N. 69 - Settembre 2013
(C)
CALEIDOSCOPIO MUSICALE
LA storia contemporanea di londra sul pentagramma
di Andrea Bajocco
Tra
le
molte
definizioni
di
Londra,
forse la più
azzeccata
è
quella
di
“capitale
della
musica”.
Dai
primi
anni
’60
infatti,
l’apporto
della
City
inglese
non
si
ferma
a un
singolo
genere,
come
accaduto
invece
in
America
per
Memphis
(da
cui
provengono
mostri
sacri
come
Elvis
e
Johnny
Cash
e,
di
fatto,
il
Rock
‘n’
Roll),
Seattle
(patria
del
Grunge
e
dei
suoi
maggiori
esponenti)
e il
New
Jersey
(che
ha
dato
i
natali
e le
prime
luci
della
ribalta
al
“Boss”
Bruce
Springsteen)
o
nello
stesso
Regno
Unito
per
Manchester
(culla
dell’Indie
Rock
e
del
Britpop).
Dal
Rock
dei
Led
Zeppelin
e
dei
Rolling
Stones
al
Punk
dei
Clash
e
dei
Sex
Pistols;
dal
sound
“psichedelico”
dei
Pink
Floyd,
a
quello
“metal”
degli
Iron
Maiden;
dal
Britpop
dei
Blur
all’Indie
Rock
dei
Vaccines
e
dei
Bloc
Party...
È di
fatto
impossibile
nominare
tutti
gli
artisti
nati,
cresciuti
o
almeno
strettamente
legati
alla
capitale
inglese.
Per
la
precisione,
se
si
vuole
“datare”
l’esplosione
musicale
che
ha
coinvolto
l’intera
City,
si
deve
tornare
indietro
a
quel
1962
quando
i
Rolling
Stones
fecero
il
loro
esordio
nientemeno
che
al
Marquee
Club,
quando
questo
era
ancora
situato
al
civico
165
di
Oxford
Circus
(sarebbe
stato
successivamente
spostato
in
Wardour
Street
a
seguito
di
uno
sfratto).
Il
mito
di
Mick
Jagger
e
soci
(che
nel
2012
hanno
festeggiato
i 50
anni
di
attività)
ebbe
così
inizio.
Un
mito
destinato
a
diventare
presto
leggenda
grazie
ai
tanti
capolavori
incisi
dalle
celebri
“pietre
rotolanti”...
Unico
neo,
se
di
neo
si
può
parlare,
è la
storica
“rivalità”
con
i
Beatles:
i
Rolling
Stones,
infatti,
sono
spesso
stati
considerati
come
gli
avversari
“cattivi”
dei
“Fab
Four”
di
Liverpool.
Proprio
i
Beatles,
nel
1969,
hanno
deciso
di
legare
indissolubilmente
il
loro
nome
a
quello
della
capitale
inglese,
incidendo
ad
Abbey
Road
uno
dei
dischi
capolavoro
della
loro
carriera
(e
dedicando
alla
via
il
nome
del
disco).
L’album
è
tra
i
più
famosi
di
sempre,
anche
grazie
alla
celebre
copertina
che
raffigura
i 4
Baronetti
mentre
attraversano
le
zebra
crossing
(strisce
pedonali)
di
Abbey
Road.
Dall’anno
successivo
anche
gli
studi
di
registrazione
cambiarono
il
nome
in
“Abbey
Road
Studios”.
Qui,
nel
corso
degli
anni,
hanno
registrato
quindi
i
propri
lavori
nomi
di
primissimo
livello,
legati
a
qualsiasi
sonorità.
Come
successo
per
i
Beatles,
anche
i
Pink
Floyd,
datati
1965,
oltre
ad
aver
letteralmente
cambiato
la
storia
della
musica
–
con
l’aggiunta
di
caratteristici
suoni
psichedelici
–
hanno
“dedicato”
a
Londra
la
copertina
(disegnata
dal
bassista
Roger
Waters)
di
Animals
(album
polemico
sulle
condizioni
socio-politiche
della
capitale
e
dell’Inghilterra
degli
anni
’70)
sulla
quale
è
raffigurato
il
maiale
Algie
–
chiaro
riferimento
alla
canzone
che
apre
e
chiude
l’album:
Pigs
on
the
Wing
(maiali
in
volo)
–
che
vola
tra
le
ciminiere
della
Battersea
Power
Station,
centrale
termoelettrica
situata
sulla
riva
sud
del
Tamigi.
Stesso
discorso
vale
per
gli
Oasis
che,
seppur
nativi
di
Manchester,
hanno
lasciato
la
propria
impronta
su
Londra
grazie
al
loro
lavoro
più
importante.
