[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

185 / MAGGIO 2023 (CCXVI)


attualità

Siamo tutti figli unici

RIFLESSIONI SUI GIOVANI, LA SOLITUDINE, IL FUTURO

di Giovanna D’Arbitrio

 

Pandemia, guerra in Ucraina, minacce nucleari, disastri climatici e quant’altro, hanno ancor più accentuato una crisi epocale che nei paesi europei sta mettendo a rischio welfare state, benessere, pace, democrazia e libertà, mentre devastanti guerre in Africa e Asia da anni ormai portano milioni di profughi sulle nostre sponde.

 

Per effetto della deleteria Brexit, inoltre, ottenere un posto di lavoro e conservarlo nel Regno Unito e in altri paesi più ricchi, certamente è diventato più difficile per laureati italiani con la valigia e migranti in genere. Molto doloroso, in particolare per i genitori del Meridione, veder partire i propri figli per paesi stranieri con l’amara costatazione che ora anche là si corre il rischio di una diminuzione di opportunità di lavoro, con incremento di precarietà e mobilità.

 

Un altro fenomeno inquietante è il modo disumano e distaccato in cui avvengono riduzioni di personale con licenziamenti in tronco per delocalizzazioni, fusioni, riduzione del personale e quant’altro. Dove sono i rapporti di amicizia con i colleghi di lavoro? Dove sono i legami con il proprio paese, con le proprie radici, con parenti e amici? Quante giovani coppie si vedono soltanto durante i weekend? Quanta solitudine in questo mondo così caotico e ricco di inutile frastuono!

 

Mi è venuta in mente una lectio magistralis tenuta da Zygmunt Bauman a Gorizia nel 2015 in cui affermò che i giovani, più che mai figli di una società “liquida”, da diversi anni sono oppressi da «insicurezza, solitudine e inadeguatezza», intrappolati in una crisi che impedisce loro non solo di immaginare un futuro, ma anche di battere nuove strade con le loro potenzialità e indiscutibili talenti.

 

Ed è appunto la solitudine il tema del romanzo Siamo Tutti Figli Unici, di Giacomo Casaula, poliedrico scrittore napoletano, nipote della grande attrice Anna Maria Ackermann, che già fatto esperienza come, attore e regista teatrale. Il libro viene presentato sulla quarta di copertina dall’autorevole scrittore napoletano Maurizio De Giovanni che così scrive: «C'è un luogo solitario e spaventoso, dove accadono cose terribili e dolorose; dove la solitudine può diventare insopportabile, e i ricordi fanno male come coltellate. Un luogo fragile e pieno di nostalgie, anche del futuro».

 

Ho letto il libro e devo dire che ha toccato in me corde profonde, suscitando impreviste emozioni guidate da un comune sentire, quasi da goethiane affinità elettive: in effetti il senso di solitudine, i dubbi, la paura scatenata da precarietà e mancanza di certezze nel futuro provati da Francesco e Luca, due protagonisti del racconto, coinvolge oggi non solo i giovani come loro, ma anche gli anziani e tante altre persone che per vari motivi non possono condurre una vita normale.

 

Colpisce la sensibilità dell’autore, sensibilità che già in sé e per sé ti porta in questo mondo caotico a essere “diverso”, a sentirti “solo” e spesso incompreso. E qui a Napoli, e in tutto il Meridione in genere, quanti giovani emigrano pensando di trovare una vita diversa a Londra, come Luca? Quanti genitori come Ambra e Riccardo, nonni come Viola soffrono di solitudine per lontananza di figli e nipoti?

 

Ne sa qualcosa anche la sottoscritta purtroppo! E In questo romanzo focalizzato sul tema della solitudine, l’autore comunque ci fa riflettere sul valore della famiglia come punto di partenza e di approdo per tutti, un porto sicuro nel quale poter trovare rifugio dalle tempeste della vita, in particolare in questa drammatica epoca.

 

E colpisce in verità che proprio da nonna Viola parta un input costruttivo e unificante per una famiglia romana che vive in tempi tanto difficili: in effetti le significative lettere che ella decide di inviare a ciascun membro della famiglia, prima che l’Alzheimer la travolga, sono un prezioso collante che li riunisce, li induce a riflettere, a comunicare di nuovo, ad affrontare la vita con coraggio: cinque lettere intitolate déjà vu (già visto), un déjà vu che va inteso non tanto come qualcosa di paranormale secondo le teorie del filosofo Émile Boirac, ma come ricordi di momenti significativi, di ricerca della Bellezza.

 

E di nuovo ci son venute in mente le teorie di Bauman sulla società postmoderna da lui definita “società liquida” per il suo particolare tessuto sociale e politico, divenuto sfuggente e inafferrabile, a causa di globalizzazione, consumismo, crollo delle ideologie, con consequenziali omologazioni collettive, frustrazioni, incertezze, precarietà. Da ricordare in particolare il suo libro Solitudine del cittadino globale in cui: «Alle glorie della nuova era globale si contrappone la solitudine dell'uomo comune: la socialità è incerta, confusa, sfocata. Si scarica in esplosioni sporadiche e spettacolari per poi ripiegarsi esaurita su se stessa. Per porre un freno a questo processo occorre ritrovare lo spazio in cui pubblico e privato si connettono: l'antica agorà, in cui la libertà individuale può diventare impegno collettivo», come afferma nella postfazione Alessandro Dal Lago.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]