N. 38 - Febbraio 2011
(LXIX)
SIMONE DE BEAUVOIR
Voce e coscienza del secondo dopoguerra europeo
di Giovanna Senatore
Tra
le
personalità
più
alte
e
complesse
del
panorama
culturale
del
XX
secolo,
Simone
de
Beauvoir,
occupa
certamente
uno
spazio
preminente.
Spesso
le
sue
conquiste
intellettuali,
il
suo
impegno,
sono
state
messe
in
ombra
dalla
sua
relazione
con
il
filosofo
esistenzialista
J.P.
Sartre
che
innegabilmente,
nel
panorama
culturale
del
suo
tempo,
svolgeva
un
ruolo
egemone.
Certo,
nella
Francia
degli
anni
quaranta
e
cinquanta
era
nota
come
la
“Grande
Sartreuse”
o la
“Notre
Dame
de
Sartre”,
ma
questo
non
rappresentò
per
sempre
un
ostacolo.
Senza
mai
prevaricare
o
mettere
in
discussione
la
supremazia
intellettuale
del
suo
compagno
riuscì
ad
imporsi
alla
critica
e al
grande
pubblico,
occupandosi
di
temi
importati
quali
il
femminismo,
emblematicamente
rappresentato
dal
libro
Il
secondo
sesso
o la
condizione
degli
anziani
di
cui
si
occupò
nel
più
tardo
La
terza
età.
La
sua
capacità
di
osservare
lucidamente
e
criticamente
la
società
del
suo
tempo,
le
ha
permesso
di
essere
ricordata
come
un
personaggio
centrale
nella
storia
dell’emancipazione
femminile,
ma
anche
un
riferimento
importante
rispetto
a
molti
altri
fatti
che
la
Storia
ha
imposto.
Simone
de
Beauvoir
nasce
a
Parigi
il 9
gennaio
1908.
Prima
figlia
di
un’agiata
coppia
appartenente
alla
più
austera
borghesia
francese,
vive
un’infanzia
da
“ragazza
perbene”,
come
racconterà
lei
stessa
nelle
preziose
opere
autobiografiche.
Non
tarda
a
compiere
scelte
forti
che
alimentano
il
dissidio
con
la
famiglia
e
decretano
il
definivo
distacco
dalle
sue
origini
borghesi.
La
decisione,
di
specializzarsi
in
filosofia
alla
Sorbonne
e
dedicarsi
successivamente
all’insegnamento,
rappresenta
il
primo
grande
momento
di
contrasto
con
la
famiglia,
alimentato
più
tardi
dalla
scelta
decisamente
antiborghese
di
vivere
l’intenso
e
duraturo
rapporto
sentimentale
con
J.P.
Sartre,
senza
arrivare
mai
al
matrimonio.
Un
incontro
“totalizzante”
quello
con
Sartre,
caratterizzato
da
una
forte
intesa
intellettuale
oltre
che
sentimentale,
una
delle
cose
meglio
riuscite
della
sua
vita,
come
spesso
amava
ripetere.
Fatto
di
indipendenza
ed
uguaglianza
culturale,
ingredienti
fondamentali
per
la
durata
di
un
pur
sempre
singolare
rapporto
che
lasciava
molto
spazio
ai
cosiddetti
amori
“contingenti”
vissuti
da
entrambi
e
che
ancor
di
più
contribuirono
a
rendere
scandalosa
la
loro
unione.
L’opera
di
Simone
de
Beauvoir
abbraccia
un
lungo
e
significativo
periodo
di
tempo,
all’interno
del
quale
è
possibile
rintracciare
l’evoluzione
del
suo
pensiero:
dalla
prima
presa
di
coscienza
politica
negli
anni
immediatamente
successivi
alla
fine
del
secondo
conflitto
mondiale,
in
cui
impegnarsi
concretamente
diventa
una
necessaria
assunzione
di
responsabilità
da
parte
degli
intellettuali
del
tempo,
fino
ad
arrivare
al
momento
più
significativo
della
sua
attività,
che
la
vede
sempre
più
impegnata
civilmente.
