contemporanea
SU Stanislao Cannizzaro
GLI IDEALI, LA chimica, L’ATTIVITÀ
POLITICA
di Francesco Cappellani
«Nacqui a Palermo il 13 Luglio 1826 da Anna Di
Benedetto e da Mariano Cannizzaro, Magistrato (…) La
sua famiglia era composta di sei figlie e di quattro
figli compreso me, ultimo nato (...) Frequentai
l’Università di Palermo dall’anno scolastico
1841-1842 sino al 1845. Mi iscrissi al corso per la
laurea in medicina, ma frequentai anche corsi
diversi di letterature e di matematiche, feci alcuni
esami richiesti par la laurea in medicina, ma non
presi tale laurea, né altra» (Cannizzaro
1926).
Iniziano così gli appunti autobiografici di
Stanislao Cannizzaro, redatti quando, già
cinquantenne, era professore di Chimica
nell’Università di Roma. Gli appunti sono scritti in
modo impersonale, quasi notarile, come se
riguardassero la vita e gli accadimenti di un’altra
persona. Ma Cannizzaro fu un personaggio a tutto
tondo: come scienziato contribuì in modo rilevante
allo sviluppo della chimica ottocentesca e
particolarmente alla teoria atomico-molecolare
ipotizzata qualche decennio prima da Amedeo
Avogadro.
Come docente si impegnò per realizzare moderni
laboratori di Chimica nelle Università di Genova,
Palermo e Roma; profuse entusiasmo e passione
nell’insegnamento creando una Scuola che porterà la
chimica in Italia al passo con le altre nazioni
europee. Si adoperò per la creazione del laboratorio
chimico delle dogane, per la riforma sanitaria del
1888 e si dedicò soprattutto alla Pubblica
Istruzione. Negli anni giovanili era stato un
patriota partecipando all’insurrezione del 1848
contro i Borboni in Sicilia e alla rivolta con la
quale la Sicilia, guidata da Garibaldi, si unirà al
Regno d’Italia. Svolse un’intensa attività politica,
ricevette premi e attestazioni di merito dall’Italia
e dall’Europa. Oggi Cannizzaro è praticamente
dimenticato, solo nel 2010 l’Università degli Studi
di Palermo ha organizzato, unica in Italia, una
giornata di commemorazione nel centenario della
morte, con la partecipazione di storici della
scienza e la pubblicazione di un accurato volume,
fondamentale per conoscere vita e opere del chimico
siciliano (Maggio,
Zingales 2011).
Stanislao, sopravvissuto nel 1837 a una grave
epidemia di colera che aveva causato la morte di due
suoi fratelli, si iscrive nel 1841 a Medicina
all’Università di Palermo seguendo per tre anni il
corso di Fisiologia tenuto dal professore Foderà.
Compie vari esperimenti sia a casa sua che in quella
del maestro data la mancanza totale di laboratori
nella locale università e, per un anno, segue anche
il corso di Chimica filosofica e farmaceutica. Nel
1845 interrompe gli studi universitari e si
trasferisce a Napoli presso la sorella Angelina,
dama di corte della regina. Conosce un fisico di
chiara fama, Macedonio Melloni, che lo coinvolge per
un breve periodo nelle sue ricerche, iniziandolo
alle tecniche e metodologie sperimentali.
Partecipa, diciannovenne, a Napoli, alla VII
Adunanza degli Scienziati Italiani, ove presenta tre
comunicazioni di fisiologia preparate con Foderà.
Alla conclusione del convegno, Melloni lo presenta e
lo raccomanda al calabrese Raffaele Piria
(1818-1865) professore di Chimica all’Università di
Pisa e scienziato di grandissimo prestigio che lo
assume a Pisa come assistente di laboratorio
facendolo partecipare ai suoi lavori. Qui Cannizzaro
decide di dedicarsi completamente allo studio sia
teorico che sperimentale della chimica; in due anni
completa la preparazione senza però mai laurearsi.
Stringe una forte amicizia col collega Sebastiano De
Luca e con lui e la guida di Piria, avvia un
programma nazionale di organizzazione della ricerca
chimica che avrà il suo compimento solo dopo il
1870, con l’annessione di Roma all’Italia.
