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filosofia & religione


N. 94 - Ottobre 2015 (CXXV)

LE STREGHE NELLA STORIA
sulle radici pre-cristiane del neopaganesimo: una Confutazione

di Cristian Usa

 

In seno agli ambienti neopagani, è sovente viva una dialettica detrattoria nei confronti del mondo cristiano il quale è accusato di essere sorto a posteriori delle cultualità pagane e di aver perseguitato e annientato queste ultime all’uopo di impossessarsi del potere nel mondo occidentale.

Il neopaganesimo ha elaborato, in particolare nel corso dell’ultimo secolo, talune tesi che lo porrebbero in continuità storica con il paganesimo pre-cristiano conferendogli dunque una certa eminenza culturale. In realtà tale tesi appare priva di fondamento storico. Per dimostrare quest’assunto è opportuno, anzitutto, rispondere, a tre quesiti:
 
- Cos’è la religione e come, l’uomo religioso si approccia ai culti neopagani?
- Cosa sono, la storia, il metodo storico….. e cosa fa lo storico?
- Come si leggono, sociologicamente, i culti neopagan?
 
Secondo il professor Edoardo Scognamiglio:
 
«Lo studio della storia delle religioni approfondisce soprattutto l’esperienza del sacro (il fatto religioso) quale esperienza assoluta e determinante di Dio o dell’Essere supremo che orienta la vita dell’homo religiosus. […]»
 
Chi è dunque l’homo religiosus? La religione ha lo scopo di guidare l’uomo al suo fine che è il suo essere definitivo; solo l’uomo possiede la religione che rappresenta una parte fondamentale, del suo essere, assieme alla sensibilità e ai sentimenti. L’uomo tuttavia, è semplicemente un essere vivente, fatto a immagine e somiglianza dell’Essere Creatore, è un essere storico che non si identifica con Dio, ma è unito e vive in lui. L’uomo è un essere temporale, naturalmente proiettato ad un destino sempiterno.

L’homo religiosus vive, o comunque si sforza di vivere in maniera conforme alla volontà del suo Creatore, affrontando ogni ambito della vita sociale rispecchiandosi nella volontà anzidetta. Per rispondere quindi al quesito, “Cos’è la religione e come, l’uomo religioso si approccia ai culti neopagani?”, si può affermare che la religione ricorre a una serie di simboli per ispirare sentimenti di riverenza o di timore ed è collegata a riti o cerimonie praticati dalla comunità dei credenti.

Lo storico Sergio Luzzatto pone come base della riflessione circa la metodologia della ricerca storica, le seguenti domande: Come si studia la storia? E come si racconta?

Ma in cosa consiste il lavoro dello storico, sia esso accademico, studente o studioso? Lo storico di professione, nel suo lavoro di ricerca, parte con la formulazione di una idea o domanda e consequenzialmente formula una ipotesi. Una volta verificato lo stato dell’arte del tema oggetto di studio, lo storico procede con la ricerca e la classificazione delle fonti. Il termine fonte indica un testo che per le sue caratteristiche di autenticità, autorevolezza e contemporaneità è in grado di attestare in modo diretto avvenimenti in cui l’autore è stato testimone.

La fonte è lo strumento imprescindibile per il lavoro dello storico. La prima operazione da compiere, soprattutto nel caso di analisi di fonti storiche secondarie, è il confronto fra gli originali e il testo a stampa, poiché la lettura dell’editore è stata sicuramente frettolosa.

Nell’analisi delle fonti risulta fondamentale: individuare l’autore della fonte, comprendere il perché la fonte è stata prodotta, distinguere tra informazioni essenziali e approfondimenti di quest’ultime, se trattasi di fonte scritta sottolineare le parole chiave e creare un glossario con le definizioni, paragrafare il testo della fonte scritta e titolare i singoli paragrafi, riassumere in forma discorsiva il contenuto della fonte evidenziando i nessi logici tra le informazioni, schematizzare il contenuto della fonte o sintetizzarlo con tabelle, mappe concettuali, grafici.

Terminata l’analisi delle fonti, lo storico è chiamato a rispondere alle domande: QUANDO? Collocando nel tempo i fatti studiati.

COME? Mediante utilizzo di indicatori riferiti a: economia; politica; società; cultura collegati al fatto storico in studio.

CHI? Mediante l’individuazione dei protagonisti coinvolti in determinati fatti storici (classi sociali, ceti sociali, popoli, nazioni, stati).