Capisce,
nell’infuocato
e
ancora
ideologicamente
frammentato
panorama
politico
del
suo
tempo,
quanto
le
parole
possano
diventare
significativi
strumenti
di
lotta.
Con
i
suoi
libri,
i
suoi
articoli-denuncia
apparsi
su
Les
Tempes
Modernes
(rivista
fondata
nel
1945
da
J.P.
Sartre)
diviene
il
grillo
parlante,
la
voce
della
coscienza
che
spinge
alla
riflessione
sui
temi
forti
che
il
clima
post-bellico
porta
alla
ribalta.
Gli
innumerevoli
viaggi
compiuti
in
tutto
il
mondo
(grazie
alla
sua
attività
di
saggista)
saranno
per
lei
motivo
di
conoscenza
ed
approfondimento
e le
permetteranno
di
avere
sempre
una
lucida
conoscenza
dei
fatti
del
mondo.
I
suoi
resoconti
di
viaggio,
L’America
giorno
per
giorno
e
La
lunga
marcia
diventano
dei
veri
e
propri
testi
ricchi
di
informazioni
circostanziate
sulla
cultura
e la
società
americana
e
cinese.
In
particolar
modo,
ne
La
lunga
marcia,
pubblicato
nel
1958,
riuscì
a
far
comprendere
tutta
la
complessità
di
un
paese
fino
a
quel
momento
ancora
poco
conosciuto,
attraverso
una
ricostruzione
accurata
di
quella
società.
“E’
vano
voler
descrivere
questo
paese:
esso
deve
essere
spiegato”:
questo
l’intento
dichiarato
dall’autrice
nelle
parole
conclusive
di
introduzione
al
libro
stesso.
E
così,
man
mano
vengono
analizzati
e
discussi
la
condizione
dei
lavoratori,
la
situazione
femminile,
quella
familiare,
la
povertà
in
un
paese
che
si
presenta
ricco
agli
occhi
del
mondo,
i
mutamenti
che
il
comunismo
si
propone
di
portare
e
non
ultima
la
considerazione
su
come
sia
“diverso”
il
modo
di
pensare
rispetto
al
concetto
di
libertà.
Nonostante
rimanga
critica
su
alcuni
aspetti,
accoglie
positivamente
il
modello
proposto
da
Mao,
indicandolo
come
l’unico
possibile,
capace
di
adattarsi
alle
esigenze
di
un
paese
dalla
complessa
storia
millenaria.
Simone
de
Beauvoir
negli
anni
della
guerra
si
era
avvicinata
al
marxismo,
senza
tuttavia
aderire
in
maniera
formale
al
Partito
comunista.
Non
ebbe
remore
alcune
a
prenderne
le
distanze
quando
si
accorse
che
non
vi
era
più
alcun
punto
di
contatto
tra
il
comunismo
e la
sua
idea
di
giustizia.
L’invasione
sovietica
di
Ungheria
e
Cecoslovacchia
cancellano
definitivamente
qualsiasi
possibilità
di
ritrovare
un
punto
di
convergenza
con
il
comunismo.
“La
libertà
era
la
mia
unica
regola.
Misuravo
il
valore
di
un
uomo
in
base
a
ciò
ch’egli
faceva:
alle
sue
azioni,
alle
sue
opere.”
Così
molti
anni
più
tardi
fugherà
ogni
dubbio
in
merito
alla
sua
appartenenza
ideologica,
respingendo
al
mittente
l’immagine
da
doppiogiochista
che
alcuni
ambienti
intellettuali
tentarono
di
cucirle
addosso.
