N. 10 - Marzo 2006
ATTRAVERSO IL
SENTIERO BUDDHISTA
L'inizio del
sentiero: la Meditazione - Parte I
di Laura
Novak
Ram Bahadur Bomjon ha
solo 16 anni, ma è già un mito in quasi tutto il
mondo, soprattutto quello di credo buddhista. Migliaia
e migliaia di pellegrini dal Nepal e dal Tibet si
incamminano ogni nuovo giorno, per osservarlo meditare
come il loro maestro, come Buddha. Sì, perché il
ragazzino, contadino di un piccolo villaggio chiamato
Ratnapur del Nepal, è dal 17 maggio 2005 seduto in
meditazione in una cavità alla base di un albero
secolare, senza cibo né acqua, come, circa 2500 anni
fa, fece, per 7 anni, il vero Buddha, ma in India.
Con i suoi splendidi
capelli neri e folti, gli occhi perennemente chiusi, è
diventato in poco tempo un’attrazione, un simbolo per
tutta quella gente che aspetta giorni interi solo per
scorgerlo da lontano. E il nuovo Buddha continua a
dispensare prodigi da mesi a questa parte. Poco tempo
fa, coperto solo da un drappo di cotone viola durante
l’intero rigido inverno nepalese, i pellegrini hanno
assistito ad un’antica tecnica yoga, chiamata “tecnica
del calore interno” , praticata dal ragazzo.
E’ una tecnica di cui
nessuno sa il metodo, ma che i maestri insegnano ai
loro discepoli sull’Himalaya, che essenzialmente
consente di sopravvivere senza mezzi alle gelide
temperature della zona, attraverso un processo di
meditazione che influenza la temperatura corporea,
innalzandola notevolmente; tanto che, tre settimane
fa, testimoni oculari hanno filmato bagliori di luce
provenire dal corpo di Ram.
Di lui si sa ben poco.
Praticamente solo l’origine e l’età. Il resto della
sua vita si sta mescolando alla leggenda.
Si dice che sia un
devoto da anni di una delle scuole buddiste più
importanti, quella dei maestri mistici dell’Himalaya,
che abbia notevoli doti psichiche e che poco più che
bambino, si recò in pellegrinaggio nei luoghi storici
teatro della vita del Buddha.
Da qui l’Illuminazione.
Ma intorno alla figura
del nuovo splendido Buddha si vanno ad addensare dubbi
di scienziati e scettici.
Una troupe televisiva,
attirata dal clamore della notizia, ha ripreso per
cinque giorni con telecamere a raggi infrarossi, il
ragazzo in meditazione. La registrazione lo mostra per
cinque giorni e cinque notti completamente immobile, e
solo.
Molti di quelli che non
credono in questo repentina Illuminazione del piccolo
Buddha sostengono che le persone del villaggio, che da
mesi hanno creato intorno alla figura carismatica del
meditatore bambino, un comitato, stiano sfruttando al
meglio l’occasione di popolarità per un minuscolo
paese sperduto del Nepal. Un banchetto di legno, poco
lontano dall’albero, per molti ormai sacro, del
ragazzo, accoglie i visitatori vendendo ogni genere di
gadget, dai rosari tibetani, a libri, cd con foto e
biografia riveduta e corretta di Ram. In totale si
parla di offerte che fino a d oggi si aggirano intorno
ai 6.000 euro.
E nell’attesa che un
equipe di scienziati di tutto il mondo sottopongano,
come deciso, il ragazzo ad analisi cliniche per
spiegare il fenomeno dell’astinenza da cibo e acqua,
migliaia di fedeli continuano ad aspettare, in piedi,
per giorni, il loro turno per una unica occhiata
fugace a quello che, per loro, è diventato il nuovo
maestro spirituale.
Ma cos’è veramente il
Buddismo?
Molti ipotizzano la
possibilità che sia Ateismo, mettendo il evidenzia
come il loro “profeta”, Buddha, abbia sempre cercato
di svicolare riguardo a questioni dottrinali circa
Dio, l’Assoluto.
Per altri è una
religione. Costoro, commettendo l’errore più comune di
identificare il Buddha con Dio, indicato da lui stesso
come uno sbaglio in cui non cadere, cercano di trovare
in lui la certezza dell’esistenza di un Dio e
trasformano i suoi insegnamenti in dottrina.