PERCHÉ? Individuando le cause dell’avvenimento storico. La narrazione dei fatti storici studiati attraverso la metodologia della ricerca storica, deve necessariamente avvenire in maniera accessibile ed esaurientemente esplicativa, insomma divulgativa, se il target di fruitori della ricerca in questione è rappresentato dal pubblico di massa. L’homo religiosus, allorquando è finanche storico, attraverso tale metodologia, possiede gli strumenti necessari per dar ragione della speranza che è in lui.

“Come si leggono, sociologicamente, i culti neopagani”? Luciano Gallino, ha definito la sociologia come la scienza che studia, con propri metodi di indagine e tecniche di ricerca empiriche, i fondamenti e i fenomeni essenziali che caratterizzano la struttura sociale e le interazioni tra gli individui.

La sociologia ha, quindi, per oggetto di studio l’uomo nella sua dimensione sociale e le forme di rapporti che egli insatura con la compagine umana in cui è inserito. Lo scopo ideale della sociologia è porre delle leggi, chiamate leggi di tendenza, aventi limiti e clausole (ceteris paribus) questo perché è necessario creare una realtà fittizia come oggetto di studio. Infatti, la realtà che ci circonda, piena di sfaccettature diverse sarebbe impossibile da rinchiudere in un sistema di leggi ferree.

Da ciò derivano i limiti di questa disciplina. In altre parole il sociologo, cerca di ordinare gli eventi osservati in modelli comprensibili a tutti, analizzandone le cause e verificandone gli effetti. Stante l’oggetto del tema in argomento, a parere di chi scrive, è opportuno a questo punto, un richiamo alla definizione di sociologia della religione.

La sociologia della religione è un ramo specializzato della sociologia. È essenzialmente lo studio della pratica, delle strutture sociali, del contesto storico, dello sviluppo, dei temi di fondo comuni a tutte le religioni. Si sottolinea in modo particolare il ruolo che la religione ha in quasi tutte le società del mondo, lungo tutta la storia.

I sociologi della religione tentano di spiegare gli effetti della società sulla religione e gli effetti della religione sulla società, cioè in altre parole, il loro rapporto dialettico. La sociologia della religione nasce con la sociologia e dai sociologi, la religione è intesa come il tentativo più ambizioso di mettere ordine alla società, travalicando l’aspetto immanente dell’esistenza.

Leggere sociologicamente i culti neopagani, significa pertanto interpretare il comportamento degli aderenti a tali pratiche, chiarificando le motivazioni che li spingono verso queste culture religiose, e gli effetti che tale appartenenza genera nella loro vita e nella società a causa della testimonianza che ne scaturisce.

Nel presente lavoro sarà evidenziato come le religioni neopagane, traggono origine dal periodo moderno e non, certamente, dalle religioni pre cristiane. I culti moderni che si richiamano in qualche maniera alla stregoneria, in special modo la Wicca, e quelli neopagani; non hanno origini molto antiche. Il termine paganesimo è usato nell’ambito della storia delle religioni per indicare i culti tradizionali dei greci e dei romani in opposizione al cristianesimo. Tali culti erano, infatti, sopravvissuti principalmente nei villaggi delle campagne (pagi).

Sono riscontrabili tuttavia, cultualità pagane anche nel continente americano, presso le civiltà precolombiane dei Maya, Atzechi e Inca, le quali praticavano una religione politeista basata sul culto delle forze della natura e sul concetto di dualità, e in Europa presso le civiltà dei celti e dei germani, ovvero popoli di lingua indoeuropea, che hanno conosciuto civiltà grazie al contatto con l’Impero Romano, e ai quali alcuni gruppi neopagani, paiono ispirarsi o comunque far risalire le proprie origini.

Appare inverosimile un politeismo panceltico, al contrario si può constatare un fondo religioso comune: i Druidi, come i brahamani, dell’induismo sono una casta sacerdotale. Gli dei della religione germanica erano: Tiwaz (cfr. Tuesday, martedì) – Tyr [Dyauspitar, Zeus, Iuppiter] Essere supremo celeste, dio guerriero; Donar (cfr. Donnerstag, giovedì) – Thorr, dotato di un martello (come il vajra di Indra e la clava di Heracles) combatte Vrta, il serpente cosmico e i ‘giganti’ che abitano l’Utgard cioè il ‘mondo di fuori’; Wodan (cfr. Wednesday, mercoledì) – Odin, dalla stessa radice del tedesco Wut = furore, bellico, magico e poetico.

