N. 70 - Ottobre 2013
(CI)
Sócrates
Il "dottore" che non curò se stesso
di Francesco Agostini
La
vittoria
italiana
al
mondiale
del
1982
non
sarebbe
stata
così
bella
se
nel
suo
cammino
non
avesse
incontrato
e
battuto
una
squadra
stellare
come
il
Brasile,
capitanato
all’epoca
proprio
da
Sócrates,
detto
“il
dottore”.
Questo
nomignolo
non
gli
fu
dato
a
sproposito
perché
Sócrates
dottore
lo
era
per
davvero:
era,
infatti,
un
medico
che
preferì
la
carriera
di
calciatore
alla
nobile
professione.
La
famiglia
di
Sócrates
ebbe
su
di
lui
un
notevole
impatto
perché,
oltre
all’intelligente
idea
di
farlo
studiare,
gli
consentì
una
formazione
del
carattere
libera
e
aperta,
politicamente
parlando,
che
influì
decisamente
anche
sulla
sua
carriera
da
giocatore.
Nel
1982,
infatti,
al
quarto
anno
di
militanza
nel
Corinthians,
Sócrates
si
rese
protagonista
della
cosiddetta
“democrazia
corinthiana”,
un
incredibile
caso
di
autogestione
dei
calciatori
che
non
riconoscevano
più
l’autorità
dell’allenatore.
I
capi
di
questa
rivoluzione,
oltre
allo
stesso
Sócrates,
furono
Wladimir
e
Casagrande:
insieme
decidevano
la
formazione
e
dirigevano
gli
allenamenti,
sottoponendo
ogni
cosa
al
voto
dei
giocatori
stessi,
che
possedevano
tutti
uguale
peso.
L’episodio,
che
sarebbe
potuto
sfociare
nel
caos
più
totale,
fu
invece
un
clamoroso
successo,
tant’è
vero
che
il
Corinthians
riuscì
addirittura
a
vincere
il
campionato
paulista
sorprendendo
tutti
quanti;
la
formazione
brasiliana
aveva
proprio
in
Sócrates
il
talento
più
puro,
fatto
di
classe
cristallina
e
grande
visione
di
gioco.
Passati
altri
due
anni
in
Brasile
e
smaltita
la
cocente
delusione
per
il
mondiale
’82
sfuggito
di
mano,
il
trentenne
Sócrates
approdò
alla
Fiorentina
di
De
Sisti,
dove
fu
accolto
a
braccia
aperte
dai
tifosi.
Il
“dottore”
però
si
trovò
di
fronte
un
giocatore
del
suo
stesso
stampo,
ossia
Pecci,
che
ne
limitò
parzialmente
il
gioco
costringendolo
a
svolgere
compiti
a
lui
poco
adatti.
A
ciò
si
aggiunsero
la
totale
mancanza
di
stimoli
di
una
carriera
oramai
sul
viale
del
tramonto
e
l’insofferenza
agli
allenamenti
del
tecnico,
completamente
diversi
rispetto
ai
blandi
ritmi
brasiliani.
Così,
Sócrates
andò
incontro
a
una
stagione
fallimentare
che
si
concluse
con
il
mesto
ritorno
in
Brasile,
prima
nel
Flamengo
e
poi
nel
Santos.
Oramai
però,
il
“dottore”
non
era
più
lo
stesso
e si
limitò
solamente
a
qualche
comparsata
sparsa
qua
e là
prima
del
ritiro.
Una
volta
terminata
la
carriera
agonistica
Sócrates
si
dedicherà
alle
attività
più
disparate,
rimanendo
perfettamente
in
linea
con
il
suo
carattere
eccentrico
e
rivoluzionario.
Sarà,
infatti,
commentatore
sportivo
per
varie
emittenti
brasiliane,
politico
(fu
soprannominato
anche
il
Guevara
del
futbol)
e,
naturalmente,
medico,
la
professione
che
avrebbe
dovuto
svolgere
al
posto
di
quella
da
calciatore.
Nonostante
l’impegno
che
profuse
nella
sua
professione,
Sócrates
non
si
dimostrò
altrettanto
attento
con
la
propria
salute
e
con
l’andare
del
tempo
naufragò
sempre
di
più
nell’alcolismo.
Il
problema
era
già
sorto
ai
tempi
del
calcio
giocato
e si
accentuò
con
l’andare
del
tempo
fino
a
che,
nel
2011,
fu
ricoverato
per
un’emorragia
intestinale
che
si
aggravò
in
cirrosi
epatica.
Il
tre
dicembre
dello
stesso
anno
Sócrates
morì
per
colpa
di
uno
shock
settico,
ossia
uno
shock
dato
all’organismo
nel
suo
intero
da
una
grave
infezione.
Ironia
della
sorte,
il
campione
brasiliano
se
ne
andò
proprio
nel
giorno
in
cui
il
Corinthians,
la
stessa
squadra
che
rese
celebre
per
la
democrazia
corinthiana,
vinse
il
campionato
nazionale.
A
distanza
di
molti
anni
da
quel
mondiale
del
1982,
l’immagine
di
Sócrates
è
rimasta
ben
impressa
nella
mente
degli
italiani
grazie
a
quel
goal
segnato
a
Zoff
in
Spagna:
un
tocco
morbido
di
interno
destro
che
si
infilò
fra
palo
e
portiere,
lentamente.
Uno
di
quei
colpi
semplici
e
allo
stesso
tempo
talmente
complessi
che
solo
i
grandi
campioni
sanno
fare.