[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

189 / SETTEMBRE 2023 (CCXX)


contemporanea

SU Stanislao Cannizzaro

GLI IDEALI, LA chimica, LATTIVITÀ POLITICA

di Francesco Cappellani

 

«Nacqui a Palermo il 13 Luglio 1826 da Anna Di Benedetto e da Mariano Cannizzaro, Magistrato (…) La sua famiglia era composta di sei figlie e di quattro figli compreso me, ultimo nato (...) Frequentai l’Università di Palermo dall’anno scolastico 1841-1842 sino al 1845. Mi iscrissi al corso per la laurea in medicina, ma frequentai anche corsi diversi di letterature e di matematiche, feci alcuni esami richiesti par la laurea in medicina, ma non presi tale laurea, né altra» (Cannizzaro 1926).

 

Iniziano così gli appunti autobiografici di Stanislao Cannizzaro, redatti quando, già cinquantenne, era professore di Chimica nell’Università di Roma. Gli appunti sono scritti in modo impersonale, quasi notarile, come se riguardassero la vita e gli accadimenti di un’altra persona. Ma Cannizzaro fu un personaggio a tutto tondo: come scienziato contribuì in modo rilevante allo sviluppo della chimica ottocentesca e particolarmente alla teoria atomico-molecolare ipotizzata qualche decennio prima da Amedeo Avogadro.

 

Come docente si impegnò per realizzare moderni laboratori di Chimica nelle Università di Genova, Palermo e Roma; profuse entusiasmo e passione nell’insegnamento creando una Scuola che porterà la chimica in Italia al passo con le altre nazioni europee. Si adoperò per la creazione del laboratorio chimico delle dogane, per la riforma sanitaria del 1888 e si dedicò soprattutto alla Pubblica Istruzione. Negli anni giovanili era stato un patriota partecipando all’insurrezione del 1848 contro i Borboni in Sicilia e alla rivolta con la quale la Sicilia, guidata da Garibaldi, si unirà al Regno d’Italia. Svolse un’intensa attività politica, ricevette premi e attestazioni di merito dall’Italia e dall’Europa. Oggi Cannizzaro è praticamente dimenticato, solo nel 2010 l’Università degli Studi di Palermo ha organizzato, unica in Italia, una giornata di commemorazione nel centenario della morte, con la partecipazione di storici della scienza e la pubblicazione di un accurato volume, fondamentale per conoscere vita e opere del chimico siciliano (Maggio, Zingales 2011).

 

Stanislao, sopravvissuto nel 1837 a una grave epidemia di colera che aveva causato la morte di due suoi fratelli, si iscrive nel 1841 a Medicina all’Università di Palermo seguendo per tre anni il corso di Fisiologia tenuto dal professore Foderà. Compie vari esperimenti sia a casa sua che in quella del maestro data la mancanza totale di laboratori nella locale università e, per un anno, segue anche il corso di Chimica filosofica e farmaceutica. Nel 1845 interrompe gli studi universitari e si trasferisce a Napoli presso la sorella Angelina, dama di corte della regina. Conosce un fisico di chiara fama, Macedonio Melloni, che lo coinvolge per un breve periodo nelle sue ricerche, iniziandolo alle tecniche e metodologie sperimentali.

 

Partecipa, diciannovenne, a Napoli, alla VII Adunanza degli Scienziati Italiani, ove presenta tre comunicazioni di fisiologia preparate con Foderà. Alla conclusione del convegno, Melloni lo presenta e lo raccomanda al calabrese Raffaele Piria (1818-1865) professore di Chimica all’Università di Pisa e scienziato di grandissimo prestigio che lo assume a Pisa come assistente di laboratorio facendolo partecipare ai suoi lavori. Qui Cannizzaro decide di dedicarsi completamente allo studio sia teorico che sperimentale della chimica; in due anni completa la preparazione senza però mai laurearsi. Stringe una forte amicizia col collega Sebastiano De Luca e con lui e la guida di Piria, avvia un programma nazionale di organizzazione della ricerca chimica che avrà il suo compimento solo dopo il 1870, con l’annessione di Roma all’Italia.

