contemporanea
ISTRUZIONE NEI PRIMI DECENNI
DEL REGNO
D’ITALIA
PARTE I / LA LEGGE CASATI
di Raffaele Pisani
Già negli anni precedenti il periodo che
stiamo considerando, nel Regno di
Sardegna con i rispettivi ministri:
Boncompagni, Cibrario e Lanza erano
state varate delle leggi per sottrarre
la scuola al controllo del clero e porla
sotto la direzione dell’amministrazione
statale. La promulgazione della Legge
Casati, dal nome del ministro della
pubblica istruzione Gabrio Casati, è
certamente un momento fondamentale nella
storia della scuola italiana. Sebbene
non avesse l’istruzione popolare come
primo obiettivo, diede il suo indubbio
contributo alla scolarizzazione degli
Italiani.
Detta legge venne promulgata il 13
dicembre del 1859, in regime di pieni
poteri del sovrano. Appena tre giorni
prima era stata firmata la Pace di
Zurigo con la quale il Regno di Sardegna
aveva acquisito la Lombardia austriaca e
a questa intendeva estendere il suo
sistema scolastico. Con qualche
aggiustamento, che doveva tener conto
delle differenze sociali e culturali
delle varie regioni, tale legislazione
venne poi estesa anche ai territori che
man mano entrarono a far parte dello
Stato che di lì a poco avrebbe assunto
la denominazione di Regno d’Italia.
Si è scritto molto sulla validità e sui
limiti di tale legge: oltremodo
statalista, calibrata per la realtà
piemontese e lombarda, ma difficilmente
adattabile agli altri territori del
costituendo Stato italiano, secondo
l’opinione di Carlo Cattaneo, che come è
noto auspicava per l’Italia una
soluzione federale. La struttura
gerarchica piramidale si nota subito
nella disposizione dei titoli: si parte
dal ministro della Pubblica Istruzione,
al Consiglio Superiore P.I., agli
ispettori centrali e periferici, per poi
arrivare alle istituzioni preposte
all’insegnamento.
L’Università comprende cinque facoltà:
Teologia, Giurisprudenza, Medicina,
Scienze fisiche, matematiche e naturali,
Lettere e Filosofia. Vengono indicati i
rispettivi corsi, le modalità per
accedere ai vari gradi accademici
d’insegnamento e, per quanto riguarda
gli studenti, le norme per gli esami e
per la laurea dottorale.
L’insegnamento secondario vede al primo
posto l’istruzione classica, che ha lo
scopo di fornire quella cultura
letteraria e filosofica propedeutica
agli studi universitari, come specifica
l’articolo 188, capo 1 del titolo III. È
costituito da un ginnasio quinquennale,
perlopiù gestito a livello locale, e da
un triennio liceale di cui intende farsi
carico lo Stato. Le materie sono
l’italiano, oppure il francese dove è in
uso tale lingua, poi le lingue antiche:
greco e latino, l’aritmetica, la storia
e la geografia. Al triennio superiore si
aggiunge la filosofia, le letterature
delle rispettive lingue, la matematica e
la storia naturale.
Era una scuola concepita per l’élite, di
fatto però rivestiva pure un carattere
professionale, infatti il titolo
liceale, o anche semplicemente
ginnasiale, permetteva di accedere a
impieghi pubblici. In seguito si cercò,
peraltro con scarso successo, di
costituire anche un liceo alternativo,
denominato moderno, che si
riteneva più rispondente alle esigenze
del tempo. Il liceo scientifico vedrà la
luce solo negli anni Venti del
Novecento, con la Riforma Gentile.
