N. 146 - Febbraio 2020
(CLXXVII)
il binomio hua-yi
un’opposizione
tra
civiltà
e
mondo
esterno
di Domenico
Samela
La
storia
della
Cina,
dall’antichità
fino
alla
caduta
dell’ultima
dinastia
imperiale,
è
stata
costantemente
caratterizzata
dal
binomio
hua-yi,
con
effetti
che
risultano
ancora
oggi
concreti
e
tangibili.
Per
molti
studiosi
la
storia
cinese
si
aprì
con
la
dinastia
Shang
(商1600-1046
ca).
Le
informazioni
rinvenute
da
piastroni
di
tartaruga
e da
scapole
bovine,
note
come
ossa
oracolari,
furono
infatti
di
vitale
importanza
nello
studio
di
una
civiltà
già
evoluta
e
complessa,
capace
di
utilizzare
la
scrittura.
In
realtà,
gli
Shang
non
furono
la
sola
civiltà
avanzata
nella
Cina
dell’età
del
bronzo,
ma
la
loro
posizione
di
preminenza
nella
storia
cinese
sarebbe
da
rintracciare
nel
ritrovamento
delle
suddette
ossa
nel
sito
di
Anyang.
Gli
storici
moderni
suppongono
che
la
scrittura
avesse
probabilmente
un
ruolo
assai
limitato
e
ristretto,
che
la
sua
funzione
principale
fosse
legata
alla
sfera
divinatoria
e
che
esclusivamente
una
piccolissima
parte
della
popolazione
fosse
in
grado
di
adoperarla.
All’incirca
nel
XII
secolo
a.C.
l’influenza
dei
sovrani
Shang
raggiunse
la
valle
del
fiume
Wei,
al
tempo
abitata
da
genti
che
essi
consideravano
“barbare”.
Il
loro
sovrano,
sebbene
fosse
formalmente
vassallo
degli
Shang,
iniziò
ad
apparire
minaccioso
agli
occhi
di
quest’ultimi.
Le
forti
tensioni
fra
le
due
parti
sfociarono,
nel
1046
a.C.
circa,
nella
battaglia
di
Muye,
che
segnò
la
fine
della
dinastia
Shang.
Il
successo
dei
“barbari”,
probabilmente
agevolato
dalla
ribellione
delle
truppe
Shang,
non
portò
in
realtà
a
grandi
mutamenti
interni.
Il
suo
sovrano,
infatti,
nel
momento
in
cui
fondò
la
dinastia
Zhou
(周
c.1046-256
a.C.)
si
servì
di
quasi
tutte
le
tecniche
civili
e
amministrative
degli
Shang.
I
Zhou
avrebbero
tuttavia
introdotto
il
concetto
di
Mandato
Celeste
(天命
tianming),
grazie
al
quale
si
legittimarono
al
potere.
Esso
asseriva
l’idea
che
fosse
il
Cielo
(天
tian)
a
conferire
pieni
poteri
a un
regnante
giusto
e
onorevole,
il
quale
sapesse
altresì
garantire
un
periodo
di
pace
e
prosperità.
Allo
stesso
modo
il
Cielo,
tramite
eventi
naturali
catastrofici,
decretava
la
delegittimazione
del
sovrano
in
carica,
divenuto
ingiusto
e
corrotto.
Una
nuova
dinastia
avrebbe
potuto
così
reclamare
il
Mandato
Celeste.
Questo
concetto,
sviluppatosi
a
partire
dall’epoca
Zhou,
accompagnerà
l’intera
storia
della
Cina
imperiale
sino
all’ultima
dinastia.
In
ogni
caso,
probabilmente
né i
sovrani
Zhou
né
quelli
Shang
consideravano
l’esistenza
di
una
civiltà
cinese,
che
invece
si
sarebbe
formata
solo
successivamente.
Giunta
al
potere,
la
nuova
dinastia
si
rese
conto
di
non
avere
i
mezzi
necessari
per
poter
governare
un
così
vasto
territorio
e
decise
pertanto
di
dividere
e
distribuire
i
territori
a
vassalli,
alcuni
dei
quali
parenti
del
sovrano,
altri
appartenenti
alla
vecchia
classe
dirigente
Shang.
A
partire
dal
IX
secolo
a.C.
varie
tribù
nomadi
irruppero
da
nord
utilizzando
la
cavalleria,
rivelatasi
estremamente
efficace
per
combattere
i
popoli
stanziali.
Nel
771
a.C.
una
di
esse,
i
Rong
(戎),
saccheggiò
la
capitale
Zhou
e ne
uccise
il
re.
