.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

filosofia & religione


N. 133 - Gennaio 2019 (CLXIV)

SUL SUFISMO

UN PERCORSO MISTICO-ASCETICO NELLA STORIA DELL’ISLAM

di Guglielmo Montuori

 

Esiste una differenza di fondo incolmabile tra Oriente islamico e Occidente: chiunque si accosti al mondo musulmano si trova di fronte a una visione del mondo e dell’uomo profondamente differente da quella occidentale, con riti, usi e costumi divisi da una storia e da una cultura ben distinte.

 

La vision e il modo di pensare risentono fortemente di queste differenze, dal momento che noi occidentali tendiamo ormai a rifiutare l’auctoritas, sia in ambito religioso, sia in ambito laico. Dopo il Concilio Vaticano II e la contestazione globale degli anni Sessanta culminata con l’azione del Movimento studentesco del ‘68, l’Occidente non riesce a concepire, prima ancora che a tollerare, una struttura apicale della società, che, nel caso dell’Islam, è al contempo religiosa e spesso politica e al cui vertice vi è un Dio e una serie di maestri, oggetto di costante e fortissima venerazione, che fungono da tramite tra la divinità e i suoi fedeli.

 

L’Occidente, inoltre, intende in maniera totalmente diversa l’insegnamento, che, oltre a essere laico, fa dell’allievo il baricentro del setting pedagogico e spesso anche il vettore di riforme e innovazioni. Per trovare nel mondo occidentale qualcosa di simile a quanto presente nel mondo islamico bisogna risalire al periodo medievale o, nella contemporaneità, guardare a movimenti a carattere filosofico-religioso quali la New Age e la Next Age.

 

 Gli allievi delle confraternite Sufi vivono nella costante venerazione del maestro (shaikh), nella cui persona soltanto risiede il segreto per il perfezionamento e il potenziamento della volontà e delle capacità del discepolo (murid).

 

Il Maestro è colui che unanimemente viene investito del ruolo di colui che guida l’altro verso lo sviluppo della propria essenza, tramite pratiche, idee e stimoli che sono tutti finalizzati a un unico grande scopo: l’evoluzione e la formazione completa dell’uomo.  Il Maestro è colui che assume la fisionomia del saggio e possiede la capacità di comprendere l’altro in tutte le sue sfaccettature, risultato questo di un precedente intenso lavoro sul proprio sé, attuato attraverso un percorso formativo realizzato con altri maestri, in una catena senza inizio e senza fine. È questo il contesto culturale di riferimento del Sufismo del quale intendiamo proporre in questa sede una disamina delle caratteristiche fondamentali.

 

Il Sufismo ha sempre voluto evitare l’irrigidimento della fede e il letteralismo arido e legalistico, ponendosi come dottrina e disciplina di perfezionamento spirituale. Base imprescindibile del Sufismo è il Corano correttamente letto, meditato e interpretato, dal quale i Sufi traggono soprattutto i concetti di rispetto per la persona, rispetto per le religioni, senso della pace, comportamento etico impeccabile. Obbligo di un Sufi è di essere musulmano, di osservare la Sharìa e di essere accolto da una Confraternita tradizionale.

 

Gli incontri di formazione si svolgono in cicli consecutivi di sette anni quale simbolo dell’Ascesi mistica che ha appunto sette gradi; poi si ricomincia dal primo in una sequenza continua che porta via via all’evoluzione sia culturale, sia spirituale. Oggi sono sorte anche in Occidente, per moda o sulla scia della New Age e della Next Age, pseudo-scuole di pseudo-sufi, imitatrici orecchianti delle pratiche esteriori del Sufismo, ma che con il Sufismo nulla hanno a che vedere.