La
sua
grandezza
va
ricercata
proprio
nell’aver
avuto
la
capacità
di
valutare
i
fatti
legandoli
sempre
ben
saldamente
alla
contingenza
della
Storia,
mettendo
in
discussione
se
stessa
ed
evitando
di
rimanere
imbrigliata
tra
le
maglie
delle
appartenenze
ideologiche.
Libertà
e
giustizia
sono
il
comune
denominatore
della
duplice
e
instancabile
attività
della
de
Beauvoir.
L’impegno
civile,
attraverso
i
suoi
libri,
i
suoi
innumerevoli
articoli
ed
interventi
in
giro
per
il
mondo,
diviene
attività
costante
e
necessaria
per
dare
voce
agli
oppressi
del
mondo:
la
tortura
nella
guerra
d’Algeria,
le
violazioni
della
guerra
in
Vietnam,
la
repressione
della
polizia
nei
confronti
degli
studenti
protagonisti
del
maggio
francese,
sono
solo
alcuni
dei
fronti
caldi
in
cui
si
trovò
a
combattere.
Saranno
però
le
battaglie
femministe
intraprese
a
partire
dai
primi
anni
’70
che
la
consegneranno
alla
Storia
come
l’emblema
assoluto
del
femminismo
impegnato.
Già
nel
1949,
Simone
de
Beauvoir
scosse
il
mondo
dell’editoria
francese,
pubblicando
un
testo
che
preannunciando
le
battaglie
femministe
successive,
ancora
oggi,
a
distanza
di
sessant’anni,
non
ha
messo
gli
animi
in
accordo.
Il
testo
in
questione,
la
cui
pubblicazione
fu
curata
dalla
casa
editrice
parigina
Gallimard,
è
Il
secondo
sesso
e
nonostante
alcuni
librai
parigini
ne
boicottarono
fortemente
la
diffusione,
il
libro
riuscì
a
vendere
migliaia
di
copie
in
poche
settimane,
ed
oltre
a
sancire
il
definitivo
successo
della
scrittrice
e
filosofa
fu
anche
il
libro
dello
scandalo
che
sollevò
un’ondata
di
violento
clamore,
alimentando
decine
di
articoli
e
recensioni
che
nella
maggior
parte
dei
casi
non
si
dimostrarono
teneri
nei
confronti
dell’autrice,
ma
che
non
riuscirono
ad
arginarne
la
diffusione
visto
che
ben
presto
fu
tradotto
ed
apprezzato
anche
fuori
dai
confini
francesi.
Il
secondo
sesso
rimane
ancora
oggi
un
opera
imponente
ed
attuale.
L’autrice
ricostruisce
e
ricompone
magistralmente
ciò
che
nessuno
fino
a
quel
momento
aveva
fatto
con
tanta
completezza:
l’essere
donna
analizzata
nelle
sue
infinite
sfaccettature.
Con
la
naturalezza
a
lei
consueta
scrive
di
lesbismo,
maternità
e
prostituzione,
di
aborto
e
controllo
delle
nascite,
ma
non
è
mai
sfrontata,
fa
ricorso
alla
letteratura,
al
mito,
alla
filosofia.
Non
manca
di
individuare
quanti
nel
corso
del
tempo
hanno
alimentato
la
costruzione
sociale
della
donna
recepita
come
“altro”,
offrendo
un
riferimento
fondamentale
ai
movimenti
femministi
che
arriveranno
più
tardi.
Il
contenuto
di
alcuni
capitoli,
uno
dei
quali
difendeva
la
libertà
d’aborto,
irritò
profondamente
il
mondo
cattolico,
tanto
da
spingere
la
Chiesa
a
far
inserire
il
libro
nell’indice
dei
libri
proibiti,
con
editto
Vaticano
del
1956.
L’onda
d’urto
fu
violenta.
