiranno
siracusano
si
impadronirà
di
Taormina
con
la
forza
ed
esilierà
lo
storico
Timeo,
donde
la
fonte
del
profondo
risentimento
dell’autore,
che
ne
traccia
una
sorta
di
monografia,
dalle
tinte
iperboliche,
nei
libri
XXXIV-XXXVIII
dei
suoi
Sikelikà.
Dopo
Agatocle,
Taormina
soggiace
e
risplende
sotto
Gerone
II:
il
monarca
concesse
l’autonomia,
a
condizione
di
pagamento
di
decima.
Sono
per
Taormina
anni
di
grande
splendore,
è
proprio
in
questo
periodo
storico
che
gli
studiosi
propendono
a
datare
la
prima
fase
di
costruzione
del
teatro.
La
città
resta
siracusana
fino
alla
conquista
romana
del
212
a.C.
(Polyb.
I,
9,
7-8),
anche
durante
la
prima
guerra
punica
Siracusa
mantenne
il
possesso
di
Taormina
(Zonara,
Ἐπιτομή
Ἱστορίων
VIII,
9).
Importante
è il
ruolo
della
città
durante
la
prima
guerra
servile
(134-132
a.C.):
Taormina
venne
usata
come
piazzaforte
dagli
schiavi,
che
riuscirono,
grazie
al
luogo
felicemente
strategico,
collocato
in
cima
al
monte,
a
resistere
a
lungo
nonostante
l’assedio
dell’esercito
romano.
Furono,
tuttavia,
sconfitti
a
causa
del
tradimento
di
uno
degli
schiavi,
uno
tra
i
capi
della
rivolta:
Serapione.
Ce
ne
parla
Diodoro
Siculo:
La
notizia
è
testimoniata
anche
da
una
delle
periochae
di
Tito
Livio:
c’è
un’alta
probabilità
che
nella
versione
completa
venisse
trattata
analiticamente
anche
la
questione
Tauromenium.
P.
Rupilius
cos.
in
Sicilia
cum
fugitivis
debellauit
(Liv.
Hist.
Periochae
LVI,
9).
“in
Sicilia,
Publio
Rupilio
console
concluse
la
guerra
con
gli
schiavi”.
Nel
76
a.C.,
Cicerone
venne
eletto
questore
per
la
città
di
Lilibeo,
odierna
Marsala,
in
Sicilia
Occidentale:
è
proprio
questo
il
periodo
di
composizione
delle
cosiddette
Verrine.
In
questa
serie
di
orazioni,
nelle
quali
l’Arpinate
accusa
l’ex
propretore
Gaio
Licinio
Verre
de
pecuniis
repetundis,
vengono
fuori
dati
importanti
in
riferimento
all’amministrazione
politica
della
provincia:
Dione
Cassio
e
Velleio
Patercolo
ci
raccontano,
fra
gli
altri,
della
disputa
tra
Ottaviano
e
Agrippa
contro
Sesto
Pompeo,
passata
poi
alla
storia
come
Battaglia
di
Nauloco;
sono
state
selezionate
queste
fonti
poiché
nel
resoconto
dei
due
autori
compare
anche
Taormina:
nel
36
a.C.,
infatti,
Ottaviano
riprende
la
città,
occupata
in
precedenza
da
Sesto
Pompeo,
ma
questo
gli
costerà
una
grave
sconfitta.
La
guerra
infine,
non
senza
difficoltà,
sarà
vinta
da
Ottaviano:
a
tal
punto
che
porterà
alla
disfatta
del
partito
pompeiano
e
alla
fine
della
sua
opposizione
al
secondo
triumvirato.
Sarà
poi
nel
21
a.C.
che
Ottaviano,
già
divenuto
Augusto,
invierà
una
sua
colonia
a
presidiare
Taormina,
espellendo
tra
l’altro
tutti
gli
abitanti
a
lui
contrari:
Ancora
nel
II
secolo
d.C.,
Claudio
Tolomeo,
annovera
Taormina,
nella
sua
Geographia,
tra
le
colonie
romane
e
resterà
addirittura
fino
al
906
l’ultimo
lembo
di
terra
dell’Impero
Romano
d’Oriente,
a
testimonianza
dell’inespugnabilità
della
posizione.
E
resterà
romana
almeno
fino
a
quando,
dopo
quasi
due
anni
d’assedio,
a
causa
del
tradimento
di
un
mercenario
messinese,
tale
Tommaso
Balsamo,
sarà
presa
e
rasa
al
suolo
dalle
truppe
saracene
e
dal
loro
capo,
l’aghlabide
Ibrāhīm
II.