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N. 10 - Marzo 2006

LA STORIA DEI TEMPLARI

I cavalieri della nuova civiltà - Parte II

di Cristina Lombardi

 

Continuiamo a parlare della storia di questo ordine, accennando appena alle crociate di cui furono protagonisti, ma prestando maggiore attenzione alla loro funzione sociale, allo scopo che si erano prefissi dopo il rientro dei nove di cui abbiamo parlato nella prima parte.


Perché mettere in secondo piano le crociate? Semplicemente perché furono il mezzo “tattico” con cui San Bernardo e poi in seguito i Maestri che si susseguirono, acquistarono potere economico e politico.


Questo potere gli era dato proprio dalla milizia che combatteva per il cristianesimo. Questa arma militare così forte ed organizzata ed il loro codice stesso - non rifiutarsi mai davanti all’attacco nemico - li rendeva a dir poco “indispensabili” alla causa crociata e cristiana: la conquista della Terra Santa, la Palestina. Ma per i templari questo era solo un mezzo non lo scopo.


Nel 1130 i Templari, ancora guidati da Ugo de Payns, rientrano in Palestina e qui si organizzano come vera e propria Milizia Armata combattendo al fianco dei militi crociati. Accade in questo frangente che i crociati non considerano i Cavalieri dell’Ordine come loro alleati, poiché questi non prendevano ordini dal re, ma agivano direttamente sotto il comando del Papato. Molti gran maestri morirono combattendo nel susseguirsi delle 8 crociate per la conquista della Terra Santa.


Inoltre iniziavano a serpeggiare “strane” accuse di collusione con gli arabi. Si riteneva infatti che le loro opere e le loro credenze fossero prese dagli “infedeli arabi“ con i quali sembra intessessero relazioni ambigue, soprattutto in scianze ed arti e scienze fisiche e metafisiche come l’astronomia o l’uso della chimica. L’ambiguità a cui si accenna lascia dei dubbi che lascia alla cosa prospettive realmente poco probabili, vista l’incapacità di comunicare per via della lingua e soprattutto per la mole dei maestri del tempio caduti sui campi di battaglia proprio per mano Araba. Ricordiamo ad esempio Odone di Saint Amand che morì in prigionia (spesso gli stessi maestri del tempio conducevano i loro cavalieri in battaglia) dopo aver rifiutato di pagare il riscatto.
Infatti i beni del tempio non erano ad uso personale. Altri cinque morirono in combattimento, tra cui Gerardo de Riderfort, Guglielmo de Sonnac, nomi che poco dicono se non per confermare il valore della regola del tempio. Nessun bene personale e nessun sentimento personale doveva essere messo al di sopra della causa stessa templare, sia che si trattasse della battaglia sia che fosse la costruzione di una cattedrale.


Ciò che poteva far pensare ad una somiglianza tra i Sufi (antichissima setta islamica delle cui origini non si conoscono scritti) ed i Templari erano proprio le opere chimiche o oggi diremmo “alchemiche”, dove per alchimia va letto il profondo legame che esiste tra la materia e le forze che la tengano unita.


La derivazione latina della parola setta riporta all’idea di cerchio o meglio circolo, e lascia intendere un’unione intorno alla quale girano delle credenze, forze o energie. In questo senso non va interpretato l’utilizzo dell’idioma“setta” in senso negativo.


Non dimentichiamo che gli arabi avevano, prima dell’incendio ad opera di Omar, la biblioteca di Alessandria e che questa fu anche, prima ancora del sorgere dei Templari, e la venuta dei Persiani, visionata dai Cristiani con il Vescovo Atanasio, il quale dopo averla “consultata” ne bruciò una parte. Nel 646 d.C. quando Omar I pronunciò le famose parole: “…Se i libri non riportano quanto scritto nel Corano allora vanno distrutti, poiché non dicono il vero. Se i libri riportano quanto scritto nel Corano vanno distrutti ugualmente perché sono inutili”.


E’ possibile pensare che molte opere fossero dunque state messe in salvo o comunque tramandate. Una ragione plausibile per cui si riconoscono alcune somiglianze. Infatti sia i Sufi che la manovalanza templare, riuscirono nell’incanto delle famose vetrate alchemiche, dalle quali trapassa la luce pur essendo opache e della cui sostanza e lavorazione non si hanno notizie (se ne potevano ammirare di bellissime in Notre Dame de Chatres, ma furono distrutte in un incendio intorno al 1700).


Simili conoscenze e lavorazioni, così riuscite, possono aver scatenato l’accusa di commistione con gli arabi.


Già all’epoca gli uomini erano dimentichi del fatto che l’arte è universale e non culturale. Non dobbiamo mai dimenticare che esiste un filo comune e che ogni cosa nella storia, nell’arte e nelle scienze è collegato da questo filo. Tutto può essere visto sotto la luce dell’epoca che si esprime attraverso le scienze, l’arte e da loro si plasma la storia. Così anche nelle culture dei popoli tutti.


