N. 54 - Giugno 2012
(LXXXV)
i (troppi) suicidi tra i veterani del post 9/11
un macabro bilancio
di Denisa Kucik e Leila Tavi
Una
delle
cause
più
frequenti
di
disturbi
psichici
nei
soldati
è
stato
il
trasferire
da
un
campo
all’altro
i
soldati
che
avevano
assistito
a
eventi
traumatici,
tanto
che
la
Marina
ha
deciso
dal
settembre
2007
al
marzo
2010
che
ogni
uomo
dovesse
rimanere
assegnato
alla
stessa
unità
almeno
per
90
giorni.
In
alcune
recenti
statistiche
è
stato
evidenziato
che
un
gran
numero
di
militari
che
si
sono
suicidati
aveva
problemi
con
la
legge
o
provvedimenti
disciplinari
in
corso.
Una
volta
rientrati
in
patria
i
veterani
sono
sottoposti
a un
test
di
verifica
e
sono
poste
loro
domande
come:
"Ha
visto
corpi
morti,
persone
uccise
o
ferite
durante
la
sua
missione?"
oppure
"Durante
la
sua
missione
ha
avuto
mai
la
sensazione
di
essere
in
grave
pericolo
o di
rischiare
la
vita?".
Gli
psicologi
che
fanno
parte
di
questo
gruppo
di
studio
hanno
rilevato
che
tali
pazienti
molto
spesso,
una
volta
a
riposo,
diventano
alcolizzati
o
fanno
uso
di
stupefacenti
o
abusano
di
psicofarmaci.
Al
14%
circa
della
popolazione
delle
forze
armate
USA
è
prescritto
un
oppiaceo,
mentre
il
45%
delle
morti
accidentali
o
non
accertate
dal
2006
al
2009
sono
state
causate
da
droga
o da
alcool
e il
29%
dei
suicidi
tra
il
2005
e il
2010
è
stato
per
cause
legate
all’abuso
di
droghe
e
alcool.
Nel
2008
una
statistica
basata
su
questionari
anonimi
ha
evidenziato
che
tra
i
soldati
c’è
un
alto
tasso
di
depressione;
un’altra
successiva
ha
individuato
che
il
43%
degli
appartenenti
alle
forze
armate
statunitensi
che
si
sono
tolti
la
vita
nel
2010
non
avevano
ricevuto
nessuno
aiuto
psicologico
o
controllo
medico
nel
mese
precedente
alla
loro
morte;
molto
spesso
la
morte
è
avvenuta
per
mezzo
di
armi
proprie.
Circa
il
2%
dei
suicidi
e il
5%
dei
tentati
suicidi
sono
in
relazione
a
maltrattamenti
subiti
durante
il
servizio;
nonostante
sia
una
piccola
percentuale
è
comunque
inaccettabile
e
dovrebbero
essere
presi
dei
provvedimenti
per
evitare
in
futuro
nuovi
abusi.
Studi
recenti
stanno
cercando
di
stabilire,
analizzando
i
dati
relativi
ai
suicidi
tra
i
veterani
e,
in
particolar
modo
ai
veterani
del
post
11
settembre,
se i
suicidi
siano
commessi
immediatamente
dopo
esser
stati
dimessi
dal
servizio.
Gli
Stati
Uniti
perciò
non
stanno
perdendo
solo
la
loro
guerra
contro
un
nemico
invisibile,
ma
anche
la
battaglia
contro
i
suicidi
tra
i
veterani,
che,
come
sottolineano
le
parole
del
presidente
Washington,
dovrebbero
ricevere
al
rientro
in
patria
onori
e
cure,
invece
sono
lasciati
abbandonati
a se
stessi.
Molti
di
loro
ritornano
disabili,
mutilati,
con
stress,
depressioni
e
disordini
mentali
causati
dagli
eventi
traumatici
a
cui
hanno
preso
parte;
Ari
Sonnenberg,
ad
esempio,
ha
partecipato
a
tre
missioni
in
Iraq
ed è
stato
costretto
a
ritornare
a
casa
per
un
grave
trauma
cranico
e
lesioni
interne.
Il
ricordo
dell’orrore
della
guerra
lo
ha
spinto,
ad
un
certo
punto
della
sua
vita,
a
tentare
il
suicidio,
anche
perché,
come
ha
spiegato
il
veterano
al
quotidiano
statunitense
Los
Angeles
Times,
le
condizioni
in
cui
coloro
che
rimpatriano
sono
curati
negli
ospedali
militari
non
fanno
che
aumentare
le
loro
frustrazioni
e le
loro
paure.
Il
20
maggio
2012
circa
50
veterani
hanno
protestato
per
le
strade
di
Chicago
in
occasione
del
Summit
della
NATO,
gettando
in
segno
di
dissenso
le
loro
medaglie
all’onore
nei
pressi
dell’edificio,
dove
i
rappresentanti
dei
paesi
membri
erano
in
riunione.
L’ufficiale
della
Marina Leah
Bolger
ha
dichiarato
che
sia
la
guerra
in
Afghanistan
che
la
guerra
in
Iraq
sono
state
delle
"guerre
illegali
della
NATO
e
dell’America".
Tali
manifestazioni
di
protesta
dei
veterani,
che
fanno
seguito
a
quelle
2003
contro
la
guerra
in
Iraq,
sono
indice
di
un
atteggiamento
estremamente
critico
nei
confronti
dei
conflitti
in
cui
gli
Stati
Uniti
sono
a
oggi
coinvolti;
il
33%
dei
veterani
post
11
settembre
afferma,
infatti,
che
le
ultime
guerre
hanno
causato
solo
dolore,
morti
e
danni.