Nel luglio del 1847, rientrato a Palermo per
rivedere i parenti, si unisce alla rivolta
antiborbonica scoppiata il 12 gennaio 1848.
Cannizzaro diventa ufficiale di artiglieria e viene
eletto deputato di Francavilla (ME) al Parlamento
Siciliano. Il 7 settembre i Borboni rioccupano
Messina, viene firmato un armistizio, ma l’anno dopo
i Borboni rompono la tregua e iniziano a
riconquistare il territorio perduto. Cannizzaro,
risultata vana l’organizzazione della resistenza a
Taormina, riesce a fuggire a Palermo e a imbarcarsi
con altri patrioti il 23 aprile del 1849 sulla
fregata Indipendente che dribbla la flotta
borbonica e sbarca i fuggitivi a Marsiglia. Sulle
virtù militari di Cannizzaro è interessante leggere
il giudizio del diplomatico messinese Carlo Gemelli
riportato nella sua Storia della Siciliana
rivoluzione del 1848-49: «Era Commissario
straordinario in quel campo Stanislao Cannizzaro,
giovane di alta mente, indole sincera e leale, ma
non uso a vita soldatesca ed avventurosa» (Gemelli
1867).
In Francia Cannizzaro riprende gli studi di Chimica
e, grazie ai buoni uffici di Piria, entra in
contatto a Parigi con i più illustri chimici
organici francesi che lo ammettono a lavorare con
loro. Rientra in Italia nel 1851, nominato il 3
novembre professore di Fisica, Chimica e Meccanica
nel Collegio Nazionale di Alessandria dove resta
fino all’ottobre del 1855, quando viene chiamato
alla cattedra di Chimica all’Università di Genova. «Trovai
in Genova per Laboratorio una cameraccia oscura ed
umida e neppure l’occorrente per le più elementari
dimostrazioni sperimentali delle lezioni, sicché non
potei in tutto l’anno 1855 proseguire i lavori
incominciati in Alessandria e molto meno
intraprenderne dei nuovi» (Cannizzaro
1926).
Gli anni a Genova vedono la nascita dell’opera più
importante di Cannizzaro, il Sunto di un corso di
filosofia chimica fatta nella R. Università di
Genova (Cannizzaro
1858) presentato come lettera al collega De Luca
dell’Università di Pisa. Tale espediente fu usato
per non incorrere nei fulmini del prof. Piria,
padre-padrone, che prediligeva i lavori basati su
risultati sperimentali rispetto a quelli
esclusivamente teorici. Il 24 settembre 1857
Cannizzaro sposa a Firenze, malgrado l’opposizione
della madre, Harriett Withers, figlia di un pastore
inglese protestante, da cui avrà tre figli.
Nel maggio del 1860 Garibaldi sbarca a Marsala
liberando la Sicilia; Cannizzaro partecipa in giugno
allo sbarco della seconda spedizione e raggiunge
Palermo per riabbracciare finalmente la sua
famiglia. Nel settembre del 1860 partecipa al primo
Congresso Internazionale dei Chimici a Karlsruhe,
dove presenta le idee maturate nel “Sunto”.
Rientrato in Sicilia, viene chiamato a far parte del
Consiglio di Stato straordinario, con l’incarico «di
studiare ed esporre al governo quali sarebbero nella
costituzione della grande famiglia italiana gli
ordini e le istituzioni su cui convenga portare
l’attenzione, perché rimangano conciliati i bisogni
peculiari della Sicilia con quelli dell’unità e
prosperità della Nazione italiana» (Cannizzaro
1926).
A Palermo, nel 1861, gli viene data la cattedra di
Chimica Organica e Inorganica all’Università.