 

Nel luglio del 1847, rientrato a Palermo per rivedere i parenti, si unisce alla rivolta antiborbonica scoppiata il 12 gennaio 1848. Cannizzaro diventa ufficiale di artiglieria e viene eletto deputato di Francavilla (ME) al Parlamento Siciliano. Il 7 settembre i Borboni rioccupano Messina, viene firmato un armistizio, ma l’anno dopo i Borboni rompono la tregua e iniziano a riconquistare il territorio perduto. Cannizzaro, risultata vana l’organizzazione della resistenza a Taormina, riesce a fuggire a Palermo e a imbarcarsi con altri patrioti il 23 aprile del 1849 sulla fregata Indipendente che dribbla la flotta borbonica e sbarca i fuggitivi a Marsiglia. Sulle virtù militari di Cannizzaro è interessante leggere il giudizio del diplomatico messinese Carlo Gemelli riportato nella sua Storia della Siciliana rivoluzione del 1848-49: «Era Commissario straordinario in quel campo Stanislao Cannizzaro, giovane di alta mente, indole sincera e leale, ma non uso a vita soldatesca ed avventurosa» (Gemelli 1867).

 

In Francia Cannizzaro riprende gli studi di Chimica e, grazie ai buoni uffici di Piria, entra in contatto a Parigi con i più illustri chimici organici francesi che lo ammettono a lavorare con loro. Rientra in Italia nel 1851, nominato il 3 novembre professore di Fisica, Chimica e Meccanica nel Collegio Nazionale di Alessandria dove resta fino all’ottobre del 1855, quando viene chiamato alla cattedra di Chimica all’Università di Genova. «Trovai in Genova per Laboratorio una cameraccia oscura ed umida e neppure l’occorrente per le più elementari dimostrazioni sperimentali delle lezioni, sicché non potei in tutto l’anno 1855 proseguire i lavori incominciati in Alessandria e molto meno intraprenderne dei nuovi» (Cannizzaro 1926).

 

Gli anni a Genova vedono la nascita dell’opera più importante di Cannizzaro, il Sunto di un corso di filosofia chimica fatta nella R. Università di Genova (Cannizzaro 1858) presentato come lettera al collega De Luca dell’Università di Pisa. Tale espediente fu usato per non incorrere nei fulmini del prof. Piria, padre-padrone, che prediligeva i lavori basati su risultati sperimentali rispetto a quelli esclusivamente teorici. Il 24 settembre 1857 Cannizzaro sposa a Firenze, malgrado l’opposizione della madre, Harriett Withers, figlia di un pastore inglese protestante, da cui avrà tre figli.

 

Nel maggio del 1860 Garibaldi sbarca a Marsala liberando la Sicilia; Cannizzaro partecipa in giugno allo sbarco della seconda spedizione e raggiunge Palermo per riabbracciare finalmente la sua famiglia. Nel settembre del 1860 partecipa al primo Congresso Internazionale dei Chimici a Karlsruhe, dove presenta le idee maturate nel “Sunto”. Rientrato in Sicilia, viene chiamato a far parte del Consiglio di Stato straordinario, con l’incarico «di studiare ed esporre al governo quali sarebbero nella costituzione della grande famiglia italiana gli ordini e le istituzioni su cui convenga portare l’attenzione, perché rimangano conciliati i bisogni peculiari della Sicilia con quelli dell’unità e prosperità della Nazione italiana» (Cannizzaro 1926).

