L’incendio di Smirne
Il tragico epilogo della guerra
greco-turca
di Alessio Guglielmini
«I fuochi fioriscono in tutto il
quartiere armeno. Come milioni di
lucciole le scintille volano sopra
la città buia inseminando ovunque
germi di un incendio».
È così che Jeffrey Eugenides
descrive l’inizio dell’incendio di
Smirne, divampato mercoledì 13
settembre 1922, nel suo romanzo
Middlesex. Se questa istantanea
inaugura di fatto la saga della
famiglia Stephanides, nelle persone
di Lefty e Desdemona, fratello e
sorella sfuggiti alle fiamme, nella
realtà storica la tragedia di Smirne
sancisce la fine del conflitto
greco-turco innescato dalla Prima
Guerra Mondiale.
La vicenda si colloca infatti in un
complesso scenario strategico e
militare. La conquista di Smirne da
parte dei greci nel maggio del 1919
è innanzitutto esito
dell’avventurismo del primo ministro
Eleutherios Venizèlos. Quest’ultimo,
come sottolineato da Margaret
MacMillan, si presenta in pompa
magna alla Conferenza di pace di
Parigi, suscitando l’entusiasmo dei
suoi interlocutori; il Presidente
americano Woodrow Wilson lo
etichetta addirittura come “l’uomo
più grande che avesse mai
incontrato”.
Il 3-4 febbraio 1919, il Primo
Ministro ellenico illustra le
rivendicazioni del suo popolo.
Aspirazioni importanti che si
rifanno allaMegàli Idèa, la
grande idea di una Grecia tornata ai
fasti antichi che anima da tempo i
circoli patriottici. Benché la
Grecia sia intervenuta in maniera
discontinua a fianco dell’Intesa, le
richieste di Venizèlos sono
rilevanti: la parte meridionale
dell’Albania, ovvero l’Epiro
settentrionale; l’area occidentale
della Tracia più alcune isole; un
ampio territorio in Asia Minore che
lungo la costa meridionale del Mar
di Marmara arriva fino a Smirne.
Proprio Smirne, appunta Richard
Clogg, è, insieme al suo territorio,
il sogno principale della Megàli
Idèa. Una Smirne che tuttavia fa
gola anche agli italiani che, nel
marzo del 1919, cominciano a
sbarcare i loro contingenti
nell’area, provocando l’allarme
generale di tutte le potenze
confluite a Parigi. Col pretesto di
proteggere la popolazione greca
locale, Venizèlos, appoggiato da
Lloyd George, Primo Ministro
britannico che ha ottenuto il parere
positivo del suo omologo francese,
Clemenceau, e di Wilson, inizia
l’occupazione della città; è il 15
maggio.
Come temuto da altri esponenti del
governo britannico, tra cui Lord
Curzon, Ministro degli Esteri,
l’invasione ellenica di Smirne
destabilizza la zona dove le bande
rivali di greci e turchi iniziano
presto a darsi battaglia. Sempre
Clogg nota in che modo Smirne, da
perno fondamentale della Megàli
Idèa, diventi anche il
catalizzatore del risveglio del
nazionalismo turco che porterà alla
drammatica riconquista della città
da parte delle forze guidate da
Mustafà Kemal.
Si tratta, ciò nonostante, di un
processo graduale e tormentato, e su
ambo i fronti. Il Trattato di Pace
di Sèvres del 10 agosto 1920
conferma innanzitutto l’occupazione
greca, sotto forma di
un’amministrazione di Smirne e del
suo territorio della durata di
cinque anni, sebbene l’area,
ufficialmente, rimanga sotto il
dominio turco. L’incertezza accomuna
tuttavia sia il governo greco che
quello ottomano. L’astro di
Venizèlos è infatti destinato a
decadere temporaneamente: il 25
ottobre 1920 re Alessandro, che era
succeduto al padre Costantino nel
1917, muore all’improvviso.