Per altri ancora,
invece, il Buddismo sarebbe essenzialmente una
Filosofia, evidenziano similitudini di pensiero,
soprattutto circa gli stile di vita corretti, con le
filosofie non solo indiane, ma anche più lontane come
quella greca.
Il buddismo è
considerato dai suoi stessi adepti una Via di Mezzo,
una perfetta combinazione tra filosofia e religione.
Non è quindi da considerarsi né religione né
filosofia., ma piuttosto una disciplina spirituale,
basata soprattutto sulla tolleranza e sull’equilibrio.
Ma per capire
correttamente questa straordinaria condizione
spirituale bisogna necessariamente conoscere la vita
del suo Maestro, Siddharta Gautama, detto
Buddha (ovvero Colui che si è risvegliato).
Nonostante la difficoltà
circa la ricostruzione degli avvenimenti della vita di
Siddharta, soprattutto dovuta alla datazione
decisamente posteriore dei documenti lui riguardanti,
si è cercato di ottenere una ricostruzione abbastanza
veritiera della sua esistenza, cercando di scindere
cosa poteva considerarsi storia e cosa, invece,
leggenda.
E’ nato intorno al 560
a.c. ricco e principe; apparteneva infatti alla tribù
dei Sakya, della casta dei guerrieri.
Ricevette, come
d’obbligo per la sua posizione sociale, un’educazione
impeccabile, fino al suo matrimonio con una nobile
donna da cui ebbe un figlio.
La sua vita, alle soglie
della vita adulta, fu però scossa, e qui entra in
gioco la leggenda, da quattro personaggi,
rappresentanti, ognuno, uno dei mali più grandi
dell’umanità: un vecchio per raffigurare la
decrepitezza, un malato per la malattia, un asceta,
oppresso dalle astinenze a cui si sottoponeva, per la
sofferenza, e un morto naturalmente per la morte.
A questo punto, circa 30
anni di età, Siddharta lascia la casa del padre,
l’agio e la sua posizione sociale per scoprire la via
della liberazione che gli permetterà di sconfiggere
questi mali.
Si ritira presso una
foresta insieme a cinque compagni di viaggio, dove, un
incavo tra le radici di un albero, lo accoglie nella
sua meditazione come un ventre materno. Inizia il
digiuno e si sottopone a varie mortificazioni fisiche,
di stampo ascetiche. Ma, nonostante lo sforzo, non
riesce a trovare la via, attraverso quelle pratiche,
per la soluzione ai dolori eterni dell’uomo.
Decide, quindi, di
andarsene lasciando i suoi compagni, per cercare da
solo la via. Secondo le varie leggende intorno alla
sua figura, lo spirito maligno cercò più volte con
inganni a dissuaderlo dall’andare oltre nella sua
conoscenza; ovviamente senza risultato, ma provocando
lo stesso, nell’animo del giovane, un forte senso di
disagio, quasi una lotta tra l’abbandonare la sua
missione o il proseguire.
Finalmente, a quasi
trenta cinque anni, attraverso una costante
meditazione individuale e in totale isolamento,
raggiunse quella che i buddisti chiamano l’Illuminazione,
il Risveglio, diventando il Buddha, cioè colui
che si è ridestato.
Incominciò il suo lungo
peregrinare per le terre dell’India e delle Isole
circostanti, creando il primo nucleo di discepoli.
Morì dopo moltissimi
anni, a circa 80 anni.
Alla sua morte Buddha
lasciò lo Shanga, ovvero un ordine monastico,
costituito da lui, contenente tutte quelle persone,
per la maggior parte uomini, che avevano deciso di
fare propria la disciplina morale della dottrina
buddista. Erano in realtà un ristretto numero di
eletti, scelti da lui stesso, che però erano
sottoposti a grandi privazioni materiali; infatti, non
solo potevano vivere unicamente di generosità dei
credenti, quindi solo di collette, che in realtà era
rappresentato come un vero e proprio dovere della
comunità nei confronti del monaco buddista, ma non
potevano nemmeno avere beni, se non di strettissima
necessità, come una veste, una ascia per spaccare la
legna, un unico ago per cucire e una stuoia per
dormire. Superato un noviziato obbligatorio, i
candidati dovevano professare ovviamente fede
buddista.
Secondo la loro
Dottrina (chiamata Dharma) non avevano
obblighi di nessun tipo con la comunità di credo
buddista. L’unico era rappresentato dall’obbligo di
una confessione pubblica mensile circa i propri
peccati, ma anche circa il proprio “lavoro” di monaco.
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