 

La parola “Sufi” ha una triplice etimologia e si può ricondurre ai tre termini qui di seguito descritti:

1) gli “ahl us-Suffa” erano “quelli della veranda”, i Compagni del Profeta, che avevano lasciato tutto pur di vivere quanto più vicino a lui. Risiedevano sotto una veranda e quando il Profeta usciva erano i primi a incontrarlo; quando riceveva un dono lo divideva con loro. Vivevano senza possedere nulla e in continui digiuni e atti di devozione;

2) “Suf” vuol dire lana. I Sufi dei primi secoli erano asceti che vivevano nel deserto vestiti di una lunga tunica di lana, loro unica proprietà, insieme al secchiello per l’acqua. Questa tunica era ovviamente logora e rattoppata. Queste toppe, cento come i nomi di Allah menzionati nel Corano, in epoca più tarda divennero colorate, fino a diventare il “costume” tipico del “Dervish” (poverello) del Medioevo;

3) “Safa” vuol dire purezza: i Sufi sono i Puri. I Sufi quindi sono parte integrante della storia delle religioni, nati al tempo del Profeta che era il continuatore del messaggio di Salomone, Davide, Mosé, Abramo, Noè, fino a Gesù.

 

Il Sufismo si presenta come via di conoscenza della realtà divina, nascosta e impossibile da raggiungere per coloro che non sanno uscire dal mondo della dualità, che è quello della nostra realtà terrena: per riuscirci, occorre possedere delle potenzialità intellettuali non comuni. Ma nemmeno queste sono sufficienti, senza l’intervento di un maestro che, attraverso un processo rituale, apra nel cuore del discepolo la porta che permette di percorrere la via della realizzazione spirituale.

 

Come tale, il Sufismo incarna l’aspetto esoterico dell’Islam ed è espressione della spiritualità islamica più profonda; non è in se stesso né una scuola teologica, né uno scisma, né una setta, poiché si pone al di sopra di ogni obbedienza. Lungi dall’essere una innovazione o una via divergente parallela alle pratiche canoniche, è un cammino di una categoria di anime privilegiate, desiderose di Dio e mosse dal desiderio della sua grazia per vivere solo per lui nel quadro della sua legge interiorizzata e sperimentata.

 

 Quando in Europa l’Impero Romano, fonte di civiltà e di cultura, venne travolto dalle grandi migrazioni di popoli meglio note come “invasioni barbariche”, la Chiesa ne mantenne intatti gli alti valori e la lingua, e i monaci nei loro conventi ne perpetuarono gli insegnamenti e i contenuti. Del pari, quando il mondo islamico, luminoso esempio di civiltà e di cultura soprattutto nel campo delle scienze, fu conquistato dai Mongoli gengiskhanidi, il Corano ne mantenne intatti i valori e i Sufi con le loro Confraternite ne perpetuarono gli insegnamenti e i contenuti.

 

Secoli dopo l’invasione dei Mongoli, venne l’esperienza del colonialismo, a causa del quale alla religiosità aperta e luminosa della vita quotidiana si andò sostituendo una sorta di bigottismo fanatico di cui una parte dell’ Islam, soprattutto quello wahhabita, soffre ancor oggi; e alla scienza si andò sostituendo la magia.

 

Solo i Sufi dell’Asia seppero mantenere vivo l’Islam autentico e portare avanti le arti e le scienze e il Sufismo, via mistica propria dell’Islam, divenne per i musulmani una realtà spirituale altamente complessa, intelligibile nella sua pienezza solo da coloro che la vivono dentro di sé.

 

Le Confraternite dei Sufi (Turuq, singolare Tarîqa), fonte di ispirazione per la società islamica, hanno esercitato il loro influsso durevole e profondo su tutta la struttura della società, benché la loro funzione primaria fosse quella di custodire attraverso i tempi i contenuti spirituali più autentici al fine di renderne possibile la trasmissione da una generazione all’altra. Sono poi state affiliate al Sufismo anche organizzazioni secondarie, di carattere militare, alle quali competeva la sorveglianza delle frontiere del mondo islamico.

 

Non è possibile compiere uno studio approfondito della società islamica senza prendere in considerazione queste “società all’interno della società”, né sono comprensibili molti problemi della storia islamica senza avere presente la funzione fondamentale svolta dal Sufismo. Anche nel campo dell’istruzione l’azione del Sufismo è stata profondissima, dal momento che il suo compito fondamentale era la formazione e l’educazione completa dell’uomo, al fine di farlo giungere alla piena e perfetta realizzazione di tutte le sue potenzialità.

