N. 54 - Giugno 2012
(LXXXV)
le origini del sindacalismo statunitense
dallo sfruttamento alla tutela - parte I
di Christian Vannozzi
Negli
Stati
Uniti,
alla
formazione
dei
grandi
gruppi
industriali,
non
corrispose
una
formazione
sindacale
degna
di
nota.
I
lavoratori,
risultarono
così
impossibilitati
nel
contrastare
i
grandi
gruppi
industriali,
ed
il
sindacalismo
crebbe
assai
più
lentamente
che
in
Europa.
Ciò
accadde
anzitutto
perché
la
manodopera
era
costituita
per
lo
più
da
immigrati,
divisi
tra
loro
da
differenze
di
linguaggio,
di
origine
e di
religione.
Inoltre
i
lavoratori
bianchi,
rifiutavano
qualsiasi
tipo
di
associazione
con
i
lavoratori
di
colore.
Anche
lo
stato
osteggiava
i
sindacati,
e le
compagnie
industriali,
potevano
quindi
contare
sulla
benevolenza
statale,
e
sull’intervento
delle
forze
dell’ordine
in
caso
di
disordini.
Per
gli
industriali
e
per
i
patrioti
americani,
il
sindacalismo
era
anti-americano.
Anche
molti
lavoratori
aderivano
a
tale
idea,
in
quanto
le
opportunità
di
progresso
che
esistevano
rallentavano
la
formazione
di
una
coscienza
di
classe,
in
quanto
sembrava
garantire
che
nessuno
sarebbe
rimasto
proletario
per
sempre.
Un
primo
passo
verso
un
sindacato
nazionale,
si
ebbe
nella
seconda
metà
degli
anni
’60
del
XIX
secolo,
quando
i
sindacati
locali,
cercarono
una
certa
forma
di
coordinamento
dando
vita
ad
organizzazioni
nazionali.
Il
primo
tentativo,
di
riunire
i
sindacati
in
un
unico
sindacato
nazionale,
ebbe
luogo
con
William
Sylvis,
leader
di
un
sindacato
siderurgico,
che
fondò
l’Unione
Nazionale
del
Lavoro
nel
1886,
che
per
l’eterogeneità
e la
visionarietà
dei
sindacati
che
ne
facevano
parte,
ebbe
breve
vita,
e si
trasformò
in
un
partito
laburista,
che
ebbe
anch’esso
una
breve
esistenza.
Un
gruppo
sindacale
utopistico,
furono
anche
i
“cavalieri
del
lavoro”,
una
confraternita
segreta
fondata
nel
1869
dall’ex
pastore
battista
Uriah
Stephens,
“i
cavalieri
iniziarono
il
loro
declino,
a
causa
dell’episodio
di
Haymarket
Square
nel
1186,
nel
quale
rimasero
coinvolti
a
causa
di
gruppi
anarchici
che
lanciarono
bombe
artigianali
contro
la
polizia.
Con
la
caduta
dei
“cavalieri”
ci
fu
l’affermazione
del
personaggio
cardine
del
sindacalismo
statunitense,
Samuel
Gompers.
Nato
a
Londra
nel
1850
da
una
famiglia
di
ebrei
olandesi,
Gompers
giunse
negli
Stati
Uniti
nel
1865.
Inizia
la
sua
carriera
di
operaio,
come
sigaraio
a
New
York,
negli
anni
’70
del
XIX
secolo.
Samuel,
all’inizio
della
sua
esperienza
sindacale,
fu
influenzato
dalle
teorie
marxiste,
proposte
dal
suo
collega
e
amico
Ferdinand
Laurell.
Insieme
al
suo
collega
frequentò
in
quegli
anni
il
gruppo
dei
socialisti
“marxisti”,
che
a
differenza
dei
“Lassalliani”,
attribuivano
una
grande
importanza
all’organizzazione
sindacale.
Ben
presto
però,
si
dissociò,
dall’idelae
“marxista”
del
sindacato,
ridendolo
inadeguato
ad
affrontare
i
problemi
dei
lavoratori
nelle
realtà
americane.
Nonostante
questo,
Gompers
continuò
a
credere
fermamente,
fino
agli
anni
’90
del
XIX
secolo,
che
gli
interessi
della
classe
operaia,
fossero
inconciliabili
con
quelli
della
classe
imprenditoriale.
