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N. 107 - Novembre 2016 (CXXXVIII)

SULLA PITTURA PERSIANA

DALLA CONVERSIONE ALL’ISLAM AL XVIII SECOLO
di Niloufar Zekavat

 

La pittura persiana fino alla seconda metà del XVIII secolo è caratterizzata, sostanzialmente, dall’illustrazione dei manoscritti e dei libri. Le prime pitture realizzate nel territorio persiano risalgono all’epoca preistorica e si trovano nelle grotte di Doushe, situate nell’ovest del Paese (Figura 1).

 

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Figura 1

 

La storia della Persia, come ben sappiamo, è divisa in due fasi: l’epoca preislamica e quella islamica. Del periodo preislamico non sono presenti opere pittoriche vere e proprie, salvo alcune forme della pittura realizzate su tessuti, tappeti, monete, vasellami e mosaici. Le produzioni artistiche preislamiche rispecchiano la vita imperiale (Figura 2) e sono caratterizzate dalle scene di caccia (Figura 3) e da alcuni elementi simbolici come il leone, aquila, ariete, animali fantasiosi (Figure 4, 5), sole e luna che rappresentano il potere imperiale.

 

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Figura 2- Ardashir II (309-383 d.C.). Imperatore della dinastia Sasanide dal 379 al 383

 

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Figura 3- Cosroe I (501-579 d.C.). Imperatore della dinastia Sasanide dal 531 al 579

 

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Figura 4- Ariete. Mosaici di Susa

 

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Figura 5- Animali fantasiosi. Mosaici di Susa

 

Le prime opere pittoriche, giunte a noi, risalgano ai primi decenni della conversione della popolazione persiana all’Islam e hanno un uso sostanzialmente decorativo. Dalla diffusione dell’islamismo, la pittura si trasforma in uno strumento ornamentale per i manoscritti. Queste illustrazioni, per le loro dimensioni minuscole, sono chiamate Miniatura. I manoscritti illustrati, oggi presenti, sono di varia tipologia (da quelli storici a quelli letterari, da quelli religiosi a quelli scientifici); le immagini con la loro espressività sono in piena linea con il tema dell’opera (Figure 6, 7), l’intento è di raccontare al popolo incolto il contenuto del libro.

 

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Figura 6- Incontro di due sciacalli. Calila e Dimna, raccolta di apologhi di origine indiana, tradotta e rielaborata in arabo da una versione Pahlavi del sec. VI, da Ibn al-Muqaffa (secolo VIII). Il titolo del libro corrisponde al nome dei due sciacalli, Karataka e Damanaka (arabizzati in Kalīlah e Dimnah)

 

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Figura 7- San Giona e il pesce. Il Compendio delle Cronache, scritto da Rashid Al Din Hamadani

tra il 1305 e il 1306

 

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Figura 8- La guerra di Ali Ibn Abi Taleb in Khorasan.

 Khavaranameh (Il Libro d’Oriente), poema epico, scritto da Ibn Hosam Khosefi tra il 1476 e il 1486

 

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Figura 9 - I medici e la produzione del farmaco universale denominato Taryagh.

Al Taryagh, scritto nel 1196. [Biblioteca Nazionale di Parigi]

 

Del primo centennio della conversione della Persia all’Islam, quindi del periodo del califfato degli Omayyadi (661-750), non è presente alcuna opera pittorica realizzata su carta, ma possiamo apprezzare gli affreschi dei palazzi imperiali e delle moschee.

 

Durante il regno della dinastia califfale degli Abbasidi (750-1258), con sede a Baghdad, l’illustrazione dei manoscritti trova di nuovo la sua importanza: nasce, così, la prima scuola di miniatura persiana.

 

In ciascun periodo storico i sovrani chiamavano alla corte regia gli artisti da tutto il territorio, allo scopo di creare nuove opere. Per quel che concerne l’arte della miniatura, le scuole nate e diffuse prendevano il nome della capitale della dinastia, ossia la città dove la scuola affondava le proprie radici.