Nel mondo antico, le religioni possedevano un’essenza etnica; l’appartenenza ad una determinata società, infatti, condizionava l’identità dell’individuo e le sue pratiche religiose. Le religioni dei popoli mediterranei erano caratterizzate dal politeismo, ad eccezione degli israeliti. Per questi popoli, la religione condizionava fortemente tutte le attività umane, così come mito e rito condizionavano la sfera religiosa.

Per quanto concerne il paganesimo dell’antica Grecia, v’è da notare che esso comprendeva una religiosità che faceva ruotare la nozione di sacro attorno ad ogni aspetto della vita umana. La nozione di sacro delimitava lo spazio tra uomini e dei:
 
« La religione, ha scritto Burckhardt, non era per i greci “al di sopra o accanto alla pólis, perché culto e vita” erano “una sola cosa”. O erano quantomeno strettissimamente intrecciati. Ogni pasto, ogni simposio, ogni battaglia cominciava con un sacrificio; ogni assemblea popolare con una preghiera. Gli argomenti di natura religiosa erano in cima all’ordine del giorno. Le sottosezioni della cittadinanza si incontravano attorno agli altari, celebravano i loro culti e poi, per esempio, accoglievano i neonati nelle loro file, offrivano sacrifici e mangiavano solennemente le carni degli animali sacrificati. La volontà degli dei era accuratamente sondata dai veggenti. Uomini e donne, padri di famiglia e dignitari della comunità non perdevano d’occhio gli dei e si adoperavano per renderseli benevoli, sia quando c’era una ragione particolare per farlo, sia perché così voleva la regola ».
 
Le origini della "religione greca" vanno individuate nella preistoria dei primi popoli abitanti l'Europa, nelle credenze e nelle tradizioni di differenti popoli indo-europei che, a partire dal XXVI secolo a.C., migrarono in quelle regioni, nelle civiltà minoica e micenea e nelle influenze delle civiltà del Vicino Oriente antico occorse lungo i secoli..

La religione dei greci si compiva soprattutto sotto forma di azioni sacre. Azione sacra per antonomasia era il sacrificio animale. Il sacerdote (hierèus) gestiva il rapporto con la divinità. L’indovino (màntis) interpretava i segni attraverso i quali la divinità manifestava la sua volontà. Gli dei della religione dell’antica Grecia erano antropomorfi e identici agli uomini, nella sfera sentimentale e nelle relazioni, ma erano ad essi superiori in potenza. Al contrario del Dio dei cristiani, gli dei greci, erano creati a immagine e somiglianza dell’uomo.

La spiegazione maggiormente accettata sulle origini del mondo secondo la mitologia greca, è fornita dalla Teogonia di Esiodo. In principio esisteva il Caos, un immenso nulla. Da tale nulla nacquero Gea (la Terra), Eros (l'Amore), l'Abisso (il Tartaro) e l'Erebo (l'oscurità). Gea, auto generò Urano (il cielo), dal quale venne poi fecondata dando vita ai Titani: Oceano, Ceo, Crio, Iperione,Giapeto, Teia, Rea, Temi, Mnemosine, Febe, Teti e Crono.

Nacquero poi i monocoli Ciclopi (Bronte, Sterope e Arge) e gli Ecatonchiri dalle cento mani (Briareo, Gige e Cotto).

Crono – "l'astuto più giovane e terribile dei figli di Gea"fu salvato da Gea e vendicò i fratelli uccisi dal padre Urano. Divenuto sovrano dei titani, sposò la sorella Rea (gli altri Titani divennero membri della sua corte), dalla quale ebbe diversi figli, che conobbero la stessa sorte dei suoi fratelli per mano di suo padre Urano.

Rea tuttavia, riuscì a nascondere il più piccolo di questi, Zeus. Una volta adulto Zeus costrinse Crono a vomitare tutti i figli che aveva divorato, mediante l’ingestione di un farmaco, infine lo combatté, aiutato dai Ciclopi e da Campe, sconfiggendolo e conquistando definitivamente il trono degli dei.

Alla fine Crono ed i Titani furono gettati a loro volta nel Tartaro e lì imprigionati sotto la custodia degli Ecatonchiri. Dopo la cacciata dei Titani spiccarono, tra le divinità greche, gli Olimpi (in numero di dodici secondo una moderna teoria)..