“la
vita
è
nel
migliore
dei
casi,
una
lotta
tra
due
forze
rivali.
La
vita
del
lavoratore
è
resa
così
misera
dall’avarizia
delle
classi
imprenditoriali
arroganti
e
tiranniche.
Avide
e
autoritarie
come
sono,
esse
rendono
necessaria
la
formazione
di
un
organizzazione
di
lavoratori
che
pssa
bloccare
quelle
tendenze
che
si
vanno
sviluppando
sempre
più
intensamente,
come
la
concentrazione
della
ricchezza
in
poche
mani,
in
modo
da
non
lasciarsi
inghiottire
e
annegare
in
un
abisso
di
disperazione”
(Gompers,
numero
iniziale
della
Union
Advocate
1887.
Citazione
: P.
S.
Foner,
vol
II
pag
176).
Nel
1886,
Gompers
ed
altri
sindacalisti
dei
sigarai,
fondano
insieme
agli
altri
sindacati
di
categoria,
la
AFL
(
American
Federation
of
Labor
),
nata
con
l’obiettivo
di
cordinare
a
livello
nazionale
e
internazionale,
l’attività
dei
sindacati
di
mestiere
già
esistenti.
Il
preambolo
della
costituzione
della
federazione
diceva:
“Poiché
in
tutto
il
mondo
civilizzato
è in
atto
una
lotta
tra
gli
oppressori
e
gli
oppressi,
tra
il
capitalista
e il
lavoratore,
che
cresce
di
intensità
anno
dopo
anno
[…],
è
necessario
che
i
delegati
di
tutti
i
sindacati
d’America
aderiscano
a
tale
analisi
e la
diffondano
tra
gli
operai
e i
lavoratori
del
nostro
paese
in
modo
da
tenerli
uniti
permanentemente”
(AFL
Proceeding,
1886,
pag
10-11;
L.
L.
Lorwin,
The
American
Federation
of
Labor,
Washington,
1933,
pag
21;
P.
S.
Foner,
vol
I,
pag
521).
Gompers
e l’AFL
erano
in
contrasto
con
l’altra
associazione
sindacale
dell’epoca,
I
“cavalieri
del
lavoro”,
egli
affermava
infatti
che
era
impossibile
avere
relazioni
pacifiche
con
“imprenditori
crudeli
e
ingiusti
che
pensavano
più
ai
dividendi
che
ai
cuori
e ai
corpi
degli
uomini”.
Sempre
in
disaccordo
con
i
dirigenti
dei
“cavalieri
del
lavoro”,
che
consideravano
gli
scioperi
come
un
antiquato
residuo
barbarico,
Gompers
dette
il
suo
pieno
appoggio
al
diritto
di
sciopero.
IN
un
intervista
al
“World”
di
New
York,
nell’aprile
del
1890,
egli
dichiarò
infatti
che
l’AFL,
era
convinta,
basandosi
sulla
propria
esperienza,
che
spesso
gli
scioperi
erano
gli
unici
strumenti
attraverso
i
quali
le
richieste
dei
lavoratori
potevano
essere
poste
all’attenzione
degli
imprenditori.
Nella
cosiddetta
“Era
Progressista”,
cioè
la
fine
del
secolo
XIX
e i
primi
15
anni
del
secolo
XX,
maturano
le
prime
alleanze
tra
capitale
e
lavoro,
che
vede
un
avvicinamento
dell’AFL
ad
alcuni
settori
dell’imprenditoria
“illuminata”.
Fu
nel
nascente
imperialismo
statunitense,
che
alcuni
lungimiranti
rappresentanti
del
mondo
finanziario
e
imprenditoriale,
e i
dirigenti
dell’AFL
trovarono
un
terreno
d’intesa.
Nella
convenzione
annuale
dell’AFL
tenuta
nel
dicembre
1898,
Gompers,
raccogliendo
i
consensi
dei
delegati,
si
espresse
così:
“La
bandiera
del
nostro
paese
non
può
mai
essere
usata
come
maschera
per
nascondere
la
tirannide
[…]
ogni
popolo
ha
diritto
alla
sua
libertà”.
La
stampa
interpreto
la
posizione
del
leader
sindacale,
come
una
posizione
anti-imperialista
da
apporre
alla
presidenza
McKinley,
ma
Gompers,
non
rifiutava
affatto
la
politica
di
espansione
economica,
commerciale
e
finanziaria
sui
mercati
esteri.
