N. 17 - Maggio 2009
(XLVIII)
L'INCOMUNICABILITà...
O la solitudine
dei numeri primi
di Giovanna
D’Arbitrio
L’estate scorsa ho letto un libro molto interessante,
La Solitudine dei Numeri Primi, scritto da un
giovane autore, Paolo Giordano, vincitore del Premio
Strega 2008.
Il
romanzo narra la storia di due giovani, Alice e Mattia,
resi “diversi” fin dall’infanzia da esperienze
traumatiche, causate da regole e comportamenti imposti
dai genitori.
Essi
viaggiano solitari nel mondo duro e spietato dei giovani
di oggi e, pur amandosi, non riescono a comunicare fino
in fondo e conducono quindi vite “parallele”, come quei
numeri primi che in matematica vengono definiti
gemelli, numeri via via più rari e un po’misteriosi,
destinati ad essere sempre separati da altri numeri.
Ho
pensato a due grandi registi morti nel 2007, stranamente
a poche ore di distanza, Michelangelo Antonioni e Ingmar
Bergman che, nei loro splendidi film misero in risalto
il problema dell’incomunicabilità.
Mentre nelle loro opere, tuttavia, la solitudine
dell’anima veniva messa in risalto dalla lentezza
dell’azione, dagli sguardi angosciati, dai lunghi
silenzi, da frasi brevi, essenziali, oggi invece la
gente si agita molto, parla tanto, ma alla fine non
essendo più predisposta all’ascolto, comunque non
stabilisce una vera comunicazione.
Si
viaggia molto per lavoro o vacanze, s’incontrano
numerose persone, si “chatta” su Internet, ma
s’instaurano sempre più rapporti spersonalizzati e
“mediati”.
La
percezione della realtà attraverso le immagini è
diventata comunicazione di massa, superficiale, vuota,
epidermica.
Auto,
aerei, treni veloci, cellulari, posta elettronica,
annullano in qualche modo le distanze e dovrebbero
quindi farci sentire più vicini, facilitare
comunicazione ed interazione, ma purtroppo ciò non
accade: la tecnologia avanzata non ci aiuta, perché non
possiamo condividere più le semplici gioie e nemmeno le
difficoltà della nostra vita quotidiana.
Travolti da ritmi frenetici e caotici, spesso imposti e
non scelti, che non ci permettono di fermarci almeno per
un attimo, non riusciamo a riflettere, a confrontarci
veramente con i nostri simili. Così, mascherati da mille
ipocrisie, pregiudizi ed “apparenze”, ci allontaniamo
dagli aspetti più sinceri ed umani, dall’empatia, dal
senso di solidarietà verso gli altri.
La
solitudine nelle nostre grandi città è terribile
soprattutto per i più deboli, i poveri, i bambini, i
vecchi, i malati, e ora anche per le persone oneste che
non si adeguano all’attuale sistema corrotto e
clientelare. Quelli che ne fanno parte, invece, (quelli
si!) sono sempre aggregati, forti, uniti nei loro
egoistici obiettivi, invincibili, mai soli.
L’inciucio, il pettegolezzo “terra terra”, lo spiare
nella vita degli altri, la superficialità, la corsa al
risultato facile conquistato col supporto di amici
potenti e “sbattuto in faccia” al parente o all’amico
meno fortunato o semplicemente più onesto che non si è
mai “venduto” (nemmeno per procurare un posto di lavoro
ai figli!), hanno sostituito quei valori del passato ai
quali alcune persone non possono rinunciare, anche a
costo di grandi sacrifici.
È
domenica e i nostri figli oggi sono andati via da Napoli
per ricominciare a lavorare domani, lunedì, e noi
resteremo con Gaia e Frick, cioè il cane e il gatto,
trattati come persone di famiglia, e soprattutto con
l’amata nonna Ada, mia madre, che non andrà mai in un
ospizio per decisione di tutta la famiglia.
Anche
Gaia e Frick non saranno mai abbandonati lungo qualche
autostrada, come accade a tanti poveri animali quando i
padroni vanno in vacanza.
Oggi
forse i “numeri primi”, i diversi, sono proprio persone
semplici come noi che lottano disperatamente
controcorrente per conservare la propria onestà, persone
che rifiutano omologazione e corruzione e che alla fine
restano sole.
Branchi famelici, attratti da denaro, potere e
protagonismo, purtroppo, li separano da altri numeri
primi che percorrono vite parallele in tante parti del
mondo e che diventeranno sempre più rari col passare del
tempo se l’umanità non si sveglierà dal letargo in cui è
caduta.
A
questo punto, tuttavia, poiché in fondo sono
un’ottimista, desidero concludere con qualcosa di
positivo: "Think positive!" - dicono gli Inglesi.
Ho
deciso di uscire, ho bisogno di “un bagno di folla”,
perché per fortuna ho ancora degli amici sinceri (pochi,
ma buoni!), amo la gente e penso che possiamo sempre
voltare pagina, cambiare.
Entro
in una bella pasticceria, sorrido alla ragazza dietro il
banco, lei mi sorride, ordino una bella sfogliatella che
sicuramente mi tirerà su il morale. |