Siamo tutti figli unici
RIFLESSIONI SUI GIOVANI,
LA SOLITUDINE, IL FUTURO
di Giovanna D’Arbitrio
Pandemia, guerra in Ucraina, minacce
nucleari, disastri climatici e
quant’altro, hanno ancor più
accentuato una crisi epocale che nei
paesi europei sta mettendo a rischio
welfare state, benessere,
pace, democrazia e libertà, mentre
devastanti guerre in Africa e Asia
da anni ormai portano milioni di
profughi sulle nostre sponde.
Per effetto della deleteria Brexit,
inoltre, ottenere un posto di lavoro
e conservarlo nel Regno Unito e in
altri paesi più ricchi, certamente è
diventato più difficile per laureati
italiani con la valigia e migranti
in genere. Molto doloroso, in
particolare per i genitori del
Meridione, veder partire i propri
figli per paesi stranieri con
l’amara costatazione che ora anche
là si corre il rischio di una
diminuzione di opportunità di
lavoro, con incremento di precarietà
e mobilità.
Un altro fenomeno inquietante è il
modo disumano e distaccato in cui
avvengono riduzioni di personale con
licenziamenti in tronco per
delocalizzazioni, fusioni, riduzione
del personale e quant’altro. Dove
sono i rapporti di amicizia con i
colleghi di lavoro? Dove sono i
legami con il proprio paese, con le
proprie radici, con parenti e amici?
Quante giovani coppie si vedono
soltanto durante i weekend? Quanta
solitudine in questo mondo
così caotico e ricco di inutile
frastuono!
Mi è venuta in mente una lectio
magistralis tenuta da Zygmunt
Bauman a Gorizia nel 2015 in cui
affermò che i giovani, più che mai
figli di una società “liquida”, da
diversi anni sono oppressi da
«insicurezza, solitudine e
inadeguatezza», intrappolati in
una crisi che impedisce loro non
solo di immaginare un futuro, ma
anche di battere nuove strade con le
loro potenzialità e indiscutibili
talenti.
Ed è appunto la solitudine il
tema del romanzo Siamo Tutti
Figli Unici, di Giacomo
Casaula, poliedrico scrittore
napoletano, nipote della grande
attrice Anna Maria Ackermann,
che già fatto esperienza come,
attore e regista teatrale. Il libro
viene presentato sulla quarta di
copertina dall’autorevole scrittore
napoletano Maurizio De Giovanni
che così scrive: «C'è un luogo
solitario e spaventoso, dove
accadono cose terribili e dolorose;
dove la solitudine può diventare
insopportabile, e i ricordi fanno
male come coltellate. Un luogo
fragile e pieno di nostalgie, anche
del futuro».
Ho letto il libro e devo dire che ha
toccato in me corde profonde,
suscitando impreviste emozioni
guidate da un comune sentire, quasi
da goethiane affinità elettive: in
effetti il senso di solitudine, i
dubbi, la paura scatenata da
precarietà e mancanza di certezze
nel futuro provati da Francesco e
Luca, due protagonisti del racconto,
coinvolge oggi non solo i giovani
come loro, ma anche gli anziani e
tante altre persone che per vari
motivi non possono condurre una vita
normale.
Colpisce la sensibilità dell’autore,
sensibilità che già in sé e per sé
ti porta in questo mondo caotico a
essere “diverso”, a sentirti “solo”
e spesso incompreso. E qui a Napoli,
e in tutto il Meridione in genere,
quanti giovani emigrano pensando di
trovare una vita diversa a Londra,
come Luca? Quanti genitori come
Ambra e Riccardo, nonni come Viola
soffrono di solitudine per
lontananza di figli e nipoti?
Ne sa qualcosa anche la sottoscritta
purtroppo! E In questo romanzo
focalizzato sul tema della
solitudine, l’autore comunque ci fa
riflettere sul valore della
famiglia come punto di partenza
e di approdo per tutti, un porto
sicuro nel quale poter trovare
rifugio dalle tempeste della vita,
in particolare in questa drammatica
epoca.
E colpisce in verità che proprio da
nonna Viola parta un input
costruttivo e unificante per una
famiglia romana che vive in tempi
tanto difficili: in effetti le
significative lettere che ella
decide di inviare a ciascun membro
della famiglia, prima che
l’Alzheimer la travolga, sono un
prezioso collante che li riunisce,
li induce a riflettere, a comunicare
di nuovo, ad affrontare la vita con
coraggio: cinque lettere intitolate
déjà vu (già visto), un
déjà vu che va inteso non tanto
come qualcosa di paranormale secondo
le teorie del filosofo Émile Boirac,
ma come ricordi di momenti
significativi, di ricerca della
Bellezza.
E di nuovo ci son venute in mente le
teorie di Bauman sulla società
postmoderna da lui definita “società
liquida” per il suo particolare
tessuto sociale e politico, divenuto
sfuggente e inafferrabile, a causa
di globalizzazione, consumismo,
crollo delle ideologie, con
consequenziali omologazioni
collettive, frustrazioni,
incertezze, precarietà. Da ricordare
in particolare il suo libro
Solitudine del cittadino globale
in cui: «Alle glorie della nuova
era globale si contrappone la
solitudine dell'uomo comune: la
socialità è incerta, confusa,
sfocata. Si scarica in esplosioni
sporadiche e spettacolari per poi
ripiegarsi esaurita su se stessa.
Per porre un freno a questo processo
occorre ritrovare lo spazio in cui
pubblico e privato si connettono:
l'antica agorà, in cui la libertà
individuale può diventare impegno
collettivo», come afferma nella
postfazione Alessandro Dal Lago.