Oltre agli Olimpi, erano venerati: il dio-capra Pan, le Ninfe, le Naiadi (abitanti le sorgenti), le Driadi (abitanti gli alberi), le Nereidi (abitanti i mari), gli dei fluviali, i Satiri ed altre divinità. Esistevano finanche forze oscure abitanti il mondo sotterraneo come le Erinni (o Furie), che secondo le credenze, perseguitavano i rei di crimini contro i propri congiunti. Nell’era degli Olimpi, gli dei vivevano sul Monte Olimpo e le nuvole che avvolgevano la cima impedivano agli stessi uomini di vederli.

I principali dei del pantheon greco in tale epoca erano:

- Zeus: re degli dei e del Monte Olimpo. Divinità celeste indoeuropea, dio atmosferico che scaglia i fulmini.

- Hera: sposa di Zeus e garante dell’ordine matrimoniale. Protettrice della famiglia e della maternità.

- Poseidone: è il dio del mare, figlio di Crono e fratello di Zeus, Ade, Era,Estia e Demetra. Dalla  Nereide Anfitrite  ha avuto un figlio, Tritone, mezzo uomo mezzo pesce.

Il simbolo di Poseidone è il tridente e suoi animali sacri sono, il cavallo (creato da lui dalle onde del mare) e il delfino. È chiamato Scuotitore della terra e considerato causa dei terremoti.

- Divinità simili a Poseidone sono presenti nelle religioni di altre civiltà del mondo antico (es. Nettuno per i Romani).

- Atena: protettrice della città di Atene e patrona del lavoro femminile, in particolare della tessitura. Nacque dalla testa di Zeus.

- Apollo: nacque a Delo da Zeus e Leto. Era il fratello gemello di Artemide. Era il dio della luce, dell’armonia, inventore della lira, protettore delle arti e delle Muse e soprattutto dio della profezia (oracolo di Delfi). Apollo si distinse a Delfi uccidendo il serpente Pitone che viveva in una caverna del Monte Parnaso. Apollo riflette per i Greci il genio artistico del loro paese, nonché il loro ideale di giovinezza, bellezza e progresso.

- Artemide: dea della caccia e di ciò che è esterno alla città, al villaggio o ai campi coltivati. Era sorella gemella di Apollo e circondata dalle proprie ninfe.

- Afrodite: dea dai poteri immensi. Proteggeva i matrimoni, favoriva l’intesa amorosa degli sposi, presiedeva alle nascite e rendeva fertili i campi. Poteva essere, tuttavia, anche una dea fatale poiché simboleggiava la passione irrefrenabile. Era tirata su un carro da uccelli come: la colomba, il cigno e il piccione; tutti simboli della fertilità. Era generalmente raffigurata nuda in pose voluttuose ricoperta da un sottile velo che modella le forme armoniose del suo corpo. Per tale caratteristica di sensualità, viene spesso assimilata alla dea fenicia Astarte.

- Hermes: messaggero degli dei, guida delle anime nel regno dei morti, protettore di viandanti, mercanti, pastori e ladri.

- Efesto: dio del fuoco, della metallurgia, tecnologia, dell'ingegneria, della scultura. Efesto e suo fratello Ares erano figli di Era concepiti, a seconda delle varie versioni della leggenda, con o senza la partecipazione di Zeus. Nonostante il suo aspetto deforme, risultava sposato con Charis, la Grazia o con Afrodite.

- Ares: figlio di Zeus e di Era, non ebbe mai un ruolo importante. Dio della guerra e della lotta. A causa della sua brutalità, non era simpatico agli dei così come ai mortali. Solo Afrodite concepì un folle amore per Ares che simboleggiava in tutta la sua potenza, la forza della passione e dei sensi. Suo antico nome di culto era Enyalios.

- Demetra: figlia di Crono e Rea è innanzitutto la dea del frumento, della fertilità e madre di Persefone, la quale rapita dal dio degli inferi divenne poi la regina dei morti. Con Iasione generò Pluto e con Poseidone generò Arione.

- Dioniso: figlio di Zeus e di Semele (una mortale). Era il dio del vino e dell’estasi, circondato spesso dalle divinità dei boschi e dalle donne in preda alla follia (Menadi o Tiadi) e dai Satiri (esseri per metà animali e dotati di grossi falli). Al suo culto è connessa l’origine della tragedia.

- Estia: dea del fuoco e della casa. È una delle divinità più misteriose del pantheon ellenico. La divinità equivalente a Estia nella mitologia romana, era chiamata Vesta sulla quale, Ovidio scrive: “Per lungo tempo credetti stoltamente che ci fossero statue di Vesta, ma poi appresi che sotto la curva cupola non ci sono affatto statue. Un fuoco sempre vivo si cela in quel tempio e Vesta non ha nessun'effigie, come non ne ha neppure il fuoco”.
 