Era
il
1995
quando
(What’s
the
Story)
Morning
Glory
decretò
il
definitivo
ingresso
di
Liam
e
Noel
Gallagher
nella
hall
of
fame
della
musica.
La
copertina
rappresenta
una
via
di
Londra,
Berwick
Street,
di
prima
mattina
con
due
persone
–
comuni,
non
membri
della
band
–
appositamente
fuori
fuoco
per
creare
un
alone
di
mistero
intorno
ai
due
personaggi.
Oltre
a
ciò,
gli
Oasis
condividono
con
i
Beatles
anche
l’essere
al
centro
di
un
dualismo
che
da
sempre
divide
i
fan...
Dal
1989,
infatti,
gli
amanti
del
genere
Britpop
si
sono
trovati
dinanzi
a un
bivio:
dover
scegliere
(è
raro
trovare
qualcuno
che
appoggi
entrambe
le
“fazioni”)
tra
loro
e i
Blur
di
Damon
Albarn.
Tale
rivalità
si
accentuò
a
metà
degli
anni
’90
con
la
cosiddetta
Battle
of
the
Bands:
una
vera
battaglia
di
Britpop
con
i
due
gruppi
che
si
sfidavano
a
colpi
di
consensi
e
vendite.
La
band
guidata
da
Albarn,
nata
e
cresciuta
a
Londra,
ha
tra
l’altro
suonato,
in
qualità
di
headliner,
ad
Hyde
Park
nel
concerto/evento
che
ha
di
fatto
chiuso
le
Olimpiadi
londinesi
del
2012.
Tornando
al
Rock
anni
’60
e
’70,
incontriamo
la
Londra
di
David
Bowie
(1964),
che
con
i
suoi
eccessi,
il
suo
incitare
all’anticonformismo
e,
soprattutto,
i
suoi
25
album
in
studio
si è
meritato
una
prestigiosa
mostra
(marzo-luglio
2012)
nella
capitale
inglese
in
cui
sono
stati
esposti
circa
300
pezzi
tra
costumi,
fotografie,
strumenti
musicali,
dischi
e
film
provenienti
dall’archivio
personale
del
“Duca
bianco”.
Nello
stesso
anno,
le
luci
della
ribalta
hanno
iniziato
a
illuminare
un
gruppo
di
ragazzi,
amici
di
vecchia
data
che
il
mondo
avrebbe
conosciuto
con
il
nome
di
“The
Who”.
Il
gruppo,
che
aveva
come
grimaldello
il
batterista
Keith
Moon
(considerato
tra
i
migliori
di
sempre
e
scomparso
prematuramente
nel
1978),
ha
ricoperto
anche
il
ruolo
di
flagbearer
(portabandiera)
del
movimento
Mod
(da
Modernist)
–
sottocultura
giovanile
londinese
i
cui
protagonisti,
i
Mods,
alla
fine
degli
anni
’50
e
per
tutti
gli
anni
’60,
erano
in
scontro
aperto
con
la
fazione
opposta,
i
Rockers.
Questo
“scontro”
tra
subculture
giovanili
è al
centro
di
Quadrophenia,
film
del
1979
ambientato
nella
capitale
inglese,
che
ha
lo
stesso
titolo,
tra
l’altro,
di
un
album
degli
Who,
in
cui
trova
una
parte,
tra
i
Mods,
un
giovane
Sting
che
dal
1977
con
i
Police
arricchirà
pesantemente
il
bagaglio
musicale
della
City...
È
invece
il
1968
quando
i
Led
Zeppelin,
con
il
primo,
omonimo
lavoro,
scrivono
la
storia
dell’Hard
Rock.
Il
quartetto
guidato
da
Jimmy
Page
e
Robert
Plant
si
fece
strada
per
le
vie
di
Londra
fino
ad
arrivare
oltreoceano,
dove
diventò
in
breve
tempo
un’icona
Rock.
La
storia
dei
Led
Zeppelin
fu
stroncata
nel
1980
quando,
in
seguito
alla
morte
di
John
“Bonzo”
Bonham,
il
gruppo
si
sciolse.
Nel
2007,
con
il
figlio
di
Bonham
chiamato
a
suonare
la
storica
batteria
del
padre,
i
Led
Zeppelin
sono
tornati
a
calcare
il
palco
per
un’unica
performance
live.
Neanche
a
dirlo,
il
concerto
ha
avuto
luogo
all’O2
Arena
di
Londra,
ennesimo
atto
d’amore
ricevuto
dalla
City
da
uno
degli
storici
gruppi
cui
ha
dato
vita...
