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N. 69 - Settembre 2013 (C)

lA PACE DI PARIGI DEL 1814
IL CAPOLAVORO DEL PRINCIPE DI BENEVENTO

di Piergiorgio Stefanucci

 

Con la sconfitta di Napoleone a Waterloo, nel giugno 1815, si chiudeva definitivamente la lunga stagione delle guerre che avevano opposto la Francia rivoluzionaria e napoleonica alla vecchia Europa delle dinastie.

 

Cominciava l’età della “Restaurazione”, ossia della ricostruzione del vecchio ordine europeo infranto prima dell’ondata rivoluzionaria, poi dalle conquiste delle armate napoleoniche. Restaurazione in primo luogo dei sovrani spodestati ma anche degli ordinamenti pre-rivoluzionari tipici dell’Ancien Régime.

 

Si trattava, evidentemente, di un programma irrealizzabile nella sua interezza poiché troppi erano i mutamenti intervenuti nella società e nelle istituzioni, troppo vaste le forze mobilitate nell’uno e nell’altro campo in quasi 25 anni di guerre.

 

Le ideologie e i modelli di governo scaturiti dalle esperienze rivoluzionarie si erano troppo radicati per essere completamente cancellati d’un colpo dal panorama politico-ideologico europeo. Ancora più difficile da rimuovere era l’eredità rivoluzionaria per quanto riguardava le istituzioni politiche e gli ordinamenti giuridici.

 

Un elemento innovativo portato dalla dominazione napoleonica era, senza dubbio, la certezza del diritto e l’uguaglianza formale dei cittadini, ma anche quello dell’organizzazione burocratica e della razionalizzazione delle attività economiche. Tutto rispondeva alle esigenze di una borghesia che aveva acquisito una nuova consapevolezza del suo ruolo nella società.

 

In molti Stati, la restaurazione si risolse in un compromesso tra il vecchio e il nuovo, per adattare le vecchie strutture ad una realtà sociale mutata.

 

Il terreno su cui questa volontà restauratrice si manifestò con maggior decisione fu certamente quello dei rapporti internazionali.

 

Per capire i fondamenti del nuovo assetto continentale è necessario fare riferimento alla firma del Primo Trattato di Parigi con la Francia e, poi, al Congresso riunitosi a Vienna per decidere i futuri destini dell’Europa.

 

L’avvenimento che costituì la base di partenza del Congresso che sarebbe stato convocato a Vienna di lì ad un anno è il Trattato di pace di Parigi, firmato tra le potenze che formavano la coalizione anti-napoleonica (tra cui il Regno Unito, l’Impero Russo, il Regno di Prussia, l’Impero Austriaco) e la Francia.

 

In questo primo importante appuntamento politico-diplomatico, Talleyrand ebbe modo di distinguersi non solo come uomo politico ma, ancor di più, come “negoziatore” ponendo come punto di partenza la sua dottrina secondo cui si sarebbe avuta la pace in Europa solo cancellando le rimanenti usurpazioni napoleoniche.

 

Per fare ciò, bisognava anche garantire alla Francia un governo legittimo e un soggetto garante di quelle istituzioni che erano state così radicalmente estirpate durante il periodo rivoluzionario. Questo soggetto Talleyrand lo vedeva in Luigi Stanislao Saverio di Borbone (Louis Stanislas Xavier), conte di Provenza, fratello di Luigi XVI, ghigliottinato a Parigi il 21 gennaio del 1793. Era lui il legittimo erede al trono di Francia, quel potere legittimo che bisognava ristabilire nel Paese.

 

Solo così si sarebbe potuta fare una pace durevole con i Paesi della coalizione anti-napoleonica, ammesso sempre che essi avessero avuto la saggezza di non abusare della vittoria ormai certa. Fu così che egli riprese i contatti con il Principe di Borbone prima per via epistolare, grazie all’aiuto di alcuni intermediari (quali la duchessa di Fleury), poi attraverso alcuni incontri personali.

