N. 93 - Settembre 2015
(CXXIV)
siqilliya
La conquista islamica della Sicilia - PARTE I
di Federica Campanelli
Le
coste
della
Sicilia
bizantina
rappresentano
un
appetibile
bersaglio
delle
scorrerie
musulmane
già
dalla
metà
del
VII
secolo;
ma
se
dapprima
tali
eventi
appaiono
sporadici
e
col
solo
scopo
di
sfruttare
le
risorse
e le
ricchezze
locali
per
ottenere
ingenti
bottini,
il
fenomeno
delle
incursioni
islamiche
inizia
a
cambiar
volto
e a
intensificarsi
dall’VIII
secolo,
dal
momento
in
cui
gli
Omayyadi
portano
a
compimento
la
conquista
del
Nord
Africa
(709).
Le
inevitabili
tensioni
venutesi
a
creare
tra
Arabi
e
Bizantini
si
sciolgono
temporaneamente
nell’anno
805,
quando
viene
stipulato
un
patto
di
tregua
decennale
tra
il
primo
emiro
aghlabite
Ibrahim
ibn
al-Aghlab
(800-812),
a
capo
dell’Ifriqiya
(vedi
“Islamizzazione
della
Tunisia”),
e il
patrizio
Costantino.
Ma
già
sette
anni
dopo,
il
successore
di
Ibrahim
– il
figlio
ʿAbd
Allah
ibn
Ibrahim
(812-817)
–
tenta
un
nuovo
poderoso
attacco,
poi
sventato,
a
cui
seguirà
un
ulteriore
armistizio
di
dieci
anni.
Siamo
nell’813.
La
storia
della
Sicilia
tardo-bizantina
vede
come
protagonista,
tra
gli
altri,
l’ammiraglio
della
flotta
navale
bizantina
Eufemio
da
Messina,
emerso
dalle
cronache
(spesso
discordanti)
come
un
personaggio
controverso.
Eufemio
è
ricordato
principalmente
per
esser
stato
il
vero
fautore
della
conquista
araba
dell’isola:
ribellatosi
al
mal
governo
bizantino
del
thema
di
Sicilia
(Sikelia),
egli
infatti
sollecita
l’emiro
aghlabite
Ziyadat
Allah
(817-838)
affinché
gli
fornisca
un
adeguato
supporto
militare.
Lo
scopo
di
Eufemio
è un
golpe
che
gli
permetta
di
esercitare
il
pieno
controllo
sulla
Sicilia,
svincolandosi
dal
potere
centrale
di
Costantinopoli;
in
cambio,
la
Sicilia
assicurerebbe
un
regolare
tributo
all’emiro.
Accettata
la
trattativa,
Ziyadat
Allah
nomina
nell’827
alla
guida
del
corpo
di
spedizione
non
un
uomo
formatosi
nei
campi
di
battaglia,
bensì
il
qāḍī
Asad
al-Furat,
un
noto
giurista
islamico
(qāḍī).
Combattere
una
jihād
in
nome
della
fede
è
solo
un
pretesto
per
consolidare
il
potere
interno,
guadagnare
consenso
pubblico
(specie
tra
le
principali
personalità
religiose),
quindi
sconfinare
in
territorio
nemico.
Oltre
10000
uomini,
reclutati
tra
Arabi,
Andalusi,
Berberi
e
Persiani
di
fede
islamica,
salpano
per
la
rotta
verso
la
Sicilia
da
Sousse,
in
Tunisia,
il
14
giugno
827
a
bordo
di
un
centinaio
di
vascelli.
Eufemio,
che
ben
conosce
la
situazione
politico-militare
dell’isola,
nonché
il
suo
territorio,
suggerisce
ai
nuovi
compagni
di
evitare
per
il
momento
la
capitale
Siracusa
e di
puntare
verso
le
mal
difese
coste
occidentali.
Le
truppe
della
spedizione
toccano
terra
il
17
giugno
827,
data
storica
dello
sbarco
a
Mazara.