Nel periodo della polis (III – VI sec a.C.), la religione assunse un’importanza fondamentale per la società greca. Celebrazioni del sacro, facevano infatti parte dei processi e dei giochi sportivi. A tali celebrazioni partecipava l’intera comunità. La tradizione teogonica e cosmogonica era compito dei poeti.

A differenza dei greci, i romani praticavano una religione nella quale erano assenti i miti ma erano diffusi i riti, molti dei quali di origine arcaica e mutuati da altri popoli. La religione dei romani era prevalentemente civica, familiare e socio-politica. Il culto verso gli dei era un dovere morale e civico nello stesso tempo, basato sulla pietas, con funzione di assicurare la pax deorum per il bene dell’urbe, della famiglia e dell'individuo.

Quest’aspetto fu alla base del sorgere del conflitto tra l’Impero Romano e i primi cristiani, i quali seguendo i dettami di Gesù di Nazareth, rifiutavano di praticare i culti pagani (in particolare il culto all’Imperatore) e predicavano il messaggio evangelico universalmente, in primis nei confronti dei pagani. Ciò era intollerabile per gran parte dei cittadini e per le autorità costituite, in quanto, oltre a rappresentare turbamento dell’ordine pubblico, equivaleva a slealtà nei confronti dell’Impero e della pietas.

La religione romana si sviluppò attraverso quattro fasi: una prima protostorica, una seconda fase dal VIII secolo a.C. al VI secolo a.C., caratterizzata dall'influenza delle religioni autoctone; una terza contrassegnata dal sincretismo con le religioni etrusca e greca; infine, una quarta fase, durante la quale si affermò il culto dell'imperatore e si diffusero i culti misterici dall’oriente.

Nella religione romana, antropocentrica, i riti posseggono un valore e un significato simbolici e sono governati da un complesso e articolato sacerdozio pubblico, al cui apice si trova il collegio dei pontefici, di cui fanno parte il re sacrale, i quindici flamini e le sei vestali. Il pontefice, inizialmente, svolgeva essenzialmente il compito di indicare e suggerire, alle autorità ed ai privati, il modo più opportuno per adempiere agli obblighi religiosi. Esso sorvegliava il culto nei suoi diversi aspetti, e soprattutto sovraintendeva le cerimonie riguardanti le divinità indigene.

 L’istituzione del collegio dei pontefici, dagli inizi fino al 300 a.C. in numero di cinque, sembra possa farsi risalire al successore di Romolo, Numa Pompilio. I Flamini assistevano al culto imperiale o delle divinità, ed erano suddivisi in Flamines Maiores, provenienti dai patrizi e celebranti la Triade Capitolina, e i Flamines minores, suddivisi a loro volta in dodici tipi. Le vestali erano delle sacerdotesse consacrate alla dea Vesta, della quale officiavano il culto.

Per un approfondimento sugli dei, le istituzioni e i riti della religione romana si consiglia la lettura del libro di Jacquelin Champeaux. Per quanto riguarda il nuovo paganesimo, che non detiene un filo conduttore con il paganesimo delle antiche civiltà, brevemente trattato finora, da una ricerca dei sociologi delle religioni Massimo Introvigne, Andrea Menegotto e Pierluigi Zoccatelli si evince che:
 
« […] un interesse per il mondo pagano – accompagnato da una critica più o meno violenta del cristianesimo – risale al Rinascimento, ma produce un movimento socialmente rilevante soprattutto in Inghilterra durante l’Illuminismo, con figure come Richard Payne Knight (1751-1824) e il francese residente a Londra Pierre-François Hugues (1719-1805), noto con lo pseudonimo di “barone d’Hancarville”.

Questi personaggi propongono un culto della natura e del sole che ha pure un aspetto legato alla sessualità, e in questo senso continua in Inghilterra fino al secolo successivo e all’opera di Hargrave Jennings (1817-1890). […]in un ambiente certamente meno aristocratico e più popolare – nasce, sempre in Inghilterra, un neo-druidismo con l’Ancient Druid Order di John Toland (1669-1722).

Questo “ritorno ai druidi” avrà, in parte, un’evoluzione non pagana e legata piuttosto alla restaurazione di un celtismo cristiano con l’Ancient Order of Druids – fondato nel 1781; nel 1833 l’emergere al suo interno di diverse opinioni causa una fuoriuscita di alcuni membri, che fondano l’United Ancient Order of Druids (UAOD), il quale, con alcune sedi negli Stati Uniti, pare essere l’Ordine di più antica origine a essere oggi sopravvissuto – e con le assemblee celtiche di Iolo Morgannwg (pseudonimo di Edward Williams, 1747-1826.