 

La diretta partecipazione di molti sufi alla fondazione di università e di madrase, come pure il ruolo svolto da centri sufi nella diffusione dell’istruzione, rendono il sufismo inseparabile dallo sviluppo culturale dell’Islam. E quando, durante certi periodi, in alcune regioni il sistema educativo tradizionale fu distrutto, - ad esempio in quello conseguente alle invasioni dei Mongoli - i centri sufi rimasero gli unici depositari anche del sapere ufficiale e accademico, e sulla base delle loro conoscenze si poterono ricostruire le scuole tradizionali.

 

Nel settore delle scienze linflusso del Sufismo fu importante tanto che la tradizione del Sufismo fu strettamente connessa allo sviluppo delle scienze, ivi comprese le scienze naturali. Inoltre anche nellarte, dalla poesia allarchitettura, la vicinanza con la riflessione teorica del Sufismo è particolarmente marcata. Per lIslam la Divinità è bellezza, e per il Sufismo, che costituisce lessenza dellIslamismo, questa peculiarità appare particolarmente accentuata. Non è casuale che i testi di più elevata qualità e bellezza siano quelli scritti dai sufi e che la loro attività sia anche una forma di educazione alla bellezza.

 

Nel campo della letteratura islamica tutto ciò che vi è di più universale appartiene al Sufismo. Lo spirito del Sufismo innalzò le letterature araba e persiana da lirica locale o al massimo epica al livello della letteratura didattica e mistica, raggiungendo un respiro di portata universale, arricchendo larabo, il turco e il persiano. Inoltre molte lingue del mondo islamico strettamente locali raggiunsero lapogeo in mano ai sufi, e debbono il loro sviluppo e la loro persistenza al genio di questi poeti. La stessa situazione si ripropone nel campo della musica, dellarchitettura, della calligrafia, della miniatura. Molti dei principali architetti musulmani sono collegati al Sufismo tramite la Simbologia e la Sezione aurea; molti maestri calligrafi e molti miniatori lo furono appartenendo a una Confraternita sufica.

 

Per ciò che riguarda la musica, nellIslam essa è legittimata e permessa solo sotto forma di concerto spirituale proprio del Sufismo, sicché la tradizione della musica classica araba, iraniana e turca, è stata coltivata attraverso i secoli soprattutto dai sufi. Anche certi sviluppi della grande musica indiana sono direttamente connessi alla pratica del Sufismo. Insomma i sufi sono la gente del sapere sapienziale e della visione (dhawq). Non a caso questultimo termine indica, sia in arabo sia in persiano, anche buon gusto e senso artistico. I sufi sono stati cultori delle arti perché seguire il Sufismo significa diventare più consapevoli della bellezza divina che si manifesta dovunque e, alla luce della quale, i sufi creano capolavori che riflettono la bellezza superiore. Riguardo alla sua organizzazione teoretica, il movimento del Sufismo è un metodo islamico di perfezionamento interiore, di equilibrio, che porta il fedele verso una ascesi progressiva che non si pone in modo antitetico alla dottrina islamica, ma la integra e vi si armonizza.

 

Le componenti della dottrina sufi sono lamore totale per Dio; la gnosi che superando la conoscenza intellettuale imperfetta e incompleta unisce direttamente il sufi al divino; il raggiungimento dellintuizione; lelevazione mistica attraverso una serie di stati e di stazioni, culminanti nellestasi.

