A PROPOSITO DI POLONIA E UCRAINA
OGGI VICINE, IERI DISTANTI
di Francesco Biscardi
La storia dell’Europa orientale, nel
lunghissimo arco di tempo che va dal
Medioevo all’Età contemporanea, è
stata sicuramente caratterizzata da
una sequela di eventi travagliati
ben più di quella occidentale.
Difficile trovare qui due nazioni
che hanno conosciuto un passato più
tormentato della Polonia e, come
evidente ai nostri giorni,
dell’Ucraina.
Forse in Italia non si è dato
sufficiente peso alla visita de
premier polacco Mateusz
Morawiecki a Kiev lo scorso 17 marzo
2022, insieme con lo sloveno Janez
Janša e il ceco Petr Fiala, seguita,
il 22 maggio, da quella del
presidente della repubblica Andrzej
Duda, il quale, nella circostanza,
si è rivolto al parlamento, la Rada:
«Solo l’Ucraina ha il diritto di
decidere il proprio futuro; sono
emerse voci preoccupanti, secondo
cui l’Ucraina dovrebbe arrendersi
alle richieste di Putin. La Comunità
internazionale dovrebbe obbligare la
Russia a metter fine all’invasione
[…] a un’evidente violazione della
legge internazionale. Non si possono
prendere decisioni sulla pelle
dell’Ucraina, questo è un principio
inderogabile».
Duda è stato il primo Capo di stato
straniero ad aver tenuto un discorso
dinnanzi all’Assemblea Nazionale
Ucraina dall’inizio dell’invasione.
Quasi paradossalmente al leader
di questo paese che per secoli è
stato il nemico storico della grande
patria comune russa, di cui gli
ucraini difendevano i confini (la
parola okràina significa
proprio “sui confini”), sono portati
ad appoggiarsi i cittadini di Kiev
alla ricerca di una identità che li
distingua definitivamente da Mosca.
In realtà questi tre popoli hanno
una comune radice etnica slava e
quello ucraino è molto più vicino a
quello russo che non a quello
polacco di quanto non si voglia
ammettere sia per storia, che per
tradizioni e per credo religioso (in
maggioranza ortodosso in
contrapposizione ai polacchi
cattolici); fa eccezione la lingua,
più vicina al polacco che non al
russo.
Chissà quanti ucraini si saranno
ricordati in questi giorni del
racconto
Taras Bul’ba,
pubblicato nel 1835 da
Nicolaj Vasil’evich Gogol’, nativo
di Poltava in Ucraina e pilastro
della letteratura russa. Un racconto
epico violento dei cosacchi del
Dnjepr, “fratelli” di quelli del
Don, in origine contadini della
pianura russa meridionale, fuggiti
nella steppa nel corso del XV
secolo, e duramente sopravvissuti
difendendo la loro libertà contro
gli ottomani, i tatari di Crimea e
il vicino colosso della Res
Publica nobiliare
polacco-lituana, la cui aristocrazia
a lungo vide con disprezzo il popolo
ucraino. L’opera offre un bel quadro
di come questi due popoli, il
polacco e l’ucraino, abbiano
convissuto in gran parte all’insegna
dell’inimicizia e della diffidenza,
al punto che, a un certo punto, gli
ucraini preferirono trovare la
protezione e la signoria dello zar
di Mosca.
Sorvolando sulle origini e sui primi
sviluppi dei principati slavi
orientali, risalenti all’Alto
Medioevo, quando nacque la Rus’ di
Kiev sul fiume Dnepr, fu fra Tre e
Quattrocento che sorse un grande
complesso statuale sulle terre
dell’Europa centro-orientale: la
Confederazione polacco-lituana.
L’unione nella persona del monarca
delle casate di Polonia e Lituania,
a cui erano finite per appartenere
anche parte delle terre ucraine, si
era realizzata nel XIV secolo: uno
dei più grandi sovrani della storia
polacca, Casimiro il Grande
(1333-1370), sebbene sposatosi più
volte, si trovò a non avere eredi
maschi; optò per un accordo con
Luigi d’Angiò, re d’Ungheria, il
quale unì al proprio trono quello di
Cracovia (allora capitale) nel 1370
fino al 1382, anno della sua morte.
Non avendo nemmeno questi successori
maschi, cercò di convincere i nobili
a riconoscere come erede designato
una delle sue figlie. Così nel 1384
una di queste, Edvige, fu esortata
dalla nobiltà e dai rappresentanti
delle città ad accettare la corona.
La giovane regina dovette però
accondiscendere alla decisione di un
gruppo di magnati della capitale di
convolare a nozze con il principe
pagano del Gran Ducato lituano della
famiglia degli Jagelloni, a
condizione che accettasse il
battesimo e la Lituania fosse
inclusa nel Regno di Polonia.
L’unione, dettata anche dalla
necessità di far fronte al pericolo
di espansione dell’Ordine teutonico,
fu conclusa a Krewa nel 1385 e un
anno dopo Ladislao Jagellone fu
battezzato ed eletto re a Cracovia.
Fu in seguito all’estinzione della
casata jagellonica, nel 1569, che,
in base alle norme sottoscritte in
quella che fu ribattezzata “Unione
di Lublino”, la monarchia polacca
diveniva da ereditaria elettiva. Con
questo atto si dava vita a una
Rzeczypospolitej Polskiej, una
Res Publica nobiliare
polacco-lituana.
