N. 71 - Novembre 2013
(CII)
TARGHe IlluSTRI
In memoria di chi ha reso Roma “immortale”
di Andrea Bajocco
Per
raggiungere
il
significato
ultimo
della
città
“eterna”
(aggettivo
che
è
molto
più
di
un
semplice
epiteto),
ci
si
deve
avventurare
in
cerca
di
quelle
peculiarità
che
la
rappresentano
e la
caratterizzano
rispetto
alle
altre
città,
non
solo
italiane.
Ecco
quindi
che
a
meritarsi
una
menzione
speciale
ci
sono
quelle
targhe
spesso
poco
considerate
e
che
invece
rispecchiano
in
toto
la
straordinaria
grandezza
della
città.
Già,
perché
chi
si è
meritato
di
“entrare”
con
una
targa
all’interno
delle
mura
dell’Urbe,
ha
inevitabilmente
fatto
qualcosa
di
eterno,
qualcosa
per
cui
sarà
sempre
ricordato.
E,
costretti
a
scegliere
tra
centinaia
(non
è un
modo
di
dire)
di
targhe
“in
memoria
di”
e
“in
onore
di”,
ci
apprestiamo
a
presentarne
soltanto
alcune;
le
più
originali,
le
più
curiose,
le
più...
“romane”.
Il
viaggio
che
ci
porterà
alla
scoperta
di
tali
targhe
parte
dal
centro,
da
via
di
Monserrato
per
l’esattezza
(giusto
a
pochi
passi
dalla
sede
della
GB
EditoriA),
dove
campeggia
quella
dedicata
a
Beatrice
Cenci.
“Scocca
la
mezzanotte.
Un’eterea
figura
femminile
passeggia
lungo
Ponte
Sant’Angelo.
Si
affaccia
sul
fiume
Tevere,
poi
torna
a
camminare
silenziosamente.
Fra
le
candide
mani
tiene
la
sua
testa,
recisa
dal
corpo
molti
secoli
or
sono”.
Questa
è la
leggenda
che
si è
creata
intorno
alla
figura
della
giovane
Beatrice.
La
targa
ricorda
il
luogo
da
dove
partì,
in
direzione
del
patibolo,
la
ragazza
condannata
a
morte
per
decapitazione
poiché
aveva
ucciso
–
coadiuvata
anche
dalla
madre
e
dal
fratello
– il
padre,
il
Conte
Francesco
Cenci,
reo
di
continui
abusi
ai
danni
della
figlia.
Spostandoci
verso
via
del
Corso
e
piazza
di
Spagna
arriviamo
alle
targhe
in
onore
di
due
dei
principali
esponenti
del
romanticismo
inglese:
Keats
e
Shelley.
I
loro
nomi
sono
legati
indissolubilmente,
nella
vita
come
nella
morte;
e
non
è un
caso
se
le
loro
tombe
sono
entrambe
poste
all’ombra
della
Piramide
al
cimitero
acattolico.
Come
non
è un
caso
se
le
targhe
in
loro
onore
si
trovano
a
poca
distanza
l’una
dall’altra
e
se,
entrambe
le
lapidi,
menzionino
la
tragicità
delle
morti,
avvenute
prematuramente.
Proseguendo
lungo
il
viale
che
costeggia
il
Muro
Torto,
si
arriva
in
via
Tevere
dove
è
posta
una
targa
spesso
poco
considerata
che
celebra
un
astronauta
romano
(anche
se
il
nome
di
romano
ha
ben
poco):
Michael
Collins.
L’astronauta
fece
parte
della
storica
missione
dell’Apollo
11
al
pari
dei
più
famosi
Aldrin
e
Armstrong.
A
differenza
loro,
Collins
rimase
per
quasi
un’ora
in
orbita
da
solo,
in
un
completo
stato
di
blackout
delle
comunicazioni,
e
riuscì
a
superare
questa
“prova”
grazie
alla
sua
grande
esperienza.
È
anche
per
questo
che,
come
cita
la
targa,
“Roma,
fiera
di
questo
suo
figlio
pose
a
ricordo
perenne”.
Chi
volesse
invece
incappare
nella
targa
posta
in
memoria
di
Tomasi
di
Lampedusa,
scrittore
siciliano
che
meritò
la
consacrazione
internazionale
grazie
al
romanzo
Il
Gattopardo,
si
dovrà
recare
al
civico
5 di
piazza
Indipendenza,
laddove
lo
scrittore
si
spense.