 

A Palermo, nel 1861, gli viene data la cattedra di Chimica Organica e Inorganica all’Università. Cannizzaro aveva preteso che si sarebbe trasferito da Genova a Palermo solo con la garanzia di potere disporre di un moderno laboratorio e dei fondi per attrezzarlo, poiché il laboratorio era rimasto quello della sua giovinezza, cioè «alcuni armadi posti nella stessa sala delle lezioni, nei quali vi era l’occorrente per le più elementari dimostrazioni delle lezioni» (Cannizzaro 1926). La richiesta è accolta e messa in opera; Cannizzaro si fermerà a Palermo dall’inizio del 1862 fino alla fine del 1871, riuscendo a costituire intorno a sé un centro di studi sulla chimica di livello internazionale.

 

Nominato rettore dell’Università nel 1865, fonda la Gazzetta Chimica Italiana; si adopera per “l’attivazione di un Istituto Tecnico, per la formazione professionale di maestranze che lavorassero alla rinascita industriale ed economica del paese” (Cannizzaro 1896) volto in particolare a spingere lo sviluppo industriale della Sicilia anche con corsi serali destinati agli operai.

 

Nel 1866 Palermo è in preda a una epidemia di colera; Cannizzaro assume la direzione dell’Ufficio Sanitario e si prodiga, con i suoi colleghi, per preparare prodotti chimici per disinfettare ospedali, fognature, edifici pubblici. L’epidemia finirà l’anno dopo, lasciando nella sola città di Palermo oltre 6.000 morti, compresa una sorella di Cannizzaro che assisteva gli ammalati come infermiera (Maggio, Zingales 2011).

 

Dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia e la sua elevazione a capitale, Cannizzaro viene chiamato nel 1871 dal ministro dell’Istruzione ad interim che era in quel periodo il ministro delle finanze Quintino Sella (esperto di mineralogia e amico di Cannizzaro), a ricoprire la cattedra di Chimica Organica dell’Università di Roma. Come nelle precedenti destinazioni, trova che i laboratori sono in uno stato penoso per cui chiede e ottiene che venga realizzato un Istituto di Chimica dotato di laboratori attrezzati, sul modello di quelli delle migliori università straniere.

 

L’Istituto sarà allocato nell’orto del vecchio convento di San Lorenzo in Panisperna, e verrà ultimato nel 1873. Sotto la guida di Cannizzaro diventa un centro di ricerca e di formazione di alto profilo dando vita a una “scuola di chimica romana” da cui proverranno i migliori chimici italiani dei primi decenni del novecento. A Roma il chimico palermitano insegnerà con inesausta passione per quasi quarant’anni, fino al 1909, all’età di 82 anni.

 

Morirà l’anno dopo nel suo appartamento, contiguo al laboratorio di via Panisperna. Fu sepolto a Roma accanto alla moglie morta otto anni prima. I palermitani si mossero subito per riportarne le spoglie a casa, ma fu solo nel 1926, nel centenario della nascita, che le salme di Stanislao e della consorte furono trasferite a Palermo e inumate nella Chiesa di San Domenico, Pantheon dei Siciliani illustri.

 

Anche a Roma, come a Palermo, Cannizzaro, nominato senatore del Regno e poi anche vicepresidente del Senato, prende parte attiva nell’organizzazione della istruzione pubblica e della ricerca italiane facendo valere le sue competenze tecniche e il suo peso politico. Nel 1886 viene nominato direttore del laboratorio chimico delle Gabelle; terrà questa carica per dieci anni riformando «radicalmente questa istituzione, suddividendola in due sezioni, una concernente i tabacchi, e l’altra le analisi merceologiche per l’applicazione delle tariffe doganali e di fabbricazione, quest’ultima prenderà il nome di Laboratorio chimico delle Dogane e Imposte Dirette» (Di Meo 2000).

 

Cannizzaro collabora anche alla stesura di una moderna riforma sanitaria basata sulla creazione di consigli sanitari provinciali e di uffici d’igiene comunali, oltre a una struttura centrale nazionale. I suoi suggerimenti vengono accolti nella legge del 1888 (Legge per la tutela e l’igiene della sanità pubblica) di Francesco Crispi, che resterà in vigore fino al 1978.