Più tardi in Francia un neo-celtismo di carattere druidico, e tendenzialmente pagano, si svilupperà con André Savoret (1898-1977). Un buon numero di società “druidiche” di matrice pagana esiste ancora oggi in diversi Paesi del mondo. Per quanto riguarda il celtismo, in Italia – oltre al caso peculiare riguardante il Movimento Spirituale Riformato dei Nativi d’Insubria – si segnala un fenomeno di revival, caratterizzato da presenze soprattutto in ambito folklorico, pur con qualche ricaduta di genere spirituale».
 
Pur trattandosi di una fonte secondaria e indiretta, quella sopra citata mostra che tra il paganesimo delle civiltà arcaiche e classiche e il neopaganesimo, non esiste alcun filo conduttore. Il neopaganesimo, come si può vedere, sorge nella cultura occidentale, non prima del XVII secolo. Secondo uno studio del CESNUR, la maggior parte degli aderenti alla “Wicca” (espressione anglo-sassone antica per “stregone” – maschile di “wicce” / “strega”, presentata alle origini della corrente – ma in modo filologicamente fantasioso – come versione inglese antica di witchcraft – “stregoneria”), asseriscono essere pagani, tuttavia non tutti neopagani, e si definiscono “streghe” (sic!) o aderenti alla Wicca.

Riguardo la storia della stregoneria, esistono delle controversie, affrontate e discusse in innumerevoli pubblicazioni che non è sede d’esporre.

L’egittologa appassionata di stregoneria, Margaret Alice Murray (1863-1963), muovendosi sul filone delle discusse ricerche del folklorista americano Charles Godfrey Leland (1824-1903), condotte principalmente in Italia, difende la tesi secondo cui la stregoneria sarebbe semplicemente la “vecchia religione” dell’Europa precristiana, sopravvissuta in modo “segreto” alle persecuzioni.

Secondo la Murray, la stregoneria combattuta dall’Inquisizione era sostanzialmente, l’autentica “religione pagana”.  L’Enciclopedia Italiana, citando autorevoli fonti di inizio XX secolo, scrive riguardo alla stregoneria presso i popoli antichi:
 
«Verso la fine del II millennio a. C., nell'ultimo anno di regno di Rameśśêśe III, la regina Teje trama un complotto, in cui sono implicati ufficiali di corte e dame dell'harem, per far salire sul trono, invece del legittimo erede, il figlio di lei Pentawere; dagli atti dell'inchiesta risulta che anche allora si facevano sortilegi su statuette che rappresentavano gli avversari. Nella biblioteca di Assurbanipal (sec. VIII a. C.) s'è trovata tutta una serie di esorcismi, designata col nome di seriemaqlū, per scongiurare gli effetti del sortilegio (mamītu) dello stregone (kashshapu) o della strega (kashshaptu).

Il Vecchio Testamento parla di streghe e di necromanti, ma per vietarne la consultazione e le pratiche; anzi Lev. XXII, 18, prescrive che streghe e stregoni non siano lasciati vivere. Tipi perfetti di strega presso i Greci sono Circe e più Medea; le più famose streghe sono le donne tessale e traci; presso i Romani, basti accennare all'oraziana Canidia, e alla descrizione dei più svariati sortilegi lasciata nell'Asino d'oro da Apuleio, che era stato accusato di stregoneria.

Presso tutti i popoli dell'antichità, come presso le popolazioni primitive odierne, una razza conquistatrice considera come pratiche di stregoneria le pratiche del culto dei popoli sottomessi e spesso le divinità dei vinti divengono i demonî dei vincitori: così si comportano gli Arî dell'India verso i popoli dravidici, e gli Scandinavi verso i Lapponi; nello stesso modo è considerata la religione del nemico o dello straniero: i Romani consideravano esperti in stregoneria gli Etruschi, i Marsi, i Sabini, i Peligni».
 
Questa citazione suggerisce che effettivamente, nell’evo antico esistettero pratiche definibili come stregoneria, tuttavia, trattandosi di culture diverse (nel tempo e nello spazio) e di pratiche assai eterogenee e non assimilabili ai rituali Wicca, si può affermare che tali informazioni non siano assolutamente sufficienti per sostenere la tesi delle origini pre-cristiane della succitata.
 


Riferimenti bibliografici:


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