.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

contemporanea


N. 67 - Luglio 2013 (XCVIII)

LA DELEGAZIONE FRANCESE A VIENNA
SULL’AZIONE DIPLOMATICA DI TALLEYRAND

di Piergiorgio Stefanucci

 

Aperto ufficialmente il 1 novembre 1814 e conclusosi con la firma dell’atto finale, il 9 Giugno 1815, il Congresso di Vienna fu il più importante e affollato consesso di sovrani e governanti che si fosse mai visto in Europa.

 

I lavori si svolsero entro una cornice di grande fasto e fornirono l’occasione per una lunga serie di ricevimenti, segno tangibile di un ritorno allo stile e ai modi di vita che avevano caratterizzato l’Ancien Régime. Al Congresso intervennero più di 200 delegazioni, in rappresentanza di tutti gli Stati europei, piccoli o grandi che fossero.

 

Le decisioni più importanti, però, vennero prese all’interno di un gruppo ristretto, di cui facevano parte i delegati delle quattro maggiori potenze vincitrici la guerra contro Napoleone: il Ministro degli Esteri Castlereagh per la Gran Bretagna, il diplomatico Nesselrode e lo Zar Alessandro per l’Impero Russo, il Cancelliere Hardemberg per la Prussia, il Ministro degli Esteri Metternich per l’Austria.

 

In questo gruppo riuscì a inserirsi anche il rappresentante della Francia sconfitta, ossia Talleyrand che era stato recentemente nominato Ministro degli Esteri per opera di Luigi XVIII di Borbone, anch’egli da poco incoronato Sovrano di Francia. Talleyrand riuscì a diventare uno dei protagonisti del Congresso sfruttando i contrasti tra i vincitori e, un po’come era successo a Parigi qualche mese prima, facendo valere a vantaggio del suo Paese il principio di legittimità. In base a questo, dovevano essere innanzitutto restaurati i diritti “legittimi” violati dalla rivoluzione e, dunque, anche quelli dei Borbone di Francia. Ne discendeva che era dovere delle potenze vincitrici fare della Francia monarchica un pilastro del nuovo equilibrio europeo. Grazie a questo approccio dettato dalla Realpolitik, il Paese d’Oltralpe si vide confermato il trattamento di favore ottenuto dal primo trattato di Parigi del 30 maggio 1814.

 

Prima di entrare nel merito dei lavori svolti dal plenipotenziario francese e dalla delegazione da esso guidata all’interno del Congresso, è opportuno analizzare brevemente il modo in cui Talleyrand si preparò ad affrontare tale appuntamento, sulla scorta di alcuni carteggi trovati all’interno del suo studio in Rue Saint Florentin, a Parigi.

 

Essi testimoniano un’intensa corrispondenza tra il Principe di Benevento e il Re Luigi XVIII. Quando il Ministro degli Esteri francese fece richiesta al Monarca di poter rappresentare la Francia al Congresso, il Re non gli negò la sua disponibilità ad assecondare questo desiderio, a patto che gli fosse presentato, prima della partenza, un progetto contenente l’“Agenda” che la delegazione francese avrebbe dovuto seguire al tavolo delle trattative.

 

Tale progetto, senza dubbio, avrebbe anche rappresentato lo spirito di ricostruzione del quale il sovrano francese era intriso e al quale il suo capo-delegazione si sarebbe dovuto ispirare.

 

La bozza di tali “Istruzioni per gli ambasciatori del Re al congresso” (tale era il nome dato al manoscritto), venne realizzata da Talleyrand nel giro di un mese e mezzo. In una trentina di pagine di stampa era contenuta una completa descrizione di tutte le criticità politico-diplomatiche di quel momento, e per ognuna di esse erano presentate le strategie da attuare per arrivare a una loro soluzione.

 

La prima questione importante concerneva l’individuazione degli Stati che avrebbero preso parte al Congresso; poi, si sarebbero dovuti fissare gli argomenti che sarebbero stati messi all’ordine del giorno, la procedura e il metodo con cui tali questioni sarebbero state discusse; infine, la forma delle decisioni che sarebbero state prese e il modo con cui queste sarebbero state, successivamente, implementate.