Da notare che le opere di una determinata scuola, pur essendo realizzate da diversi artisti, si somigliano molto tra loro: ciò è dovuto al fatto che il miglior artista selezionato dal sovrano veniva seguito da tutti gli altri.

 

Come accennato, la prima scuola della miniatura nasce a Baghdad e unisce le principali caratteristiche dell’arte sasanide e di quella bizantina (Figura 6). Le miniature di questa scuola compaiono su opere principalmente letterarie e scientifiche. Gli aspetti comuni delle opere sono: la raffigurazione poco complessa degli abiti, l’uso del rosso bordeaux e l’illustrazione delle ali, considerata la peculiarità dell’arte sasanide. Sfortunatamente, la maggior parte delle opere di questo periodo è scomparsa durante le invasioni mongole del XII secolo.

 

Il primo movimento artistico puramente persiano è quello selgiuchide. Le opere di questa scuola, come quella precedente, possiedono quasi tutte le caratteristiche dell’arte sasanide, ma con alcune proprietà di quella manichea, tra cui l’illustrazione dell’alone di luce che avvolge i personaggi (Figura 10).

 

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Figura 10 - Varqa e Gholshah, scritto in versi da Ayyuqi nel X secolo.

[Biblioteca del Palazzo Topkapi, Istanbul]

 

Le opere oggetto di illustrazione sono, in effetti, i classici della letteratura persiana; si nota inoltre un uso ricorrente dei motivi arabeschi. I colori più frequenti in queste opere sono il rosso, il verde e il blu.

 

Nelle illustrazioni di tutta la storia della pittura persiana si osserva, altresì, una particolare accuratezza nella raffigurazione degli abiti. A questo proposito bisogna far notare che la scuola selgiuchide, a differenza di quelle precedenti e successive, tende a raffigurare gli indumenti con motivi molto semplici.

 

Con la conquista della Persia dai mongoli nel XIII secolo, la città di Tabriz diventa la sede principale dell’Ilkhanato mongolo. All’ordine di Rashid Al Din Hamadani si costituisce a Tabriz un’officina artistica, dove nasce, appunto, la scuola di Tabriz, detta anche scuola di Rab-e Rashidi. Le illustrazioni di questa scuola, come vediamo nella Figura 11, presentano alcune caratteristiche del lontano Oriente, soprattutto della Cina. Questa grande influenza deriva, in realtà, dall’effetto diretto dell’arte mongola su quella persiana e dalla costruzione della Via della Seta; quindi, dal viaggio degli artisti in Asia Orientale.

 

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Figura 11 - La conversione di Ghazan Khan (settimo sovrano dell’Ilkhanato mongolo) all’Islam.

Il Compendio delle Cronache, scritto da Rashid Al Din Hamadani tra il 1305 e il 1306

 

Con la creazione dell’officina artistica, le illustrazioni non erano realizzate più da un solo illustratore, ma da un gruppo di artisti. Le caratteristiche principali di questa scuola sono: i movimenti dei soggetti presenti nell’opera illustrata, la raffigurazione di alberi curvati, le nuvole ondeggiate e l’abbandono dello stile arabo, soprattutto nella raffigurazione degli indumenti.

 

Durante il regno dell’Ilkhanato nasce a Shiraz, la città salvata dalla conquista mongola, una nuova scuola che riprende le caratteristiche della miniatura persiana (Figura 12). Due secoli più tardi la scuola di Shiraz diventerà una delle scuole più importanti della storia della miniatura persiana.

 

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Figura 12 - Bahram V (quattordicesimo sovrano sasanide) nella casetta del contadino.

Shāh-Nāmé (Il libero dei Re), scritto da Ghavam Al Din Hassan.

[Biblioteca Nazionale Russa, San Pietroburgo]

 

Le officine artistiche costruite a Shiraz non hanno legami con la corte regia e, di conseguenza, la realizzazione delle opere avviene senza alcun sostegno economico da parte dell’Impero. Ciò nonostante, i libri illustrati dagli artisti della scuola di Shiraz sono i primi a essere esportati all’estero, soprattutto in India e in Turchia.