 

Cannizzaro si professava politicamente indipendente, ma in realtà, come nota G. Paoloni (Maggio, Zingales 2011), fu un seguace di Francesco Crispi: «fin quando la fortuna politica dello statista siciliano non declinò, per effetto della sconfitta di Adua e degli scandali bancari. Del resto sia la vicenda del laboratorio delle gabelle, sia la riforma sanitaria si inquadrano nel contesto delle riforme crispine degli anni Ottanta».

 

Era un liberale moderato, convinto sostenitore della laicità dello Stato, che alternava curiosamente posizioni di segno opposto: fu contrario alla riduzione anche parziale della tassa sul macinato, all’aumento dell’indennità per i lavoratori infortunati, alla tutela del lavoro minorile affermando che, visto che l’obbligo scolastico terminava a nove anni, il fanciullo a quell’età poteva iniziare a lavorare, all’estensione del diritto di voto a chi non avesse assolto gli obblighi scolastici, fu contrario all’abolizione della pena di morte. Parallelamente favoriva l’allargamento dell’istruzione a tutte le classi sociali, lo studio delle lingue straniere nella scuola secondaria, la riforma degli esami di maturità, e tutto ciò che poteva contribuire al progresso e alla modernizzazione della nazione. Negli ultimi anni della sua attività politico-amministrativa, nel campo a lui più congeniale dell’istruzione e della didattica, presiede una Commissione Reale incaricata di studiare l’ordinamento delle scuole politecniche europee, che porterà alla riorganizzazione degli studi di ingegneria a Torino, con l’istituzione del Politecnico nel 1906.

 

Tutti i lavori sperimentali di Stanislao Cannizzaro hanno riguardato la chimica organica. Nel periodo di insegnamento a Palermo, si era interessato ai derivati del benzene e di altri composti aromatici, determinandone sperimentalmente molte caratteristiche che saranno utilizzate dal chimico tedesco Kekulé per la sua teoria della struttura esagonale dell’anello benzenico. Ma il risultato più rilevante, ottenuto ad Alessandria nel 1853, è la scoperta di una nuova reazione, mediante la quale prepara e identifica per la prima volta un alcol aromatico, una classe di composti allora poco conosciuti.

 

Studiando il comportamento della benzaldeide, nota che la reazione di questa sostanza con l’idrossido di potassio forma acido benzoico e alcol benzilico, il primo alcol della serie aromatica riconosciuto come tale. Questo processo è chiamato a tutt’oggi “reazione di Cannizzaro”. La pubblicazione nel 1853 di questa “dismutazione” delle aldeidi aromatiche sugli Annalen der Chemie und Pharmacie, la più autorevole rivista chimica dell’epoca, e gli articoli successivi su esperimenti analoghi con la preparazione di alcoli della stessa serie, daranno al chimico siciliano una vasta notorietà internazionale. Alla fine di un articolo relativo al toluene, pubblicato sul Nuovo Cimento nel 1855, scrive con giusto vanto: «rimane pertanto dimostrato dalle esperienze che ho esposto, che un carburo d’idrogeno, qual è un toluene, può appropriarsi carbone e idrogeno per trasformarsi in un acido della serie immediatamente superiore, fatto che fino qui non ha analoghi nella scienza”.

 

Il lavoro di Cannizzaro come chimico puramente teorico riguarda la stesura a Genova in otto lezioni del “Sunto”. L’autore propone “una nuova interpretazione della chimica che passava attraverso un processo di chiarificazione storico-epistemologica della teoria di questa disciplina” (Di Meo 2000). È un lavoro slegato dalle precedenti e successive ricerche di Cannizzaro nel campo della chimica organica, che gli darà una fama ben maggiore rispetto ai suoi lavori sperimentali, e risponde all’esigenza, assai sentita in quegli anni, di chiarire alcuni concetti fondamentali della chimica su cui regnava una grande confusione.

