N. 99 - Marzo 2016
(CXXX)
IL
SEPOLCRETO
DELLA
DOGANACCIA
A
TARQUINIA
LA
TOMBA
DELL’ARYBALLOS
SOSPESO
di
Federica
Campanelli
Il
16
settembre
2013,
nella
necropoli
etrusca
denominata
“Doganaccia”,
a
Tarquinia,
è
stata
rinvenuta
una
sepoltura
intatta
le
cui
immagini
hanno
già
fatto
il
giro
del
mondo,
e
che
è
ben
presto
entrata
nella
top
ten
delle
più
importanti
scoperte
archeologiche
del
2013.
La
tomba,
rinvenuta
dagli
archeologi
dell’Università
di
Torino
sotto
la
guida
di
Alessandro
Mandolesi
e
della
Sovrintendenza
per
i
Beni
archeologici
dell’Etruria
meridionale,
conserva
uno
scheletro
umano
risalente
a
oltre
2000
anni
fa,
accompagnato
da
un
ricco
corredo
funerario
composto
da
vasellame,
sigilli,
monili
e
armi
tra
cui
una
lancia
e un
giavellotto.
Ma
la
vera
sorpresa
è
che
le
recenti
analisi
antropologiche
effettuate
sullo
scheletro
hanno
evidenziato
come
i
resti
ossei,
inizialmente
attribuiti
a un
uomo,
un
probabile
un
principe
guerriero,
appartengano
in
realtà
a
una
donna
tra
i 35
e i
40
anni.
Non
è
tutto,
infatti
è
stata
ritrovata
una
piccola
banchina
con
frammenti
di
ossa
bruciate,
quindi
una
seconda
sepoltura
con
i
resti
incinerati
di
un
uomo.
Essendo
le
due
deposizioni
vicine
al
cosiddetto
tumulo
della
Regina
(relativo
al
periodo
Orientalizzante, VII
secolo
a.C.),
gli
studiosi
ipotizzano
che
si
possa
trattare
di
una
coppia
di
rango
aristocratico.
La
sepoltura
è
stata
chiamata
“dell’Aryballos
sospeso”
proprio
per
la
presenza
di
un balsamario
di
ceramica
chiamato
aryballos,
appeso
alla
parete
di
fondo.
Un
altro
oggetto
che
ha
incuriosito
i
ricercatori
è
stata
la
pisside
cilindrica
in
bronzo,
ancora
sigillata
al
momento
del
ritrovamento.
All’interno
del
sepolcreto
vi
sono
anche
alcune
tracce
di
pittura
che
accennano
a
un’architettura.
«Ora
apriremo
il
cofanetto,
che
pensiamo
contenga
gioielli;
e
condurremo
indagini
sui
resti
organici
per
capire
cosa
mangiavano
i
principi»,
aveva
detto
la
soprintendente Alfonsina
Russo
Tagliente
in
riferimento
alla
pisside.
La
pregiata
pisside
bronzea
è
stata
poi
sottoposta
a
una
prima
indagine
radiografica
che
ne
ha
svelato
il
contenuto:
sono
oggetti
da
cucito
che
hanno
qualificato
la
donna
come
filatrice.
Per
quanto
riguarda
le
armi
ritrovate
(una
lancia,
un
giavellotto
e un
coltello
rituale),
queste
saranno
a
breve
oggetto
di
studio.
I
reperti
in
metallo
e il
materiale
organico
andranno
ai
laboratori
di
analisi
dell’Istituto
Superiore
per
la
Conservazione
e il
Restauro
dei
Beni
Culturali
di
Roma
e il
restante
materiale
sarà
analizzato
nei
laboratori
di
Diagnostica
e
Restauro
di
Montalto
di
Castro
(della
società
Mastarna),
dalla
Soprintendenza
per
i
beni
archeologici
dell’Etruria
Meridionale
e
dall’Accademia
di
belle
arti
“Lorenzo
da
Viterbo”.