Possiamo dividere la missione del tempio in due momenti:
- il primo, consiste nel ritrovamento di documentazione negli scavi nel tempio (di cu abbiamo parlato nella prima parte): proprio questi primi nove primi cavalieri, capitanati da Ugo de Payns, partirono per la Terra Santa e cominciarono a cercare “qualcosa” nelle rovine delle scuderie del Tempio di Salomone.


Nel frattempo San Bernardo e tutti quelli prima di lui iniziavano a prepararsi ad accogliere ciò che sarebbe stato trovato e riportato nella terra celtica per antonomasia, la Francia.


Dopo il ritorno di questi uomini, nel 1128, in Francia cominciano a sorgere velocemente cattedrali che abbandonano l’antico stile romanico, di derivazione benedettina, incominciando sulla via dell’arte gotica. Si suppone dunque, nessuno ha la certezza, che ciò che riportarono dagli scavi, non fossero altro che documenti o formule.


- il secondo in una missione sociale. Bisogna rilevare che, come accennato all’inizio, i Templari ottennero sempre maggiore potere economico e sociale proprio combattendo per il cristianesimo.


Erano praticamente inattaccabili, da un punto di vista giuridico-istituzionale, in quanto godevano dei privilegi ecclesiastici come monaci (erano esenti da ogni tributo e non erano soggetti a riti civili giuridici) e possedevano talmente tanto potere da essere una chiesa nella chiesa, una città stato, ovunque fosse un loro centro.


Primo obbiettivo di San Bernardo, ricevuti i cavalieri dall’Oriente, era organizzare la “commenda”. Queste commende erano delle organizzazioni polito-economiche, delle fattorie-fortezza all’interno delle quali chiunque poteva chiedere asilo politico, riceverlo ed essere protetto anche fisicamente.


Le commende si estesero anche e soprattutto in Germania dove monaci cistercensi, costruirono, sulle basi di principi templari, un convento/fattoria a Dunamunde, in Livonia, costruito con la stessa planimetria di Payns, commenda francese.


Molto spesso, queste commende, erano circondate da stagni o avevano al loro interno delle riserve di caccia, per poter allevare, al fine di nutrirsene gli animali: questo perché il cibo doveva essere sempre reperibile e la commenda vivesse di una vita propria e fosse indipendente. E’ sempre possibile dunque, ritrovare uno stagno intorno ad un luogo Templare.


Inoltre, questi complessi sono sempre circondati da mura che formano un quadrilatero all’interno del quale si espandevano edifici atti a diverse attività. Più distaccato dal centro del quadrilatero, c’era il convento. Per ogni luogo i templari rispettavano le singoli tradizioni agricole così c’era la mezzadria in Limousin, il sallaggio in Normandia.


Oltre ai poderi i commendatori, amministratori delle commende, dirigevano anche le varie e diverse proprietà possedute dal Tempio, dando spesso in affitto a privati i diversi luoghi che le componevano. È ovvio che un’attività così remunerativa portò a dire al “volgo” che i Templari possedessero mezza Parigi.


L’organizzazione territoriale delle stesse congreghe prevedeva una riunificazione delle stesse commende in “balie”, che avevano un’amministrazione di tipo regionale; le balie a loro volta erano riunite in una sorta di province sotto un'unica direzione. Nelle intenzioni dei Templari vi era un’organizzazione del territorio che conducesse ad un’unica entità, un popolo, una nazione dove fosse contemplata un’indipendenza e difesa della stessa, quindi una società organizzata sul lavoro e su una gerarchia non feudale.


Queste cittadelle erano anche rifugi, come abbiamo detto, per i bisognosi ed i pellegrini, ma a differenza dei normali conventi dove si dava ospitalità per una notte, una volta superata la quale si era preda del brigantaggio, nei territori controllati dai Templari queste terre erano protette da loro stessi, dunque fuori o dentro il tempio la situazione era sicura.


Inoltre le terre che venivano donate al Tempio erano spesso e volentieri da risanare, incolte e spesso paludose. I contadini templari provvedevano alla bonifica dei luoghi malsani e successivamente alla loro coltivazione. In questo senso possiamo dire che il loro fu un grande operare verso la civilizzazione.


Tutte le commende, per quanto fosse possibile, si trovavano in maniera tale da creare delle vere vie di comunicazione, che spesso assumevano la funzione di vie commerciali. Anche in quest’opera si intravede la radice celtica. Infatti gli antichi abitatori di quei luoghi utilizzavano per muoversi grandi strade e vie di comunicazione. Cosa che rese possibile la discesa di Annibale e l’ascesa di Cesare.


E’ certo che su queste vie ricostruite dai Templari, essi non solo proteggevano i pellegrini, ma aiutavano anche a sviluppare la commercializzazione dei beni, facendosi promotori loro stessi, istituendo mercati e scambi. Inoltre nelle loro strade non c’erano dazi e la cosa aiutava molto lo sviluppo economico delle aree interessate.


Uno dei percorsi più noti ed immutato è il cammino di Santiago che va da Roma fino a Compostela, in Galizia. Gli altri in terra di Francia sono ad oggi poco riconoscibili ed identificabili a causa dell’occultamento e della trascuratezza dopo la dispersione templare.



 

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