contemporanea
L’UNIONE SOVIETICA E LA “SVOLTA”
GORBACIOV
IL NUOVO MODO DI PENSARE
di Paolo Abati
Sei anni sono trascorsi tra l’arrivo di
Michail Gorbaciov al posto di Segretario
generale del PCUS e la sua rinuncia
forzata alla funzione di Presidente
dell’Unione Sovietica, essendo di fatto
crollata. In questo breve arco
temporale, un’immensa rivoluzione
ideologica, politica, sociale, economica
ha interessato il Paese più grande del
mondo, sconvolgendo e rivoluzionando il
sistema delle strutture statali della
Russia istituite fin dal 1917.
La crisi economica interna a lungo
latente era giunta a maturazione già
nella seconda metà degli anni ‘70. Si
assiste quindi al completo esaurimento e
al fallimento di un regime di comando e
accumulazione e alla conseguente
trasformazione delle istituzioni sia
sociali che economico-politiche, con
l’auspicio di vedere nascere un nuovo
modello statale.
Coloro che, nel marzo 1985, presero il
potere dello stato e del Partito non
potevano ignorare la condizione di crisi
avanzata dell’economia sovietica e
l’indebolimento politico che ne
risultava per il paese sulla scena
internazionale, in un momento tra
l’altro, di estrema tensione. Le
proposte e le riforme da compiere non
dovevano più riguardare una stretta
cerchia di persone, un gruppetto di
“riformisti” che cercavano di migliorare
in modo poco efficace, il funzionamento
del sistema.
Tre furono le parole d’ordine che
costituirono la direzione chiave del
corso delle riforme: Glasnost’,
Uskorenie, Perestrojka.
Effettivamente il modello politico
Sovietico per la prima volta si distacca
da tutta quella tradizione stalinista
che lo aveva contraddistinto.
È necessario quindi nella prospettiva
gorbacioviana formulare il “nuovo modo
di pensare”, esso deve rappresentare lo
scenario nel quale si vanno a incontrare
due nuovi principi socialisti, di
integrazione e di apertura, che sono poi
gli ispiratori della Perestrojka.
Nel “nuovo modo di pensare” si tendono a
rimuovere le cause degli assetti
mondiali e in qualche modo superarli;
uno di questi, il bipolarismo per
esempio ha rappresentato certamente una
forma di regolazione delle relazioni
internazionali, una regolazione
antagonista ispirata nei casi migliori a
criteri di equilibrio, che dal canto
suo, come auspicabile, non ha risolto le
controversie già esistenti e inasprite
nel corso degli anni.
Risulta proprio l’economia essere il
settore adatto per tentare di spiegare
quale fu effettivamente il modo di agire
di Gorbaciov. La pesante eredità del
periodo brezneviano era particolarmente
riconoscibile dalle drastiche condizione
economiche nelle quali imperversava
l’Unione Sovietica.
L’unico tentativo di modifica della
politica economia sovietica, negli anni
‘80, fu approntato da Andropov nel 1983,
che coinvolse alcuni settori
dell’industria e dei servizi in alcune
regioni del paese in un progetto di
autonomia finanziaria e gestionale i cui
esiti non furono mai resi noti.
L’obiettivo principale consisteva nel
passare da un sistema di gestione basato
sul comando, quale si era consolidato il
Paese nell’ultimo mezzo secolo, a un
sistema sostanzialmente nuovo, basato
sull’impiego di metodi economici, sullo
sviluppo del mercato, sulle leve
finanziarie e creditizie, sul
rafforzamento degli incentivi economici,
tutto questo in combinazione con un
processo di democratizzazione
generalizzato.
Di grande importanza risulta essere
proprio la questione della
“democratizzazione”; le tesi adottate
fino a quel momento riconoscevano che
fino a ora il diritto sovietico era
stato essenzialmente uno strumento dello
Stato per applicare la sua politica, uno
strumento quindi per riconoscere
paradossalmente l’impotenza della
società nei confronti dello stato e la
sua amministrazione.
