N. 133 - Gennaio 2019
(CLXIV)
SUL SUFISMO
UN
PERCORSO
MISTICO-ASCETICO
NELLA
STORIA
DELL’ISLAM
di
Guglielmo
Montuori
Esiste
una
differenza
di
fondo
incolmabile
tra
Oriente
islamico
e
Occidente:
chiunque
si
accosti
al
mondo
musulmano
si
trova
di
fronte
a
una
visione
del
mondo
e
dell’uomo
profondamente
differente
da
quella
occidentale,
con
riti,
usi
e
costumi
divisi
da
una
storia
e da
una
cultura
ben
distinte.
La
vision
e il
modo
di
pensare
risentono
fortemente
di
queste
differenze,
dal
momento
che
noi
occidentali
tendiamo
ormai
a
rifiutare
l’auctoritas,
sia
in
ambito
religioso,
sia
in
ambito
laico.
Dopo
il
Concilio
Vaticano
II e
la
contestazione
globale
degli
anni
Sessanta
culminata
con
l’azione
del
Movimento
studentesco
del
‘68,
l’Occidente
non
riesce
a
concepire,
prima
ancora
che
a
tollerare,
una
struttura
apicale
della
società,
che,
nel
caso
dell’Islam,
è al
contempo
religiosa
e
spesso
politica
e al
cui
vertice
vi è
un
Dio
e
una
serie
di
maestri,
oggetto
di
costante
e
fortissima
venerazione,
che
fungono
da
tramite
tra
la
divinità
e i
suoi
fedeli.
L’Occidente,
inoltre,
intende
in
maniera
totalmente
diversa
l’insegnamento,
che,
oltre
a
essere
laico,
fa
dell’allievo
il
baricentro
del
setting
pedagogico
e
spesso
anche
il
vettore
di
riforme
e
innovazioni.
Per
trovare
nel
mondo
occidentale
qualcosa
di
simile
a
quanto
presente
nel
mondo
islamico
bisogna
risalire
al
periodo
medievale
o,
nella
contemporaneità,
guardare
a
movimenti
a
carattere
filosofico-religioso
quali
la
New
Age
e la
Next
Age.
Gli
allievi
delle
confraternite
Sufi
vivono
nella
costante
venerazione
del
maestro
(shaikh),
nella
cui
persona
soltanto
risiede
il
segreto
per
il
perfezionamento
e il
potenziamento
della
volontà
e
delle
capacità
del
discepolo
(murid).
Il
Maestro
è
colui
che
unanimemente
viene
investito
del
ruolo
di
colui
che
guida
l’altro
verso
lo
sviluppo
della
propria
essenza,
tramite
pratiche,
idee
e
stimoli
che
sono
tutti
finalizzati
a un
unico
grande
scopo:
l’evoluzione
e la
formazione
completa
dell’uomo.
Il
Maestro
è
colui
che
assume
la
fisionomia
del
saggio
e
possiede
la
capacità
di
comprendere
l’altro
in
tutte
le
sue
sfaccettature,
risultato
questo
di
un
precedente
intenso
lavoro
sul
proprio
sé,
attuato
attraverso
un
percorso
formativo
realizzato
con
altri
maestri,
in
una
catena
senza
inizio
e
senza
fine. È
questo
il
contesto
culturale
di
riferimento
del
Sufismo
del
quale
intendiamo
proporre
in
questa
sede
una
disamina
delle
caratteristiche
fondamentali.
Il
Sufismo
ha
sempre
voluto
evitare
l’irrigidimento
della
fede
e il
letteralismo
arido
e
legalistico,
ponendosi
come
dottrina
e
disciplina
di
perfezionamento
spirituale.
Base
imprescindibile
del
Sufismo
è il
Corano
correttamente
letto,
meditato
e
interpretato,
dal
quale
i
Sufi
traggono
soprattutto
i
concetti
di
rispetto
per
la
persona,
rispetto
per
le
religioni,
senso
della
pace,
comportamento
etico
impeccabile.
Obbligo
di
un
Sufi
è di
essere
musulmano,
di
osservare
la
Sharìa
e di
essere
accolto
da
una
Confraternita
tradizionale.
Gli
incontri
di
formazione
si
svolgono
in
cicli
consecutivi
di
sette
anni
quale
simbolo
dell’Ascesi
mistica
che
ha
appunto
sette
gradi;
poi
si
ricomincia
dal
primo
in
una
sequenza
continua
che
porta
via
via
all’evoluzione
sia
culturale,
sia
spirituale.