 

Gli esperti delineano le tre seguenti caratteristiche per la scuola di Shiraz: tracce dell’arte sasanide, uso dei colori caldi e presenza significativa di elementi simbolici.

 

Con la decadenza dell’Ilkhanato mongolo, la conquista della Persia da Tamerlano e la fondazione dell’Impero Timuride (1370-1507), nasce una nuova scuola che include le caratteristiche delle tre scuole di Baghdad, Tabriz e Shiraz. La scuola diffusa nella corte regia, denominata Gialayeri abbandona completamente le caratteristiche sia dell’arte cinese sia di quella bizantina, ed è caratterizzata dalla raffigurazione dei paesaggi, dalla luminosità e varietà dei colori, dai motivi floreali e dall’uso della prospettiva (Figura 13). A partire da questa epoca, la miniatura persiana non ha più una funzione complementare, ma occupa una pagina intera.

 

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Figura 13 - Homa e Homayun.

Homa e Homayun, scritto da Khwaju Kermani nel 1396. [British Museum, Londra]

 

In questo stesso periodo l’arte calligrafica inizia ad affiancarsi a quella illustrativa. Mentre i temi centrali delle scuole precedenti sono caratterizzati dalla guerra, dall’eroismo e dagli avvenimenti storici, la scuola Gialayeri si focalizza sulle tematiche a carattere mistico e amoroso. Le caratteristiche della scuola di Shiraz, come accennato prima, vengono riprese nel XIV secolo, ma con alcune varianti, tra cui l’uso delle immagini simmetriche, la rappresentazione realistica dei paesaggi, le raffigurazioni del tramonto e dei vegetali (Figura 14).

 

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Figura 14- La battaglia tra Bahram Chobin e Sava Shah.

Shāh-Nāmé (Il libero dei Re). [Los Angeles Country Museum of Art]

 

Dopo la morte di Tamerlano e l’ascesa al trono di suo figlio Shahrokh (1377-1447), la capitale della dinastia si sposta a Harat. Su richiesta del principe, che fu uno dei calligrafi più abili dell’epoca, presso la corte regia viene costruita una biblioteca, che diventa l’officina degli artisti provenienti, su invito, da tutto il territorio persiano.

 

Le illustrazioni di questo periodo sono simili a quelle della scuola di Shiraz, ma con alcune differenze: per esempio, le raffigurazioni non sono più simmetriche, gli elementi vegetali sono meno fantasiosi e più vicini alla realtà, il soggetto principale è posizionato al centro del quadro e il colore dominante è l’azzurro (Figura 15).

 

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Figura 15- L’attacco del leone al toro.

Calila e Dimna, raccolta di apologhi di origine indiana, tradotta e rielaborata in arabo da una versione Pahlavi del sec. VI, da Ibn al-Muqaffa (secolo VIII)

 

Con le sue caratteristiche particolari, la scuola di Harat è considerata la seconda scuola più importate della storia della miniatura persiana. È alla scuola di Harat e specialmente a Kamal ud Din Behzad (1450-1535), infatti, che si devono le prime raffigurazioni del corpo umano.

 

Le caratteristiche della Scuola di Harat influenzano moltissimo gli artisti della corte della dinastia dei Safavidi (1501-1736). Le opere di questo periodo, in realtà, includono le peculiarità della scuola di Harat e di quella di Tabriz dei secoli precedenti. Le illustrazioni realizzate nell’epoca safavide si connotano per una grande varietà di colori, soprattutto oro (Figure 16, 17), e rappresentano scene di vita dei sovrani. A differenza delle scuole precedenti, i pittori della scuola safavide tendono a raffigurare gli indumenti con motivi elaborati. Le scene di caccia diffuse nell’epoca sasanide compaiono nuovamente sui libri.

 

 

Figura 16 - Khosrow e Shirin.

Khosrow e Shirin, scritto da Nezami nel 1175

 

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Figura 17- La corte di Keyumars.