E la
Francia
che
fin
dagli
anni
’30,
si
era
impegnata
in
una
politica
di
sostegno
alla
famiglia
e
alla
maternità,
con
assegni
familiari
e
altre
iniziative
rivolte
a
risollevare
una
natalità
in
calo,
sentì
scricchiolare
dalle
fondamenta
ciò
che
per
anni
sia
la
destra
che
la
sinistra
avevano
pazientemente
costruito
rispetto
ad
una
politica
di
promozione
demografica.
Il
femminismo
di
Simone
de
Beauvoir
non
fu
mai
ostile
nei
confronti
degli
uomini,
il
suo
atteggiamento
mai
di
sfida.
“Uno
dei
malintesi
suscitati
dal
libro
è
che
si è
creduto
che
io
negassi
qualsiasi
differenza
tra
uomo
e
donna:
al
contrario,
scrivendo
ho
misurato
ciò
che
li
separa,
e
ciò
che
ho
sostenuto
è
che
le
diversità
esistenti
fra
loro
sono
di
ordine
culturale
e
non
naturale”:
così
fuga
ogni
dubbio
sul
reale
significato
del
suo
lavoro,
parlandone
nel
suo
secondo
libro
autobiografico,
La
forza
delle
cose,
dove
ancora
una
volta
si
racconta,
proiettandoci
nel
contesto
di
concepimento
di
un
testo
fra
i
più
criticati
e
fraintesi.
La
vita
di
Simone
de
Beauvoir
fu
costellata
da
azioni
forti,
volutamente
provocatorie,
capaci
di
portare
l’attenzione
su
grandi
temi.
Sul
fronte
delle
battaglie
a
favore
delle
donne,
una
fra
tante
merita
di
essere
ricordata:
la
sua
adesione
a
Les
manifestes
des
343.
Il 5
aprile
1971,
la
rivista
Le
Nouvelle
Observateur,
pubblica
un
manifesto
in
cui
343
dinne
dichiarano
di
avere
abortito.
La
loro
richiesta
riguarda
la
possibilità
di
abortire
liberamente
e il
libero
accesso
ai
metodi
anticoncezionali.
Tra
i
nomi
delle
343
firmatarie,
oltre
a
quelli
di
molte
donne
note
(M.
Duras,
C.
Deneuve,
F.
Sagan,
ecc.)
compare
anche
quello
di
Simone
de
Beauvoir.
Il
gesto
dichiaratamente
provocatorio,
fu
seguito
da
immediate
reazioni
da
parte
del
mondo
politico
e
dell’opinione
pubblica.
In
Francia
fin
dal
1920
e
negli
anni
del
governo
Petain
l’aborto
era
considerato
reato,
e
proibita
ogni
tipo
di
propaganda
in
favore
della
contraccezione.
Solo
dopo
la
fine
della
seconda
guerra
mondiale,
fu
abolita
la
pena
di
morte
per
tale
reato
e
istituiti
i
tribunali
speciali
per
far
fronte
ai
molti
casi
che
si
verificavano.
Ma i
tassi
di
aborti
illegali
continuavano
a
rimanere
molto
alti,
e
dopo
la
legalizzazione
dell’aborto
in
Inghilterra,
erano
molte
le
donne
francesi
a
recarsi
oltremanica.
L’azione
promossa
in
Francia
dalle
firmatarie
del
manifesto
presto
fu
imitata
in
altri
paesi
e la
confessione
di
un
reato
punibile
con
anni
di
carcere
non
potè
più
essere
ignorata,
tanto
da
riuscire
a
sollecitare
il
cambiamento
della
legge.
Sfruttando
l’onda
emotiva
che
la
protesta
aveva
sollecitato,
il
Ministro
della
Sanità,
Simone
Weil
decise
di
portare
il
dibattito
al
cospetto
dell’
Assemblèe
National.
Il
1°
gennaio
1975,
dopo
un
dibattito
infuocato,
che
vedrà
un
parlamentare
deporre
sul
banco
dei
Ministri,
un
feto
sotto
formalina,
venne
adottata
per
4
anni
la
legge
che
porterà
il
suo
nome.
