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N. 13 - Gennaio 2009 (XLIV)

L’ARCHITETTURA DEI CASTELLI FEDERICIANI IN SICILIA
AUGUSTA, CATANIA, SIRACUSA

di Enrica De Melio

 

In età medioevale l’architettura urbana è maggiormente rappresentata dai castelli, costruzioni localizzate in una parte alta o sulla sommità di un colle sovrastanti e dominanti la comunità che da loro dipende, consentendo pur tuttavia una sorta di dialogo con la predetta comunità e controllati da un signore, vero punto focale della Corte.


La Corte di Federico II di Svevia è quella di un sovrano che mira a creare uno Stato centralizzato e che si oppone energicamente ad ogni particolarismo feudale, creando una serie di punti fortificati che gli garantiscono il totale controllo e dominio sul territorio. Vero strumento del suo regno, i castelli gli permettevano di controllare militarmente il territorio, di regolarne la vita e lo sviluppo e di governare in esso genti ed economia.


Un antico progenitore della tipologia del castello federiciano può essere considerato il castrum romano massima espressione dell’architettura fortificata anche nei secoli successivi nelle terre d’oriente e d’occidente, cristiane e musulmane.


La documentazione storica permette di distinguere fra le realizzazioni dell’architettura castrale federiciana due gruppi: castelli costruiti ex novo tra i quali distinguiamo Augusta, Catania e Siracusa e castelli restaurati per ordine dell’imperatore ai quali appartengono il castello di Milazzo e il castel vecchio di Lentini.


I castelli svevi di Augusta e Catania, non diversamente da quello di Siracusa, hanno subito in diversa misura nel corso dei secoli completamenti, distruzioni e successive parziali ricostruzioni nonché restauri tali da alterarne notevolmente l’aspetto originario sia all’esterno che all’interno.


Il castello di Augusta, costruito da Riccardo da Lentini per Federico II di Svevia presenta oggi l'aspetto di grande caserma, e conserva (inglobata in mezzo al complesso di nuovi fabbricati) parte di una preesistente torre del tempo normanno.


La pianta si presenta quadrata con torri angolari e mediane e lo sviluppo volumetrico determinato da ali edilizie simmetriche, parallele ed addossate alla cinta, che si aprono su cortili centrali di vaste dimensioni. Il quadrato di base, fino alla linea esterna dell’intersezione angolare, ha lati di 62 m ed una superficie in pianta di 3.844 m2 escluse le torri.

 

Le quattro torri hanno pianta rettangolare di proporzioni impercettibilmente differenti. Sui lati est ed ovest in posizione centrata, aggettano due torrette rettangolari con lati lunghi di 10,20 m ca. A metà del lato sud a protezione dell’ingresso fuoriesce una torre pentagonale.


Subì gravi danni durante l’occupazione francese del 1675–77 e quindi per lo scoppio della polveriera conseguente al terremoto del 1693. Agli interventi di restauro si aggiunsero le modifiche che trasformarono il complesso in casa detentiva, deturpando gravemente l’aspetto originale del monumento.

 

Il castello originariamente presentava solo il piano terra coperto da un vasto terrazzo sul quale vennero disordinatamente alcune superfetazioni.

 

Secondo Agnello un piano superiore sarebbe stato progettato e costruito, la sua demolizione sarebbe da imputare alle modifiche di età spagnola quando il castello stesso fu trasformato in una piazzaforte in grado di resistere alle artiglierie.


La costruzione del Maniace inizia verosimilmente verso il 1233 a memoria della ribellione del 1232, sedata nel sangue, e della forza con la quale si poteva reprimerne qualunque altra rivolta.

 

La funzione di Castello Maniace, infatti, era quella di esser visto da lontano: primo baluardo della cinta muraria, visibile ai naviganti "stranieri" coi quali Siracusa entrava in contatto, visibile ai nemici che intendevano attaccare la città, visibile in ogni punto ai cittadini stessi. La prima considerazione critica nasce dalla struttura geometrica della pianta ed in particolare dalle combinazioni di quadrati e circonferenze, adottati per la prima volta dall'architettura sveva con precisione matematica.