La
dinastia
riuscì
a
evitare
la
capitolazione
fuggendo
a
oriente,
ma
perse
il
controllo
sulla
maggior
parte
del
regno.
Il
potere
dei
sovrani
Zhou
venne
progressivamente
limitato
al
solo
ruolo
rituale,
mentre
i
loro
vassalli
si
resero
indipendenti,
creando
dei
veri
e
propri
Stati
in
lotta
per
la
supremazia.
Il
periodo
delle
Primavere
e
degli
Autunni
(春秋
chunqiu
722–481
a.C.)
e
quello
degli
Stati
Combattenti
(战国
zhanguo
481-221
a.C.),
che
caratterizzarono
l’ultima
fase
della
dinastia
Zhou,
contribuirono
enormemente
allo
sviluppo
tecnologico
ed
economico
della
regione
nonostante
la
disgregazione
politica
del
regno.
Allo
stesso
tempo
si
venne
progressivamente
formando
l’idea
di
una
società
cinese,
concezione
che
univa
culturalmente
i
territori
appartenuti
prima
alla
dinastia
Shang
e
poi
a
quella
Zhou
e
che
avrebbe
contribuito
alla
loro
riunificazione.
A
tal
proposito
il
termine
hua
(华),
rappresentante
la
civiltà
cinese,
pone
proprio
le
sue
radici
nella
coscienza
di
avere
origini
comuni
da
parte
dei
vari
Stati
dell’ultima
fase
Zhou.
Tale
consapevolezza
renderà
la
frammentazione
politica
una
fase
indispensabile
nella
creazione
di
un
nuovo
ordinamento
unitario.
Inoltre,
il
suddetto
termine
è
inevitabilmente
legato
ai
concetti
di
civilizzazione
e
stanzialità.
Innanzitutto
i
Cinesi
ritenevano
di
vivere
al
centro
del
mondo,
non
a
caso
gli
abitanti
della
Cina
indicavano
il
proprio
Paese
con
il
termine
zhongguo
(中国
Regno
di
Mezzo)
e
chiamavano
il
loro
imperatore
tianzi
(天子
Figlio
del
Cielo).
La
loro
posizione
di
centralità
nel
mondo
era
così
associata
alla
convinzione
di
essere
la
massima
espressione
di
civiltà,
in
netto
contrasto
con
i
“barbari”,
perlopiù
nomadi,
che
vivevano
lontano
dal
centro.
È
opportuno
precisare
che
proprio
nel
momento
in
cui
si
sviluppò
il
concetto
di
Cina,
emerse
anche
la
percezione
di
cosa
non
lo
fosse.
Opposto
al
termine
hua
è
infatti
quello
di
yi
(夷),
con
il
quale
si
identificavano
tutte
le
popolazioni
che
vivevano
oltre
i
confini
della
civiltà
cinese.
Il
risultato
definitivo
di
tale
distinzione
fu
la
materializzazione
di
un
forte
e
prevalente
sinocentrismo.
Comunque,
un
“barbaro”
si
sarebbe
potuto
civilizzare
tramite
sinizzazione,
processo
che
avrebbe
portato
all’approvazione
dello
straniero.
Ciò
può
essere
sostanzialmente
spiegato
dal
fatto
che,
essendo
la
Cina
il
centro
di
civilizzazione
del
mondo,
laddove
una
popolazione
straniera
avesse
adottato
valori
e
costumi
cinesi,
sarebbe
stata
considerata
come
ormai
non
più
“barbara”.
Dal
periodo
di
frammentazione
della
Cina
emerse
vincitore
lo
Stato
di
Qin
(秦),
il
cui
Primo
Imperatore
(秦始皇帝
qin
shi
huangdi
260-210
a.C.)
cercò,
tramite
un
processo
di
standardizzazione
dei
territori
sottomessi,
di
unificare
tutte
le
province
del
Paese.
Comunque,
la
dinastia
Qin
(秦
221-206
a.C.)
non
durò
a
lungo.
Alla
morte
del
sovrano
scoppiò
una
crisi
di
successione
che
avrebbe
portato
al
potere
il
ribelle
Liu
Bang
(刘邦
250-195
a.C.
ca),
fondatore
della
ben
più
longeva
dinastia
Han
(汉
206-220
a.C.).
Nelle
sue
relazioni
con
il
mondo
esterno
la
corte
Han
classificava
i
“barbari”
in
due
grandi
categorie:
quelli
esterni
e
quelli
interni.