 

Per promuovere la necessità di un ritorno alla monarchia borbonica, Talleyrand organizzò presso il suo studio di Rue Saint Florentin un incontro con i rappresentanti di alcune delle potenze anti-napoleoniche, il 31 marzo 1814. Erano presenti l’imperatore di Russia e il suo plenipotenziario De Nesselrode, il Re di Prussia, i rappresentanti dell’Imperatore d’Austria e il Principe di Swarzemberg.

 

In questa sede Alessandro, Zar di tutte le Russie, pose l’accento sull’importanza che «La Francia si dotasse di una Costituzione liberale ispirata da uno spirito di saggezza e benevolenza».

 

Fu proprio approfittando di tale “Spirito illuminato” di cui Alessandro diceva di farsi portavoce che Talleyrand affermò: «Un re qualsiasi imposto con la forza sarebbe deleterio per il nuovo ordine del Paese. Per stabilire una pace durevole, che sia accettata senza reclami, bisogna agire secondo un principio inequivocabile e tutte le forme di opposizione svaniranno in breve. Questo principio si incarna in  Luigi XVIII, poiché è il Re legittimo di Francia».

 

L’affermazione del diplomatico francese, era un chiaro invito alle altre potenze europee a non fare imposizioni di sorta nell’ambito delle trattative per la pace, pena la destabilizzazione del Paese. Oltretutto, nell’affermare ciò, Talleyrand si faceva garante della piena forza e legittimità del Senato, organo sopravvisuto all’avvento rivoluzionario e napoleonico.

 

Il giorno successivo (1 aprile 1814) venne affisso sui muri di Parigi un manifesto, firmato dallo Zar, chiaramente ispirato dalla “dottrina Talleyrand”, su cui si proclamava che le condizioni di pace sarebbero state più miti, se la Francia avesse garantito l’ordine nel Paese con un ritorno ad un governo legittimamente scelto.

 

Inoltre, si proclamava che che i sovrani dei Paesi facenti parte della coalizione anti-napoleonica non avrebbero più trattato con il Bonaparte né con altro membro della sua famiglia. Con questa affermazione lo Zar si assumeva la responsabilità di garantire l’integrità della Francia e della Costituzione che il Paese avrebbe verosimilmente assunto.

 

Il giorno stesso della pubblicazione del suddetto manifesto, il Senato nominò un governo provvisorio di cinque membri con Talleyrand capo, incaricandolo di presentare un progetto di Costituzione. Il giorno successivo, il Senato stesso dichiarò decaduto Napoleone dal trono e conferì il Governo provvisorio della Francia al Conte d’Artois con il titolo di Luogotenente generale del regno, in attesa che il sovrano legittimo facesse ritorno nel Paese da Vestfalia, città in cui si era rifugiato, accettando la Carta costituzionale.

 

I negoziati per la pace iniziarono il 23 aprile, giorno in cui venne firmato un trattato preliminare con cui la Francia si impegnava ad evacuare immediatamente le piazzeforti ancora occupate dalle truppe francesi oltre i confini del 1792, e gli alleati si impegnavano a ritirare i loro eserciti dalla Francia così come era configurata nel 1792. Insomma, un forte segno di fiducia concesso dalle potenze vincitrici alla Francia.

 

L’unico elemento “mancante” era la presenza fisica di Luigi XVIII che, nel mentre, aveva fatto sapere di non approvare integralmente il progetto di Costituzione così come era stato elaborato dal Governo. Il malcontento del sovrano neoeletto, si concentrava su due articoli della stessa, cioè gli artt. 2 e 29 i quali sottolineavano rispettivamente che «Il Borbone avrebbe ottenuto il trono di Francia per volontà dei Francesi» e che «La Costituzione sarebbe stata sottoposta all’accettazione del popolo prima di entrare in vigore».

