[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

175 / LUGLIO 2022 (CCVI)


contemporanea

A PROPOSITO DI POLONIA E UCRAINA

OGGI VICINE, IERI DISTANTI

di Francesco Biscardi

 

La storia dell’Europa orientale, nel lunghissimo arco di tempo che va dal Medioevo all’Età contemporanea, è stata sicuramente caratterizzata da una sequela di eventi travagliati ben più di quella occidentale. Difficile trovare qui due nazioni che hanno conosciuto un passato più tormentato della Polonia e, come evidente ai nostri giorni, dell’Ucraina.

 

Forse in Italia non si è dato sufficiente peso alla visita de premier polacco Mateusz Morawiecki a Kiev lo scorso 17 marzo 2022, insieme con lo sloveno Janez Janša e il ceco Petr Fiala, seguita, il 22 maggio, da quella del presidente della repubblica Andrzej Duda, il quale, nella circostanza, si è rivolto al parlamento, la Rada: «Solo l’Ucraina ha il diritto di decidere il proprio futuro; sono emerse voci preoccupanti, secondo cui l’Ucraina dovrebbe arrendersi alle richieste di Putin. La Comunità internazionale dovrebbe obbligare la Russia a metter fine all’invasione […] a un’evidente violazione della legge internazionale. Non si possono prendere decisioni sulla pelle dell’Ucraina, questo è un principio inderogabile».

 

Duda è stato il primo Capo di stato straniero ad aver tenuto un discorso dinnanzi all’Assemblea Nazionale Ucraina dall’inizio dell’invasione. Quasi paradossalmente al leader di questo paese che per secoli è stato il nemico storico della grande patria comune russa, di cui gli ucraini difendevano i confini (la parola okràina significa proprio “sui confini”), sono portati ad appoggiarsi i cittadini di Kiev alla ricerca di una identità che li distingua definitivamente da Mosca.

 

In realtà questi tre popoli hanno una comune radice etnica slava e quello ucraino è molto più vicino a quello russo che non a quello polacco di quanto non si voglia ammettere sia per storia, che per tradizioni e per credo religioso (in maggioranza ortodosso in contrapposizione ai polacchi cattolici); fa eccezione la lingua, più vicina al polacco che non al russo.

 

Chissà quanti ucraini si saranno ricordati in questi giorni del racconto Taras Bul’ba, pubblicato nel 1835 da Nicolaj Vasil’evich Gogol’, nativo di Poltava in Ucraina e pilastro della letteratura russa. Un racconto epico violento dei cosacchi del Dnjepr, “fratelli” di quelli del Don, in origine contadini della pianura russa meridionale, fuggiti nella steppa nel corso del XV secolo, e duramente sopravvissuti difendendo la loro libertà contro gli ottomani, i tatari di Crimea e il vicino colosso della Res Publica nobiliare polacco-lituana, la cui aristocrazia a lungo vide con disprezzo il popolo ucraino. L’opera offre un bel quadro di come questi due popoli, il polacco e l’ucraino, abbiano convissuto in gran parte all’insegna dell’inimicizia e della diffidenza, al punto che, a un certo punto, gli ucraini preferirono trovare la protezione e la signoria dello zar di Mosca.  

 

Sorvolando sulle origini e sui primi sviluppi dei principati slavi orientali, risalenti all’Alto Medioevo, quando nacque la Rus’ di Kiev sul fiume Dnepr, fu fra Tre e Quattrocento che sorse un grande complesso statuale sulle terre dell’Europa centro-orientale: la Confederazione polacco-lituana. L’unione nella persona del monarca delle casate di Polonia e Lituania, a cui erano finite per appartenere anche parte delle terre ucraine, si era realizzata nel XIV secolo: uno dei più grandi sovrani della storia polacca, Casimiro il Grande (1333-1370), sebbene sposatosi più volte, si trovò a non avere eredi maschi; optò per un accordo con Luigi d’Angiò, re d’Ungheria, il quale unì al proprio trono quello di Cracovia (allora capitale) nel 1370 fino al 1382, anno della sua morte. Non avendo nemmeno questi successori maschi, cercò di convincere i nobili a riconoscere come erede designato una delle sue figlie. Così nel 1384 una di queste, Edvige, fu esortata dalla nobiltà e dai rappresentanti delle città ad accettare la corona. La giovane regina dovette però accondiscendere alla decisione di un gruppo di magnati della capitale di convolare a nozze con il principe pagano del Gran Ducato lituano della famiglia degli Jagelloni, a condizione che accettasse il battesimo e la Lituania fosse inclusa nel Regno di Polonia. L’unione, dettata anche dalla necessità di far fronte al pericolo di espansione dell’Ordine teutonico, fu conclusa a Krewa nel 1385 e un anno dopo Ladislao Jagellone fu battezzato ed eletto re a Cracovia.

 

Fu in seguito all’estinzione della casata jagellonica, nel 1569, che, in base alle norme sottoscritte in quella che fu ribattezzata “Unione di Lublino”, la monarchia polacca diveniva da ereditaria elettiva. Con questo atto si dava vita a una Rzeczypospolitej Polskiej, una Res Publica nobiliare polacco-lituana.