 

Le Confraternite dei Sufi sono dunque comunità ben organizzate dell’Islam, dal momento che questo non si presenta come un blocco monolitico ma ha varie sfumature, varie sfaccettature e varie istanze a seconda dei luoghi geografici e delle diversificazioni storico-sociali. Di conseguenza, anche il Sufismo ha vari aspetti. Si può dire che la sua vera origine è collocabile nell’Asia anatolico-iraniana, che per ragioni storiche ha riassunto e inglobato insegnamenti esoterici buddhisti, indù, egizi, greci e cristiani, pur scaturendo da una matrice sciamanica mai sopita; mentre in certe zone dell’Arabia e del Nord Africa - soprattutto negli ultimi due secoli - è andato poi anche trasformandosi in aspetti folcloristico-popolari, che del misticismo sufico hanno ben poco, e anzi rischiano di screditarne l’immagine.

 

Vi è quindi nel Sufismo un’omogeneità di intenti, sui quali però, come su uno sfondo, le varie correnti, le varie Confraternite, i vari Maestri e i singoli sufi hanno ricamato con una versatilità eccezionale; da qui la fondazione di Confraternite maggiori e minori, in una sorta di fioritura continua.

 

Se volessimo riassumere storicamente la vicenda del Sufismo, è possibile individuare quattro grandi periodi:

1) dal VII all’VIII secolo si hanno le prime manifestazioni e la prima diffusione; vi è una sorta di confusione tra i mistici (i sufi) e gli asceti. La confusione è prodotta dalla situazione politica del mondo islamico, in cui l’amministrazione è affidata agli Iraniani, la difesa ai Turchi e la giustizia agli Arabi. La cultura islamica, comunque, si presenta ancora come una derivazione del periodo tardo-antico;

 

2) nel secondo periodo, dal IX al X secolo, mentre le lotte e le controversie politiche che caratterizzano il vasto mondo islamico si riflettono sulla formazione delle più importanti Confraternite sufi, si assiste in generale a una preponderanza del pensiero turco che produce una graduale autonomia della cultura islamica, sottraendola del tutto alla sua prima derivazione dalla fase tardo-antica.

Gli Arabi vengono ricacciati quasi totalmente nella loro penisola e sorgono importantissimi stati indipendenti; tentano di mantenere il predominio nell’ambito della teologia; e nella situazione generale di controversie religiose vi è appunto per questo, da parte loro, una crescente ostilità nei riguardi del Sufismo.

Per ciò che riguarda in particolare il Sufismo, va considerato che i Turchi si caratterizzavano per l’aperto interesse verso tutte le formulazioni fideistiche; ad esempio, in periodo pre-islamico il Buddismo si diffuse in Cina proprio grazie ai regni turchi della Cina del Nord (in particolare il regno Wei – 534-535). È da tener presente che il Buddismo è una religione elitaria, e si esprime soprattutto nella gestione dell’ordine monastico, ben organizzato e potente. Non è da escludere che quando in quelle zone l’intellighenzia turca passò dal Buddismo all’Islamismo, gran parte della classe monastica buddista sia a poco a poco transitata in quello che si può chiamare il “monachesimo” dell’Islam, il Sufismo.

Ancora nel XIII secolo molti monaci buddisti aderirono alla Kalandariyya (ordine sufico del Khorâsân sorto nel IX secolo), e solo dopo la sua diffusione verso Occidente, questa Confraternita perse ogni eco buddista allineandosi del tutto alla Sharîa islamica.

 

3) nel terzo periodo (secoli XI-XV) si assiste al trionfo del Sufismo. È il periodo d’oro: teologi fra i più eminenti dell’Islam, come il turco âl Ghazâlî (1050-1111), gettano un ponte ben solido fra la teologia e il misticismo. Grandi figure di spicco danno l’avvio a Confraternite fra le più importanti.

 

4) il quarto periodo va dal XVI secolo a oggi. Si apre con la grande fioritura delle tre maggiori Confraternite: Qadiriyya, Sadiyya, Ahmadiyya, cui se ne affiancheranno lungo i secoli almeno una ottantina ancora di minori, sviluppatesi come filiazioni delle più importanti che le riconobbero e le autorizzarono.

 

Nel corso della storia, comunque, il termine «sufismo» tradotto correntemente con «mistica musulmana», si riferisce a tutto un insieme di idee, rituali e istituzioni che segnano profondamente la cultura religiosa dell’islam, sia sul piano dell’esperienza religiosa individuale, sia sul piano della vita sociale.

