Il
18 ottobre del 1977 nella prigione di Stammheim,
a Stuttgard, furono trovati i corpi senza vita dei
tre terroristi Andreas Baader, Gudrun
Ensslin e Jan-Carl Raspe, tra i
fondatori, insieme alla giornalista Ulrike
Meinhof, del gruppo della RAF, la
Rote Armee Fraktion, nel 1970.
La
RAF era un’organizzazione di estrema sinistra attiva
nella Repubblica federale tedesca; i suoi
organizzatori professavano la lotta all’imperialismo
statunitense e al capitalismo occidentale sul
modello dei Tupamaros in Uruguay.
Tra il 1970, anno della fondazione, al 1998, anno
dello scioglimento volontario, hanno fatto parte
dell’organizzazione terroristica circa cinquanta
persone; le vittime uccise durante gli anni
d’attività sono state 33, a fronte di 21 membri
della RAF che hanno perso la vita. Un bilancio che è
nettamente inferiore alla media mensile delle morti
per le strade in Germania.
Eppure il fenomeno della RAF ha affascinato milioni
di giovani in Germania allora come oggi.
La
RAF ha rappresentato negli anni Settanta il banco di
prova per il consolidamento dello Stato della
Repubblica federale tedesca, in una guerra civile
chiamata dei “sei contro i sei milioni”, in
cui i sovversivi di sinistra hanno combattuto una
battaglia senza speranza.
Il
riscontro mediatico è stata la linfa che ha
alimentato il gruppo di estrema sinistra fin dalla
sua creazione.
La
storica tedesca Dorothea Hauser ha pubblicato
nel 1997 il saggio Baader und Herold.
Beschreibung eines Kampfes, in cui sono
analizzate le due figure di maggior spicco al tempo
del processo di Stammhein: Andreas Baader, il
teorico del gruppo e Horst Herold, a capo del
Bundeskriminalamtes (BKA), Ufficio federale
anticrimine, dal 1971 al 1981.
D. Hauser è convinta che, se dal
punto “quantitativo” il movimento terroristico degli
anni Settanta nella BRD non aveva una grande
rilevanza, la dipendenza dei terroristi dalla
diffusione mediatica delle loro gesta ha creato
il mito e ha sottolineato la rilevanza simbolica
che le azioni della RAF hanno rappresentato per i
Tedeschi dell’Ovest.
La
lotta all’imperialismo statunitense e allo “Stato
di polizia” della BRD, considerata da A. Baader
e dai suoi compagni come un sub-Stato
plasmato dagli Stati uniti a propria immagine e
somiglianza, aveva come scopo principale
l’eliminazione, a livello di coscienza civile, dei
fondamenti alla base della legittimazione dello
Stato e della società.
Uno Stato che i sovversivi della RAF avevano
soprannominato Schweinestaat BRD, lo
Stato maiale della BRD.
Uno Stato fascista con la sua economia capitalista e
imbrigliato nei falsi valori dell’Occidente,
dominato dall’ideologia imperialista degli Stati
uniti.
Una sorta di moderno Leviathan contro cui i
giovani membri della RAF finirono per cozzare
sacrificando la loro vita in nome di una morale che
l’opinione pubblica tedesca giudicò solo per il
mezzo, la lotta armata, e non per il fine.
La
drammaticità e il pathos della lotta armata
scioccarono l’opinione pubblica, mentre il “nobile”
fine, celato dietro alla brutalità dell’azione, fu
reso plateale dall’eco della pubblicità mediatica.
Il
reale effetto di ogni atto terroristico era
amplificato dai media, che si erano arrogati il
diritto di poter bilanciare la tragedia delle azioni
con il mito degli antieroi contro lo Stato.
I
capi della RAF avevano intuito che l’azione
terroristica in sé non rappresentava nulla se non
accompagnata dal clamore della notizia sulla stampa
e in televisione.