Tornando
agli
anni
’70,
il
Rock
londinese
continua
la
sua
ascesa,
pur
assumendo
sfaccettature
differenti
rispetto
agli
anni
precedenti.
A
cavallo
tra
il
1971
e il
1972,
nel
pieno
degli
studi
universitari,
i
Queen
hanno
dato
alla
luce
il
loro
primo
lavoro,
omonimo,
che
sarebbe
uscito
soltanto
un
anno
dopo.
È
l’inizio
della
leggenda.
È
l’inizio
di
una
meravigliosa
storia
musicale
che
verrà
interrotta
in
quel
maledetto
24
novembre
1991,
quando
Freddie
Mercury,
quello
che
si
può
definire
il
frontman
per
eccellenza,
gravemente
malato,
se
ne è
andato
lasciando
un
incolmabile
vuoto
negli
amanti
della
musica
oltre
a
un’infinità
di
capolavori
immortali
che
ancora
oggi
riempiono
costantemente
l’etere.
Nel
finale
dell’ultimo
video
dei
Queen
(These
Are
the
Days
of
Our
Lives),
il
cantante,
visibilmente
dimagrito
a
causa
della
malattia,
lascia
lo
schermo
con
un
tanto
laconico
quanto
premonitore:
“I
still
love
you”
(vi
amo
ancora),
quasi
a
congedarsi
ringraziando
e
ricambiando
l’amore
della
gente.
Parlando
invece
dell’apice
di
popolarità
raggiunto
da
Freddie
Mercury,
Brian
May
e
soci,
è
necessario
fare
un
salto
indietro
di
qualche
anno
e
menzionare
il
loro
concerto
più
importante:
Wembley
’86.
Wembley,
guarda
caso,
a
Londra.
Uno
stadio
pieno
in
ogni
ordine
di
posto,
in
delirio
di
fronte
alla
performance
di
uno
dei
gruppi
più
importanti
della
storia.
It’s
a
kind
of
magic,
direbbe
Freddie
Mercury...
Con
il
passare
del
tempo,
alla
metà
degli
anni
’70,
il
Rock
cambia
ancora
forma.
Il
suono
diventa
di
colpo
più
duro,
i
testi
d’un
tratto
risultano
più
ricercati
e,
come
avvenuto
in
precedenza
con
il
movimento
Modernist,
ne
risente
il
modo
di
vivere,
di
pensare
e di
vestire
dei
fan...
Sono
gli
anni
dell’ascesa
e
della
consacrazione
del
Punk
Rock
che
vede
come
protagonisti
assoluti
i
Clash
e i
Sex
Pistols.
I
primi,
capitanati
da
Joe
Strummer
e
Mick
Jones,
in
seguito
a un
tour
negli
Stati
Uniti,
iniziano
a
sperimentare
il
Punk
legato
a
nuove
sonorità
e a
generi
diversi;
il
risultato
è il
capolavoro
del
gruppo,
London
Calling,
con
cui
si
consacreranno
anche
negli
stessi
States.
La
copertina
rappresenta
Paul
Simonon
– il
bassista
– in
una
celebre
foto
scattata
al
Palladium
di
New
York,
intento
a
spaccare
il
basso
sul
palco;
la
grafica
del
titolo
del
disco
è un
chiaro
omaggio
a
Elvis
Presley
e al
suo
primo
album.
Storia
diversa
quella
dei
Sex
Pistols,
la
cui
“vita”
durò
solamente
4
anni,
fino
alla
morte
di
Sid
Vicious,
bassista
non
troppo
talentuoso,
ma
figura
di
spicco
all’interno
del
gruppo,
al
pari
del
cantante
Johnny
Rotten.
Pochi
anni
quindi,
ma
abbastanza
per
lasciare
in
eredità
un
unico
disco
capolavoro:
Never
Mind
the
Bollocks,
Here’s
the
Sex
Pistols.
Pubblicato
dalla
Virgin
Records
nel
1977,
è
considerato
una
pietra
miliare
del
Punk
inglese.
Il
primo
singolo
rilasciato,
Anarchy
in
the
UK è
un
evidente
denuncia
al
governo
inglese;
denuncia
che
prosegue
con
l’altro
capolavoro
dei
Sex
Pistols:
God
Save
The
Queen,
title
track
(canzone
che
dà
il
titolo
all’album)
considerata
un
attacco
diretto
alla
monarchia
e al
nazionalismo
inglese,
tanto
da
vietarne
la
riproduzione.
Per
“aggirare”
questo
divieto,
i
Sex
Pistols
la
suonarono,
durante
il
Giubileo
d’argento
della
regina
inglese,
direttamente
da
una
barca,
lungo
il
Tamigi.