Proprio Costantino si ripropone come
leader e ha la meglio sul rivale
Venizèlos che nelle elezioni
successive ottiene solo 120 seggi.
Re Costantino torna così dall’esilio
mentre Venizèlos abbandona il paese.
Anche l’Impero ottomano, nello
stesso periodo, vive il contrasto
tra una forma autarchica e
tradizionale di potere e le
aspirazioni di un nuovo assetto
governativo. Il sultano Mehmet VI
gode ancora di una supremazia
nominale a Costantinopoli, ma la sua
impotenza, soprattutto in occasione
del trattato di Sèvres che ha
ratificato la conquista di Smirne da
parte dei greci, lascia spazio di
manovra a una rivitalizzata politica
nazionalista.
In tal senso, i Giovani Turchi
lavorano da tempo a un programma
capace di liberarsi delle spoglie
del sultanato e delle sue
anchilosate strutture. Già nel 1889,
per opera di quattro studenti, nasce
il “Comitato dell’unità ottomana”.
Nei mesi successivi si forma il Cup,
il “Comitato unione e progresso”,
che da Parigi raccoglie esuli e
pubblica il giornale “Mesveret”,
ossia “Consultazione”; il gruppo
assume il nome di Jeunes Turcs.
Attraverso varie forme ed
esperienze, il Comitato è
protagonista delle principali
stagioni politiche ottomane, tra cui
la rivoluzione del 1908 che
costringe il sultano Abdülhamid
II a ripristinare la precedente
Costituzione. Negli anni successivi,
il Comitato, che affianca al suo
organismo un vero e proprio partito,
prova a dirigere l’agenda interna e
a giocare la sua parte in un
complicatissimo scacchiere che vede
coinvolti i dignitari vicini al
sultano e figure emergenti
dell’esercito.
Nel 1913, in seguito alla crisi
scatenata dalle guerre balcaniche,
il Comitato prende il sopravvento
con un colpo di Stato. Sono sempre i
Giovani Turchi a guidare le
trattative che segnano l’intervento
delle forze ottomane nella Prima
Guerra Mondiale accanto agli Imperi
centrali, partecipazione cementatada
un’alleanza particolare con la
Germania guglielmina.
La capitolazione turca, sancita
dall’armistizio di Mudros il 31
ottobre 1918, sommata all’audacia
dei greci ispirati da Venizèlos,
vivacizza ulteriormente il
trafficato momento della politica
ottomana: per di più, il sultano
Mehmed V muore nel luglio del 1918 e
gli succede il fratello, salito per
l’appunto al trono con il nome di
Mehmed VI. I tentativi di
quest’ultimo di ristabilire un
legame con l’Intesa falliscono
miseramente con il Trattato di
Sèvres che, oltre a sancire la
perdita dell’enclave di Smirne,
sottrae ai turchi la Tracia
orientale, sempre a favore dei
greci; inoltre, i preziosi Stretti
diventano territorio internazionale
e nell’Anatolia orientale nasce una
Repubblica Indipendente Armena.
È in questo scenario che si impone
Mustafà Kemal, che è affiliato ai
Giovani Turchi dal 1908 e che deve
la sua reputazione alla resistenza
vittoriosa contro i britannici a
Gallipoli. Kemal, già il 19 maggio
1919, ossia quattro giorni dopo
l’ingresso greco a Smirne, avvia
contatti con gli alti comandi per
creare una solida organizzazione
nazionale. Il 23 luglio riunisce un
congresso a Erzurum che formula gli
intenti di unità, protezione e
difesa del territorio ottomano ed
elegge un Comitato rappresentativo
con Kemal presidente. A dicembre, il
Comitato si sposta nella più
centrale Ankara.
Nell’aprile 1920 si forma, ancora
dietro iniziativa di Kemal,
un’Assemblea Nazionale con compiti
esecutivi oltre che legislativi. È
un chiaro atto di sfiducia nei
confronti del sultano.
