N. 105 - Settembre 2016
(CXXXVI)
Lo
sport
nel
mondo
classico
Sulle
origini
dell’agonismo
di
Vincenzo
La
Salandra
Nel
mondo
della
Grecia
classica
l’attività
sportiva,
probabile
retaggio
di
antichi
riti
di
iniziazione
al
coraggio
e
alle
virtù
militari,
era
considerata
parte
essenziale
dell’educazione.
In
effetti
la
formazione
dei
giovani
avveniva
nelle
scuole
e
nel
Ginnasio,
con
un
vero
programma
educativo
che
mirava
a
conciliare
la
cura
dello
spirito
con
quella
del
corpo,
con
lo
scopo
di
ottenere
l’armonia
che
si
realizzava
tra
le
doti
fisiche
e
quelle
intellettuali
fino
al
risultato
di
bellezza,
raffinatezza
e
cultura
definito
in
greco
kalokagathìa.
I
modelli
di
riferimento
per
lo
sviluppo
di
questo
ideale
erano
gli
eroi
defunti,
al
culto
dei
quali
venivano
solitamente
associate
le
gare
atletiche.
Tutte
le
competizioni
sportive
erano
organizzate
in
occasione
di
feste
religiose
e
presso
i
santuari
più
importanti.
Le
palestre
che
accoglievano
i
giovani
erano
affrescate
con
immagini
che
rimandavano
alla
mitologia:
le
divinità
venerate
con
maggiore
frequenza
attraverso
sacelli
di
culto
innalzati
all’interno
dei
ginnasi
furono
Ermes,
Eracle
ed
Eros,
rispettivamente
preposti
alle
sfere
intellettuale,
fisica
e
spirituale.
Al
genio
della
Grecia
dobbiamo
i
fastosi
Giochi
Panellenici,
tra
cui
i
Giochi
Olimpici
in
onore
di
Zeus,
che
vedevano
la
partecipazione
di
atleti
e
spettatori
da
tutta
la
Grecia
e
dalle
isole.
Le
feste
Panatenaiche
si
tenevano
ad
Atene
in
onore
di
Atena
protettrice
della
città
e
delle
gare
sportive:
i
vincitori
venivano
premiati
con
le
anfore
‘panatenaiche’,
decorate
con
la
dea
in
armi
da
un
lato
e
figurine
di
attività
sportive
dall’altro
lato,
ma
specialmente
piene
del
pregiato
olio
dell’Attica.
Tra
i
giochi
classici
si
stabilirono
le
specialità
sportive:
la
corsa,
sulle
varie
distanze,
e l’oplitodromo
(la
corsa
in
armi),
la
lotta,
il
pugilato,
il
pancrazio
(commistione
di
lotta
e
pugilato),
il
lancio
del
disco
e
del
giavellotto,
il
salto
e le
gare
equestri.
Nel
mondo
romano
le
attività
sportive
assumevano
importanza
e
valore
specialmente
in
relazione
all’addestramento
militare
e
per
gli
elementi
spettacolari.
I
giochi
atletici
a
Roma
e in
particolar
modo
quelli
circensi,
venivano
intesi
come
forme
di
intrattenimento
praticate
da
professionisti:
la
loro
stessa
popolarità
veniva
sfruttata
dagli
imperatori
a
fini
propagandistici
come
ricordava
Giovenale.
Ad
esprimere
pienamente
la
differenza
tra
greci
e
romani
nella
concezione
delle
gare
sportive
e
dell’uso
dei
ginnasi,
ci
illumina
un
passo
di
Plutarco
dalle
Questioni
romane,
40,
dove
si
parla
della
proibizione
per
i
sacerdoti
di
Zeus
di
frizionarsi
con
olio
all’aperto,
come
avveniva
per
gli
atleti:
«Infatti
i
Romani
vedevano
con
grande
sospetto
la
frizione
con
olio,
e
credono
che
per
i
Greci
nulla
è
stato
causa
di
servitù
e di
mollezza
come
i
ginnasi
e le
palestre,
in
quanto
ingenerano
molta
dissipazione
e
ozio
nelle
città
e
perdita
di
tempo,
nonché
la
pederastia
e la
rovina
fisica
dei
giovani
con
sonno,
passeggiate,
movimenti
ritmici,
pasti
rigorosamente
determinati.
Perciò
senza
accorgersene
hanno
perso
interesse
per
le
armi
e si
sono
accontentati
di
essere
chiamati
abili
come
ginnasti
e
lottatori
anziché
validi
come
soldati
e
cavalleggeri.
In
ogni
caso
è
difficile
sfuggire
a
ciò
spogliandosi
all’aria
aperta;
ma
coloro
che
si
ungono
e
curano
il
corpo
in
casa
non
sbagliano
affatto».
Tra
le
rappresentazioni
più
antiche
relative
allo
sport
del
pugilato,
è
bello
ricordare
i
due
giovani
pugili
di
Santorini,
uno
degli
affreschi
più
belli
dell’isola
dell’Egeo,
certamente
l’unico
dipinto
murale
a
ritrarre
quegli
antichi
giovani
dell’età
del
bronzo
nel
pieno
di
una
competizione
agonistica
sportiva,
nella
felice
armonia
dei
movimenti
e
forse
nella
celebrazione
di
una
vittoria
privata
nella
antichissima
arte
del
pugilato.