antica
SPARTACO
SULLA CELEBRE RIVOLTA DEGLI SCHIAVI
di Luigi De Palo
Nel I secolo a.C. scoppiò a Roma una
rivolta capace di diventare il simbolo
della lotta degli oppressi contro gli
oppressori, stiamo parlando della
rivolta di Spartaco del 73 a.C. Il mito
di Spartaco avrà talmente seguito da
diventare in età moderna il simbolo di
alcuni movimenti politici perlopiù
socialisti. Karl Marx lo definì: «Spartaco
è l’uomo più folgorante della storia
antica. Un grande generale, un
personaggio nobile, veramente
rappresentativo del proletariato
dell’antichità».
La rivolta di Spartaco è la terza delle
guerre servili. Le guerre servili furono
una serie di ribellioni degli schiavi
contro la Repubblica romana, condotte in
tempi diversi senza alcun legame tra
loro e tutte destinate a risolversi in
un insuccesso, ma a differenza delle
precedenti – le prime due guerre servili
non riguardarono la penisola ma solo la
Sicilia –, nella rivolta di Spartaco le
bande di schiavi ribelli, rapidamente
ingrossatesi, misero effettivamente in
pericolo la Repubblica.
Spartaco era originario della Tracia,
probabilmente ridotto in schiavitù in
quanto disertore. La Tracia
era una regione dell’Europa orientale
che faceva parte del regno di Macedonia,
che dal 146 a.C. era diventata
una provincia romana (la Tracia venne
annessa nel 129). Non erano zone
tranquille, anzi spesso i romani erano
dovuti intervenire per domare
le ribellioni delle molte tribù locali,
a cui probabilmente apparteneva anche
Spartaco.
Nel 73 a.C. era impiegato come
gladiatore presso la scuola di Gneo
Lentulo Batiato, a Capua. Fu proprio da
questa scuola che partì la rivolta;
circa 70 gladiatori, tra cui i
fedelissimi di Spartaco: Crisso ed
Enomao, riuscirono a sterminare i propri
carcerieri e ad arroccarsi sulle falde
del Vesuvio. La scelta del Vesuvio non
fu casuale, le pendici del vulcano erano
fertili e ricoperte di vigne, e
offrivano una posizione più semplice da
difendere rispetto alla pianura. A loro
si unirono altri schiavi, la maggior
parte contadini e pastori, ma quasi
tutti abituati all’uso delle armi e
dunque non estranei alle guerre.
Progressivamente, oltre agli schiavi, si
unì un numero sempre crescente di
persone povere e oppresse.
Ma in quale periodo storico scoppiò la
rivolta di Spartaco?
Si era nel momento di maggiore
espansione della Roma repubblicana, e
ovviamente nella città eterna
cominciarono ad affluire enormi
ricchezze e masse di schiavi, con il
risultato di impoverire ancora di più i
piccoli contadini italici, i quali non
potevano competere con le produzioni a
bassissimo costo delle aziende con gli
schiavi, per cui si indebitavano fino a
diventare nullatenenti: motivo per cui
molti di essi decisero di allearsi con
Spartaco.
Fu soprattutto a causa di questi nuovi
poveri, che tendevano a rifugiarsi nelle
grandi città, che Roma cominciò a
organizzare spesso i giochi gladiatori,
per poter in qualche modo distrarre la
popolazione (come dirà Giovenale:
panem et circenses). Questi giochi
videro fronteggiarsi i gladiatori più
forti, che venivano allenati in vere e
proprie scuole. Come Spartaco a Capua.
Tornando a Spartaco, l’esercito di
schiavi e contadini arrivò a contare in
breve tempo oltre 40.000 uomini.
Inizialmente Roma sottovalutò il
problema, anche a causa della terza
guerra con Mitridate, non prendendo
troppo sul serio la rivolta. A seguito
della sconfitta dell’esercito di Gaio
Claudio Glabro e alla decisione di
Spartaco di lasciare il Vesuvio in cerca
di libertà, Roma capì che questa rivolta
era diversa dalle altre.
Gaio Claudio Glabro fu mandato da Roma a
verificare la situazione e a risolvere
la questione Spartaco. Arrivato nei
pressi del Vesuvio e convinto di aver
messo i ribelli in trappola, Glabro
tentò l’assedio, bloccando le vie
principali verso il Vesuvio per affamare
gli schiavi ribelli.
Spartaco però non si perse d’animo e,
sfruttando le numerose vigne selvatiche,
lui e il suo seguito iniziarono a
costruire corde con cui scesero dalle
pendici della montagna. L’esercito di
schiavi circondò quindi l’accampamento
romano e sconfisse le milizie.
Nel frattempo l’esercito si divise in
due tronconi, probabilmente a causa di
un contrasto tra Spartaco e Crisso (Enomao
non viene più citato dalle fonti, forse
cadde in una battaglia precedente). La
maggior parte degli uomini si mosse
sotto la guida di Spartaco a nord, verso
le Alpi, mentre i restanti si diressero
a sud, in Puglia, dove vennero
sterminati dall’esercito dei consoli L.
Gellio e Lentulo Clodiano, i quali però
non furono in grado di sconfiggere anche
le truppe di Spartaco, che ottenne una
grande vittoria.