Cannizzaro aveva preteso che si sarebbe trasferito
da Genova a Palermo solo con la garanzia di potere
disporre di un moderno laboratorio e dei fondi per
attrezzarlo, poiché il laboratorio era rimasto
quello della sua giovinezza, cioè «alcuni armadi
posti nella stessa sala delle lezioni, nei quali vi
era l’occorrente per le più elementari dimostrazioni
delle lezioni» (Cannizzaro
1926). La richiesta è accolta e messa in opera;
Cannizzaro si fermerà a Palermo dall’inizio del 1862
fino alla fine del 1871, riuscendo a costituire
intorno a sé un centro di studi sulla chimica di
livello internazionale.
Nominato rettore dell’Università nel 1865, fonda la
Gazzetta Chimica Italiana; si adopera per “l’attivazione
di un Istituto Tecnico, per la formazione
professionale di maestranze che lavorassero alla
rinascita industriale ed economica del paese” (Cannizzaro
1896) volto in particolare a spingere lo sviluppo
industriale della Sicilia anche con corsi serali
destinati agli operai.
Nel 1866 Palermo è in preda a una epidemia di
colera; Cannizzaro assume la direzione dell’Ufficio
Sanitario e si prodiga, con i suoi colleghi, per
preparare prodotti chimici per disinfettare
ospedali, fognature, edifici pubblici. L’epidemia
finirà l’anno dopo, lasciando nella sola città di
Palermo oltre 6.000 morti, compresa una sorella di
Cannizzaro che assisteva gli ammalati come
infermiera (Maggio,
Zingales 2011).
Dopo l’annessione di Roma al Regno d’Italia e la sua
elevazione a capitale, Cannizzaro viene chiamato nel
1871 dal ministro dell’Istruzione ad interim
che era in quel periodo il ministro delle finanze
Quintino Sella (esperto di mineralogia e amico di
Cannizzaro), a ricoprire la cattedra di Chimica
Organica dell’Università di Roma. Come nelle
precedenti destinazioni, trova che i laboratori sono
in uno stato penoso per cui chiede e ottiene che
venga realizzato un Istituto di Chimica dotato di
laboratori attrezzati, sul modello di quelli delle
migliori università straniere.
L’Istituto sarà allocato nell’orto del vecchio
convento di San Lorenzo in Panisperna, e verrà
ultimato nel 1873. Sotto la guida di Cannizzaro
diventa un centro di ricerca e di formazione di alto
profilo dando vita a una “scuola di chimica romana”
da cui proverranno i migliori chimici italiani dei
primi decenni del novecento. A Roma il chimico
palermitano insegnerà con inesausta passione per
quasi quarant’anni, fino al 1909, all’età di 82
anni.
Morirà l’anno dopo nel suo appartamento, contiguo al
laboratorio di via Panisperna. Fu sepolto a Roma
accanto alla moglie morta otto anni prima. I
palermitani si mossero subito per riportarne le
spoglie a casa, ma fu solo nel 1926, nel centenario
della nascita, che le salme di Stanislao e della
consorte furono trasferite a Palermo e inumate nella
Chiesa di San Domenico, Pantheon dei Siciliani
illustri.
Anche a Roma, come a Palermo, Cannizzaro, nominato
senatore del Regno e poi anche vicepresidente del
Senato, prende parte attiva nell’organizzazione
della istruzione pubblica e della ricerca italiane
facendo valere le sue competenze tecniche e il suo
peso politico. Nel 1886 viene nominato direttore del
laboratorio chimico delle Gabelle; terrà questa
carica per dieci anni riformando «radicalmente
questa istituzione, suddividendola in due sezioni,
una concernente i tabacchi, e l’altra le analisi
merceologiche per l’applicazione delle tariffe
doganali e di fabbricazione, quest’ultima prenderà
il nome di Laboratorio chimico delle Dogane e
Imposte Dirette» (Di
Meo 2000).
Cannizzaro collabora
anche alla stesura di una moderna riforma sanitaria
basata sulla creazione di consigli sanitari
provinciali e di uffici d’igiene comunali, oltre a
una struttura centrale nazionale.
I
suoi suggerimenti vengono accolti nella legge del
1888 (Legge per la tutela e l’igiene della sanità
pubblica) di Francesco Crispi, che resterà in
vigore fino al 1978.