Tutto
si
concluse
con
l’arresto
dei
componenti
del
gruppo
e di
chi
aveva
permesso
tale
“scempio”.
Sempre
nella
metà
degli
anni
’70,
una
menzione
particolare
se
la
meritano
i
Cure
(1976)
per
aver
introdotto
un
nuovo
genere
–
nato
dalla
fusione
di
molti
tra
quelli
presenti
all’epoca
–
che
fungerà
da
modello
per
decine
di
artisti
negli
anni
a
venire.
Il
gruppo,
che
ha
per
leader
il
carismatico
Robert
Smith,
seppur
nato
artisticamente
nella
City,
non
ha
legato
troppo
il
proprio
nome
a
Londra.
Tuttavia
negli
anni
a
venire,
all’apice
della
carriera,
ricoprirà
un
ruolo
da
assoluto
protagonista
nella
musica
inglese
e
non
solo.
Nonostante
la
consacrazione
mondiale
dei
Cure,
gli
anni
’80
non
regalarono
a
Londra
tante
“soddisfazioni”
come
le
decadi
precedenti;
bisogna
aspettare
il
1989
e i
Suede,
gruppo
che,
nonostante
sia
stato
di
fondamentale
importanza
per
la
successiva
ascesa
del
Britpop
e
dell’Alternative
Rock,
è
rimasto
un
po’
di
nicchia.
Nel
2010,
dopo
un’assenza
di 7
anni
(in
seguito
allo
scioglimento
datato
2003),
i
Suede
si
sono
riuniti,
nella
Royal
Albert
Hall
di
Londra,
per
un
concerto
benefico
per
la
lotta
contro
il
cancro.
Si
arriva
così
agli
anni
’90.
Mentre
spopolavano
le
boy
bands,
esplose
il
girl
power
(potere
al
femminile)
delle
Spice
Girls
(1994),
in
assoluto
il
più
famoso
gruppo
femminile
di
tutti
i
tempi.
La
loro
storia
iniziò
con
un’intervista
nella
sede
londinese
della
Virgin
Records
e si
impose
a
livello
mondiale
nel
St.
Pancras
Hotel
di
Londra,
luogo
in
cui
fu
girato
il
video
del
loro
primo
e
più
importante
singolo:
Wannabe.
Scioltesi
nel
2001,
si
sono
momentaneamente
riunite
nel
2007
prima
e
nel
2012
poi.
Anch’esse
come
i
Blur,
hanno
celebrato
la
chiusura
delle
Olimpiadi
londinesi.
Con
il
passare
degli
anni,
la
Londra
musicale
cambia
ancora.
L’Indie
Rock
e il
Britpop
ormai
sono
i
generi
più
suonati
per
le
vie
della
City
e
dell’Inghilterra
in
generale...
Dai
Placebo
(formatisi
in
seguito
a un
incontro
nella
fermata
della
tube
di
South
Kensington
tra
il
futuro
leader
del
gruppo,
Brian
Molko,
e
Stefan
Oldsal)
ai
Coldplay,
dai
Babyshambles
ai
Libertines
(entrambi
“capitanati”
da
Peter
“Pete”
Doherty,
personaggio
destinato
a
fare
scalpore
per
i
suoi
eccessi,
per
il
costante
uso
di
sostanze
stupefacenti
e
per
problemi
legali
che
ne
hanno
accompagnato
la
carriera),
fino
ad
arrivare
ai
già
citati
Vaccines
e
Bloc
Party,
tra
i
maggiori
esponenti
dell’Indie
Rock
degli
anni
2000.
Negli
anni,
Londra
è
risultata
culla
e
tomba
dei
suoi
figli.
Per
questo
è
giusto
ricordare
Amy
Winehouse,
cantante,
artista
o
più
semplicemente
ragazza
che
in
una
notte
dell’estate
del
2011
se
ne è
andata
a
soli
27
anni
nella
sua
villa
a
Camden,
vicino
a
quel
pub
da
lei
frequentato,
ancora
oggi
meta
del
“pellegrinaggio”
dei
suoi
fan...
Questi
alcuni
tra
i
più
importanti
artisti
che
hanno
legato
il
loro
nome
e le
loro
carriere
alla
capitale
inglese;
e
nonostante
un
periodo
in
cui
anche
la
musica
londinese
si è
in
un
certo
senso
“omologata”
ai
canoni
d’oltreoceano,
non
è da
escludere
che
a
breve,
nelle
vie
della
City,
nascano
nuovi
generi,
nuove
mode
che
conquisteranno
l’Inghilterra
prima
e la
lontana
America
poi.