Inoltre, a seguito di una serie di
contrasti interni fra due visioni,
una monarchico-assolutistica e una
democratico-repubblicana, si
raggiunse un compromesso sulla
divisione dei poteri fra un re e una
Dieta, composta da un Senato e da
una Camera (Sejm). Alla Camera
lituani, polacchi, livoniani e
prussiani (molto presenti sui
confini occidentali) avevano tutti
voce, mentre il Senato includeva
l’alto clero cattolico e i nobili
palatini. Dal 1572, anno della morte
di Sigismondo Augusto (sovrano che
aveva incorporato fra i domini della
corona la Podlachia, la Valacchia,
Braclaw e parte dell’Ucraina), si
riconobbe all’intera nobiltà il
diritto di partecipare alle
votazioni della Dieta per l’elezione
regia. Quest’ultima negoziava anche
l’accordo elettorale del nuovo
monarca (pacta conventa) al
quale doveva attenersi prima di
essere incoronato. Quello che ne
derivò fu una “repubblica” dove il
potere monarchico era fortemente
temperato da quello dei nobili e
dell’assemblea parlamentare.
Fino a metà Seicento, se si esclude
un fallito attacco scagliato per
vendetta contro la Polonia nella
Guerra di Smolensk (1633-35) e altri
sparuti contrasti, la Moscovia
(ancora il termine “Russia” non era
in uso) era rimasta perlopiù fuori
dai conflitti con le terre ai suoi
confini occidentali. Fu nel 1654 che
scoppiò la “questione ucraina” e
portò allo scontro diretto con i
polacchi.
I cosacchi ortodossi dello Zaporož’e,
nelle zone sinistre del Dnepr, da
tempo cercavano l’indipendenza dai
dominatori cattolici. Nel 1648 uno
di questi, un carismatico hetman
(“capo eletto”), Bogdan
Chmel’ni’kyj, fomentò delle rivolte
contro il governo centrale e chiese
il sostegno dello zar. L’accordo
sottoscritto a Perejaslavl’ nel 1654
rimase tuttavia ambiguo, perché per
i cosacchi era un sostanziale patto,
per così dire, di vassallaggio verso
il sovrano moscovita, Aleksej
Michailovič,
mentre per quest’ultimo un vero e
proprio atto di sottomissione del
popolo ucraino. Scoppiò il conflitto
con la Rzeczpospolita: una
guerra di tredici anni che si
concluse nel 1667 con la vittoria
russa e la pace di Andruszòw che
confermò allo zar il possesso delle
terre alla sinistra del Dnepr.
Questa vittoria ebbe un grande
significato morale per Mosca: in
quel frangente era stata acquisita
la “madre” delle città russe, quella
Kiev il cui principato di Rus’ era
stato capostipite dei grandi regni
slavi orientali. All’inverso essa
costituì uno scacco per la Polonia,
i cui sogni di riconquista furono
abbandonati nel 1686, quando, in
piena guerra contro l’Impero
ottomano, il re Jan III Sobieski,
bisognoso del supporto russo dopo il
celebre trionfo viennese del 1683,
dovette definitivamente e
dolorosamente rassegnarsi alla sua
perdita.
Il trattato di Andruszòw ebbe delle
forti ripercussioni sulla storia
successiva: con uno sguardo
retrospettivo possiamo dire che per
la Polonia la cessione dell’Ucraina
orientale (unita a quella della
Livonia conquistata dagli svedesi)
fu prodromo dell’inarrestabile
declino che culminò nel definitivo
smembramento del 1795, anno in
cuil’intera nazione fu fagocitata da
russi, prussiani e austriaci, mentre
per gli ucraini, vista l’ambiguità
del trattato di Perejaslavl’, con le
differenti percezioni cui prima si
accennava, ebbe conseguenze di vasta
portata nelle relazioni con la
Russia e nelle vicende politiche dei
secoli seguenti.
Da allora la storia dell’Ucraina,
come al tempo della Rus’ medievale,
tornò a essere strettamente legata a
quelle del mondo russo, conoscendo
periodi di prosperità e periodi di
atroci sofferenze (basti pensare
all’epoca staliniana), mentre la
Polonia, cancellata dalle carte
geografiche, risorgerà su volere
degli stati vincitori della Prima
Guerra mondiale, entrerà in
contrasto con il neo nato regime
bolscevico, sarà invasa da nazisti e
sovietici nel 1939 e diventerà
satellite di Mosca all’epoca della
Guerra Fredda, esattamente come
Kiev.
Entrambe le nazioni riconosceranno
piena libertà solo in seguito al
crollo dell’Urss. Dopo di allora,
contese fra Occidente e Oriente, la
Polonia propenderà decisamente a
favore del primo, mentre l’Ucraina
sarà e viene ancora contesa fra i
due schieramenti, come testimonia la
tragica guerra in atto.
Riferimenti bibliografici:
Bartlett R., Storia della Russia.
Dalle origini agli anni di Putin,
Mondadori, Milano 2014.
Cardini F., Mini F., Ucraina. La
guerra e la storia, PaperFirst,
Roma 2022.
Platania G., La “Res Publica”
polacca, Sette Città, Viterbo
2009.