[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

175 / LUGLIO 2022 (CCVI)


contemporanea

STUDENTI IN ARMI

8 aprile 1848, LA BATTAGLIA DI SORIO

di Raffaele Pisani

 

Nello stesso giorno nel quale le truppe piemontesi ebbero il loro primo confronto, vittorioso, con gli Austriaci a Ponte di Goito, a Est del quadrilatero, che comprendeva le città fortificate di Verona, Legnago, Mantova e Peschiera del Garda, si svolse un fatto d’armi che si proponeva di contribuire alla cacciata degli Austriaci, in quel momento in serie difficoltà, dal Regno Lombardo-Veneto. A Praga, a Budapest e nella stessa Vienna richieste di radicali riforme si accompagnavano a violente rivolte. Il governo imperiale rispondeva con qualche concessione e,quando la situazione lo consentiva, con azioni repressive.

 

Milano aveva cacciato la guarnigione austriaca nelle famose Cinque Giornate, dal 18 al 22 marzo, ma solo a cose avvenute, sollecitato dai moderati, Carlo Albert muoverà le sue truppe contro l’Austria. Negli stessi giorni anche Venezia insorgeva e veniva proclamata la Repubblica di San Marco, nella quale si mescolavano nostalgie per un glorioso passato dogale con aspirazioni di italianità, monarchica o repubblicana, federale o unitaria che fosse. In ogni caso, per poter attuare questi progetti era necessario liberare il territorio dalle truppe straniere.

 

In tale situazione gli Austriaci, incalzati dai rivoluzionari e dalle truppe pontificie del generale Durando, che andando oltre i compiti assegnati di sorveglianza del confine, si erano unite nella guerra federale, pensarono bene di ritirarsi in Verona. In quasi tutto il Veneto nelle principali città si formarono dei governi provvisori, più o meno collegati con Venezia.

 

Vicenza, il capoluogo di provincia più a Ovest di questa Repubblica Veneta, credeva di poter dare una mano ai Piemontesi impegnati a Sud del Lago di Garda. Idealità patriottico-romantiche, spirito di avventura, mescolati anche a impulsi meno nobili diedero vita a un’armata di volontari perlopiù costituito di studenti dell’Ateneo patavino. Questi erano suddivisi in formazioni denominate legioni, corpi franchi, guardie civiche, c’era molta confusione e i quadri di comando erano poco definiti.

 

Il generale Marcantonio Sanfermo, ufficiale napoleonico e poi austriaco, comandava questa armata eterogenea, mentre a capo delle varie formazioni c’erano più tecnici e uomini di cultura che ufficiali regolari. Anche l’abbigliamento era estremamente vario, l’unico elemento che accomunava era una croce, in onore di Pio IX, da cui il nome di crociati. L’armamento era estremamente scadente: vecchi fucili, sciabole arrugginite e perfino lance ricavate da elementi di cancellate, c’era pure un paio di cannoni, che verranno trasportati con grande fatica da pariglie di buoi.

 

Il generale Sanfermo conosceva bene il territorio e la sua disposizione delle forze si rivelò ben oculata, la strada postale che collega Verona e Vicenza, l’odierna Provinciale 11 Padana Superiore, era la direttrice privilegiata per spostamenti veloci di truppe, in un senso e nell’altro, e la zona tra Sorio di Gambellara e Montebello Vicentino costituisce un ampio corridoio che separa i Monti Lessini dai Colli Berici.

 

Il controllo del Ponte della Fracanzana sul torrente Chiampo e l’occupazione dello sperone roccioso a monte di Sorio costituivano delle buone premesse per affrontare adeguatamente le truppe austriache del colonello, principe Federico di Liechtenstein, che avevano messo in atto una manovra preventiva. Si rimprovera al generale la sua eccessiva fiducia nell’arrivo dei volontari pontifici, invano attesi.

Le forze in campo vedevano 3.000 soldati imperiali contro un numero di poco inferiore di volontari italiani; la sproporzione non era negli effettivi ma nell’armamento e nella disciplina militare. Chi comanda dei volontari deve in primo luogo guadagnarsi la stima di chi ha deciso di seguirlo nell’impresa; le situazioni di pericolo possono provocare ripensamenti e anche fughe.

 

Il primo colpo di cannone austriaco tuonò nella notte tra il sette e l’otto in una località chiamata Torri di Confine e questo costrinse il gruppo di volontaria riparare in posizioni più arretrate. Sarà sulle colline intorno a Sorio di Gambellara che si verificheranno i più accesi scontri fra le fucilerie contrapposte e che vedranno ben presto il prevalere delle armi austriache. La tenace generosa azione di quei giovani dovette soccombere a fronte di armi e tecniche militari ben collaudate.

 

I comandi austriaci diedero l’ordine di non avanzare oltre, permettendo così al resto delle forze venete di rientrare a Vicenza, dove nei giorni seguenti vennero celebrate solenni esequie ai caduti, circa una cinquantina da parte italiana. L’intervento del Vescovo, mons Giuseppe Cappellari che benedì le salme, ben esprime il suo spirito patriottico. Il canonico don Giuseppe Fogazzaro, zio paterno del noto scrittore Antonio, pronunciando un solenne discorso commemorativo, esaltava e benediva i patri valori per i quali questi giovani si erano immolati.

 

Il presente avvenimento non viene praticamente considerato dalla storiografia nazionale e anche riferendosi al Quarant’otto veneto passa in secondo piano. È certo che nella storia ci sono fatti più o meno rilevanti, anche se a volte le narrazioni e magari il nome del narratore hanno un peso rilevante nella relativa popolarità.