Eufemio
parteciperà
alla
spedizione,
tuttavia
verrà
immediatamente
dissuaso
dall'
intraprendere
qualsivoglia
azione
militare.
Che
sia
il
preannuncio
di
un
imminente
tradimento
da
parte
di
Asad?
Conquistata
Mazara,
Asad
e il
suo
esercito
proseguono
verso
Siracusa
disseminando
diversi
contingenti
militari
lungo
il
cammino.
In
quest’occasione
Eufemio,
conscio
ormai
delle
reali
intenzioni
degli
Arabi
aghlabiti
di
sottomettere
la
Sicilia
e
negarle
la
sovranità,
esorta
segretamente
gli
“ex
nemici”
bizantini
a
non
abbassare
la
guardia
e
difendere
con
forza
la
loro
capitale.
Siracusa
intanto
propone
alla
potenza
aghlabite
il
pagamento
di
un
tributo
in
cambio
della
propria
salvezza.
Asad
accetta.
Ma a
quanto
pare
nessuno
è in
buona
fede:
i
Bizantini,
tutt’altro
che
arrendevoli,
vogliono
infatti
approfittare
della
tregua
pattuita
per
irrobustire
la
difesa
e
nascondere
le
ricchezze
della
città
di
Siracusa.
Probabilmente
Asad
ha
simili
intenzioni,
difatti
il
suo
esercito
è
ora
sensibilmente
ridotto
a
causa
dei
contingenti
ch’egli
aveva
precedentemente
dislocato
durante
l’avanzata
militare.
Comunque
sia,
gli
Arabi
intuiscono
l’inganno,
rompono
il
patto
e
decidono
di
assediare
Siracusa.
Il
rischio
di
perdere
la
capitale
siciliana
risveglia,
finalmente,
l’interesse
di
Costantinopoli,
che
fino
a
quel
momento
aveva
preferito
voltare
la
testa
dall’altra
parte,
verso
Creta
(caduta
nel
frattempo
in
mano
araba),
lasciando
ai
siracusani
l’onere
della
resistenza.
L’imperatore
bizantino
Michele
II
il
Balbo
(820-829)
decide
quindi
di
rinforzare
la
controffensiva
inviando
proprie
truppe
di
terra
e
parte
della
flotta
veneziana,
concessa
dal
doge
della
Repubblica
di
Venezia
Giustiniano
Partecipazio.
Quello
del
827-828
è
per
Siracusa
il
primo
di
una
serie
di
assedi
a
cui
la
città
risponderà
sempre
dignitosamente.
Ed è
proprio
durante
il
primo
assedio
arabo
di
Siracusa
che
Asad
al-Furāt
–
non
si
sa
esattamente
se
per
mano
nemica
o
per
un’epidemia
–
perde
la
vita.
Prenderà
il
suo
posto
Muhammad
ibn
Abī-l-Jawārī
(828-829),
stavolta
in
seguito
alla
decisione
dello
stesso
esercito
e
non
più
per
volere
dell’emiro.
Nonostante
l’impegno
di
Muhammad
ibn
Abī-l-Jawārī,
la
rinnovata
resistenza
dei
Bizantini
costringe
le
truppe
musulmane
a
rinunciare
all’assedio
e
cambiare
totalmente
rotta,
per
concentrarsi
sull’entroterra:
occupano
prima
Mineo,
situata
sulle
pendici
nordoccidentali
dei
monti
Iblei,
in
seguito
Girgenti,
infine
mettono
sotto
assedio
Henna
(Enna),
che
gli
Arabi
chiameranno
Qaṣr
Yānī,
latinizzato
più
tardi
dai
Normanni
in ‘Castrogiovanni’.
.
Direttrici
delle
conquiste
islamiche
in
terra
siciliana
(tratto
da
Incursioni
Islamiche
in
Italia
Meridionale
di
Vincenzo
La
Salandra.
GB
EditoriA)
Link
parte
II