Cannizzaro si professava politicamente indipendente,
ma in realtà, come nota G. Paoloni (Maggio,
Zingales 2011), fu un seguace di Francesco
Crispi: «fin quando la fortuna politica dello
statista siciliano non declinò, per effetto della
sconfitta di Adua e degli scandali bancari. Del
resto sia la vicenda del laboratorio delle gabelle,
sia la riforma sanitaria si inquadrano nel contesto
delle riforme crispine degli anni Ottanta».
Era un liberale moderato, convinto sostenitore della
laicità dello Stato, che alternava curiosamente
posizioni di segno opposto: fu contrario alla
riduzione anche parziale della tassa sul macinato,
all’aumento dell’indennità per i lavoratori
infortunati, alla tutela del lavoro minorile
affermando che, visto che l’obbligo scolastico
terminava a nove anni, il fanciullo a quell’età
poteva iniziare a lavorare, all’estensione del
diritto di voto a chi non avesse assolto gli
obblighi scolastici, fu contrario all’abolizione
della pena di morte. Parallelamente favoriva
l’allargamento dell’istruzione a tutte le classi
sociali, lo studio delle lingue straniere nella
scuola secondaria, la riforma degli esami di
maturità, e tutto ciò che poteva contribuire al
progresso e alla modernizzazione della nazione.
Negli ultimi anni della sua attività
politico-amministrativa, nel campo a lui più
congeniale dell’istruzione e della didattica,
presiede una Commissione Reale incaricata di
studiare l’ordinamento delle scuole politecniche
europee, che porterà alla riorganizzazione degli
studi di ingegneria a Torino, con l’istituzione del
Politecnico nel 1906.
Tutti i lavori sperimentali di Stanislao Cannizzaro
hanno riguardato la chimica organica. Nel periodo di
insegnamento a Palermo, si era interessato ai
derivati del benzene e di altri composti aromatici,
determinandone sperimentalmente molte
caratteristiche che saranno utilizzate dal chimico
tedesco Kekulé per la sua teoria della struttura
esagonale dell’anello benzenico. Ma il risultato più
rilevante, ottenuto ad Alessandria nel 1853, è la
scoperta di una nuova reazione, mediante la quale
prepara e identifica per la prima volta un alcol
aromatico, una classe di composti allora poco
conosciuti.
Studiando il comportamento della benzaldeide, nota
che la reazione di questa sostanza con l’idrossido
di potassio forma acido benzoico e alcol benzilico,
il primo alcol della serie aromatica riconosciuto
come tale. Questo processo è chiamato a tutt’oggi “reazione
di Cannizzaro”. La pubblicazione nel 1853 di
questa “dismutazione” delle aldeidi aromatiche sugli
Annalen der Chemie und Pharmacie, la più
autorevole rivista chimica dell’epoca, e gli
articoli successivi su esperimenti analoghi con la
preparazione di alcoli della stessa serie, daranno
al chimico siciliano una vasta notorietà
internazionale. Alla fine di un articolo relativo al
toluene, pubblicato sul Nuovo Cimento nel 1855,
scrive con giusto vanto: «rimane pertanto
dimostrato dalle esperienze che ho esposto, che un
carburo d’idrogeno, qual è un toluene, può
appropriarsi carbone e idrogeno per trasformarsi in
un acido della serie immediatamente superiore, fatto
che fino qui non ha analoghi nella scienza”.
Il lavoro di Cannizzaro come chimico puramente
teorico riguarda la stesura a Genova in otto lezioni
del “Sunto”. L’autore propone “una nuova
interpretazione della chimica che passava attraverso
un processo di chiarificazione
storico-epistemologica della teoria di questa
disciplina” (Di
Meo 2000). È un lavoro slegato dalle
precedenti e successive ricerche di Cannizzaro nel
campo della chimica organica, che gli darà una fama
ben maggiore rispetto ai suoi lavori sperimentali, e
risponde all’esigenza, assai sentita in quegli anni,
di chiarire alcuni concetti fondamentali della
chimica su cui regnava una grande confusione.
