.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

.

ATTUALITà


N. 81 - Settembre 2014 (CXII)

Sergej Lavrov
Storia di un ministro degli esteri

di Filippo Petrocelli

 

Se esistesse un ranking dei ministri degli esteri dei paesi del mondo, sicuramente Sergej Lavrov occuperebbe le prime posizioni.

 

Alto quasi un metro e novanta, austero, portamento regale, l’attuale ministro degli esteri russo ricorda un diplomatico dell’Ottocento.

 

Poco meno di un anno fa sulle pagine del Daily Telegraph, veniva definito come “il più formidabile ministro degli esteri del mondo” e ancora oggi la sua figura risulta in forte ascesa.

 

Se Putin usa la linea dura mostrando i “muscoli”, Lavrov invece ricuce un passo indietro la verbosa retorica del nuovo zar del Cremlino, mediando, discutendo e offrendo soluzioni.

 

Abituato a trattare, cultore maniacale del pragmatismo e accanito sostenitore di un mondo multipolare, il ministro degli esteri della Federazione Russa è capace di usare meglio di altri gli strumenti delle conferenze, dei vertici e della diplomazia internazionale.

 

Nato nel marzo del 1950, si è formato nell’allora Unione Sovietica ed è uomo d’apparato visto che si è diplomato alla Scuola speciale di Mosca per le Relazioni Internazionali, quando il mondo era diviso in blocchi e c’era il Politbjuro di Breznev.

 

Parla fluentemente inglese e francese ma conosce molto bene il cingalese: proprio all’inizio della sua carriera diplomatica ha lavorato infatti per lunghi anni nello Sri Lanka, specializzandosi nell’area del sud-continente indiano.

 

Sebbene sia un poliglotta non disdegna di usare il russo nelle occasioni ufficiali, ostentando un certo orgoglio per la madrepatria, che tanto piace a Putin.

 

E se la Federazione Russa si sentiva dopo gli anni di Eltsin mutilata, umiliata e privata del suo tradizionale ruolo imperiale, sicuramente Sergej Lavrov ha restituito lustro a Mosca nello scacchiere geopolitico.

 

Dalla Siria all’Ucraina, passando per il ruolo giocato nella crisi del nucleare iraniano, la faccia del ministro degli Esteri di Putin è diventata ormai consueta per i telegiornali di tutto il mondo e nella diplomazia internazionale il suo nome ricorre come sinonimo di garanzia.

 

Salito alla carica di ministro degli esteri nel 2004, Lavrov si è dimostrato uno dei principali artefici della nuova linea putiniana, ma anche un uomo lontano dagli eccessi della “corte” del nuovo Zar.

 

È riuscito inoltre a non sporcarsi le mani: durante la seconda guerra cecena lavorava negli organismi internazionali e non occupava ruoli operativi nella catastrofe consumata nel cuore del Caucaso.

 

Infatti prima di diventare il nuovo “Mister Nyet”, Sergej Lavrov ha rappresentato gli interessi russi alle Nazioni Unite, guadagnandosi un certo credito nelle stanze del potere sovranazionale, imparando a sfruttare anche le organizzazioni internazionali per i propri interessi.

 

In realtà già dal 1981 al 1988 era stato consigliere sovietico presso l’ONU, mentre più volte, a cavallo fra gli anni Novanta e il Duemila è stato presidente del consiglio di sicurezza dell’ONU, gestendo situazioni anche molto difficili come le ispezioni alla ricerca di armi chimiche nell’Iraq di Saddam Hussein.

 

È facile vederlo nelle conferenze in giro per il mondo da Ginevra, a Londra, passando per Parigi, ma è molto difficile scoprire notizie sulla sua vita privata.

 

Le uniche notizie certe sulla sua vita fuori dalla stanza dei bottoni sono che ama la natura, è un accanito fumatore e stravede per la sua unica figlia.

 

Ha anche uno “spirito dionisiaco” non è solo un tecnocrate freddo e calcolatore: ama molto la musica – suona la chitarra – e non disdegna la poesia.

 

I suoi successi più recenti sono la Crimea, la tregua in Ucraina e la coalizione anti-ISIS – varata di recente da una sorta di santa alleanza che va dagli Stati Uniti, alla Gran Bretagna, alla Russia ma anche ad Assad, storico alleato di Mosca e incluso quasi a forza proprio da Lavrov – ma è da ricordare anche la crisi in Ossetia del Sud e Abcasia, quando si è avuta piena dimostrazione della forza del Cremlino.

 

Sempre in prima linea nelle questioni economiche di interesse strategico, Lavrov è più volte intervenuto nei contenziosi fra Gazprom e i vicini di Mosca, così come ha gestito indirettamente gli interessi di molte società, dalla Yukos alla Rosneft, alzando la voce ma senza mai perdere il suo aplomb.

 

I suoi critici più severi lo accusano di essere un semplice funzionario piuttosto che un vero politico, un soldato più che un generale, insomma un semplice esecutore della “volontà sovrana” di Putin.

 

Quello che sembra invece è che Lavrov non sia solo un diplomatico sopraffino, ma anche un politico capace di tessere tele e riscuotere crediti.

 

Chissà se il prossimo zar, il successore di Putin, non sarà proprio lui.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.