I Traci erano abili cavalieri e
addestratori di cavalli, tant’è che
Spartaco riuscì addirittura a
organizzare un corpo di cavalleria,
mossa che sorprese i Romani. Fu proprio
grazie alla cavalleria che Spartaco
riuscì a sconfiggere Lentulo, ma il modo
in cui Spartaco sconfisse i due consoli,
cosa fece dopo e quali erano i suoi
obiettivi, ci è stato tramandato con
sostanziali differenze dagli storici
Appiano e Plutarco.
Secondo Appiano, dopo la sua vittoria su
Crisso, Gellio si mosse verso nord,
inseguendo il gruppo principale degli
schiavi al comando di Spartaco.
L’esercito di Lentulo si dispose in modo
tale da sbarrare il passo a Spartaco, e
i due consoli contavano così di
intrappolare tra i loro eserciti gli
schiavi ribelli, ma Spartaco affrontò
prima quello di Lentulo, sconfiggendolo;
poi annientò anche l’esercito di Gellio,
costringendo le legioni romane alla
resa. Secondo Appiano, l’obiettivo di
Spartaco era inizialmente quello di
assediare Roma, anche a seguito di
un’ulteriore vittoria nella regione del
Picenum, ma ritenendo il suo
esercito non ancora pronto, decise di
ritornare al sud, conquistando la città
di Thurii.
Secondo Plutarco invece, Spartaco
sconfisse Lentulo vicino al monte
Gargano, per poi spingersi direttamente
in Italia settentrionale. Plutarco non
accenna per nulla allo scontro tra
Spartaco e la legione di Gelli e neanche
alla battaglia nel Picenum,
soffermandosi però su un altro scontro,
non descritto da Appiano: l’esercito di
Spartaco continuò ad avanzare verso nord
nella regione intorno a Mutina (Modena)
e lì un esercito romano di 10.000
uomini, guidato dal governatore della
Gallia Cisalpina, Gaio Cassio Longino,
tentò di sbarrare il passo alla sua
avanzata, ma fu sconfitto.
Plutarco non menziona altri eventi fino
al primo scontro tra Marco Licinio
Crasso e Spartaco, nella primavera del
71 a.C., tralasciando la progettata
marcia su Roma e la ritirata su Thurii
descritta da Appiano.
In ogni caso, indipendentemente da quale
storico abbia ragione, a seguito di
queste incredibili vittorie, Spartaco
decise di non proseguire verso nord,
ossia verso la libertà, ma di tornare
indietro verso sud. Il motivo di tale
decisione non è chiaro, forse voleva
vendicare la morte di Crisso oppure
decise che era meglio continuare con i
saccheggi nel sud d’Italia. In ogni caso
il seguito continuava ad aumentare,
oltre 100.000 uomini lo seguivano e
ovunque passava, schiavi e contadini
impoveriti si univano a lui.
A questo punto Roma cominciò a temere
Spartaco e decise di andarci giù
pesante: vennero dati poteri eccezionali
al pretore Marco Licinio Crasso, al
quale fu affidato un esercito di otto
legioni. Nel frattempo Spartaco si trovò
in difficoltà nel tenere unito un
esercito così enorme composto da schiavi
e disperati, quindi decise di dividere
le sue forze in unità più piccole: una
necessità pratica piuttosto che
strategica.
Crasso e i suoi 40.000 soldati
riuscirono a spingere gli schiavi
ribelli fino a Reggio, davanti allo
Stretto di Messina. A questo punto
l’idea di Spartaco fu quella di tentare
uno sbarco in Sicilia con 2.000 uomini,
in modo da provocare una nuova rivolta
di schiavi e ingrossare le proprie fila,
ma all’ultimo momento gli mancò il
sostegno della flotta di pirati della
Cilicia, che si erano offerti di
aiutarlo.
Spartaco tentò comunque di attraversare
lo stretto di Messina, ma naufragò in
terra calabrese. Egli riuscì comunque a
liberarsi dalla morsa di Crasso, ma il
suo gruppo continuò a sfaldarsi. Nel
frattempo Crasso non cercò lo scontro
frontale, ma costruì un blocco nei
pressi dell’istmo di Catanzaro. Un vero
e proprio muro protetto da un fossato,
con lo scopo di assediare gli uomini di
Spartaco e di tagliare loro i viveri.
Spartaco decise dunque di sfondare il
muro, ma venne sonoramente sconfitto.
Per questo motivo iniziarono a nascere i
primi contrasti tra gli schiavi ribelli.
Con l’inverno un gruppo di dissidenti,
in gran parte Celti e Germani, guidati
da Casto e Gannico, abbandonarono
Spartaco. Nella primavera del 71 furono
sconfitti da Crasso.
Nel frattempo Roma inviò a Brindisi
Terenzio Varro Lucullo, Questa mossa
costrinse l’ex gladiatore a tentare il
tutto per tutto, attaccando Crasso
frontalmente, probabilmente nei pressi
delle sorgenti del Silaro (aprile del 71
a.C.).
La battaglia fu un vero e proprio
massacro, nel corso del quale morì lo
stesso Spartaco, anche se non se ne poté
identificare il corpo. I 6.000
prigionieri che in quella battaglia
furono catturati vennero tutti
crocifissi ai bordi della via Appia. Un
ultimo gruppo che era sfuggito al
massacro venne sterminato in Etruria
dalle truppe al comando di Pompeo. |