Scrive G. Cevasco: «Forse la mancanza iniziale di
fondi e attrezzature fu un beneficio per Cannizzaro
e per la Chimica: la proverbiale parsimonia dei
genovesi, e dunque anche delle istituzioni genovesi
come l’Università, costrinse infatti Cannizzaro a
lavorare poco in laboratorio lasciandogli così il
tempo di preparare al meglio le sue lezioni che
furono poi raccolte nel celeberrimo “Sunto”» (Maggio,
Zingales 2011).
Cannizzaro affronta uno dei problemi fondamentali
della chimica di allora, e cioè la teoria
atomico-molecolare, per chiarirla prima a se stesso
e quindi ai suoi allievi. Scrive infatti:
«Per
condurre i miei allievi al medesimo convincimento
che io ho, gli ho voluto porre sulla medesima strada
per la quale io sono giunto, cioè per l’esame
storico delle teorie chimiche»
(Zingales
2010).
Il merito del
“Sunto” sta nell’avere posto nella relazione
corretta i concetti di peso atomico e peso
molecolare dopo avere definito il loro esatto
significato. Cannizzaro si appoggia
all’ipotesi di Avogadro del 1811 secondo cui volumi
eguali di gas diversi, nelle stesse condizioni di
temperatura e pressione, contengono lo stesso numero
di molecole.
Per sostenere questa ipotesi in presenza di
risultati sperimentali contraddittori, Avogadro
affermava che alcuni elementi avevano molecole
formate da uno o più atomi. Ciò contrastava con le
ipotesi dei grandi chimici del tempo tra cui lo
svedese Berzelius, fautore della teoria dualistica,
secondo cui due atomi eguali e quindi con la stessa
carica elettrica si dovevano necessariamente
respingere. Cannizzaro mette in evidenza la
differenza tra atomi e molecole, confuta le teorie
di Berzelius e dimostra che l’applicazione corretta
dell’ipotesi di Avogadro elimina l’inconsistenza di
alcuni risultati, e che non ci sono dati
sperimentali che la possano contraddire. Prosegue
enunciando quella che verrà chiamata legge o regola
di Cannizzaro per ottenere i pesi atomici degli
elementi contenuti in un composto (Zingales
2010).
Il convegno di Karlsruhe permette al chimico
siciliano di divulgare le conclusioni del “Sunto”
che, scritto in italiano, aveva avuto scarsissima
risonanza nel mondo scientifico. Lo scopo del
congresso riguardava sia la definizione corretta di
concetti come atomo, molecola, equivalente, valenza,
sia la codificazione in un’unica notazione delle
formule chimiche. Regnava infatti una grande
confusione: la formula dell’acido acetico per
esempio veniva scritta in 19 forme diverse in base a
sei teorie differenti, e i chimici non erano
d’accordo neanche sulla formula dell’acqua che
variava da H2O a HO a H2O2.
Dopo tre giorni di dibattito non viene raggiunto un
accordo sui temi del congresso; Cannizzaro fatica a
convincere i partecipanti della bontà delle sue
idee, ma, grazie alla diffusione da parte del suo
amico Pavesi di un opuscolo del “Sunto” a tutti i
congressisti a fine convegno, le teorie del chimico
palermitano iniziano a diffondersi e a prevalere.
Uno dei sostenitori è il chimico tedesco Julius
Lothar Meyer che ne legge il contenuto nel viaggio
di ritorno a Breslavia e che dirà anni dopo:
«Sentii come se
mi fossero cadute le bende dagli occhi, i dubbi
svaniti e la percezione della tranquillità più
sicura prese il loro posto». Ne
pubblicherà le conclusioni nel libro Die modernen
Theorien der Chemie del 1864, che sarà riedito
per vent’anni, con traduzioni in francese, inglese e
russo.
La ricaduta più importante originata dal “Sunto” si
avrà con la determinazione esatta dei pesi atomici
di numerosi elementi, dati che saranno utilizzati
dal chimico russo Dmitrij Mendeleev per la
classificazione degli elementi. Ritornando infatti a
San Pietroburgo, Mendeleev rifletterà sulla lista
dei pesi atomici di Cannizzaro; unendo questi dati
con le altre informazioni che aveva raccolto sulle
proprietà degli elementi, trova che quando vengono
ordinati secondo il loro peso atomico crescente,
presentano caratteristiche simili a intervalli
regolari. Da questa ripetizione periodica di
proprietà chimiche e fisiche nascerà la celebre
tavola degli elementi.
