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N. 94 - Ottobre 2015 (CXXV)

SIQILLIYA
LA
CONQUISTA ISLAMICA DELLA SICILIA - PARTE II
di Federica Campanelli

 

La fase iniziale del primo assedio musulmano di Enna, contrastato dalle truppe del patrizio bizantino Teodato, si chiude in favore degli aggressori, tant’è che questi iniziano a batter moneta su cui riportano la data 214 dell’egira, cioè 829. Tuttavia, con la morte di Muhammad ibn Abī-l-Jawārī, sopraggiunta a Castrogiovanni nell’829, l’assedio s’interrompe in favore dei Bizantini.

 

A Castrogiovanni termina anche l’avventura di Eufemio, che ancora intenzionato a farsi riconoscere quale massima autorità in Sicilia, in opposizione all’imperatore Michele II, viene assassinato da alcuni suoi falsi sostenitori.

 

Nell’estate dell’830 a esser messa sotto assedio è la città di Palermo, che capitolerà appena un anno dopo, in primavera. Questo evento, per quanto doloroso, si rivelerà una fortuna per la città siciliana: gli Arabi infatti ne faranno una fiorente capitale, tra le più splendenti del Medioevo, e il ruolo millenario di Siracusa città imperante tramonterà per sempre.

 

Ma per la terra aretusea non è ancora giunto il momento... Siamo negli anni ’30 del IX secolo, Palermo è conquistata, e in un decennio gli Arabi insediano tutto il Val di Mazara; tra il ’42 e il ’43 cade Messina e dal ’45 al ’48 a cedere saranno invece le principali città del Val di Noto, tra cui Modica, Lentini e Ragusa.

 

Seguiranno poi un’ulteriore vana offensiva araba contro l’inespugnabile Castrogiovanni (dove intanto si era trasferita l’amministrazione bizantina dell’isola) e anni di scorrerie che interesseranno vasti territori dalle Madonie alla piana di Gela passando per le coste orientali.

 

Nell’859 il carismatico governatore ‘Abbas ibn al-Fadl (851-861), già artefice di numerose vittorie e violente incursioni, riesce finalmente a espugnare la roccaforte Castrogiovanni. Nel tentativo di bloccare il ciclone ‘Abbas, l’imperatore Michele III (842-867) predispone l’invio di circa 300 vascelli da guerra che giungeranno a Siracusa nell’860. Inizia così una nuova una serie di feroci scontri da cui i Musulmani, ormai in pieno possesso dell’isola (a eccezione dei baluardi di Siracusa e Taormina, divenute simboli della resistenza cristiana) usciranno vittoriosi.

 

Nell’875 l’emiro aghlabite Ibrahim II ibn Ahmad (875-902) nomina Jafar ibn Muhammad ibn Khafaja (875-878) nuovo governatore della Sicilia. Con lui al comando delle unità militari, nell’estate 877, ha iniziò l’ultimo assedio di Siracusa. È solitamente narrato come il più cruento e sofferto degli assedi arabi di Sicilia, un’azione bellica dal doloroso epilogo che segna il tramonto di una delle città più potenti del Mediterraneo.

 

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L'assedio di Siracusa (dalle illustrazioni del Madrid Skylitzes, XII secolo)

 

Gli assedianti, una volta allestiti i campi base in Akradina presso l’ex cattedrale di San Giovanni detta alle Catacombe, e nelle Latomie della Neapolis, concentrano le loro forze sulla ben fortificata isola di Ortigia, dove intanto si era riversata l’intera popolazione per sfuggire al nemico e organizzare la resistenza. Gli Arabi, una volta presidiato il circondario della città, prendono possesso del Porto Piccolo a Nord e del Porto Grande a Sud, bloccando così i rifornimenti anche via mare.

 

 

Gli abitanti, lasciati soli a sé stessi, danno prova del loro coraggio esponendosi in prima persona all’avversario. Tuttavia le cronache narrano della carenza di viveri, dell’impossibilità di accedere ai rifornimenti e della mancanza di aiuti esterni che presto gettano la città nella disperazione: chi può si nutre di erbe, sterpaglie, pelli, animali domestici; ma nei casi più disperati si assiste a fenomeni di cannibalismo a danno di bambini, uomini caduti in battaglia, periti per fame o per malattia.

 

Con l’arrivo dell’autunno Jafar fa ritorno nella neo-capitale Palermo («scelleratissima città», come la definì il monaco Teodosio di Siracusa, tra i pochissimi sopravvissuti al massacro) e qui viene assassinato da nemici interni, pertanto al suo posto ritroviamo tal Abu-I’sa, che nella primavera dell’878 riprese a bersagliare la città.

 

Gli Arabi a questo punto riescono finalmente ad aprire una breccia nei pressi del Porto Grande e per i successivi 20 giorni, nonostante le terribili condizioni, i siracusani continuano a difendere strenuamente il loro territorio.

 

La mattina del 21 maggio 878, approfittando della carente presenza di soldati a guardia della breccia, gli Arabi irrompono nella città e danno il via a un terribile massacro: gli abitanti vengono praticamente sterminati, dei pochi scampati all’eccidio alcuni sono fatti prigionieri e condotti a Palermo, altri ridotti in schiavitù e deportati in Tunisia; la città è distrutta, rasa al suolo e verrà depredata ancora per giorni e giorni, ricavando «[...] tanto bottino, quanto mai si era visto in nessun’altra città cristiana [...]» (Al-Himyari, Kitab rawd al-mi’tar).

 

Tra le testimonianze dell’epoca ritroviamo anche le parole di Teodosio, che descrive l’orrore di quel triste evento in un’accorata lettera (redatta in greco e pubblicata in latino nel XVII secolo nel Vitae Sanctorum Siculorum. Opus Posthumus di Gaetano Ottavio) destinata a Leone Arcidiacono.

 

Taormina, l’ultimo baluardo bizantino situato nel Val Demone, è da questo momento bersaglio di sistematiche incursioni; gli Arabi tuttavia, pur ottenendo di volta in volta ingenti bottini, non riusciranno a espugnare il territorio prima del 1° agosto 902:

 

«Taormina fu conquistata ad opera di Ibrahim ibn Ahmad nell’anno dell’egira 289 (902). Dopo averla cinta d’assedio, egli spronò di persona i Musulmani al combattimento, quando ormai il dolore delle ferite aveva colto le due schiere e tutti sembravano decisi ad abbandonare il campo. In quel frangente un recitatore del Corano che si trovava presso Ibrahim prese a declamare:” Ecco le due schiere avverse che s’avversano a proposito del Signore. Ma per quei che lo rinnegano saran tagliate vesti di fuoco”. Allora un gruppo di soldati [...] andarono all’attacco con serio intendimento e gli infedeli furono così sconfitti e volti in fuga [...]» (Al-Himyari, Kitab rawd al-mi’tar).

 

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L'assedio di Messina (dalle illustrazioni del Madrid Skylitzes, XII secolo)

 

Ha così termine l’operazione militare di conquista islamica della Sicilia, un’operazione lunga oltre 70 anni da cui l’isola riemergerà facendo del suo volto multietnico un punto di forza.

 

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