 

Nella sua formazione storica, il sufismo ha inglobato, e variamente cercato di armonizzare, forme diverse di spiritualità:

- una sorta di pietismo etico, che consiste nel praticare la virtù, basandosi in primo luogo sull’esempio del Profeta, anche al di là di ciò che è strettamente obbligatorio;

- una disciplina ascetica, che include pratiche devote e tecniche spirituali;

- una mistica vera e propria, nella sua duplice dimensione: l’esperienza dell’unione con Dio, in un rapporto di amore che trascende la “normatività” della rivelazione, e la conoscenza speculativa che supera il dogmatismo della teologia dialettica.

 

Queste componenti diverse sono state codificate come un insieme di tappe lungo un percorso spirituale che deve svolgersi in linea di principio sotto la guida di un maestro. Attraverso il maestro, l’aspirante si ricollega a una “tariqa”. Questo termine, che significa «via», indica allo stesso tempo un «metodo» e una «tradizione»: insieme al metodo spirituale infatti il maestro collega il discepolo a una catena iniziatica che si riconduce idealmente al Profeta, attraverso uno dei suoi compagni o dei suoi discendenti.

 

Ritornando sul termine tariqa già analizzato, in una accezione più specifica indica una «confraternita» o «ordine religioso», vale a dire una forma associativa che riunisce i seguaci di una particolare «via»: non solo quelli impegnati nel percorso spirituale, ma anche un più ampio circolo di simpatizzanti e di devoti.

 

Il processo di diffusione e istituzionalizzazione delle confraternite, che ha avuto inizio dal XII secolo e ha raggiunto il suo pieno sviluppo nel XVI secolo, ha contribuito a fare del sufismo una componente fondamentale delle società musulmane. Le confraternite appartengono a una grande varietà di tipologie: alcune coltivano rituali estatici e altre specifiche tecniche di meditazione; alcune giustificano la ricchezza, altre raccomandano il lavoro e altre ancora praticano la mendicità.

 

Le confraternite non costituiscono un tutto omogeneo neppure al loro interno, poiché i loro orientamenti possono variare a seconda dei luoghi e dei tempi, e anche a seconda delle singole persone. Tuttavia, le confraternite condividono una cultura comune, che ruota intorno al concetto di santità. In questa visione confluisce tutto un complesso di dottrine metafisiche, cosmologiche ed escatologiche in cui svolge un ruolo centrale la figura del Profeta, considerato come prima manifestazione di Dio e intercessore alla fine dei tempi.

 

Anche se è parte integrante del paesaggio religioso dell’Islam, o forse proprio per questo, il sufismo è stato oggetto di polemiche e controversie per tutto il corso della sua storia.  La letteratura scientifica occidentale spesso distingue tra un sufismo «moderato» o «ortodosso» e un sufismo «estremista» o «eterodosso». Ciò può essere fonte di malintesi, perché riflette una posizione dogmatica e in quanto tale astorica. Queste polarità, tuttavia, esistono.

 

Il diritto islamico classico è in primo luogo un’ermeneutica e le aree di divergenza sono più ampie di quelle di consenso. Tra lecito e illecito ci sono molte gradazioni, ed è soprattutto di queste che discutono gli ulema.

Il favore della maggioranza degli ulema pre-moderni verso alcuni aspetti essenziali della cultura sufi dipende dal fatto che il sufismo, nel periodo pre-moderno, è largamente integrato nell’Islam «ufficiale».

 

Il fatto che oggi lo sia molto di meno è una delle conseguenze più notevoli delle trasformazioni che hanno attraversato l’Islam negli ultimi due secoli. Poiché il sufismo è una componente costitutiva della cultura e della società tradizionali islamiche, la sua crisi e la sua evoluzione nel periodo moderno sono in effetti solo la parte di un tutto.

 

Proprio per questo motivo, una sintesi soddisfacente della storia del sufismo nel periodo moderno è probabilmente impossibile.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.