Nel
1976,
legalmente
riconosciuto,
vide
la
luce
il
Movimento
francese
per
la
pianificazione
familiare.
Gli
anni
’70
sono
costellati
da
eventi
significativi
che
premono
significativamente
sul
fronte
dell’emancipazione
femminile.
A
partire
dal
1974
Simone
de
Beauvoir
presiederà
La
lega
dei
diritti
delle
donne,
organismo
preposto
a
vigilare
e
intervenire
su
ogni
atto
discriminatorio
nei
confronti
delle
donne,
oltre
che
a
voler
informare
le
donne
dei
loro
diritti.
La
più
importante
delle
creazioni
della
Lega,
sarà
nel
1975
l’istituzione
di
un
Tribunale
Internazionale
dei
crimini
contro
le
donne.
In
quegli
stessi
anni,
anch’essa
presieduta
da
Simone
de
Beauvoir,
vedrà
la
luce
l’associazione
Choisir
,
interessata
principalmente
a
difendere
e
assistere
gratuitamente
qualunque
persona
accusata
di
aborto
o di
complicità
con
esso.
L’obiettivo
prioritario
rimaneva
quello
di
ottenere
la
soppressione
di
tutti
i
testi
di
legge
repressivi
relativi
all’aborto
e
rendere
la
contraccezione
libera,
totale
e
gratuita.
Attraverso
la
rivista
J’accuse,
farà
ancora
sentire
la
propria
voce,
battendosi
per
i
diritti
delle
madri
nubili,
ma
sarà
su
Les
Temps
Modernes
che
ritaglierà
un
apposito
spazio
per
la
rubrica
«Le
sexisme
ordinaire»
per
denunciare
ogni
forma
di
sessismo
presente
nella
stampa,
nella
politica
e
nella
pubblicità.
Altro
fronte
di
impegno
diverrà
in
quegli
anni
la
battaglia
per
il
divorzio.
Sarà
la
prefazione
di
un
libro,
curata
dalla
de
Beauvoir,
a
far
da
cassa
di
risonanza
ad
una
legge
che
rimaneva
ancorata
agli
anni
del
governo
Petain
(Legge
del
2
aprile
1941)
che
mirava
a
rendere
estremamente
difficile
e
lunga
la
procedura
di
divorzio,
nel
tentativo
di
contrastarne
il
fenomeno.
Il
libro-confessione,
Divorce
en
France
di
Claire
Cayon,
non
lasciò
indifferente
l’opinione
pubblica
anzi
focalizzò
l’attenzione
su
alcuni
aspetti
della
legge,
uno
dei
quali
poneva
alla
stregua
di
una
“diserzione”,
l’abbandono
della
famiglia,
ritenendolo
un
reato
penale.
Il
dato
più
penalizzante
per
la
donna
riguardava
l’assenza
di
un
uguaglianza
di
doveri
tra
uomini
e
donne,
anzi
per
la
donna
il
dovere
della
fedeltà
pesò
più
di
ogni
altro.
A
tal
punto
che
una
successiva
legge,
quella
del
23
dicembre
1942,
represse
specificatamente
l’adulterio
commesso
dalla
moglie,
“nell’intento
di
proteggere
la
dignità
del
focolare”.
Rievocare
l’impegno,
le
numerose
battaglie
di
cui
de
Beauvoir
è
stata
protagonista
vuol
dire
non
soltanto
renderle
il
merito
di
essere
stata
una
attenta
critica
della
società
del
suo
tempo,
ma
vuol
dire
soprattutto
aprire
un’ampia
finestra
sui
più
importanti
fatti
della
storia
tra
gli
anni
quaranta
e
ottanta
del
nostro
novecento.