Alla
conferenza
di
Saratoga,
il
leader
dell’AFL,
chiarisce
il
suo
pensiero
con
questa
dichiarazione:
“Il
paese
che
domina
i
mercati
mondiali
certamente
controllerà
i
loro
destini
[…]
Nessun
ostacolo
potrà
essere
posto
sul
nostro
cammino
nel
raggiungimento
della
gloria
nazionale
e
del
progresso
umano
[…].
Fu
alla
base
di
questo
comune
sentimento,
e
avendo
come
referente
la
realizzazione
della
grandezza
e
della
potenza
del
paese
a
cui
sentivano
di
appartenere,
che
i
dirigenti
dell’AFL
e
alcuni
imprenditori
tentarono
l’ambizioso
progetto
della
realizzazione
della
pace
sociale.
A
raccogliere
ed a
istituzionalizzare
le
esigenze
di
pace
sociale
sentite
sia
da
alcuni
rappresentanti
del
mondo
del
lavoro
come
del
mondo
imprenditoriale,
fu
la
National
Civic
Federetion
(NCF).
Organizzata
nel
1900
da
personaggi
rappresentativi
della
scena
americana,
come
Belmont,
Morgan,
e
Gompers,
la
NCF
intendeva
dare
una
risposta
ai
problemi
del
conflitto
di
calsse
contribuendo
ad
istituire
rapporti
di
collaborazione
tra
capitale
e
lavoro.
Il
fatto
però
che
i
membri
della
NCF
guardassero
alla
possibilità
di
stabilire
un
armonia
di
interessi
tra
capitale
e
lavoro,
non
significa
che
tutti
gli
industriali
avessero
voglia
di
trattare
con
i
sindacati
o di
accettare
i
contratti
collettivi
che
erano
il
cavallo
di
battaglia
dell’AFL.
Tali
industriali
di
fatto
rappresentavano
una
minoranza
nella
NCF,
come
nel
mondo
economico
in
generale,
mentre
la
concessione
fatta
da
tutti
i
membri
della
NCF
era
in
fondo
quella
di
riconoscere
la
AFL
come
un
organizzazione
legittima
dei
lavoratori.
Nel
1894,
ci
fu
infatti
uno
sciopero
contro
la
compagnia
Pullman,
che
costruiva
carrozza-letto
e
carrozze
salotto
per
conto
delle
compagnie
ferroviarie.
Le
compagnie,
per
difendersi
dagli
scioperi,
facevano
ricorso
ai
crumiri,
e
all’agenzia
investigativa
Pinkerton,
specializzata
nel
fronteggiare
le
agitazioni
operaie.
Inoltre,
le
compagnie
ferroviarie,
,
chiesero
l’intervento
delle
autorità
federali,
e il
ministro
della
giustizia
Olney
ottenne
l’emissione
di
un
decreto
ingiuntivo
da
parte
di
un
tribunale
federale,
per
contrastare
il
sindacato
e
gli
scioperanti.
Il
ricorso
ad
un
ingiunzione
per
bloccare
gli
scioperi,
fu
l’arma
preferita
dai
datori
di
lavoro
fino
a
quando
non
fu
messo
fuori
legge
dal
Norris-
La
Guardia
Act
del
1932.
I
tribunali,
appoggiarono
sempre
i
datori
di
lavoro,
per
contrastare
i
disordini
sociali,
che
stavano
diventando
violenti,
anche
a
causa
del
sorgere
della
Industrial
Workers
of
the
World
(
IWW
),
un’associazione
sindacale
anarchico-rivoluzionaria,
che
generò
ancora
più
panico
nell’opinione
pubblica
statunitense
e
nella
magistratura,
riguardo
la
pericolosità
del
sindacato.
Nel
dopoguerra,
quando
nel
1921,
uno
sciopero
di
minatori,
nel
West
Virginia
provocò
diversi
scontri,
il
presidente
Harding
inviò
le
truppe
federali
a
ristabilire
l’ordine.
Il
ministro
della
giustizia
Taft,
fece
cessare
uno
sciopero
ad
oltranza
dei
ferrovieri
,
che
protestavano
contro
la
diminuzione
delle
paghe,
ottenendo
un’ingiunzione
del
tribunale
che
vietava
il
picchettaggio.