Oggi
sono
sorte
anche
in
Occidente,
per
moda
o
sulla
scia
della
New
Age
e
della
Next
Age,
pseudo-scuole
di
pseudo-sufi,
imitatrici
orecchianti
delle
pratiche
esteriori
del
Sufismo,
ma
che
con
il
Sufismo
nulla
hanno
a
che
vedere.
La
parola
“Sufi”
ha
una
triplice
etimologia
e si
può
ricondurre
ai
tre
termini
qui
di
seguito
descritti:
1)
gli
“ahl
us-Suffa”
erano
“quelli
della
veranda”,
i
Compagni
del
Profeta,
che
avevano
lasciato
tutto
pur
di
vivere
quanto
più
vicino
a
lui.
Risiedevano
sotto
una
veranda
e
quando
il
Profeta
usciva
erano
i
primi
a
incontrarlo;
quando
riceveva
un
dono
lo
divideva
con
loro.
Vivevano
senza
possedere
nulla
e in
continui
digiuni
e
atti
di
devozione;
2) “Suf”
vuol
dire
lana.
I
Sufi
dei
primi
secoli
erano
asceti
che
vivevano
nel
deserto
vestiti
di
una
lunga
tunica
di
lana,
loro
unica
proprietà,
insieme
al
secchiello
per
l’acqua.
Questa
tunica
era
ovviamente
logora
e
rattoppata.
Queste
toppe,
cento
come
i
nomi
di
Allah
menzionati
nel
Corano,
in
epoca
più
tarda
divennero
colorate,
fino
a
diventare
il
“costume”
tipico
del
“Dervish”
(poverello)
del
Medioevo;
3) “Safa”
vuol
dire
purezza:
i
Sufi
sono
i
Puri.
I
Sufi
quindi
sono
parte
integrante
della
storia
delle
religioni,
nati
al
tempo
del
Profeta
che
era
il
continuatore
del
messaggio
di
Salomone,
Davide,
Mosé,
Abramo,
Noè,
fino
a
Gesù.
Il
Sufismo
si
presenta
come
via
di
conoscenza
della
realtà
divina,
nascosta
e
impossibile
da
raggiungere
per
coloro
che
non
sanno
uscire
dal
mondo
della
dualità,
che
è
quello
della
nostra
realtà
terrena:
per
riuscirci,
occorre
possedere
delle
potenzialità
intellettuali
non
comuni.
Ma
nemmeno
queste
sono
sufficienti,
senza
l’intervento
di
un
maestro
che,
attraverso
un
processo
rituale,
apra
nel
cuore
del
discepolo
la
porta
che
permette
di
percorrere
la
via
della
realizzazione
spirituale.
Come
tale,
il
Sufismo
incarna
l’aspetto
esoterico
dell’Islam
ed è
espressione
della
spiritualità
islamica
più
profonda;
non
è in
se
stesso
né
una
scuola
teologica,
né
uno
scisma,
né
una
setta,
poiché
si
pone
al
di
sopra
di
ogni
obbedienza.
Lungi
dall’essere
una
innovazione
o
una
via
divergente
parallela
alle
pratiche
canoniche,
è un
cammino
di
una
categoria
di
anime
privilegiate,
desiderose
di
Dio
e
mosse
dal
desiderio
della
sua
grazia
per
vivere
solo
per
lui
nel
quadro
della
sua
legge
interiorizzata
e
sperimentata.
Quando
in
Europa
l’Impero
Romano,
fonte
di
civiltà
e di
cultura,
venne
travolto
dalle
grandi
migrazioni
di
popoli
meglio
note
come
“invasioni
barbariche”,
la
Chiesa
ne
mantenne
intatti
gli
alti
valori
e la
lingua,
e i
monaci
nei
loro
conventi
ne
perpetuarono
gli
insegnamenti
e i
contenuti.
Del
pari,
quando
il
mondo
islamico,
luminoso
esempio
di
civiltà
e di
cultura
soprattutto
nel
campo
delle
scienze,
fu
conquistato
dai
Mongoli
gengiskhanidi,
il
Corano
ne
mantenne
intatti
i
valori
e i
Sufi
con
le
loro
Confraternite
ne
perpetuarono
gli
insegnamenti
e i
contenuti.
Secoli
dopo
l’invasione
dei
Mongoli,
venne
l’esperienza
del
colonialismo,
a
causa
del
quale
alla
religiosità
aperta
e
luminosa
della
vita
quotidiana
si
andò
sostituendo
una
sorta
di
bigottismo
fanatico
di
cui
una
parte
dell’
Islam,
soprattutto
quello
wahhabita,
soffre
ancor
oggi;
e
alla
scienza
si
andò
sostituendo
la
magia.