 

Scrive G. Cevasco: «Forse la mancanza iniziale di fondi e attrezzature fu un beneficio per Cannizzaro e per la Chimica: la proverbiale parsimonia dei genovesi, e dunque anche delle istituzioni genovesi come l’Università, costrinse infatti Cannizzaro a lavorare poco in laboratorio lasciandogli così il tempo di preparare al meglio le sue lezioni che furono poi raccolte nel celeberrimo “Sunto”» (Maggio, Zingales 2011).

 

Cannizzaro affronta uno dei problemi fondamentali della chimica di allora, e cioè la teoria atomico-molecolare, per chiarirla prima a se stesso e quindi ai suoi allievi. Scrive infatti: «Per condurre i miei allievi al medesimo convincimento che io ho, gli ho voluto porre sulla medesima strada per la quale io sono giunto, cioè per l’esame storico delle teorie chimiche» (Zingales 2010). Il merito del “Sunto” sta nell’avere posto nella relazione corretta i concetti di peso atomico e peso molecolare dopo avere definito il loro esatto significato. Cannizzaro si appoggia all’ipotesi di Avogadro del 1811 secondo cui volumi eguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole.

 

Per sostenere questa ipotesi in presenza di risultati sperimentali contraddittori, Avogadro affermava che alcuni elementi avevano molecole formate da uno o più atomi. Ciò contrastava con le ipotesi dei grandi chimici del tempo tra cui lo svedese Berzelius, fautore della teoria dualistica, secondo cui due atomi eguali e quindi con la stessa carica elettrica si dovevano necessariamente respingere. Cannizzaro mette in evidenza la differenza tra atomi e molecole, confuta le teorie di Berzelius e dimostra che l’applicazione corretta dell’ipotesi di Avogadro elimina l’inconsistenza di alcuni risultati, e che non ci sono dati sperimentali che la possano contraddire. Prosegue enunciando quella che verrà chiamata legge o regola di Cannizzaro per ottenere i pesi atomici degli elementi contenuti in un composto (Zingales 2010).

 

Il convegno di Karlsruhe permette al chimico siciliano di divulgare le conclusioni del “Sunto” che, scritto in italiano, aveva avuto scarsissima risonanza nel mondo scientifico. Lo scopo del congresso riguardava sia la definizione corretta di concetti come atomo, molecola, equivalente, valenza, sia la codificazione in un’unica notazione delle formule chimiche. Regnava infatti una grande confusione: la formula dell’acido acetico per esempio veniva scritta in 19 forme diverse in base a sei teorie differenti, e i chimici non erano d’accordo neanche sulla formula dell’acqua che variava da H2O a HO a H2O2.

 

Dopo tre giorni di dibattito non viene raggiunto un accordo sui temi del congresso; Cannizzaro fatica a convincere i partecipanti della bontà delle sue idee, ma, grazie alla diffusione da parte del suo amico Pavesi di un opuscolo del “Sunto” a tutti i congressisti a fine convegno, le teorie del chimico palermitano iniziano a diffondersi e a prevalere. Uno dei sostenitori è il chimico tedesco Julius Lothar Meyer che ne legge il contenuto nel viaggio di ritorno a Breslavia e che dirà anni dopo: «Sentii come se mi fossero cadute le bende dagli occhi, i dubbi svaniti e la percezione della tranquillità più sicura prese il loro posto». Ne pubblicherà le conclusioni nel libro Die modernen Theorien der Chemie del 1864, che sarà riedito per vent’anni, con traduzioni in francese, inglese e russo.