Sono queste le basi politiche della
guerra d’indipendenza condotta tra
il 1921 e il 1922 contro i greci. Il
primo successo turco a ovest avviene
a
İnӧnü,il
10 gennaio 1921, e porta a una
possibile revisione del trattato di
Sèvres. I governi greco e ottomano
si incontrano a Londra, dal 21
febbraio successivo. Dopo un nulla
di fatto, le ostilità riprendono e
l’esercito greco viene fermato
ancora una volta sulla linea di
İnӧnü
ma penetra poi fino all’importante
nodo ferroviario di Eskişehir. Kemal
assume a questo punto il comando
militare e sbarra la strada ai greci
a Sakarya, dopo un’estenuante
battaglia nel settembre del 1921. Da
quel mese, di fatto, i greci
rimangono fermi sulla linea
Afyon-Karahisar-Eskişehir, senza che
si combatta. Gli equilibri vengono
rotti il 26 agosto 1922 quando Kemal
ordina alle sue forze di attaccare
l’esercito greco che cade
sull’intera linea eviene costretto
alla fuga verso la costa.
L’inseguimento prosegue fino a quel
tragico 13 settembre del 1922
quando, come hanno confermato gli
storici, i soldati turchi appiccano
l’incendio a Smirne nel settore
armeno. Il disastro viene causato
anche dal vento che spira da sud e
che alimenta le fiamme in maniera
devastante lungo il quartiere greco
ed europeo della città.
Clogg riassume così l’episodio: «Solo
i quartieri turchi ed ebraici
scamparono all’olocausto. La “Gavur
Izmir”, “Smirne l’infedele”, come la
chiamavano i turchi, non era più. Un
quarto di milione di profughi
atterriti cercarono scampo
all’inferno gettandosi in mare, ma
le truppe e le navi alleate che
stazionavano nella rada mantennero
un atteggiamento di studiata
neutralità».
La chiusura del conflitto tra greci
e turchi sancisce un ingente scambio
di profughi. Venizèlos, rientrato al
potere, alla fine del gennaio del
1923 stipula con İsmet Paşa una
convenzione che porta 380.000
musulmani a trasferirsi in Turchia,
laddove 1.100.000 cristiani si
muovonoverso la Grecia. Lo stesso
İsmet Paşa, pochi mesi prima,
conclude con il generale britannico
Harington un accordo che lascia
Istanbul e gli Stretti sotto il
controllo inglese fino a data da
stabilirsi. I turchi hanno dunque la
meglio sulla questione di Smirne
mentre, al momento,devono cedere su
un altro punto fondamentale.
Il prologo di Middlesex a
Smirne è solo l’inizio di una saga
familiare che ha come protagonisti
Lefty e Desdemona Stephanides,
scappati alle fiamme fingendosi
francesi e quindi riuscendo a salire
a bordo di una di quelle “navi
neutrali” rievocate da Clogg. La
voce narrante del romanzo è la loro
nipote Calliope, nata come bambina
nel 1960, ma che nel 1974, dopo
accurati esami clinici, si riscopre
maschio adolescente. La storia del
suo sofferto ermafroditismo è forse
anche lo specchio di una ricerca
della convivenza degli opposti di
cui Smirne è stata l’emblema fino a
quel drammatico incendio. Un centro
nevralgico che ha avuto la sfortuna
di entrare in un gioco di
rivendicazioni politiche e
strategiche molto più grandi della
sua fiorente tradizione di città
cosmopolita e tollerante.
Riferimenti bibliografici:
E.J. Zürcher,
Porta d’Oriente. Storia della
Turchia dal Settecento a oggi,
Donzelli Editore, Roma 2016.
R. Clogg, Storia della Grecia
moderna, Bompiani, Milano 1996.
M. MacMillan, Parigi 1919. Sei mesi
che cambiarono il mondo, Mondadori,
Milano 2006.
J. Eugenides, Middlesex,
Mondadori, Milano 2003.