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N. 77 - Maggio 2014 (CVIII)

Il sistema del turno
La politica spagnola di quasi mezzo secolo

di Laura Ballerini

 

Il sistema del turno fu un meccanismo di alternanza politica ideato da Antonio Canovas del Castillo (1828-1897), che garantì in Spagna stabilità dal 1874 al 1923.

 

Per capire meglio le motivazioni che portarono all’ideazione di questo sistema, così determinante nella vita politica spagnola tra i due secoli, occorre capire cosa accadde nel tempo immediatamente precedente.

 

La creazione di questo sistema avvenne in conseguenza del sessennio rivoluzionario, e prima ancora del regno di Isabella II, bisogna quindi spiegarne brevemente i tratti salienti.

 

Il regno di Isabella II di Borbone (1833-1868) fu un regno completamente determinato dalla figura dei militari. La Spagna, infatti, portava un discreto ritardo nello sviluppo rispetto agli altri paesi europei e in un regno così disarticolato il ceto militare costituiva l’unico gerarchicamente determinato e con istruzione d’accademia, e pertanto il solo possibile al comando.

 

Isabella, però, fu una regina molto capricciosa e poco interessata ai problemi del paese, lasciando ai generali il compito di amministrare il regno. Questa situazione finì per scontentare gli stessi militari che si allearono con le forze borghesi per studiare la dipartita della casata Borbone, con il patto di Ostenda del 1866.

 

Alla morte del generale Narvaez, guida della fazione conservatrice, nel 1868, si scatenò quello che è passato alla storia come il sessennio rivoluzionario, ovvero sei anni in cui la Spagna passò dall’essere una monarchia assoluta a una monarchia costituzionale a una repubblica e infine di nuovo a una monarchia costituzionale.

 

Venne messo in atto il Patto di Ostenda, ovvero la cacciata di Isabella II e l’elezione di un assemblea costituente che dichiarò la Spagna monarchia costituzionale centralizzata sotto la casata italiana di Amedeo di Savoia Aosta.

 

Quando questi rinunciò al trono nel 1873 le Cortes proclamarono la Spagna una repubblica, e le diverse realtà regionali si dichiararono cantoni autonomi. A riportare l’ordine non furono solamente i militari, ma anche uno storico e politico, un uomo dalla profonda cultura che riportò al suo paese l’equilibrio e glielo garantì per quasi mezzo secolo: Canovas del Castillo.

 

Quest’ultimo propose al trono il figlio di Isabella II, Alfonso XII, facendo un compromesso tra tutte le forze in campo: la Spagna sarebbe stata un regno costituzionale centralizzato sotto un Borbone. Egli riorganizzò l’assetto politico del regno, e istituì il sistema del turno, riuscendo a riportare i militari in caserma, fino, appunto, al 1923 con la dittatura del generale Miguel primo de Rivera.

 

Venne redatta una costituzione che limitava i poteri del sovrano, garantendogli però la revoca del primo ministro e la nomina dei membri del senato, mentre quelli della camera erano votati a suffragio non universale (circa 1 milione su 16 poteva votare).

 

Questa nuova democrazia fu però solamente una facciata. Canovas del Castillo, infatti, formò lui stesso due schieramenti politici, il primo, presieduto da lui, era quello conservatore (paragonabile alla nostra destra storica), il secondo, guidato da Sagasta, era il liberal fusionista di stampo progressista. Non c’era una reale differenza tra i due, se non la posizione più anticlericale del secondo.

 

Canovas del Castillo aveva creato due fazioni affinché si alternassero al governo, di quattro anni in quattro anni, indifferentemente dagli esiti delle elezioni.

 

Egli infatti, covava la più assoluta sfiducia nei confronti della volontà popolare, che non riteneva in grado di scegliere i propri rappresentati e di garantire il futuro della Spagna.

 

Era meglio limitarsi a lasciarglielo credere con finte elezioni, i cui esiti erano già decisi per permettere la perfetta alternanza dei due schieramenti al governo. Con costanti brogli, quindi, una legislatura spettava ai progressisti, quella dopo ai conservatori e così via: ed ecco il sistema del turno che andò avanti fino a quando i disordini del biennio rosso non spinsero all’insediarsi della dittatura del generale prima citato.

 

Il sistema era stabile, e si rivelò tale sia nel passaggio di corona da Alfonso XII ad Alfonso XIII, sia alla morte dello stesso Canovas del Castillo.

 

Tuttavia non tutti cedettero a questa alternanza perfetta dei due schieramenti e vi fu chi, come Jacquin Costa, denunciò questo sistema di annullamento della volontà popolare e di brogli, scrivendo Oligarquia y caciquismo.

 

Visto che tanto la volontà dei votanti non aveva alcun peso e l’esito delle elezioni era già predeterminato, venne concesso al popolo un contentino con l’istituzione del suffragio universale maschile per gli aventi più di 25 anni di età.

 

A mettere in crisi il sistema del turno, come detto, sarà il biennio rosso, 1918-20, ovvero quegli anni successivi alla prima guerra mondiale, travagliati da scioperi, proteste e scontri, galvanizzati dalla rivoluzione bolscevica e dalla conseguente nascita dei partiti comunisti.

 

Questa insofferenza delle classi operaie si manifestò, però, già a fine ottocento, con la diffusione dei movimenti anarchici e dei partiti socialisti.

 

Così accadde anche in Spagna, dove queste forze emergenti non avevano la possibilità di trovare rappresentanza in parlamento, organizzato dal sistema del turno.

 

Questo portò a una radicalizzazione dello scontro in piazza, da parte delle potenze escluse dalla vita politica che iniziarono ad alzare la voce.

 

Il sistema del turno, quindi, riuscì a riportare l’equilibrio in un paese nel caos e ad annullare la dominante figura dei militari, che avevano comandato fino ad allora. Tuttavia, l’esclusione di ogni altra forza politica dal parlamento incendiò le proteste in piazza, l’unico luogo che gli rimaneva per esprimersi.

 

Queste si acuirono dopo la prima guerra mondiale (nonostante la Spagna non vi avesse partecipato), portando nuovamente la Spagna nel disordine e nell’impotenza del governo: e come sempre nei momenti di crisi spagnola, i militari uscirono dalle caserme e si imposero, stavolta con la dittatura di un loro uomo, un generale catalano amico degli industriali, Miguel Primo de Rivera.



 

 

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