 

Nel nostro caso abbiamo le versioni dei contendenti,da parte austriaca, nella Relazione Ufficiale della campagna 1848-49, pubblicata nel 1852, il maresciallo Karl Schoenhals riporta il seguente testo: «Mentre si combatteva a Goito, Radetzky mandò il general maggiore principe Federico di Liechtenstein con un distaccamento presso Montebello, dove si era stabilito un corpo di crociati […]. Il combattimento fu breve […].Dié l’assalto al ponte del Chiampo, prese due cannoni ed entrò d’assalto in Montebello dove fu ricevuto a colpi di moschetto […]. A Sorio Liechtenstein incontrava qualche maggior resistenza che però fu facilmente superata dalle truppe e pure qui prese due cannoni e volse il nemico in disordinata fuga verso Vicenza. In quest’incontro avemmo due morti e nove feriti. Il nemico lasciò sul terreno da sessanta a ottanta uomini e Liechtenstein condusse a Verona un buon numero di prigionieri, quali avevano somiglianza più che di soldati di una banda di malfattori. […]. I volontari veneti avevano ricevuto una lezione».

 

Il generale Sanfermo redasse un’ampia relazione alla Repubblica di Venezia, alla quale la città berica si sentiva di appartenere, riportiamo qualche breve tratto: «Le divisioni mobili erano nella mattina del giorno 7, così disposte: 300 uomini guarnivano Torre di Confine, che una compagnia congiungeva con la Fracanzana; 6 Compagnie della Legione Padovana presidiavano le alture tra Mason e Sorio; una Compagnia vegliava sul ponte della Fracanzana, il rimanente della Legione era a Montebello. Tra la Favorita e Lonigo dividevasi la Legione vicentina. Tra Sarego e Meledo, la Trevigiana. […] I Crociati, inquieti, mi accusavano di inattività, minacciavano di marciare anche contro i miei ordini. Inebriati di troppo ardore, e inesperti, volevano progredire inconsideratamente, e a renderli più intolleranti ancora, sopravvennero piogge ostinatissime e copiose. Potevo forse ritirarmi? E se lo avessi ingiunto, sarei stato forse obbedito?[…] I primi scontri furono per noi felicissimi, e fino alle tre pomeridiane le colonne nemiche erano anche retrocesse. I Crociati si erano rianimati, ed era forse a sperare in un esito felice quando il nemico sboccando con forze di gran lunga superiori alle Compagnie che guernivano le colline, le attaccò violentemente appoggiando l’attacco con quattro pezzi di artiglieria volante. La zuffa divenne caldissima, vi accorsi subito con il bravo Comandante Bucchia, conducendovi a stento un altro pezzo d’artiglieria; ma nel frattempo volle sfortuna che tutti i Crociati dalle altre posizioni abbandonassero ogni difesa, compresi da panico terrore».

 

In data 12 aprile 1848 anche il comandante del Corpo Franco di Schio, capitano Arnaldo Fusinato, patriota e poeta, lasciò una sua relazione al Comitato Dipartimentale di Vicenza. Segnalando coloro che si erano distinti coraggiosamente nelle operazioni, descriveva una situazione caratterizzata da grande ardimento nel difendere le posizioni e nel portare al sicuro dall’oltraggio dei nemici le insegne di libertà.

 

Un anonimo presente, non si sa a quale titolo, al Ponte della Fracanzana nelle Memorie di un proscritto narrava con distacco ironico le disavventure dei Crociati e la ritirata precipitosa del generale Sanfermo, per mettersi al sicuro.

 

Negli anni Trenta del Novecento, Bruno Munaretto, riflettendo su di un diario inedito di P.M. Cenzatti di Montebello, ebbe modo di spiegare lo svolgimento delle operazioni, delle due formazioni in conflitto fino all’infelice epilogo per i Crociati. Nel racconto il comportamento del comandante, generale Sanfermo, appare dignitoso anche nel momento della sconfitta.

 

Per gli Austriaci, che nello scontro avevano avuto perdite molto limitate, le preoccupazioni venivano dal teatro operativo a Sud e a Est del Lago di Garda, seguirà nello stesso mese, la Battaglia di Pastrengo, il 30 aprile, poi gli scontri di Curtatone e Montanara e la seconda Battaglia di Goito 30 maggio, avvenimenti che parevano mettere in pericolo la permanenza imperiale nel Lombardo-Veneto. Ecco quindi l’utilità di azioni come queste, che potevano distogliere parte delle forze impegnate nel conflitto.

 

Saranno le truppe austriache provenienti da l’oltre-Isonzo a riconquistarela terraferma veneta e Vicenza verrà punita duramente, con assedi, bombardamenti e anche atti di barbarie di cui si renderanno responsabili alcuni reparti.

 

L’anno successivo all’annessione del Veneto all’Italia, precisamente l’otto aprile 1868, venne innalzato un obelisco sulle alture collinari che avevano assistito al generoso sacrificio di questi giovani patrioti.

 

Una testimonianza iconica dell’evento che aveva visto come protagonisti tanti studenti dell’Università di Padova si può ammirare nelle pareti della basilica di Palazzo Bo. Il trasporto dei cannoni, gli scontri con armi da fuoco e armi bianche e gli incendi dei casolari, già descritti da chi li aveva vissuti, trovano in questo luogo di cultura accademica il loro corrispettivo nelle immagini del pittore Pino Casarini.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Kozlovic A., La battaglia di Sorio. 8 aprile 1848, Edizione a cura dei Comuni di Gambellara - Montebello - Lonigo, 1998.

La Marmora A., Alcuni episodi della guerra nel Veneto. Ossia Diario del generale Alberto Della Marmora dal 26 marzo al 20 ottobre 1848. Con documenti ufficiali, Segati, Milano 1915.

Meneghello V., Il Quarant’otto a Vicenza. Storia documentata, Edizioni Giovanni Galla, Vicenza 1898.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]