In conclusione
Cannizzaro ebbe un ruolo cruciale nel riformare e
sistematizzare il frammentato mondo della chimica
del suo tempo, stabilendo definizioni, terminologie
e notazioni che sono in uso anche oggi, nonché nel
suggerire metodologie corrette per la determinazione
di parametri fondamentali come il peso atomico degli
elementi. Il Sunto rimane un classico della
letteratura della chimica per genialità di
concezione e chiarezza di espressione.
Cannizzaro diventa socio di accademie italiane e
straniere come l’Accademia del XL, l’Accademia dei
Lincei (dal 1873) e l’Accademia di Francia (dal
1894). In Inghilterra, gli viene assegnata nel 1891
dalla Royal Society la medaglia Copley, attribuita
in anni precedenti, tra gli altri, a Darwin (1864) e
Pasteur (1874), e in seguito a Mendeleev (1905) e
Einstein (1925); viene nominato membro onorario
dalla London Chemical Society (dal 1862), che lo
colloca accanto a Galilei, Torricelli, Volta e
Galvani, e avrà l’onore di tenere due Faraday
lectures (1872 e 1896).
In occasione delle onoranze per il suo settantesimo
compleanno dirà: «Io non pretendo di essere un
grande riformatore della scienza; non fo
ostentazione di modestia, ma dico la pura e semplice
verità, affermando che io non feci allora che
osservare ciò che necessariamente risultava dal
corso medesimo della scienza; io non enunciai alcuna
idea nuova, non feci alcuna scoperta sperimentale in
quel campo, ma ebbi soltanto la fortuna di enunciare
nettamente ciò di cui indispensabilmente si sarebbe
accorto chiunque in quel momento di fosse accinto ad
una critica severa dello stato della scienza» (Cannizzaro
1896).
Se queste considerazioni sono corrette, va però
notato, come fa osservare Giacomo Ciamician, uno dei
suoi migliori allievi a Roma, che «Pur non avendo
scoperto nulla, egli poté insegnare la strada a
tutti. Sapere ciò che tutti sanno e comprendere ciò
che da nessun altro è compreso, questo è il merito
dei grandi divinatori della conoscenza» (Ciamiciam
1810).
Riferimenti bibliografici:
S. Cannizzaro, Scritti vari e lettere inedite nel
centenario della nascita, a cura di D. Marotta,
Tipografia Leonardo da Vinci, Roma, 1926.
Stanislao Cannizzaro,
Percorsi della Chimica,
ipertesto
a cura di A. Di Meo, Accademia Nazionale delle
Scienze detta dei XL, Roma 2000.
Stanislao Cannizzaro. Scienziato e politico all’alba
dell’unità d’Italia,
Raccolta di memorie nel centenario della morte, a
cura di A.M. Maggio e R.Zingales, Aracne editrice,
Roma 2011.
S. Cannizzaro, Sunto di un corso di filosofia
chimica fatto nella R. Università di Genova. Lettera
al prof. S. De Luca, Nuovo Cimento 7, 1858.
S. Cannizzaro, Scritti intorno alla teoria
Molecolare ed Atomica ed alla Notazione Chimica,
pubblicati nel 70° anniversario della sua nascita,
Tipografia Statuto, Palermo 1896.
G. Ciamiciam, Commemorazione di Stanislao
Cannizzaro. Rendiconti dell’Accademia Nazionale
dei Lincei, classe di scienze fisiche, matematiche e
naturali, vol. XIX, 1910.
C. Gemelli, Storia della Siciliana rivoluzione
del 1848-49, Bologna 1867.
R. Zingales, Stanislao Cannizzaro e la Scuola
chimica palermitana, Boll. Accad. Gioienia Sci. Nat.,
vol. 43, n. 371, Catania 2010. |