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N. 84 - Dicembre 2014 (CXV)

PER UNA STORIA CONTEMPORANEA DELLE RAPINE
TEORIA E PRATICA DEI FURTI IN BANCA

di Filippo Petrocelli

 

Tutto quello che avreste voluto sapere sulle rapine in banca e non avete mai osato chiedere. Ecco come può essere parafrasato La rapina in banca. Storia, teoria e politica a cura di Klaus Schönberger edito da DeriveApprodi nel 2003.

 

Una sorta di contro-storia sociologica in cui cronaca e racconto si intrecciano, cercando di descrivere da un punto di vista singolare le azioni di chi, armi in pugno, ha strappato denaro ad una banca.

 

Non una celebrazione dell’esproprio, piuttosto una panoramica del fenomeno filtrata dalle lenti di un professore universitario esperto di antropologia e docente a Tübingen. Forte di un approccio culturalista Schönberger non solo decostruisce la figura del rapinatore, ma prova ad analizzare la questione su un terreno “mitologico”, spostando l’attenzione sulla figura del bandito a livello di cultura popolare.

 

Il libro che è in realtà una raccolta di scritti e saggi sull’argomento, affronta la storia di questo particolare reato: dalla prima rapina in banca avvenuta in Germania nella seconda metà del Settecento (in realtà contro una carrozza postale) fino ad arrivare ai nostri giorni ma riflette anche sul ruolo dell’industrializzazione in relazione alla rapina e su quanto la modernità abbia ingigantito il fenomeno.

 

E così si intrecciano assalti alle carovane o ai treni del West con le moderne rapine in banca senza dimenticare i Robin Hood di ogni epoca, bandoleros tutt’altro che stanchi, “malandrini” e malintenzionati di ogni genere.

 

Si raccontano le gesta di Dillinger e dei suoi sgargianti vestiti gessati negli Stati Uniti della Grande Depressione, le peripezie made in England di Ronnie Biggs rapinatore e donnaiolo, di Adam Worth che ha ispirato un personaggio di Sherlock Holmes e di Martin Cahill detto “The General”, celebre rapinatore irlandese ucciso dall’Ira, per aver provato a truffare l’organizzazione irlandese.

 

Si analizzano il passamontagna, le calze calate sul viso e i modi bruschi ma anche gli abiti eleganti e le maniere gentili per rapinatori naïf come Horst Fantazzini, anarchico convinto, celebre per aver inviato un mazzo di fiori dopo una rapina ad una impiegata impaurita durante un furto.

 

Molto lo spazio dedicato nel saggio ai rapinatori “politici”, alle rapine di autofinanziamento e alle azioni di esproprio armato in nome della rivoluzione: Bonaventura Durruti e la Banda Bonnot all’inizio del secolo; la Raf e i Tupamaros nel dopoguerra, ma anche i deliri post-moderni di Patty Hearst e della sua Symbionese Liberation Army, oppure le ribellioni individuali che si intrecciano con la militanza, come Albert Spiaggiari nell’OAS.

 

Non mancano i rapinatori pop in grado di raggiungere anche una discreta fama al punto da entrare nell’immaginario collettivo: Jacques Mesrine autentica icona degli anni Settanta in Francia, collezionista instancabile di ammiratrici ma anche Stephen Reid, scrittore e poeta canadese da best seller.

 

In una sezione specifica si parla di bank ladies, ovvero rapinatrici al femminile ma pure di maschere e feticci da rapina, perché i criminali in fondo, non hanno genere, razza o colore.



 

 

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