Shāh-Nāmé (Il libero dei Re). Le illustrazioni di Sultan Mohammad (1470-1555)

 

Scià Tahmasp I (1514-1576), il secondo re della dinasta dei Safavidi, dimostra una sostanziale indifferenza all’arte. In seguito ai maltrattamenti del sovrano, gli artisti decidono di abbandonare la corte per lasciare il paese e raggiungere i territori stranieri. Sono molti gli artisti che si trasferiscono presso la corte indiana o quella ottomana. Vista la situazione, il sovrano di Khorasan, nipote di Scià Tahmasp, decide di radunare gli artisti presso la propria corte, sita a Mashhad.

 

Dopo l’invasione ottomana, e successivamente uzbeca, Scià Tahmasp è costretto a spostare la capitale da Tabriz a Ghazvin. Questo spostamento provoca la nascita di una nuova scuola pittorica denominata scuola di Ghazvin. Gli artisti della corte, nonostante gli atteggiamenti ostinati del re contro l’arte, riescono a resistere e a produrre le proprie opere. Ma le illustrazioni più importanti della Scuola di Ghazvin nascono presso la Biblioteca di Mashhad e hanno un uso fondamentalmente decorativo. Fra le principali caratteristiche ricordiamo: l’uso di colori chiari, la raffigurazione accurata degli uomini, e di paesaggi semidesertici, tipo quelli di Khorasan. Da notare che i soggetti principali sono sempre persone comuni, a differenza delle scuole precedenti, il volto umano che non è mai ritratto in posizione frontale, ma a tre quarti (Figura 18).

 

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Figura 18 - Gioco a scacchi.

Haft Urang (Sette Troni), scritto da Giami tra il 1468 e il 1485.

[Freer Gallery of Art, Washington D.C.]

 

L’incoronazione di Scià Abbas nel 1587 rappresenta uno degli avvenimenti più importanti, non solo della storia safavide ma della storia dell’arte persiana in generale. Verso la fine del Cinquecento, sotto il patronato di Scià Abbas, grazie al grande miniaturista, pittore e calligrafo della corte, Reza Abbasi, nasce la scuola di Isfahan con caratteristiche molto diverse da quelle delle scuole di epoca precedente. L’arte pittorica raggiunge, in questo periodo, una sua autonomia e non è più caratterizzata dalle illustrazioni dei libri e dei manoscritti. Infatti, a partire da questo periodo, la pittura si esprime nei quadri e negli affreschi, inoltre gli artisti sono più liberi nella scelta dei temi e dei soggetti. Grazie agli incontri di Scià Abbas con alcuni artisti europei – come Pietro Della Valle, il grande pittore romano –, e all’avvio di rapporti culturali con alcuni paesi stranieri – tra i quali Spagna e Inghilterra –, nelle opere di Reza-e Abbasi e dei suoi allievi si ravvisano tracce dell’arte indiana (Figura 19), armena, italiana (Figura 20) e olandese.

 

 

Figura 19 - Gli affreschi del Palazzo Chehel Sotun (Quaranta Colonne) a Isfahan

 

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Figura 20- Incontro di Majnun con il padre.

Layla e Majnun, scritto da Nezami nel 1188. Le illustrazioni di Mohammad Zaman nel 1675

 

Con la decadenza della dinastia dei Safavidi, l’illustrazione dei libri prede la sua rilevanza, sia dal punto di vista artistico sia da quello del tematico.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

AA. VV, Islamic Art and Architecture, Ettinghausen R. (a cura di), Yale University Press, 2001.

Abdi N. e Mirzai Mehr A., Introduzione alle scuole pittoriche, Seconda Edizione, Teheran, 2005.

Canby Sh., Golden Age Of Persian Art, Abrams, New York, 2000.

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Ghirshman R., Arte persiana: Parti e Sasanidi, Feltrinelli, Milano, 1962.          

Kuhrt A., Persian Empire, Routledge, Londra , 2007.

Pope A., An Introduction to Persian Art since the Seventh Century A. D, Peter Davies, London, 1930 (trad. pers. Introduzione all’arte persiana, Elmi Farhanghi, Teheran, 2009).

Stierlin H., Splendori dell'antica Persia, White Star, Vercelli, 2006.

Tavoussi A., Scuola di illustrazione, Casa editrice dei libri e testi scolastici, Teheran, 2011.



 

 

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