N. 75 - Marzo 2014
(CVI)
STUART HALL È MORTO, STUART HALL È VIVO
Storia
di
un
intellettuale
militante
di Filippo Petrocelli
Il
10
febbraio
del
2014,
all’età
di
82
anni,
è
morto
Stuart
Hall.
Intellettuale
militante,
sociologo,
esponente
di
primo
piano
della
Scuola
di
Birmingham
e
fondatore
dei
Cultural Studies,
ha
dedicato
la
sua
vita
alla
ricerca
sul
campo
di
uno
dei
concetti
cardine
della
modernità,
la
cultura
di
massa.
Nato
in
Giamaica
ma
trasferitosi
a
Londra
nei
primi
anni
Cinquanta,
si è
mosso
nei
meandri
delle
sottoculture
giovanili,
della
cultura
proletaria,
del
melting
pot
razziale,
affrontando
in
modo
innovativo
e
eretico,
il
problema
dell’identità
culturale
e
della
razza.
Fondatore
della
rivista
New Left
Review
e
severo
fustigatore
del
conformismo
del
Labour
Party,
ha
contribuito
in
maniera
rilevante
al
rinnovamento
della
sinistra
britannica,
introducendo
–
fra
le
altre
cose
– il
pensiero
di
Antonio
Gramsci
oltremanica.
Eterodosso
profeta
di
un
meticciato
intellettuale
–
che
si è
rivelato
molto
fecondo
per
le
scienze
sociali
–
non
concepiva
confini
disciplinari,
limitazioni
strutturali
o
gabbie
mentali.
Attento
alla
comunicazione,
ai
mass-media,
alle
questioni
di
genere
è
stato
sicuramente
un
irriducibile
della
ricerca,
amante
disperato
del
suo
oggetto
di
studio
e
pioniere
di
un
nuovo
metodo
di
fare
cultura.
Lontano
dall’essere
un
“topo
da
biblioteca”,
Stuart
Hall
ha
vissuto
con
intensità
la
sua
vita,
non
ritirandosi
in
una
torre
d’avorio
intellettuale,
ma
affrontando
a
viso
aperto
le
contraddizioni
della
vita
sociale
e
politica
del
suo
paese.
Al
centro
della
sua
ricerca
la
questione
dei
subalterni,
degli
esclusi,
della
cultura
cosiddetta
“bassa”,
delle
resistenze
spontanee
e
villains,
ma
anche
analisi
sulla
forza
titanica
dell’immaginario
o
sulla
relazione
ambigua
fra
potere,
cultura
e
ideologia.
Marxista
critico,
soprattutto
dell’economicismo
più
becero,
si è
soffermato
lungamente
sulle
relazioni
fra
struttura
e
sovrastruttura,
fra
rapporti
economici
e
“formazioni
sociali”,
sottolineando
il
polimorfismo
dei
fattori
in
gioco.
Il
suo
brillante
pensiero
ha
rappresentato
un
seme
fecondo
per
tutta
una
serie
di
intellettuali
che
hanno
influenzato,
negli
ultimi
vent’anni,
il
dibattito
sulle
scienze
sociali
e
sulla
cultura
popolare.
Ecco
perché
anche
se
Stuart
Hall
è
morto,
oggi
è in
realtà
più
vivo
che
mai.