N. 87 - Marzo 2015
(CXVIII)
SELMA, LA STRADA PER LA LIBERTÁ
Martin Luther King e la lotta per i diritti civili
di Giovanna D'Arbitrio
Il
film
“Selma,
la
strada
verso
la
libertà”
,
premiato
con
un
Oscar
per
la
canzone
Glory,
porta
di
nuovo
alla
ribalta
la
giovane
regista
afroamericana,
Ava
DuVernay,
già
vincitrice
al
Sundance
Film
Festival
2012
per
“Middle
of
nowhere”,
in
cui
descrisse
con
sensibilità
le
sofferenze
di
una
donna
di
colore,
moglie
di
un
carcerato.
In
“Selma”
affronta
un
tema
molto
più
complesso
nel
raccontare
con
coraggio
una
pagina
della
storia
americana:
la
lotta
per
i
diritti
civili
condotta
da
Martin
Luther
King.
Siamo
nel
1965
e il
diritto
di
voto
dei
neri
è
duramente
contestato,
specialmente
negli
stati
del
Sud
come
l’Alabama,
governata
da
bianchi
razzisti.
Martin
Luther
King
(David
Oyelowo)
decide
di
organizzare
una
marcia
di
protesta
da
Selma
a
Montgomery,
nonostante
il
parere
contrario
del
presidente
Lyndon
Johnson
(Tom
Wilkinson)
e
del
governatore
George
Wallace
(Tim
Roth).
Il
percorso
si
rivela
subito
irto
di
difficoltà
tra
opposizioni
non
solo
all’esterno
ma
anche
all’interno
del
movimento.
I
neri,
inoltre,
subiscono
duri
pestaggi
senza
reagire,
rispettando
il
principio
della
non-violenza
predicato
da
M.
L.
King,
grande
ammiratore
di
Gandhi.
Saranno
proprio
quelle
immagini
violente
diffuse
dalla
Tv a
far
risvegliare
le
coscienze
dei
bianchi
più
sensibili
e a
indurre
anche
L.
Johnson
a
garantire
il
diritto
al
voto.
La
narrazione
attenta,
rispettosa
della
verità
storica,
lineare
e
senza
fronzoli,
offre
un
‘immagine
diversa
di
M.
L.
King:
non
solo
eroe
e
coraggioso
condottiero,
ma
anche
uomo
non
privo
di
dubbi,
preoccupato
per
moglie
e
figli,
abile
nel
dialogare
con
il
potere,
saggio
alla
fine
nell’evitare
inutili
massacri.
I
suoi
discorsi
pieni
di
ideali,
dignità
e
forza
donano
al
racconto
ritmo
ed
elevazione
spirituale.
Selma
è
paragonabile
ad
una
sinfonia
che
comincia
in
sordina
e
gradualmente
s’innalza
per
suono
e
intensità
in
un
coinvolgente
“crescendo”
finale.
È un
film
che
stimola
riflessioni
su
pregiudizi
e
odio
irrazionale,
cause
di
abbrutimento,
a
cui
fa
da
contrappunto
la
saggezza
della
non-violenza,
un
film
che
forse
avrebbe
meritato
maggiori
riconoscimenti
nell’assegnazione
degli
Oscar
2015,
una
strana
“Notte
delle
Stelle”
quest’anno,
costellata
da
gaffe
e
frasi
“graffianti”.
Ricordiamo
ad
esempio
quella
di
S.
Penn
che
sul
palco
accoglie
il
vincitore
Iñarritu
dicendo
“Chi
ha
dato
la
green
card
a
questo
figlio
di
buona
donna"
e la
pronta
risposta
del
regista
che
nel
dedicare
il
premio
agli
immigrati
e al
popolo
messicano
replica
in
tono
ironico
"magari
il
prossimo
anno
il
governo
cambierà
le
regole
per
l'immigrazione
e i
messicani
come
me
non
potranno
più
entrare
all'Academy".
Come
se
non
bastasse
il
presentatore
N.
P.
Harris
ha
definito
l’Oscar
2015
come
“l'edizione
migliore
e
più
bianca,
pardon
più
brillante”.
Per
fortuna
la
commovente
esibizione
di
John
Legend
e
Common
nel
cantare
“Glory”
ha
elevato
i
toni
della
serata,
anche
se
Legend
alla
fine
ha
affermato:
"Viviamo
nel
paese
più
incarcerato
del
mondo.
Ci
sono
più
neri
con
misure
cautelari
oggi
che
neri
schiavi
nel
1850".
Concludendo,
il
tema
di
“Selma”
ci
appare
più
che
mai
attuale
poiché,
anche
se
ci
sono
nuove
leggi,
i
vecchi
pregiudizi
sono
difficili
da
sradicare.