 

Principio che avrebbe funto da sostrato di tutti i dibattiti, sarebbe stato il principio di legittimità. La corretta applicazione di questo avrebbe risolto, secondo Talleyrand, qualsiasi dubbio di natura operativa che fosse sorto durante i negoziati.

 

Nel seguito delle sue “Istruzioni”, Talleyrand toccò brevemente ogni questione percepita come importante per la Francia: il futuro equilibrio europeo, la regolamentazione del commercio degli schiavi, la gestione delle colonie, tracciando per ognuna di esse le linee della sua politca.

 

Alla fine delle “Linee guida”, il Principe di Benevento elaborò uno schema dei principali interessi “geopolitici” francesi in quel momento, ossia:

- sottrarre il Regno di Sardegna dall’egemonia austriaca;

- detronizzare Gioacchino Murat e far ritornare Ferdinando di Borbone sul trono del Regno di Napoli;

- evitare che la Polonia passasse interamente sotto il dominio russo;

- impedire che la Prussia acquistasse tutta la Sassonia.

 

Le “Istruzioni per gli Ambasciatori del Re al Congresso” vennero firmate nella loro versione definitiva (e solo parzialmente modificata) da Luigi XVIII, una settimana prima che Talleyrand si recasse nella capitale austriaca, il 23 Settembre 1814.

 

Talleyrand ottenne dal sovrano la nomina a capo-delegazione e, come tale, si adoperò per formare la rappresentanza che lo avrebbe accompagnato e assistito nel corso delle varie trattative diplomatiche a Vienna. La sua scelta cadde sul duca di Dalberg, il conte Alexis de Noailles e il marchese de La Tour du Pin-Guvernet.

 

Come detto in precedenza, Talleyrand arrivò a Vienna il 23 Settembre ripromettendosi di far valere e di difendere instancabilmente due principii: l’uno è che la sovranità su un Paese non può essere acquistata a seguito di conquista, né passare al conquistatore se il sovrano non gliene fa cessione (vedi principio di sovranità nazionale); l’altro è che nessun titolo di sovranità ha valore per gli altri Stati se non in quanto essi l’hanno riconosciuto (il cosiddetto riconoscimento internazionale).

 

Tutto ciò, praticamente, si tradusse nel fatto che i Paesi che erano stati annessi alla Francia, nel corso delle campagne di espansione rivoluzionarie prima, e napoleoniche poi, tramite un atto unilaterale, è come se non avessero mai perso la loro sovranità e dovevano quindi essere restituiti ai legittimi Sovrani/Governi.

 

Se tale questione risultava essere abbastanza chiara in linea di principio, grandi difficoltà sorgevano, invece, sulle modalità con cui disporre dei Paesi rimasti senza Sovrano o perché questi vi aveva rinunciato o perché era deceduto. Poiché, come detto in precedenza, la conquista non creava sovranità, le quattro potenze alleate (Austria, Russia, Prussia, Gran Bretagna) non potevano trasferire a un nuovo Sovrano una sovranità che non possedevano. Ciò voleva dire che tale sovranità doveva essere creata ex nihilo. Talleyrand proponeva una semplice soluzione: la sorte dei Paesi rimasti senza Sovrano, doveva essere decisa da tutti i Paesi europei invitati a partecipare al Congresso e non da un gruppo ristretto di Stati.

 

La richiesta di Talleyrand, però, venne disattesa e, in pratica, le quattro corti alleate, qualche giorno dopo l’arrivo del capo-delegazione francese a Vienna, decisero che solo esse avrebbero potuto riassegnare i Paesi rimasti senza Governo/Sovrano dopo la pace di Parigi. Gli altri Stati, Francia e Spagna escluse, sarebbero stati ammessi ai colloqui, potendo intervenire nelle discussioni, per dare il loro parere e presentare eventuali obiezioni, che sarebbero poi state discusse.