La scelta delle figure geometriche non è certo casuale. Il quadrato, rappresenta il numero 4 che nel Medioevo era il numero della terra, della Chiesa rivelata attraverso le 4 virtù teologiche; per gli Orientali 4 erano le sembianze della divinità; per i Greci i famosi 4 elementi primordiali facevano capo alla scuola presocratica. Il cerchio è il simbolo della perfezione che ha inizio e fine in sé, per gli Orientali è il sole e la vita, mentre presso i Greci è il cosmo.


L’impianto planivolumetrico del Maniace riconduce ad un primo esame ai castelli svevi di Augusta e Siracusa. è una mole a pianta perfettamente quadrata (lati 51 cm) rinserrata agli spigoli da quattro torri cilindriche.


La pianta di Castello Maniace al di là dalle attinenze architettoniche deve aver senza dubbio avuto alcuni riferimenti iconologici: torre - cerchio – sole (Cristo) – impero -Federico; pianta-quadrato-terra-impero.

 

Senza voler giungere alla polemica anticlericale Sole (Cristo) = Federico II e non papa, si deve vedere, in questa importante costruzione sveva, un’ulteriore affermazione del potere temporale di Federico II su quello spirituale e temporale assieme della Chiesa.


Il problema della pianta di Castello Maniace ha inoltre indotto alcuni studiosi a ritenerlo uno dei rarissimi esempi italiani di moschea fortificata, confortati dal fatto che nel sotterraneo, cui si arriva attraverso una scala nel lato nord ovest, sgorga una polla di acqua dolce.

 

Questo luogo, denominato il "Bagno della Regina", avrebbe potuto essere quello deputato alle abluzioni dei fedeli musulmani.

 

Se pure è accettabile ritenere che Federico II avesse voluto ricreare in questa terra di Sicilia (impregnata ancora di vistose tracce della religione musulmana), la suggestione delle moschee islamiche, dei loro giochi d'acqua, della selva di colonne fiorite di rami di crociere cordonate, è possibile che questa volontà venisse manifestata con il particolare interesse di riunire il mondo islamico a quello cristiano, proprio a Castel Maniace, attraverso il duplice suggerimento della selva di crociere della sala ipostila, che rammentava ad un tempo una moschea e una sala capitolare cistercense.

 

è ipotizzabile che tale suggestione avesse accarezzato la mente dell’imperatore, durante la visita alle moschee orientali, ma non è di certo accettabile l'ipotesi della volontà imperiale di edificare una moschea musulmana a Siracusa, sia per assenza di tracce documentali che di una valida motivazione politica. Oltretutto a Castello Maniace è possibile ritrovare in una mensola la chiara simbologia dell'aquila staufica.

 

L’aquila è un simbolo latino-germanico dove si fondono il potere sacerdotale, la saggezza giuridica e il valore guerriero espresso nell'aggressività. E il potere imperiale, è il più nobile.

 

Nel Castello si scorge ovunque il più alto simbolo dell’autorità imperiale, cristiana, di Federico II, non certo un qualsivoglia vessillo della religione islamica.


Un ulteriore problema è stato sollevato sul Castello in quanto tale: la sua realizzazione prevedeva un uso militare. Per la sua ubicazione, appare verosimile attribuirgli anche una valenza militare, ma così come era stato costruito appare inidoneo per fornire alloggio ad una guarnigione.


L’interno del piano terreno, secondo la ricostruzione di G. Agnello, presentava un grandioso salone unico o piuttosto un doppio loggiato, privo di tramezzature coperto da ventiquattro crociere costolonate a pianta quadrata poggianti su sedici colonne ed altrettante semicolonne e quarti di colonne addossati ai muri perimetrali. Al centro del perfetto quadrato, sempre secondo Agnello, sarebbe esistito un cortile interno privo di copertura, una sorta di piccolo impluvium dalle dimensioni uguali a quelle di una crociera.


Anche Castel Maniace ha subito nel corso dei secoli distruzioni e trasformazioni tali da alterarne profondamente l’aspetto, tanto all’esterno che all’interno.

 

L’adattamento alle artiglierie rese necessaria la costruzione di tutta una serie di opere avanzate. Il castello subì certamente danni a causa dello scoppio della polveriera avvenuto nel novembre del 1704.

 

Secondo Agnello a questo evento e al terremoto del 1693 sarebbe da imputare la scomparsa del piano superiore ed il crollo di tre ordini di crociere su cinque al piano terreno.

 



 

 

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