 

Questa reticenza da parte del sovrano era dovuta al fatto che egli non voleva rientrare in Francia come eletto dal popolo ma come il “Legittimo successore di Luigi XVII”, quindi per “diritto divino e di sangue”.

 

Per facilitare il compromesso, il progetto costituzionale venne parzialmente rimaneggiato e Luigi XVIII, il 3 maggio, rientrò a Parigi, sostituendo il Governo provvisorio con un Governo definitivo in cui Talleyrand avrebbe ricoperto il ruolo di Ministro degli Affari Esteri, continuando a trattare la pace con i vincitori.

 

Talleyrand, nell’ambito dei negoziati di pace, ebbe modo di far comprendere a tutti i rappresentanti delle potenze vincitrici che senza una Francia integra nei suoi confini pre-rivoluzionari non sarebbe potuto esistere un sistema europeo in equilibrio; bisognava, dunque, che la pace fosse accettabile per il Governo francese. Quindi, non solo tutti i progetti di smembramento o di mutilazione furono scartati, ma la Francia del 1792 ricevette ingrandimenti territoriali di una certa importanza quali Mulhouse, Landau e Chambery.

 

La Gran Bretagna, si impegnò a restituire le colonie, i depositi e gli stabilimenti di ogni genere che la Francia possedeva al 1 gennaio 1792 nelle americhe (mare e terraferma), in Africa e in Asia. Gli alleati, poi, rinunciarono ad ogni forma di “riparazione di guerra”; acconsentirono perfino, su domanda di Talleyrand, a non reclamare le opere d’arte che erano state sottratte durante l’occupazione napoleonica in tutta Europa.

 

Fu così che si considerò definitivamente regolata la questione dei confini francesi; tuttavia vi erano ancora dei problemi molto importanti da affrontare, come l’attribuzione ai legittimi Sovrani dei territori che erano stati occupati indebitamente dagli eserciti francesi.

 

Questa operazione di “ristrutturazione diplomatica” sarebbe stata posta in essere in un successivo congresso che avrebbe avuto luogo a Vienna l’anno successivo. Tuttavia, sempre riguardo alla riattribuzione dei territori occupati dai Francesi, non si vollero rimandare alcune questioni molto importanti le cui linee guida furono già fissate al tavolo dei negoziati di Parigi tramite tre articoli segreti:

  

1) L’attribuzione di sovranità all’Olanda alla Casa degli Orange;

2) La garanzia dell’indipendenza degli Stati della Germania che sarebbero, da quel momento in poi, rimasti uniti da un patto federativo;

3) La garanzia dell’indipendenza della Svizzera;

4) La costituzione, in Italia, di una serie di Stati sovrani.

 

I negoziati si conclusero con un trattato firmato a Parigi nel 1814. Questo testo forniva già le grandi linee del nuovo equilibrio europeo che si ambiva costruire.

 

Indubbiamente, l’azione diplomatica di Talleyrand fu fondamentale affinché le trattative non entrassero in una fase di stallo. Ed è anche per questo che non esito a definire la sua azione il primo vero “Capolavoro diplomatico” dell’età della Restaurazione.

 

A Vienna, si sarebbe fatto un lavoro di “rifinitura”, precisando, sviluppando e concretizzando i principii di fondo che furono già decisi a Parigi.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

A. Giardina, G. Sabbatucci, V. Vidotto, Manuale di storia – L’età contemporanea, Roma – Bari, ed. Latenza, 2002

 H. Kissinger, La diplomazia della restaurazione, Milano, Garzanti, 1973

 G. M. Talleyrand – Périgord, Memoires, Paris, Payot, 1987

 J. Pirenne, Storia universale – dall’età dell’Illuminismo alle rivoluzioni del 1830, Firenze, Sansoni Editore, 1978

 G. Lacour – Gayet, Talleyrand (1799 - 1815), Parigi, Payot, 1979

 Duff Cooper, Talleyrand, Milano, ed. Oscar Mondadori, 1974



 

 

 

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