L’istruzione tecnica prevede le scuole
tecniche, gestite dai comuni, e gli
istituti tecnici, a carico delle
province. Si prefigge di formare quelle
figure professionali intermedie
necessarie alle esigenze produttive del
paese. Il curricolo prevede le materie
strettamente finalizzate
all’applicazione: la storia naturale è
legata all’agronomia, la fisica alle
strumentazioni meccaniche, il diritto al
commercio. Scompaiono naturalmente il
greco e il latino ma entrano le lingue
straniere come l’inglese, il francese e
il tedesco, anche queste con uno scopo
utilitaristico. D’altra parte non ci si
proponeva di creare una mente colta, ma
un abile tecnico nei rispettivi settori.
Nell’Italia post-unitaria è la scuola
elementare il fattore più
caratterizzante; il maestro e ancor più
la maestra divennero figure
fondamentali, immagini consegnate a
tanti racconti, Cuore e
Pinocchio sono due capolavori della
letteratura per l’infanzia che ben
esprimono lo spirito dell’epoca.
Cerchiamo ora di vedere nel dettaglio le
disposizioni che riguardano l’istruzione
di base. Nel titolo V che tratta dei
compiti dell’istruzione elementare,
vediamo l’articolo 315 che così recita:
L’istruzione elementare è di due
gradi, inferiore e superiore.
L’istruzione di grado inferiore
comprende l’insegnamento religioso, la
lettura, la scrittura, l’aritmetica
elementare, la lingua italiana, nozioni
elementari sul sistema metrico.
L’istruzione superiore comprende, oltre
lo svolgimento delle materie di grado
inferiore, le regole della composizione,
la calligrafia,la tenuta dei libri, la
geografia elementare, l’esposizione dei
fatti più notevoli della storia
nazionale, le cognizioni di scienze
fisiche e naturali applicabili
principalmente agli usi ordinari della
vita. Alle materie sovr’accennate
saranno aggiunti, nelle scuole maschili
superiori, i primi elementi di geometria
e il disegno lineare; nelle scuole
femminili, i lavori donneschi.
L’articolo 317 afferma che:
L’istruzione elementare è data
gratuitamente in tutti i Comuni. Questi
vi provvedono in proporzione delle loro
facoltà e secondo i bisogni dei loro
abitanti.
È chiaro che una simile formulazione
lascia spazio a una notevole
flessibilità al momento dell’attuazione
in ogni singola realtà locale. Le
esigenze di bilancio avevano la
priorità, per cui se mancavano i fondi
necessari, si poteva tralasciare di
istituire la scuola elementare.
Un altro articolo che balza
all’attenzione e sul quale è doverosa
una qualche considerazione è il 326, che
nella sua prima parte così recita: I
padri, e coloro che ne fanno le veci,
hanno l’obbligo di procacciare, nel modo
che crederanno conveniente, ai loro
figli dei due sessi in età di
frequentare le scuole pubbliche
elementari del grado inferiore,
l’istruzione che vien data nelle
medesime.
L’obbligo è riferito all’istruzione, i
modi per attuarla sono lasciati alla
discrezione dei padri, che possono
decidere di mandare i figli a scuola
oppure, come era costume nel ceto
nobiliare, farli istruire da precettori.
Per le classi popolari c’era l’obbligo
di frequenza, in caso di inadempienza la
legge prevedeva una procedura che
partiva dall’esortazione, che il sindaco
doveva rivolgere ai genitori
inadempienti affinché mandassero i figli
a scuola; si poteva arrivare fino alla
punizione, secondo le leggi penali dello
Stato.
Altri elementi interessanti ai fini del
presente discorso li possiamo cogliere
scorrendo i vari articoli. L’età per
accedere alla scuola elementare è di sei
anni, i corsi inferiore superiore sono
strutturati a loro volta in due classi,
quindi il ciclo completo risulta di
quattro anni; il numero minimo di
allievi per poter istituire una scuola
(che a tutti gli effetti è una classe) è
di 50, mentre 70 è il numero massimo.
Il corpo insegnante è costituito di
maestri e di maestre che abbiano
compiuto rispettivamente 18 o 17 anni;
sotto il controllo del maestro
principale, è consentito l’insegnamento
anche a docenti di 16 e 14 anni (art.