 

Inoltre, a seguito di una serie di contrasti interni fra due visioni, una monarchico-assolutistica e una democratico-repubblicana, si raggiunse un compromesso sulla divisione dei poteri fra un re e una Dieta, composta da un Senato e da una Camera (Sejm). Alla Camera lituani, polacchi, livoniani e prussiani (molto presenti sui confini occidentali) avevano tutti voce, mentre il Senato includeva l’alto clero cattolico e i nobili palatini. Dal 1572, anno della morte di Sigismondo Augusto (sovrano che aveva incorporato fra i domini della corona la Podlachia, la Valacchia, Braclaw e parte dell’Ucraina), si riconobbe all’intera nobiltà il diritto di partecipare alle votazioni della Dieta per l’elezione regia. Quest’ultima negoziava anche l’accordo elettorale del nuovo monarca (pacta conventa) al quale doveva attenersi prima di essere incoronato. Quello che ne derivò fu una “repubblica” dove il potere monarchico era fortemente temperato da quello dei nobili e dell’assemblea parlamentare.

 

Fino a metà Seicento, se si esclude un fallito attacco scagliato per vendetta contro la Polonia nella Guerra di Smolensk (1633-35) e altri sparuti contrasti, la Moscovia (ancora il termine “Russia” non era in uso) era rimasta perlopiù fuori dai conflitti con le terre ai suoi confini occidentali. Fu nel 1654 che scoppiò la “questione ucraina” e portò allo scontro diretto con i polacchi.

 

I cosacchi ortodossi dello Zaporož’e, nelle zone sinistre del Dnepr, da tempo cercavano l’indipendenza dai dominatori cattolici. Nel 1648 uno di questi, un carismatico hetman (“capo eletto”), Bogdan Chmel’ni’kyj, fomentò delle rivolte contro il governo centrale e chiese il sostegno dello zar. L’accordo sottoscritto a Perejaslavl’ nel 1654 rimase tuttavia ambiguo, perché per i cosacchi era un sostanziale patto, per così dire, di vassallaggio verso il sovrano moscovita, Aleksej Michailovič, mentre per quest’ultimo un vero e proprio atto di sottomissione del popolo ucraino. Scoppiò il conflitto con la Rzeczpospolita: una guerra di tredici anni che si concluse nel 1667 con la vittoria russa e la pace di Andruszòw che confermò allo zar il possesso delle terre alla sinistra del Dnepr.  

 

Questa vittoria ebbe un grande significato morale per Mosca: in quel frangente era stata acquisita la “madre” delle città russe, quella Kiev il cui principato di Rus’ era stato capostipite dei grandi regni slavi orientali. All’inverso essa costituì uno scacco per la Polonia, i cui sogni di riconquista furono abbandonati nel 1686, quando, in piena guerra contro l’Impero ottomano, il re Jan III Sobieski, bisognoso del supporto russo dopo il celebre trionfo viennese del 1683, dovette definitivamente e dolorosamente rassegnarsi alla sua perdita.

 

Il trattato di Andruszòw ebbe delle forti ripercussioni sulla storia successiva: con uno sguardo retrospettivo possiamo dire che per la Polonia la cessione dell’Ucraina orientale (unita a quella della Livonia conquistata dagli svedesi) fu prodromo dell’inarrestabile declino che culminò nel definitivo smembramento del 1795, anno in cuil’intera nazione fu fagocitata da russi, prussiani e austriaci, mentre per gli ucraini, vista l’ambiguità del trattato di Perejaslavl’, con le differenti percezioni cui prima si accennava, ebbe conseguenze di vasta portata nelle relazioni con la Russia e nelle vicende politiche dei secoli seguenti.

 

Da allora la storia dell’Ucraina, come al tempo della Rus’ medievale, tornò a essere strettamente legata a quelle del mondo russo, conoscendo periodi di prosperità e periodi di atroci sofferenze (basti pensare all’epoca staliniana), mentre la Polonia, cancellata dalle carte geografiche, risorgerà su volere degli stati vincitori della Prima Guerra mondiale, entrerà in contrasto con il neo nato regime bolscevico, sarà invasa da nazisti e sovietici nel 1939 e diventerà satellite di Mosca all’epoca della Guerra Fredda, esattamente come Kiev.

 

Entrambe le nazioni riconosceranno piena libertà solo in seguito al crollo dell’Urss. Dopo di allora, contese fra Occidente e Oriente, la Polonia propenderà decisamente a favore del primo, mentre l’Ucraina sarà e viene ancora contesa fra i due schieramenti, come testimonia la tragica guerra in atto.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Bartlett R., Storia della Russia. Dalle origini agli anni di Putin, Mondadori, Milano 2014.

Cardini F., Mini F., Ucraina. La guerra e la storia, PaperFirst, Roma 2022.

Platania G., La “Res Publica” polacca, Sette Città, Viterbo 2009. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]