 

La ricaduta più importante originata dal “Sunto” si avrà con la determinazione esatta dei pesi atomici di numerosi elementi, dati che saranno utilizzati dal chimico russo Dmitrij Mendeleev per la classificazione degli elementi. Ritornando infatti a San Pietroburgo, Mendeleev rifletterà sulla lista dei pesi atomici di Cannizzaro; unendo questi dati con le altre informazioni che aveva raccolto sulle proprietà degli elementi, trova che quando vengono ordinati secondo il loro peso atomico crescente, presentano caratteristiche simili a intervalli regolari. Da questa ripetizione periodica di proprietà chimiche e fisiche nascerà la celebre tavola degli elementi.

 

In conclusione Cannizzaro ebbe un ruolo cruciale nel riformare e sistematizzare il frammentato mondo della chimica del suo tempo, stabilendo definizioni, terminologie e notazioni che sono in uso anche oggi, nonché nel suggerire metodologie corrette per la determinazione di parametri fondamentali come il peso atomico degli elementi. Il Sunto rimane un classico della letteratura della chimica per genialità di concezione e chiarezza di espressione.

 

Cannizzaro diventa socio di accademie italiane e straniere come l’Accademia del XL, l’Accademia dei Lincei (dal 1873) e l’Accademia di Francia (dal 1894). In Inghilterra, gli viene assegnata nel 1891 dalla Royal Society la medaglia Copley, attribuita in anni precedenti, tra gli altri, a Darwin (1864) e Pasteur (1874), e in seguito a Mendeleev (1905) e Einstein (1925); viene nominato membro onorario dalla London Chemical Society (dal 1862), che lo colloca accanto a Galilei, Torricelli, Volta e Galvani, e avrà l’onore di tenere due Faraday lectures (1872 e 1896).

 

In occasione delle onoranze per il suo settantesimo compleanno dirà: «Io non pretendo di essere un grande riformatore della scienza; non fo ostentazione di modestia, ma dico la pura e semplice verità, affermando che io non feci allora che osservare ciò che necessariamente risultava dal corso medesimo della scienza; io non enunciai alcuna idea nuova, non feci alcuna scoperta sperimentale in quel campo, ma ebbi soltanto la fortuna di enunciare nettamente ciò di cui indispensabilmente si sarebbe accorto chiunque in quel momento di fosse accinto ad una critica severa dello stato della scienza» (Cannizzaro 1896).

 

Se queste considerazioni sono corrette, va però notato, come fa osservare Giacomo Ciamician, uno dei suoi migliori allievi a Roma, che «Pur non avendo scoperto nulla, egli poté insegnare la strada a tutti. Sapere ciò che tutti sanno e comprendere ciò che da nessun altro è compreso, questo è il merito dei grandi divinatori della conoscenza» (Ciamiciam 1810).

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

S. Cannizzaro, Scritti vari e lettere inedite nel centenario della nascita, a cura di D. Marotta, Tipografia Leonardo da Vinci, Roma, 1926.

Stanislao Cannizzaro, Percorsi della Chimica, ipertesto a cura di A. Di Meo, Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL, Roma 2000.

Stanislao Cannizzaro. Scienziato e politico all’alba dell’unità d’Italia, Raccolta di memorie nel centenario della morte, a cura di A.M. Maggio e R.Zingales, Aracne editrice, Roma 2011.

S. Cannizzaro, Sunto di un corso di filosofia chimica fatto nella R. Università di Genova. Lettera al prof. S. De Luca, Nuovo Cimento 7, 1858.

S. Cannizzaro, Scritti intorno alla teoria Molecolare ed Atomica ed alla Notazione Chimica, pubblicati nel 70° anniversario della sua nascita, Tipografia Statuto, Palermo 1896.

G. Ciamiciam, Commemorazione di Stanislao Cannizzaro. Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, vol. XIX, 1910.

C. Gemelli, Storia della Siciliana rivoluzione del 1848-49, Bologna 1867.

R. Zingales, Stanislao Cannizzaro e la Scuola chimica palermitana, Boll. Accad. Gioienia Sci. Nat., vol. 43, n. 371, Catania 2010. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]