331). Per poter svolgere l’attività di
maestro nella scuola elementare pubblica
è necessario aver conseguito una patente
di idoneità tramite esame e avere un
attestato di moralità rilasciato dalle
autorità comunali (art. 330).
Per una formazione più completa dei
maestri la legge Casati prevede
l’istituzione delle Scuole Normali, alle
quali solitamente si accede verso i 14
anni. Dura tre anni e vi si insegna un
po’ di tutto senza particolari
approfondimenti. La pedagogia, il canto
corale e anche l’educazione fisica sono
in un certo senso una novità rispetto
gli altri curricoli.
Considerato che l’insegnamento
elementare diventa sempre più femminile,
negli anni Ottanta del Novecento vengono
creati gli Istituti Femminili Superiori
di Magistero, per formare le insegnanti
delle Scuole Normali. Si prevede anche
l’istituzione del Monte delle
pensioni pei maestri elementari
(artt. 347-348-349-350-351). La
normativa non pare essere
particolarmente generosa, questo del
resto è in linea con le retribuzioni
anche queste alquanto modeste; chi aveva
maturato 30 anni di servizio e 55 anni
di età poteva godere dello stipendio
minimo percepito durante l’ultimo
quinquennio, ma questo trattamento
andava applicato solo nei confronti di
chi non era in grado di continuare il
servizio.
La legge Casati trovò molti motivi
d’opposizione sia d’ordine ideale sia
dal punto di vista della sua
applicazione concreta. La Chiesa era
preoccupata dell’invadenza dello Stato
in un campo che storicamente le
apparteneva. Chi simpatizzava con le
idee mazziniane e socialiste non vedeva
con favore un’istruzione fondata su
principi monarchici e borghesi. Da parte
loro, gli ultraconservatori temevano che
un popolo istruito sarebbe stato meno
rispettoso nei confronti del potere.
Ma anche altri elementi contribuivano a
ostacolare l’espansione dell’istruzione:
le spese che gravavano sui bilanci dei
comuni e inducevano gli amministratori,
specie quelli dei piccoli centri, a
ignorare questo settore, poi c’erano le
famiglie che si vedevano i figli
sottratti dal sistema scolastico, mentre
potevano essere utili anche in tenera
età per lavorare i campi. E i bambini
cosa avranno pensato? È certo che non
sempre si va scuola volentieri, se poi
si aggiunge quanto avranno sentito dire
in casa, viene da pensare che ci saranno
stati parecchi problemi.
Nonostante ciò l’istituzione scolastica
ha continuato il suo cammino
irrobustendosi, pur con rilevanti
differenze, su tutto il territorio
nazionale. Certamente il fenomeno trova
risposte in relazione allo sviluppo
economico, sociale e politico
dell’Italia, ma ci piace anche pensare
che a un certo punto sia nata nella
mente di tanti genitori e di tanti
alunni la convinzione che è bello
imparare. La scuola, pur con tutti i
suoi limiti, è un luogo in cui si
apprende e si sta bene insieme.
Alla legge fondamentale di cui abbiamo
detto seguirono i relativi programmi,
per ciò che riguarda la scuola
elementare i primi portano la data del
15 settembre 1860. La religione, la
lingua italiana e l’aritmetica sono
comuni a tutte le classi, mentre la
lettura inizia in seconda. È chiaro che
l’apprendimento della lingua italiana è
considerato di fondamentale importanza
come momento di unificazione nazionale.
La religione nella scuola statale aveva
una rilevanza per così dire civica,
perché inculcava nei giovinetti il senso
di obbedienza e di sottomissione
all’autorità. Il discorso non è molto
diverso da quanto si faceva nel periodo
austriaco e in quello napoleonico. Per
la verità più che il cittadino si
tendeva a formare il suddito o
regnilcolo, come è definito nello
Statuto Albertino. |