Della
prima
facevano
parte
tutti
quei
popoli
che,
essendo
stabiliti
oltre
i
confini
dell’impero,
non
erano
soggetti
al
diretto
controllo
della
dinastia
Han.
Alla
seconda
categoria
appartenevano,
invece,
le
genti
di
etnia
non
cinese
a
cui
era
stato
concesso
di
stabilirsi
all’interno
dei
confini
imperiali
e
che
erano
soggette
all’obbligo
di
sorveglianza
dei
confini.
Per
constatare
effettivamente
come
i
“barbari”
potessero
non
solo
sinizzarsi,
ma
anche
giungere
a
governare
la
Cina
o
una
sua
parte
sfruttando
il
Mandato
Celeste,
si
esaminerà
il
caso
dei
Xiongnu
(匈奴).
Con
questo
nome
si
fa
riferimento
a un
gruppo
di
popoli
nomadi
che
attorno
al
209
a.C.
vennero
riuniti
in
una
confederazione
da
Maodun
(冒顿
234-174
a.C.
ca).
Sebbene
siano
tutt’oggi
ignote
le
motivazioni
per
cui
venne
fondata
tale
confederazione
–
alcuni
studiosi
ritengono
che
il
forte
espansionismo
dei
Qin
abbia
fortemente
minacciato
gli
abitanti
delle
steppe
– è
dato
certo
che
il
suo
sovrano
espanse
il
regno
in
ogni
direzione
dalle
steppe
settentrionali.
Inevitabilmente
ciò
portò
i
Xiongnu
in
conflitto
con
gli
Han.
Lo
stesso
Liu
Bang,
da
imperatore,
condusse
personalmente
una
campagna
militare
contro
la
confederazione
nomadica,
ma
essa
si
risolse
in
una
totale
disfatta.
Incapace
di
fronteggiare
militarmente
i
suoi
nemici,
la
dinastia
Han
decise
di
risolvere
la
questione
diplomaticamente.
Per
far
cessare
le
invasioni
da
nord,
i
Cinesi
iniziarono
a
offrire
periodicamente
doni,
denaro
e
principesse
ai
Xiongnu,
e
dovettero
altresì
riconoscere
alla
confederazione
uno
status
paritario.
Tale
politica
è
nota
con
il
nome
di
heqin
(和亲
armonia
e
parentela)
e
sarebbe
stata
più
volte
utilizzata
dai
sovrani
cinesi
nel
corso
della
loro
storia.
Tornando
al
rapporto
con
i
Xiongnu,
la
dinastia
Han
considerava
piuttosto
umiliante
tale
politica,
anche
e
soprattutto
perché
numerosi
chanyu
(单于)
–
questo
era
il
titolo
utilizzato
dai
sovrani
dei
Xiongnu
–
lanciarono
razzie
in
territorio
cinese,
senza
rispettare
la
pace
e
gli
accordi.
Durante
il
regno
dell’imperatore
Wu (武
156-87
a.C.)
le
intenzioni
cinesi
cambiarono
radicalmente,
tanto
che
la
corte
Han
optò
per
un
confronto
militare.
La
dinastia
cinese,
oltre
alla
ricerca
di
validi
alleati
in
Asia
Centrale,
cercò
di
danneggiare
i
rivali
ricorrendo
ad
attacchi
a
sorpresa
che
si
rivelarono
di
successo.
Le
sconfitte
riportate
contro
gli
Han
e
contro
alcune
delle
proprie
popolazioni
tributarie
minarono
la
stabilità
interna
dei
Xiongnu.
Numerose
rivolte
avrebbero
infine
portato,
attorno
al
55
a.C.,
alla
dissoluzione
della
confederazione.
Secondo
le
fonti
cinesi,
i
Xiongnu
si
divisero
in
due
gruppi
principali
e a
contendersi
il
potere
furono
due
fratelli:
Zhizhi
(郅支
? –
36
a.C.)
e
Huhanye
(呼韩邪
? –
31
a.C.).
Quest’ultimo,
dopo
essere
stato
sconfitto,
richiese
protezione
militare
agli
Han,
accettando
la
condizione
di
tributario.
I
Xiongnu
meridionali
(南匈奴)
accettarono
dunque
la
supremazia
cinese,
mentre
i
Xiongnu
settentrionali
(北匈奴)
continuarono
a
mantenere
una
propria
indipendenza.
Con
la
battaglia
di
Zhizhi
del
36
a.C.
i
Cinesi
sconfissero
in
maniera
decisiva
le
forze
dei
Xiongnu
settentrionali.