 

Peraltro, la Francia non aveva mezzi per opporsi legittimamente a questo atto di forza delle quattro corti vincitrici dal momento che, nel trattato di Parigi del 30 maggio, era stato inserito un articolo segreto il quale diceva chiaramente che la disposizione dei territori sarebbe stata regolata al Congresso sulle basi fissate dalle potenze alleate vincitrici.

 

Si addivenne comunque a un compromesso, concedendo anche ai due Paesi precedentemente esclusi la possibilità di partecipare alle discussioni ma solo qualora le altre parti fossero già giunte a un accordo di massima tale da formare un fronte unito di fronte al quale, in pratica, la Francia avrebbe potuto fare ben poco.

 

Il 30 settembre 1814, Talleyrand venne invitato dal Metternich a una conferenza alla quale avrebbero partecipato anche i rappresentanti di Russia, Gran Bretagna e Prussia.

Tale incontro aveva lo scopo di mettere al corrente i delegati di Francia e Spagna di quanto le potenze alleate avevano deciso fino a quel momento.

 

Austria, Prussia, Russia e Gran Bretagna proponevano che i punti da regolare da parte del Congresso dovessero essere distinti in due tipologie: generali e particolari. Per ciascuna doveva essere costituito un comitato (che definiremmo oggi di “Saggi”) al quale gli Stati interessati avrebbero potuto rivolgersi per esprimere i propri dubbi/perplessità; quando i due comitati avessero compiuto il loro mandato esplorativo, si sarebbe convocato ufficialmente il Congresso.

 

Talleyrand accolse con una certa diffidenza tale proposta, dal momento che essa aveva lo scopo di rendere le quattro potenze alleate padrone assolute di tutte le operazioni dell’assemblea, lasciando Francia e Spagna ai margini.

 

Per questo motivo, qualche giorno dopo, egli inviò una nota ai rappresentanti delle cinque potenze (Spagna inclusa) in cui sostenne che solo il Congresso in sessione plenaria avrebbe avuto piena facoltà di decisione, indistintamente, su qualsiasi questione. Le otto potenze firmatarie del trattato del 30 maggio, invece, avrebbero dovuto avere solo la qualità di commissione incaricata a preparare i vari ordini del giorno da discutere e, nel caso lo si fosse ritenuto opportuno, di formare comitati ad hoc per la trattazione di alcune questioni più specifiche.

 

Essenzialmente, il pensiero di Talleyrand a tal proposito era che l’Europa costituisse un sistema di Stati che avevano la necessità di vivere in un certo rapporto di equilibrio che non doveva essere imposto solo da un gruppo di Stati più potenti ma che doveva corrispondere alle necessità vitali di tutti, vincitori e vinti.

 

In seguito, Talleyrand venne convocato per un colloquio privato da Metternich. Si stava lentamente affermando quella prassi che sarebbe stata in seguito chiamata dagli stessi plenipotenziari presenti a Vienna “Via confidenziale”: per snellire e trattare più velocemente le varie questioni che sarebbero poi state oggetto del concerto viennese, i rappresentanti delle varie potenze preferivano riunirsi in modo ufficioso cercando di tovare punti di azione comuni.

 

In tale occasione il plenipotenziario francese affermò che in linea di principio la Francia non voleva nulla se non il rispetto di alcuni importanti presupposti di fondo (p. es. legittimità, nazionalità, equilibrio). Dopo di che, fece una breve elencazione di quanto egli, come rappresentante della Francia, avrebbe accettato e di quanto avrebbe rifiutato. Per esempio, si sarebbe opposto alla “Consegna” del Regno di Sassonia alla Prussia, né avrebbe mai consentito che fossero dati alla stessa il Lussemburgo e Magonza, né avrebbe mai accettato che i territori russi si espandessero oltre la Vistola e le frontiere dell’Oder. Infine, la Francia voleva la “detronizzazione” di Murat dal Regno di Napoli a favore della casa di Borbone.

 

Fatta eccezione per ciò, il plenipotenziario francese non si sarebbe opposto a null’altro.

