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N. 108 - Dicembre 2016 (CXXXIX)

SHAKESPEARE E VENEZIA
RICOGNIZIONI LETTERARIE SULLA FIGURA DEL BARDO E L’ITALIA – PARTE II

di Vincenzo La Salandra

 

Come in ogni sua opera Shakespeare tocca temi e argomenti vastissimi, nel caso del Mercante ci troviamo davanti a versi immortali come i famosi monologhi e i dettagli del processo. In misura incidentale nell'ultimo atto il poeta affida alla figlia di Shylock e a Lorenzo uno scambio altissimo sulla musica che prelude alle agro-dolci feste del finale:

 

Atto V, scena I

Gessica: Non sono mai allegra quando la musica è troppo tenera.

Lorenzo: La ragione è che il tuo spirito è sempre teso. Osserva un gregge impazzito o una mandra di puledri al galoppo, liberi nel calore della loro natura selvaggia; se lo squillo di una tromba o la cadenza d'un canto giunge alle loro orecchie, li vedrai fermarsi di botto e pel solo potere della musica vedrai i loro occhi furenti placarsi in uno sguardo immobile e mansueto. Non v'è, insomma, natura aspra e collerica che la musica non riesca a calmare: ecco perché il poeta ci ha descritto il potere di Orfeo sugli alberi, sulle pietre e sull'onde. L'uomo nel cui cuore la musica è senza eco, l'uomo che non si commuove a un bell'accordo di suoni, è capace di tutto, di tradire, di ferire, di rubare, e i moti del suo spirito sono foschi quanto la notte e le sue passioni nere quanto l'inferno. Non ti fidare di lui. Ascolta la musica.

 

Ma è utile chiudere questo contributo con la citazione bellissima dalla difesa di Antonio nel tribunale di Venezia, in una delle più lucide e luminose sue rappresentazioni: il passo completa idealmente le nostre divagazioni con il riferimento alla giustizia e nell'anno del Giubileo della Misericordia, con la aurea definizione della stessa da parte del Bardo.

 

Atto IV, sc. I

Porzia: La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. E' una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve. E' più potente nei più potenti. Al monarca sul trono essa si addice meglio della sua corona. Lo scettro di cui mostra la forza del potere terreno, è il segno della riverenza e l'attributo della maestà. Ma la misericordia è più in alto del dominio scettrato, essa ha trono nel cuore dei re, è un attributo di Dio stesso, e il potere terreno rispecchia quello divino quando la misericordia mitiga la giustizia. Quindi, Ebreo, benchè tu pretenda la giustizia, considera che nella sola giustizia nessun uomo può trovare la salvezza. Quando noi tutti preghiamo Dio per ottenere la sua misericordia, la nostra stessa preghiera c'insegna che tutti noi s'ha da essere misericordiosi. Tanto ho detto per moderare la giustizia della tua richiesta; ma se tu insisterai, questo rigido tribunale dovrà condannare il mercante.

 

Si è cercato di sottolineare il legame di Shakespeare con l'Italia e specialmente con Venezia, che nei secoli XVI-XVII era la Serenissima Repubblica, una potenza politica e marittima, un alveo europeo dell'arte, del capitale, della ricchezza, del mercantilismo e delle imprese in Oriente di commerci, diplomazie e conquiste.

 

Una città che ha ispirato nel poeta opere immortali sull'animo umano, fino alla storia complessa di un ebreo del ghetto di Venezia, che venne creato nel Marzo 1516 al sestiere di Cannaregio; la strazzeria, il prestito e la medicina le attività principali degli ebrei del ghetto di Venezia che crearono le loro scholae le sinagoghe tedesca, sefardita e italiana, accolsero Leon da Modena e pubblicavano edizioni del Talmud e libri ebraici. Nel suo libro di viaggio The Shakespeare Guide to Italy, l'americano Richard Paul Roe fornisce finanche l'esatta collocazione della casa di Shylock che sarebbe ancora in piedi.

 

Infine il Tassini nel suo libro di Cenni storici circa il libertinaggio in Venezia, dal secolo XIV alla caduta della Repubblica, descrive uno spaccato interessante e parlando delle cortigiane nel secolo XVII, affermava, coinvolgendo inglesi e turchi nello stesso alveo multiculturale veneziano: "Ben lo seppe il conte di Oxford, gran ciambellano della corona Britannica, che, essendo andato in corso nel 1618 con una giovine cortese, vide incarcerati lei, e i propri gondolieri, per cui l'ambasciatore Inglese dovette presentarsi in Collegio affine d'implorare grazia a favore dei detenuti. Di queste restrizioni si rifacevano i Veneziani, specialmente gentiluomini, col condurre le cortigiane mascherate agli spettacoli teatrali, col farle intervenire, durante l'inverno, alla caccia dei fisoli (uccelli acquatici) in laguna, o coll'andare insieme ad esse a respirare d'estate l'aura notturna pei canali della città.

 

Era poi costume che queste dive fossero chiamate a rallegrare i conviti, ed i festini dei grandi, leggendosi che nel 1622 il principe di Condè diede un festino alla Giudecca, a cui assistette anche l'ambasciatore Turco, ed a cui s'invitarono dodici delle principali cortigiane della città, le quali tutte furono lautamente banchettate a spese del principe" (Dal Giornale delle cose del Mondo, supplemento 24 novembre 1622, manoscritto al Museo Civico).

 

Queste immagini molto vive della vita a Venezia nel secolo di Shakespeare, chiudono il nostro quadretto e corollario di note e citazioni.  



 

 

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