Solo
i
Sufi
dell’Asia
seppero
mantenere
vivo
l’Islam
autentico
e
portare
avanti
le
arti
e le
scienze
e il
Sufismo,
via
mistica
propria
dell’Islam,
divenne
per
i
musulmani
una
realtà
spirituale
altamente
complessa,
intelligibile
nella
sua
pienezza
solo
da
coloro
che
la
vivono
dentro
di
sé.
Le
Confraternite
dei
Sufi
(Turuq,
singolare
Tarîqa),
fonte
di
ispirazione
per
la
società
islamica,
hanno
esercitato
il
loro
influsso
durevole
e
profondo
su
tutta
la
struttura
della
società,
benché
la
loro
funzione
primaria
fosse
quella
di
custodire
attraverso
i
tempi
i
contenuti
spirituali
più
autentici
al
fine
di
renderne
possibile
la
trasmissione
da
una
generazione
all’altra.
Sono
poi
state
affiliate
al
Sufismo
anche
organizzazioni
secondarie,
di
carattere
militare,
alle
quali
competeva
la
sorveglianza
delle
frontiere
del
mondo
islamico.
Non
è
possibile
compiere
uno
studio
approfondito
della
società
islamica
senza
prendere
in
considerazione
queste
“società
all’interno
della
società”,
né
sono
comprensibili
molti
problemi
della
storia
islamica
senza
avere
presente
la
funzione
fondamentale
svolta
dal
Sufismo.
Anche
nel
campo
dell’istruzione
l’azione
del
Sufismo
è
stata
profondissima,
dal
momento
che
il
suo
compito
fondamentale
era
la
formazione
e
l’educazione
completa
dell’uomo,
al
fine
di
farlo
giungere
alla
piena
e
perfetta
realizzazione
di
tutte
le
sue
potenzialità.
La
diretta
partecipazione
di
molti
sufi
alla
fondazione
di
università
e di
madrase,
come
pure
il
ruolo
svolto
da
centri
sufi
nella
diffusione
dell’istruzione,
rendono
il
sufismo
inseparabile
dallo
sviluppo
culturale
dell’Islam.
E
quando,
durante
certi
periodi,
in
alcune
regioni
il
sistema
educativo
tradizionale
fu
distrutto,
- ad
esempio
in
quello
conseguente
alle
invasioni
dei
Mongoli
- i
centri
sufi
rimasero
gli
unici
depositari
anche
del
sapere
ufficiale
e
accademico,
e
sulla
base
delle
loro
conoscenze
si
poterono
ricostruire
le
scuole
tradizionali.
Nel
settore
delle
scienze
l’influsso
del
Sufismo
fu
importante
tanto
che
la
tradizione
del
Sufismo
fu
strettamente
connessa
allo
sviluppo
delle
scienze,
ivi
comprese
le
scienze
naturali.
Inoltre
anche
nell’arte,
dalla
poesia
all’architettura,
la
vicinanza
con
la
riflessione
teorica
del
Sufismo
è
particolarmente
marcata.
Per
l’Islam
la
Divinità
è
bellezza,
e
per
il
Sufismo,
che
costituisce
l’essenza
dell’Islamismo,
questa
peculiarità
appare
particolarmente
accentuata.
Non
è
casuale
che
i
testi
di
più
elevata
qualità
e
bellezza
siano
quelli
scritti
dai
sufi
e
che
la
loro
attività
sia
anche
una
forma
di
educazione
alla
bellezza.
Nel
campo
della
letteratura
islamica
tutto
ciò
che
vi è
di
più
universale
appartiene
al
Sufismo.
Lo
spirito
del
Sufismo
innalzò
le
letterature
araba
e
persiana
da
lirica
locale
o al
massimo
epica
al
livello
della
letteratura
didattica
e
mistica,
raggiungendo
un
respiro
di
portata
universale,
arricchendo
l’arabo,
il
turco
e il
persiano.
Inoltre
molte
lingue
del
mondo
islamico
strettamente
locali
raggiunsero
l’apogeo
in
mano
ai
sufi,
e
debbono
il
loro
sviluppo
e la
loro
persistenza
al
genio
di
questi
poeti.
La
stessa
situazione
si
ripropone
nel
campo
della
musica,
dell’architettura,
della
calligrafia,
della
miniatura.