Inoltre, vi fu uno scambio di progetti tra i due diplomatici circa le modalità di apertura del Congresso.

 

I due punti di vista coincidevano, con la sola differenza che Talleyrand fissava il regolamento per l’ammissione al Congresso, in modo da escludere Murat; Metternich si limitava ad aggiornare l’apertura dei lavori del Congresso al 1 novembre senza aggiungere nient’altro. Talleyrand acconsentì, a patto che alla dichiarazione relativa all’apertura ufficiale del Congresso per il 1 novembre, si fosse aggiunta una nota che faceva dipendere la legittimità di tale Assemblea dalla conformità o meno che essa avrebbe avuto con i principii di diritto pubblico allora riconosciuti.

 

Qualche giorno dopo, i rappresentanti di Austria, Prussia, Baviera, Hannover e Wurtemberg si riunivano per decidere sul futuro della Germania (all’epoca frammentata in 139 entità politico-statuali). Si decise che bisognava costituire un comitato con l’incarico di preparare la Costituzione tedesca.

 

Era, all’atto pratico, una presa di iniziativa da parte delle cinque corti germaniche più potenti sull’avvenire dell’intero Paese, escludendo così da ogni decisione i piccoli Stati federati e il Congresso intero. Ciò inquietava molto Talleyrand che, nell’eventuale unità della Germania, vedeva un pericolo per l’incolumità futura della Francia.

 

Altra questione delicata, che vedeva un Talleyrand determinato a non cedere, riguardava l’eventuale soppressione o, meglio, “neutralizzazione” della Sassonia.

 

Essa, per il diplomatico francese, doveva rimanere quale Stato autonomo. Nei fatti, Talleyrand cercava degli alleati; se non riusciva a trovare tale appoggio da parte di Metternich, che si era dimostrato troppo remissivo alle richieste russe e prussiane circa il sacrificio della Sassonia (sarebbe stata inglobata dalla Prussia per ottenere parte della Polonia), trovò invece l’appoggio di Castlereagh.

 

Il 30 ottobre, i rappresentanti delle otto potenze firmatarie del trattato di Parigi si riunirono e decisero che una commissione di tre plenipotenziari avrebbe cominciato a operare per quanto riguardava le questioni di interesse più generale. Talleyrand volle proporre, in aggiunta, che tale commissione venisse allargata di lì a breve, a tutte le corti imperiali, reali e alla Santa Sede.

 

Inoltre, sempre Talleyrand propose di affiancare alla commissione generale ben tre commissioni speciali: per la Germania, per l’Italia e per la Svizzera. Le potenze firmatarie del trattato di Parigi avrebbero nominato i membri delle tre commissioni. La proposta venne approvata, seppur con qualche contrasto.

 

Il 1 novembre 1814 venne aperto ufficialmente il Congresso in via plenaria ma solo il 13 novembre, i plenipotenziari delle otto potenze firmatarie del trattato del 30 maggio si riunivano per deliberare sull’elezione delle commissioni speciali.

 

Senza entrare nel merito dei lavori portati avanti dalle commissioni speciali, è opportuno concentrarsi sull’azione negoziale realizzata da Talleyrand circa le questioni che più premevano al diplomatico francese: il destino della Sassonia, della Polonia, del Regno di Napoli e della Confederazione tedesca.

 

Dopo il rifiuto che la Baviera aveva opposto ad aderire a un’eventuale Confederazione, l’Austria stessa si era dimostrata disponibile a salvare il piccolo Stato. Anche la Prussia si stava facendo più conciliante ma, proprio a questo punto, cominciava a essere la Gran Bretagna a creare delle complicazioni.

 

Quest’ultima, infatti, cominciò a insistere affinché fosse creata una grande Prussia che, alleata con l’Austria, facesse da contraltare a un’eventuale alleanza tra Russia e Francia. Talleyrand era assai irritato da questo comportamento immaginando già il danno e l’instabilità che sarebbe nata dall’unione di popolazioni nemiche tra loro all’interno di una Prussia allargata.