Si
deve
tornare
verso
via
del
Corso
e,
successivamente,
a
Campo
Marzio
per
trovare
le
prossime
due
targhe.
La
prima,
in
onore
di
Johann
Wolgang
von
Goethe,
spiega
come,
nell’edificio
su
cui
è
affissa,
lo
scrittore
“immaginò
e
scrisse
cose
immortali”;
la
seconda,
più
particolare
e
meno
conosciuta,
suggerisce
il
luogo
in
cui
il
quattordicenne
Wolfgang
Amadeus
Mozart
compose
uno
dei
suoi
primi
capolavori
(Litaniae
Lauretanae
Beatae
Mariae
Virginia,
composizione
sacra
dedicata
alla
Madonna
di
Loreto).
Rimanendo
a
Campo
Marzio
e
continuando
a
parlare
di
compositori,
è
decisamente
da
visitare
la
targa
sulla
casa
in
cui
abitò
nientemeno
che
Giuseppe
Verdi.
Vi
rimase
per
un
breve
periodo,
solo
per
l’inverno
del
1859,
giusto
in
tempo
per
regalare
a
Roma
e ai
romani
uno
dei
suoi
capolavori,
Un
ballo
in
maschera,
la
cui
prima
ebbe
luogo
proprio
nella
Capitale,
presso
il
teatro
Apollo
(oggi
conosciuto
come
teatro
Tordinona).
Bisogna
spostarsi
al
di
là
del
Tevere
per
trovare
la
targa
di
Sergio
Leone.
Situata
in
viale
Glorioso,
al
numero
18
per
la
precisione,
dove
il
regista
trascorse
quasi
tutta
la
sua
giovinezza,
fino
ai
vent’anni,
la
targa,
a
differenza
delle
altre,
cita
testualmente
una
frase
dello
stesso
Leone,
attraverso
la
quale
spiegava
la
sua
visione
della
vita:
“Il
mio
modo
di
vedere
le
cose
talvolta
è
ingenuo,
un
po’
infantile
ma
sincero
come
i
bambini
della
scalinata
di
viale
Glorioso”.
Oltre
al
cinema,
Sergio
Leone
è
ricordato
come
vero
simbolo
di
romanità.
Ed è
proprio
per
rimanere
in
tema
di
romanità
che
abbiamo
deciso
di
chiudere
questo
nostro
“viaggio”
con
la
targa
che
celebra
le
case
in
cui
nacquero
rispettivamente
Aldo
Fabrizi
e
Alberto
Sordi.
Per
raggiungere
la
prima,
bisogna
tornare
sui
nostri
passi,
precisamente
in
vicolo
delle
Grotte
10.
La
frase
con
cui
è
ricordato
è in
pieno,
passionale
stile
romano.
In
poche
righe
si
intuisce
il
grande
amore
che
Roma
prova
ancora
per
l’attore:
“Aldo
Fabrizi
è
nato
in
questa
casa.
Qui
comincia
la
lunga
strada
che
avrebbe
percorso
quel
bambino
destinato
ad
amare
le
tavole
del
palcoscenico
quanto
le
tavole
imbandite.
Se
riuscirete
a
fermarvi
un
momento
sentirete
ancora
nell’aria
la
sua
risata.
Aldo
è
ancora
qui,
non
se
n’è
mai
andato”.
La
casa
natale
di
Sordi,
invece,
si
trovava
nel
cuore
di
Trastevere,
in
via
di
San
Cosimato,
di
fronte
al
civico
7.
Già,
si
trovava,
perché
quella
casa
non
c’è
più
e di
conseguenza
la
targa
è
stata
posta
dinanzi
a
dove
era
costruita
“[...]
parte
ormai
indelebile
di
ognuno
di
noi...”.
È
chiaro
che,
come
per
Aldo
Fabrizi,
la
targa
per
Albertone
mostra
in
pochissime
righe
l’immensa
gratitudine
che
la
città
prova
nei
confronti
di
uno
dei
suoi
figli
più
amati...
Questi
sono
solo
alcuni
piccoli
esempi
della
magia
di
Roma.
Una
città
che
trasforma
un
semplice
“muro”
in
meta
per
turisti
(e
non
solo)
i
quali,
leggendo
le
incisioni
sulle
targhe,
possono
immaginare
di
tornare
nel
passato
e di
vivere
al
tempo
di
chi
ha
reso
celebri
i
palazzi
e le
vie
dell’Urbe.