Molti
dei
principali
architetti
musulmani
sono
collegati
al
Sufismo
tramite
la
Simbologia
e la
Sezione
aurea;
molti
maestri
calligrafi
e
molti
miniatori
lo
furono
appartenendo
a
una
Confraternita
sufica.
Per
ciò
che
riguarda
la
musica,
nell’Islam
essa
è
legittimata
e
permessa
solo
sotto
forma
di
concerto
spirituale
proprio
del
Sufismo,
sicché
la
tradizione
della
musica
classica
araba,
iraniana
e
turca,
è
stata
coltivata
attraverso
i
secoli
soprattutto
dai
sufi.
Anche
certi
sviluppi
della
grande
musica
indiana
sono
direttamente
connessi
alla
pratica
del
Sufismo.
Insomma
i
sufi
sono
“la
gente
del
sapere
sapienziale”
e
“della
visione”
(dhawq).
Non
a
caso
quest’ultimo
termine
indica,
sia
in
arabo
sia
in
persiano,
anche
buon
gusto
e
senso
artistico.
I
sufi
sono
stati
cultori
delle
arti
perché
seguire
il
Sufismo
significa
diventare
più
consapevoli
della
bellezza
divina
che
si
manifesta
dovunque
e,
alla
luce
della
quale,
i
sufi
creano
capolavori
che
riflettono
la
bellezza
superiore.
Riguardo
alla
sua
organizzazione
teoretica,
il
movimento
del
Sufismo
è
un
metodo
islamico
di
perfezionamento
interiore,
di
equilibrio,
che
porta
il
fedele
verso
una
ascesi
progressiva
che
non
si
pone
in
modo
antitetico
alla
dottrina
islamica,
ma
la
integra
e vi
si
armonizza.
Le
componenti
della
dottrina
sufi
sono
l’amore
totale
per
Dio;
la
gnosi
che
superando
la
conoscenza
intellettuale
imperfetta
e
incompleta
unisce
direttamente
il
sufi
al
divino;
il
raggiungimento
dell’intuizione;
l’elevazione
mistica
attraverso
una
serie
di
stati
e di
stazioni,
culminanti
nell’estasi.
Le
Confraternite
dei
Sufi
sono
dunque
comunità
ben
organizzate
dell’Islam,
dal
momento
che
questo
non
si
presenta
come
un
blocco
monolitico
ma
ha
varie
sfumature,
varie
sfaccettature
e
varie
istanze
a
seconda
dei
luoghi
geografici
e
delle
diversificazioni
storico-sociali.
Di
conseguenza,
anche
il
Sufismo
ha
vari
aspetti.
Si
può
dire
che
la
sua
vera
origine
è
collocabile
nell’Asia
anatolico-iraniana,
che
per
ragioni
storiche
ha
riassunto
e
inglobato
insegnamenti
esoterici
buddhisti,
indù,
egizi,
greci
e
cristiani,
pur
scaturendo
da
una
matrice
sciamanica
mai
sopita;
mentre
in
certe
zone
dell’Arabia
e
del
Nord
Africa
-
soprattutto
negli
ultimi
due
secoli
- è
andato
poi
anche
trasformandosi
in
aspetti
folcloristico-popolari,
che
del
misticismo
sufico
hanno
ben
poco,
e
anzi
rischiano
di
screditarne
l’immagine.
Vi è
quindi
nel
Sufismo
un’omogeneità
di
intenti,
sui
quali
però,
come
su
uno
sfondo,
le
varie
correnti,
le
varie
Confraternite,
i
vari
Maestri
e i
singoli
sufi
hanno
ricamato
con
una
versatilità
eccezionale;
da
qui
la
fondazione
di
Confraternite
maggiori
e
minori,
in
una
sorta
di
fioritura
continua.
Se
volessimo
riassumere
storicamente
la
vicenda
del
Sufismo,
è
possibile
individuare
quattro
grandi
periodi:
1)
dal
VII
all’VIII
secolo
si
hanno
le
prime
manifestazioni
e la
prima
diffusione;
vi è
una
sorta
di
confusione
tra
i
mistici
(i
sufi)
e
gli
asceti.
La
confusione
è
prodotta
dalla
situazione
politica
del
mondo
islamico,
in
cui
l’amministrazione
è
affidata
agli
Iraniani,
la
difesa
ai
Turchi
e la
giustizia
agli
Arabi.