Attraverso
le
molte
controversie
intellettuali
di
cui
è
stata
protagonista,
ci
ha
restituito
il
clima
culturale
e
sociale
di
quegli
anni
difficili,
evidenziando
il
profondo
contrasto
esistente
tra
mondo
sognato
e la
dura
realtà
dei
fatti.
Rispetto
alle
molte
cose
che
sono
state
scritte
su
Simone
de
Beauvoir
amo
ricordare
quelle
della
giornalista
Barbara
Spinelli
che
in
un
articolo
apparso
sul
quotidiano
“La
Stampa”
il
15
aprile
1986,
giorno
successivo
alla
sua
morte,
ne
coglie
al
meglio
l’importanza
storica:
“Simone
de
Beauvoir
era
un
agglomerato
di
fede
nelle
grandi
ideologie
progressiste,
nelle
scelte
di
campo,
nell’importanza
capitale
dell’impegno
politico,
nelle
esistenze
individuali
che
si
mescolano
con
la
vita
militante
e
con
essa
sono
chiamate
a
confondersi.
Era
una
coscienza
d’Europa,
sempre
vigile,
e
dopo
di
lei
è
difficile
vedere
chi
possa
sostituirla”.
La
Vestale
della
memoria
(così
la
definì
la
Spinelli),
morì
il
14
aprile
1986,
a 78
anni.
Il
19
aprile,
un
corteo
funebre
di
diecimila
persone,
l’accompagnò
fino
al
cimitero
di
Montmatre,
dando
l’ultimo
saluto
a
colei
che
caparbiamente
aveva
combattuto
“per
la
fine
dell’infinità
schiavitù
delle
donne”.
Nel
2008
la
Francia
ha
ricordato
con
manifestazioni
di
grande
respiro
culturale,
la
figura
di
Simone
de
Beauvoir,
ricorrendone
i
cento
anni
dalla
nascita.
L’Italia
è
stata
un
po’
meno
attenta
nel
ricordarla
e,
ad
eccezione
di
pochi
importanti
momenti
di
discussione,
non
è
emersa
la
vera
volontà
di
sottolineare
la
centralità
dell’impegno
culturale
e
civile
profuso
dalla
scrittrice
nei
suoi
tanti
anni
di
attività.
A
testimoniare
la
sua
importanza,
ci
sono
l’impegno
e il
rigore
scientifico
con
cui
la
Simone
de
Beauvoir
Society
di
New
York,
dal
1981
sollecita
la
proliferazione
di
studi
rivolti,
più
recentemente,
ad
evidenziare
l’elaborazione
di
una
personale
visione
filosofica
della
de
Beauvoir,
del
tutto
autonoma
da
quella
del
suo
compagno,
J.P.Sartre.
Anche
il
2009
è
stato
anno
di
celebrazioni,
ricorrendo
infatti
il
sessantesimo
anniversario
della
pubblicazione
de
Il
secondo
sesso,
testo
emblematico
per
la
storia
del
femminismo
militante.
Riferimenti
bibliografici:
Simone
de
Beauvoir,
A
conti
fatti,
Einaudi,Torino
1973.
Simone
de
Beauvoir,
L’età
forte,
Einaudi,
Torini
1978.
Simone
de
Beauvoir,
La
forza
delle
cose,
Einaudi,Torino
1978.
Simone
de
Beauvoir,
Memorie
di
una
ragazza
perbene,
Einaudi,
Torino
1994.
Simone
de
Beauvoir,
La
lunga
marcia,
Oscar
Mondadori,
Milano
2006.
Simone
de
Beauvoir,
Il
secondo
sesso,
Il
Saggiatore,
Milano
2006.
Georges
Duby,
Storia
della
Francia,
Tascabili
Bompiani,
2001.
G.Duby
– M.
Pierrot,
Storia
delle
donne
in
occidente,
Laterza,
Roma-Bari
1992.
Enza
Biagini,
Simone
de
Beauvoir,
La
Nuova
Italia,
Firenze
1982.