 

L’Austria cominciò a convertirsi alla proposta francese di far sopravvivere lo Stato di Sassonia onde evitare un’influenza troppo grande da parte della Prussia sulla Confederazione tedesca. Altro avvenimento cruciale: Castlereagh ricevette dal governo di Londra l’ordine di opporsi insieme alla Francia e all’Austria allo smembramento della Sassonia.

 

L’atteggiamento della Gran Bretagna era mutato e Talleyrand contava di trarre profitto da questo mutamento in modo da spezzare l’intesa tra le grandi Corti alleate e risolvere, in un sol colpo, sia la questione sassone che quella polacca.

 

Talleyrand aveva incontrato Metternich il 14 dicembre e gli aveva proposto di comunicare ufficialmente la posizione austriaca alla Francia (in senso contrario allo smembramento della Sassonia), non limitandosi solo a una comunicazione informale. Se fosse avvenuto ciò, l’Austria avrebbe indirettamente dichiarato di cercare l’appoggio francese contro la Russia e la Prussia.

 

Talleyrand, come a voler dare a tale comunicazione un significato ancor più forte, porse tramite lettera i ringraziamenti ufficiali della Francia all’Austria dimostrandole tutto il sostegno. Nella stessa lettera di ringraziamento, si ribadì il concetto che lo smembramento della Sassonia avrebbe creato un grave squilibrio, pericoloso sia per l’Austria che per la Confederazione germanica stessa.

 

In definitiva, il 3 gennaio 1815 l’Austria, la Francia e poi la Gran Bretagna firmavano una convenzione segreta in cui si impegnavano: «Ad agire di concerto in modo da far sì che le disposizioni che dovevano completare, nell’esecuzione, il trattato di Parigi fossero effettuate nel modo più conforme allo spirito del trattato».

 

La Russia, nel mentre, domandò e ottenne il Ducato di Varsavia eccetto gli antichi distretti della Prussia occidentale che la Russia consentiva di rendere alla Prussia; inoltre essa consentiva a cedere all’Austria una striscia di territorio sulla riva destra della Vistola. Quanto alla Sassonia, Alessandro dichiarò che sarebbe stato giusto sopprimerla e incorporarla totalmente alla Prussia.

 

Alessandro ottenne tutto quello che aveva reclamato rispetto alla Polonia. Quanto alla Sassonia, l’Imperatore di Russia, il Re di Prussia, Metternich, Hardenberg e Talleyrand trovarono un accordo definitivo. La Sassonia sarebbe stata divisa in due parti più o meno uguali. La parte più popolosa sarebbe restata al precedente Re di Sassonia con tutti i confini lungo la Boemia. Un po’più estesa ma meno dotata di risorse economiche e del sottosuolo sarebbe stata la parte data alla Polonia.

 

Vista la rinata minaccia napoleonica che sarebbe durata per circa cento giorni e che si sarebbe conclusa con la battaglia di Waterloo, il Congresso di Vienna, forse in preda alla paura di un qualche risvolto negativo che avrebbe inficiato per sempre quanto era stato deliberato fino a quel momento, sembrò prendere nuovo vigore. Ed è grazie a questo “risveglio” che le altre due questioni care al Talleyrand furono risolte nel giro di circa tre mesi.

 

Rispetto alla questione tedesca, l’urgente necessità di una Confederazione era sempre più sentita: la Prussia e l’Austria si accinsero a preparare un progetto molto liberale di trattato federale. Esso: 1) riconosceva l’uguaglianza di tutti i membri della Confederazione, grandi e piccoli; 2) creava un’assemblea per amministrare gli affari della Confederazione; 3) manteneva le costituzioni esistenti e stabiliva che sarebbero state create costituzioni nuove dove non ne esistevano.

 

Infine, anche la “Questione germanica” ebbe una sua soluzione. Il 29 maggio 1815 la Commissione incaricata di discutere il progetto della Costituzione federale, venne allargata a 24 deputati, uno per ogni sovrano e per ogni città libera tedesca. Questa commissione, nel giro di dieci giorni, discusse e ratificò la Costituzione germanica del 1815 e creò la Germania quale durerà fino al 1866. Sarebbe stata amministrata da una Dieta federale che risiedeva a Francoforte e contava diciassette membri.