La
cultura
islamica,
comunque,
si
presenta
ancora
come
una
derivazione
del
periodo
tardo-antico;
2)
nel
secondo
periodo,
dal
IX
al X
secolo,
mentre
le
lotte
e le
controversie
politiche
che
caratterizzano
il
vasto
mondo
islamico
si
riflettono
sulla
formazione
delle
più
importanti
Confraternite
sufi,
si
assiste
in
generale
a
una
preponderanza
del
pensiero
turco
che
produce
una
graduale
autonomia
della
cultura
islamica,
sottraendola
del
tutto
alla
sua
prima
derivazione
dalla
fase
tardo-antica.
Gli
Arabi
vengono
ricacciati
quasi
totalmente
nella
loro
penisola
e
sorgono
importantissimi
stati
indipendenti;
tentano
di
mantenere
il
predominio
nell’ambito
della
teologia;
e
nella
situazione
generale
di
controversie
religiose
vi è
appunto
per
questo,
da
parte
loro,
una
crescente
ostilità
nei
riguardi
del
Sufismo.
Per
ciò
che
riguarda
in
particolare
il
Sufismo,
va
considerato
che
i
Turchi
si
caratterizzavano
per
l’aperto
interesse
verso
tutte
le
formulazioni
fideistiche;
ad
esempio,
in
periodo
pre-islamico
il
Buddismo
si
diffuse
in
Cina
proprio
grazie
ai
regni
turchi
della
Cina
del
Nord
(in
particolare
il
regno
Wei
–
534-535).
È da
tener
presente
che
il
Buddismo
è
una
religione
elitaria,
e si
esprime
soprattutto
nella
gestione
dell’ordine
monastico,
ben
organizzato
e
potente.
Non
è da
escludere
che
quando
in
quelle
zone
l’intellighenzia
turca
passò
dal
Buddismo
all’Islamismo,
gran
parte
della
classe
monastica
buddista
sia
a
poco
a
poco
transitata
in
quello
che
si
può
chiamare
il
“monachesimo”
dell’Islam,
il
Sufismo.
Ancora
nel
XIII
secolo
molti
monaci
buddisti
aderirono
alla
Kalandariyya
(ordine
sufico
del
Khorâsân
sorto
nel
IX
secolo),
e
solo
dopo
la
sua
diffusione
verso
Occidente,
questa
Confraternita
perse
ogni
eco
buddista
allineandosi
del
tutto
alla
Sharîa
islamica.
3)
nel
terzo
periodo
(secoli
XI-XV)
si
assiste
al
trionfo
del
Sufismo.
È il
periodo
d’oro:
teologi
fra
i
più
eminenti
dell’Islam,
come
il
turco
âl
Ghazâlî
(1050-1111),
gettano
un
ponte
ben
solido
fra
la
teologia
e il
misticismo.
Grandi
figure
di
spicco
danno
l’avvio
a
Confraternite
fra
le
più
importanti.
4)
il
quarto
periodo
va
dal
XVI
secolo
a
oggi.
Si
apre
con
la
grande
fioritura
delle
tre
maggiori
Confraternite:
Qadiriyya,
Sadiyya,
Ahmadiyya,
cui
se
ne
affiancheranno
lungo
i
secoli
almeno
una
ottantina
ancora
di
minori,
sviluppatesi
come
filiazioni
delle
più
importanti
che
le
riconobbero
e le
autorizzarono.
Nel
corso
della
storia,
comunque,
il
termine
«sufismo»
tradotto
correntemente
con
«mistica
musulmana»,
si
riferisce
a
tutto
un
insieme
di
idee,
rituali
e
istituzioni
che
segnano
profondamente
la
cultura
religiosa
dell’islam,
sia
sul
piano
dell’esperienza
religiosa
individuale,
sia
sul
piano
della
vita
sociale.
Nella
sua
formazione
storica,
il
sufismo
ha
inglobato,
e
variamente
cercato
di
armonizzare,
forme
diverse
di
spiritualità:
-
una
sorta
di
pietismo
etico,
che
consiste
nel
praticare
la
virtù,
basandosi
in
primo
luogo
sull’esempio
del
Profeta,
anche
al
di
là
di
ciò
che
è
strettamente
obbligatorio;
-
una
disciplina
ascetica,
che
include
pratiche
devote
e
tecniche
spirituali;
-
una
mistica
vera
e
propria,
nella
sua
duplice
dimensione:
l’esperienza
dell’unione
con
Dio,
in
un
rapporto
di
amore
che
trascende
la
“normatività”
della
rivelazione,
e la
conoscenza
speculativa
che
supera
il
dogmatismo
della
teologia
dialettica.
