N. 87 - Marzo 2015
(CXVIII)
STORIE DI GAP
SANTO PELI E I GRUPPI DI AZIONE PATRIOTTICA
di Filippo Petrocelli
Nient’altro che il libro più completo
sulla
storia
dei
Gap
(Gruppi
di
Azione
Patriottica):
questa
l’essenza
di
Storie
di
Gap,
Terrorismo
urbano
e
Resistenza
di
Santo
Peli,
professore
di
storia
contemporanea
all’Università
di
Padova.
Uscito nell’autunno 2014, questo
saggio
sull’esperienza
della
lotta
partigiana
in
città
–
combattuta
seconda
le
regole
della
guerriglia
urbana
e
del
terrorismo
–
ambisce
a
ricostruire
un
fenomeno
rimasto
marginale
nella
storiografia
resistenziale
e
troppo
spesso
schiacciata
da
quella
che
l’autore
chiama
“ricorrente
e
volgare
criminalizzazione”.
L’intento di Santo Peli è quindi
quello
di
sfuggire
alla
riduzione
della
storia
dei
Gruppi
di
Azione
Patriottica
ai
soli
due
eventi
scolpiti
nella
memoria
collettiva:
l’attentato
di
Via
Rasella
e
l’uccisione
di
Giovanni
Gentile.
Al contrario Peli propone un’analisi
più
ampia
e
profonda
dello
strumento
letale
ed
efficiente
della
Resistenza
nelle
città,
a
partire
dalla
specificità
dei
Gap,
negando
innanzitutto
la
marginalità
dei
centri
urbani
durante
la
guerra
di
liberazione
dal
nazi-fascismo.
È già, perché la Resistenza è stata
sì
montagne
e
scarpe
rotte,
bande
partigiane,
canti
e
vita
da
Brigata,
ma
anche
lotta
senza
tregua
nelle
asprezze
dei
caruggi
di
Genova,
nella
periferia
industriale
milanese
e
nell’immensa
Torino
delle
fabbriche.
Una resistenza metropolitana organizzata
in
piccoli
nuclei,
specializzata
in
sabotaggi,
attentati
a
figure
di
spicco
del
nazi-fascismo,
mirata
all’eliminazione
di
collaborazionisti
e
spie.
Spesso
composta
da
giovanissimi
che
come
ombre,
a
volte
in
solitudine,
attraversavano
le
città
occupate
dai
tedeschi,
e
che
nonostante
il
loro
numero
esiguo
hanno
inciso
in
maniera
determinante
sul
corso
della
guerra.
Pagando
anche
un
alto
tributo
di
sangue.
I gruppi di azione patriottica nascono
nell’ottobre
del
1943,
ma è
in
realtà
già
dell’aprile
’43
la
circolare
fatta
girare
all’interno
del
Pci,
a
firma
di
Antonio
Roasio,
sulla
necessità
di
dotarsi
di
strutture
combattenti
nelle
città.
Roasio
è
reduce
dalla
Francia
e
rientra
poco
prima
dell’armistizio
in
Italia,
importando
alcune
delle
tecniche
di
guerriglia
urbana
usate
dalla
resistenza
francese.
A differenza delle Brigate Garibaldi
(le
formazioni
partigiane
comuniste)
i
Gap
non
sono
però
aperti
a
tutti,
e i
membri
vengono
accuratamente
selezionati:
tutti
in
senso
stretto
militanti
comunisti.
È
questa
la
differenza
principale
fra
i
Gap
e le
bande
partigiane,
difformità
che
non
necessariamente
significa
maggiore
politicizzazione
(infatti
spesso
in
montagna
c’era
molto
tempo
per
formare
politicamente
i
giovani
partigiani)
ma
che
dimostra
piuttosto
la
determinazione
di
portare
avanti
una
lotta
talvolta
molto
violenta,
senza
tregua,
dentro
le
“linee
nemiche”.
L’organizzazione dei Gap e le azioni
di
guerriglia
urbana
nelle
città,
ma
anche
gli
attentati
e i
sabotaggi,
sono
state
una
peculiarità
della
strategia
del
Pci,
che
ha
sempre
rivendicato
questa
scelta
come
necessaria.
Il libro di Santo Peli è diviso in
due
grandi
sezioni:
la
prima
segue
la
scansione
cronologica
ed è
dedicata
alla
storia
dei
Gap
dalla
nascita
passando
per
la
cesura
del
maggio
’44,
quando
i
Gap
iniziano
a
promuovere
un’organizzazione
legata
alle
fabbriche
creando
le
Sap
(Squadre
di
Azione
Patriottica),
in
un
momento
in
cui
da
avanguardia
diventano
movimento
di
massa,
legandosi
agli
scioperi
del
marzo
1944.
La seconda invece affronta temi
diversi
come
la
questione
delle
rappresaglie,
delle
torture
e
della
repressione
nonché
la
dimensione
propagandistica
che
questi
combattenti
hanno
avuto.
Il testo si sofferma sul ruolo principale
dei
Gap:
quello
di
dimostrare
a
ridosso
dell’8
settembre
–
quando
le
bande
partigiane
sono
ancora
disorganizzate
–
che
la
lotta
contro
il
nemico
è
non
solo
possibile,
ma è
già
in
atto.
Parole
d’ordine
lotta
sulle
montagne,
diffusione
dell’insicurezza
nell’occupante,
distruzione
della
“pseudo-normalità”,
come
la
chiama
l’autore,
dell’occupazione
nazifascista.
E in prossimità della ricorrenza
dei
70
anni
dal
25
aprile
1945,
potrebbe
essere
un
imperativo
conoscere
meglio
alcuni
pezzi
di
storie
dei
giovani
“gappisti”.