Si rivela però con Gorbaciov la volontà
di rompere con questo sistema,
strettamente stalinista, in modo da
garantire la sicurezza dei cittadini e
soprattutto il desiderio di mostrare
all’estero un’immagine maggiormente
positiva dell’URSS. Si possono dunque
leggere e comprendere i punti essenziali
del tentativo di Gorbaciov di instaurare
il nuovo percorso e la conseguente
rinascita economico-sociale del mondo
sovietico.
Egli si spiega esprimendo l’idea che i
tre mondi, capitalista, socialista e
terzomondista, sono oggetti
interdipendenti, integrati in un mondo
unico: nessuno può prevalere su l’altro
con mezzi militari o economici; cessare
di considerare gli avvenimenti mondiali
esclusivamente attraverso il prisma del
confronto Est-Ovest divenne, per il capo
del Cremlino, la sua principale azione
per il rinnovamento nel quale
l’ideologia deve essere subordinata alle
reali condizioni del contesto mondiale.
Nella soluzione dei problemi specifici
con i quali si sono confrontati i paesi
presi separatamente, devono essere prese
in considerazione le realtà globali date
le nuove necessità. La linea di
demarcazione non coincide più con le
frontiere nate storicamente tra paesi e
blocchi e soprattutto tra classi e
partiti.
In questa fase di “seconda rivoluzione”
uno dei primissimi punti del programma
gorbacioviano fu quello di ridurre la
spesa per la corsa agli armamenti,
diventato ormai insostenibile per
l’Unione Sovietica. Gorbaciov si impose
come il vero iniziatore e “maestro”
della nuova politica russa attraverso il
suo incontestabile talento di mediatore
e la sua capacità di dare all’URSS nuova
vitalità.
I compiti fondamentali, ha sostenuto
Gorbaciov nel suo rapporto politico al
XXVII congresso del PCUS nel febbraio
1986, degli sviluppi economici e sociali
del paese determinano anche la strategia
internazionale del PCUS. L’obiettivo
principale era estremamente chiaro:
assicurare al popolo sovietico la
possibilità di lavorare in un clima di
pace e stabilità. Questa in sostanza è
la massima esigenza programmatica del
partito nei confronti della politica
interna ed estera.
Anche con la Cina, Gorbaciov espresse il
desiderio di un sensibile miglioramento
della relazioni. In un discorso
pronunciato il ventotto luglio 1986,
affermò che due dei tre ostacoli per la
normalizzazione delle relazioni, la
questione afghana e le tensione alla
frontiera sarebbero stati prossimamente
tolti.
Nell’autunno 1990, a cinque anni e mezzo
dopo il lancio della Perestrojka, l’URSS
era entrata tanto sul piano interno che
su quello delle relazioni con il resto
del mondo, in una nuova fase della sua
storia. La “rivoluzione degli spiriti si
stava verificando e rendeva possibile il
ritorno allo statu quo ante.
Riferimenti bibliografici:
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in Storia della Russia del novecento,
dall’Impero russo alla comunità degli
stati indipendenti 1900-1999, Il
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V. Bunce, The Soviet Union under
Gorbachev: Ending Stalinism and ending
the Cold war, International
JournalVol.
46, No. 2, Understanding Global Change
1991.
G. Vacca, Pensare il mondo nuovo,
idee di M. Gorbaciov, Giovanni Paolo II,
Willy Brandt, Alexander Dubcek, Julius
Nyerere. L’Unità, Roma 1989.
Vita o Fine della Perestrojka
a cura di Centro studi paesi dell’Europa
centrale e orientale.
Da “Fondazione Istituto Gramsci”,
l’Unità, Roma 1990.
H. Addomeit, Imperial Overstretch:
Germany in Soviet Policy from Stalin to
Gorbachev: An Analysis Based on New
Archival Evidence, Memoirs, and
Interview, NomosVerlagsgesellschaft
mbH, 2016. |