Queste
componenti
diverse
sono
state
codificate
come
un
insieme
di
tappe
lungo
un
percorso
spirituale
che
deve
svolgersi
in
linea
di
principio
sotto
la
guida
di
un
maestro.
Attraverso
il
maestro,
l’aspirante
si
ricollega
a
una
“tariqa”.
Questo
termine,
che
significa
«via»,
indica
allo
stesso
tempo
un
«metodo»
e
una
«tradizione»:
insieme
al
metodo
spirituale
infatti
il
maestro
collega
il
discepolo
a
una
catena
iniziatica
che
si
riconduce
idealmente
al
Profeta,
attraverso
uno
dei
suoi
compagni
o
dei
suoi
discendenti.
Ritornando
sul
termine
tariqa
già
analizzato,
in
una
accezione
più
specifica
indica
una
«confraternita»
o
«ordine
religioso»,
vale
a
dire
una
forma
associativa
che
riunisce
i
seguaci
di
una
particolare
«via»:
non
solo
quelli
impegnati
nel
percorso
spirituale,
ma
anche
un
più
ampio
circolo
di
simpatizzanti
e di
devoti.
Il
processo
di
diffusione
e
istituzionalizzazione
delle
confraternite,
che
ha
avuto
inizio
dal
XII
secolo
e ha
raggiunto
il
suo
pieno
sviluppo
nel
XVI
secolo,
ha
contribuito
a
fare
del
sufismo
una
componente
fondamentale
delle
società
musulmane.
Le
confraternite
appartengono
a
una
grande
varietà
di
tipologie:
alcune
coltivano
rituali
estatici
e
altre
specifiche
tecniche
di
meditazione;
alcune
giustificano
la
ricchezza,
altre
raccomandano
il
lavoro
e
altre
ancora
praticano
la
mendicità.
Le
confraternite
non
costituiscono
un
tutto
omogeneo
neppure
al
loro
interno,
poiché
i
loro
orientamenti
possono
variare
a
seconda
dei
luoghi
e
dei
tempi,
e
anche
a
seconda
delle
singole
persone.
Tuttavia,
le
confraternite
condividono
una
cultura
comune,
che
ruota
intorno
al
concetto
di
santità.
In
questa
visione
confluisce
tutto
un
complesso
di
dottrine
metafisiche,
cosmologiche
ed
escatologiche
in
cui
svolge
un
ruolo
centrale
la
figura
del
Profeta,
considerato
come
prima
manifestazione
di
Dio
e
intercessore
alla
fine
dei
tempi.
Anche
se è
parte
integrante
del
paesaggio
religioso
dell’Islam,
o
forse
proprio
per
questo,
il
sufismo
è
stato
oggetto
di
polemiche
e
controversie
per
tutto
il
corso
della
sua
storia.
La
letteratura
scientifica
occidentale
spesso
distingue
tra
un
sufismo
«moderato»
o
«ortodosso»
e un
sufismo
«estremista»
o
«eterodosso». Ciò
può
essere
fonte
di
malintesi,
perché
riflette
una
posizione
dogmatica
e in
quanto
tale
astorica.
Queste
polarità,
tuttavia,
esistono.
Il
diritto
islamico
classico
è in
primo
luogo
un’ermeneutica
e le
aree
di
divergenza
sono
più
ampie
di
quelle
di
consenso.
Tra
lecito
e
illecito
ci
sono
molte
gradazioni,
ed è
soprattutto
di
queste
che
discutono
gli
ulema.
Il
favore
della
maggioranza
degli
ulema
pre-moderni
verso
alcuni
aspetti
essenziali
della
cultura
sufi
dipende
dal
fatto
che
il
sufismo,
nel
periodo
pre-moderno,
è
largamente
integrato
nell’Islam
«ufficiale».
Il
fatto
che
oggi
lo
sia
molto
di
meno
è
una
delle
conseguenze
più
notevoli
delle
trasformazioni
che
hanno
attraversato
l’Islam
negli
ultimi
due
secoli.
Poiché
il
sufismo
è
una
componente
costitutiva
della
cultura
e
della
società
tradizionali
islamiche,
la
sua
crisi
e la
sua
evoluzione
nel
periodo
moderno
sono
in
effetti
solo
la
parte
di
un
tutto.
Proprio
per
questo
motivo,
una
sintesi
soddisfacente
della
storia
del
sufismo
nel
periodo
moderno
è
probabilmente
impossibile.