 

L’Austria aveva la presidenza della Dieta. All’atto pratico, la Dieta federale subiva la preponderanza delle autorità austriaca e prussiana.

 

Per quanto riguardava le vicende politiche interne all’Italia, Murat, forte della “Riscossa napoleonica” dei cento giorni, cominciò a invadere i territori pontifici e a marciare verso il Po. Aveva però bisogno del sostegno austriaco per poter attraversare tali territori, presidiati dalle truppe asburgiche.

 

Questo appoggio, grazie anche all’azione di convincimento intrapresa da Talleyrand, il quale “calcò la mano” sul pericolo che le truppe murattiane potessero congiungersi con quelle napoleoniche, rendendo la controffensiva delle altre potenze europee ben più complessa, venne a mancare. Anzi, venne dichiarata guerra a Murat il quale, con la firma del Trattato di pace di Casalanza, accettava di deporre la corona. Talleyrand e Luigi XVIII, in pratica, avevano vinto; il Regno di Napoli (dal 1816 cambiò nome in Regno delle Due Sicilie) era ricostituito sotto l’antica dinastia borbonica rappresentata da Re Ferdinando IV (da allora Ferdinando I). Per il resto delle questioni riguardanti l’Italia, Talleyrand si rimise a quanto deciso dall’assemblea.

 

Finiti i lavori del Congresso, il 9 giugno 1815, sette delle otto potenze che avevano firmato a Parigi il Trattato del 30 maggio del 1814 sottoscrissero il celeberrimo Trattato di Vienna da tutti considerato come una delle “Pietre angolari” della dimplomazia del XIX secolo.

 

Charles Maurice Talleyrand-Périgord aveva contribuito, con la sua lungimiranza politica, a far sì che i lavori del Congresso non asumessero una posizione di “stallo”, riuscendo a vincere la diffidenza che gli altri Stati provavano verso la Francia e, al contempo, a trarre vantaggio dai contrasti che erano presenti tra le poteze della coalizione anti-napoleonica.

 

Punto di forza dell’azione politico-diplomatica di Talleyrand al Congresso fu, al contrario di quanto avrebbero voluto fare inizialmente i rappresentanti delle altre grandi potenze presenti, considerare la sola Assemblea e non vari gruppi ristretti, come unico organo “autorizzato” a prendere delle decisioni vincolanti, facendosi portavoce di tutti gli Stati d’Europa. Ciò arginò tutte le tendenze estremistiche e di puro tornaconto personale che altrimenti avrebbero avuto il sopravvento, a detrimento della Francia stessa.

 

È innegabile, comunque, che tali capacità sarebbero state vane nell’ambito della Restaurazione se non fossero state affiancate dall’altrettanta lungimiranza di altri personaggi come Luigi XVIII, lo Zar Alessandro e Metternich.

 

Anche quest’ultimi capirono che la Francia non poteva essere semplicemente oggetto delle ritorsioni ma necessitava di un trattamento, per così dire, di favore, dovuto alla sua innegabile importanza anche sotto un punto di vista militare, economico e, più semplicemente, geografico.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

G. Ferrero, Il Congresso di Vienna – Talleyrand e la ricostruzione d’Europa, Milano, ed. Corbaccio, 1999

G. M. Talleyrand – Périgord, Memoires – vol. II, Paris, Payot, 1987

J. Pirenne, Storia universale – dall’età dell’Illuminismo alle rivoluzioni del 1830, Firenze, Sansoni Editore, 1978

G. Lacour – Gayet, Talleyrand (1799 - 1815), Parigi, Payot, 1979

H. Nicolson, Il Congresso di Vienna, Firenze, ed. La Nuova Italia, 1952

AA.VV., Grande dizionario enciclopedico vol. XVIII, Torino, UTET, 1981

Duff Cooper, Talleyrand, Milano, ed. Oscar Mondadori, 1974



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.