Il
caos
che
portò
alla
fondazione
in
Cina
dell’effimera
dinastia
Xin
(信
9-23)
spinse
i
Xiongnu
settentrionali
a
credere
di
poter
ristabilire
l’antico
splendore.
Nonostante
i
successi
ottenuti
e le
conquiste
riportate,
gli
scontri
ripresero
non
appena
la
dinastia
Han
tornò
al
potere.
Nell’89
le
forze
cinesi
e
quelle
dei
Xiongnu
meridionali
inflissero
una
batosta
pesantissima
ai
Xiongnu
settentrionali
presso
i
monti
Altai,
vicenda
che
renderà
la
fazione
ormai
innocua
agli
occhi
della
Cina.
Mentre
i
Xiongnu
settentrionali
sarebbero
stati
dapprima
sconfitti
dagli
Han
e
poi
dai
mongoli
Xianbei
(鲜卑),
destino
diverso
sarebbe
toccato
alla
controparte
meridionale.
Ai
suoi
sovrani
fu
concessa
la
possibilità
di
stabilirsi
all’interno
dei
confini
della
Cina,
conservando
la
condizione
di
tributari.
Con
la
caduta
degli
Han
si
aprì
una
nuova
era
di
divisione
che
durò
fino
al
280,
anno
in
cui
la
Cina
venne
nuovamente
riunificata
dalla
dinastia
Jin
(晋
265-
420).
A
causa
dell’alta
mortalità
che
segnò
soprattutto
il
periodo
dei
Tre
Regni
(三国
220-265),
molte
aree
della
Cina
rimasero
spopolate
e
venne
favorita
l’immigrazione
di
genti
straniere
–
fra
cui
quella
dei
Xiongnu
meridionali
–
per
ripopolare
aree
devastate
e
per
fornire
nuova
forza
lavoro.
A
partire
dal
291
emersero
in
Cina
nuovi
conflitti
interni
a
causa
della
presenza
di
un
imperatore
mentalmente
instabile.
Da
quel
momento
molti
aristocratici
si
contesero
la
reggenza
dell’imperatore,
generando
tumulti
nel
Paese.
I
numerosi
scontri
militari
fra
i
contendenti
al
potere
indebolirono
fortemente
la
dinastia
e
concessero
alle
popolazioni
circostanti
la
possibilità
di
conquistare
il
nord
della
Cina,
proclamando
la
nascita
di
nuovi
Stati
indipendenti.
Fu
così
che
da
nord
e da
ovest
le
tribù
dei
Di (氐),
dei
Jie
(羯),
dei
Qiang
(羌),
dei
Xianbei
e
dei
Xiongnu,
già
insediate
in
Cina
in
epoche
precedenti,
occuparono
grandi
porzioni
di
territorio.
Al
fine
di
dimostrare
quanto
asserito
in
precedenza,
è
particolarmente
interessante
notare
come
Liu
Yuan
(刘渊
c.250-310),
leader
dei
Xiongnu,
nella
scelta
del
nome
dinastico
selezionò
proprio
quello
di
Han.
Tale
decisione
venne
interpretata
all’epoca
come
un
atto
di
grande
arroganza,
sebbene
dal
punto
di
vista
dei
Xiongnu
fosse
qualcosa
di
assolutamente
logico
e
giustificato.
Essi,
dal
momento
in
cui
era
stata
avviata
la
politica
di
heqin
in
epoca
Han,
avevano
avuto
legami
di
sangue
con
i
Cinesi
ed
erano
il
risultato
stesso
del
processo
di
sinizzazione.
Impregnati
di
cultura
cinese,
non
facevano
altro
che
accogliere
l’eredità
dei
loro
antenati.
Così
come
i
Xiongnu,
molti
altri
popoli
considerati
“barbari”
sono
storicamente
riusciti
a
ottenere
il
potere
nel
Regno
di
Mezzo
tramite
il
Mandato
Celeste
e la
sinizzazione.
Sebbene
la
distinzione
tra
hua
e
yi
possa
sembrare
netta,
in
realtà
non
è
mai
stata
definitiva
e
insuperabile.
Il
concetto
di
sinizzazione
e
quello
di
Mandato
Celeste
sarebbero
stati
infatti
un’arma
a
doppio
taglio:
avrebbero
reso
il
Regno
di
Mezzo
sovrano
dell’intero
mondo
conosciuto,
ma
allo
stesso
tempo
avrebbero
spalancato
le
porte
a
invasioni
di
popolazioni
straniere
che,
seguendo
le
“regole”,
sarebbero
state
in
grado
di
legittimarsi
al
potere.
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