Tutto ciò è arrivato nella Repubblica federale
tedesca proprio quando il cancelliere Willy
Brandt aveva avviato il processo di
liberalizzazione e di modernizzazione sociale; è
stato proprio nel momento in cui lo Stato federale
tedesco aveva deciso di abbassare la guardia che la
RAF ha sferrato il suo attacco alle istituzioni e
alla burocrazia della BRD.
Quel movimento d’elite, formato in gran parte da
laureati e studiosi (a eccezione di A. Baader),
figli di borghesi altolocati in rotta con la
generazione precedente di cristiani benpensanti, è
stato il protagonista assoluto del Deutscher
Herbst (Autunno tedesco).
Questa estate il capo redattore del settimanale
der Spiegel, Stefan Aust, ha fatto
un’importante scoperta negli archivi della prigione
di Stammheim: ha ritrovato le registrazioni del
processo ai tre sovversivi della RAF, che ha avuto
luogo nel tribunale della prigione stessa
dall’ottobre 1975 al maggio 1976.
Il
ritrovamento comprende 21 cassette audio con circa
12 ore di registrazione in cui sono impresse non
solo le voci degli imputati, ma anche quelle degli
avvocati, dei giudici e dei procuratori che hanno
preso parte al processo.
Si
tratta di una testimonianza unica per gli studiosi
del fenomeno della RAF, che ha riaperto in Germania
oggi il dibattito legato ai misteri che hanno
accompagnato il suicidio collettivo dei tre
leader del gruppo nelle celle di isolamento
della prigione di Stammheim.
Alcuni degli esponenti politici di allora e dei
giornalisti sono convinti che sia necessario
costituire una commissione parlamentare
d’inchiesta per far luce sul suicidio collettivo
e su come sia stato possibile che A. Baader e
Jan-Carl Raspe si siano potuti togliere la vita a
colpi di pistola la mattina del 18 ottobre 1977.
Come è stato possibile che i detenuti fossero in
possesso di armi da fuoco nelle loro celle?
La
commissione parlamentare dovrebbe appurare anche le
responsabilità dello Stato nel suicidio dei tre
detenuti e dello “spionaggio”, effettuato
attraverso cimici e microfoni dietro ordine delle
autorità, nelle celle dei tre detenuti, durante gli
incontri nella sala comune della prigione e quando
erano a colloquio con i loro legali.
L’azione di spionaggio era finalizzata al tentativo
di carpire importanti informazioni riguardo ai
nuovi possibili sequestri e uccisioni di esponenti
governativi; alle evoluzioni del sequestro di
Hans Martin Schleyer, all’epoca capo della
Confindustria nella BRD, in mano alla RAF dagli
inizi di settembre del 1977, che avrebbe dovuto
essere scambiato per ottenere la liberazione dei
compagni detenuti a Stammheim; al caso del sequestro
dell’aero della Lufthansa da parte di un
gruppo armato palestinese che chiedeva, anch’esso,
la liberazione dei tre detenuti “politici”.
L’opinione pubblica in Germania è convinta che la
commissione d’inchiesta non sarà mai costituita; lo
Stato potrebbe avere solo interesse a insabbiare
prove di un’eventuale responsabilità governativa nel
suicidio collettivo di Stammheim.
In
effetti la repentina decisione da parte
dell’amministrazione del carcere di iniziare i
lavori di ristrutturazione, proprio in seguito al
ritrovamento da parte di S. Aust delle registrazioni
audio del processo ai membri della RAF, non
sembrerebbe casuale.
In
questo modo sarebbe possibile eliminare altre prove
compromettenti, nell’ipotesi in cui dovesse essere
costituita una commissione d’inchiesta.
Nel prossimo numero analizzeremo le registrazioni
del processo e le connessioni tra il processo e gli
altri due fatti principali avvenuti nell’autunno del
1977: il sequestro di Hans Martin Schleyer e del
Landeshut, l’aereo della Lufthansa.