L’INCONFESSABILE SEGRETO DI CARLO
V
LA PASSIONE PROIBITA PER GERMANA DE
FOIX, NONNASTRA DELL’IMPERATORE
di Valeria La Donna
Quando Ferdinando II d’Aragona morì,
il 23 gennaio del 1516, lasciava i
suoi territori in una situazione
decisamente complicata. Senza figli
maschi viventi e con l’erede
legittima al trono, sua figlia
Giovanna, rinchiusa a Tordesillas
per instabilità mentale, il pericolo
di una scissione del regno era più
che palpabile.
Contravvenendo a qualsiasi desiderio
precedentemente espresso nei due
testamenti già firmati e timbrati,
che vennero lacerati e dei quali non
doveva rimanere nota alcuna,
Ferdinando aveva disposto che le
nuove volontà testamentarie
servissero da supplemento di età del
figlio adolescente di Giovanna, il
principe Carlo, affinché questi
potesse governare. Il testamento
così concepito determinò una
modifica della mappa dinastica
europea cosicché le due corone
ispaniche d’Aragona e di Castiglia
si trovarono concentrate, per la
prima volta nella storia, nelle mani
di un solo uomo. Si trattava di
Carlo I di Spagna, futuro imperatore
del Sacro Romano Impero Germanico
con il nome di Carlo V e padre del
re sui cui territori non tramontava
mai il sole.
Quando Carlo giunse in terra
iberica, nel 1517, per prendere
possesso dei suoi reami, aveva solo
17 anni, scarsa esperienza di potere
e nessuna conoscenza del territorio
così come di quell’agglomerato di
istituzioni e di elementi
contrastanti che era la Spagna.
Straniero e con un seguito formato
quasi esclusivamente da fiamminghi,
Carlo fu tutt’altro che gradito ai
nuovi sudditi, che vedevano la sua
ascesa al trono con malcelata
diffidenza.
Questo malcontento verso il nuovo
monarca si manifestò dapprima nelle
assemblee delle Cortes, che
opposero vari ostacoli al governo di
Carlo nel timore di vedere conferire
le più alte cariche dello stato a
uomini delle Fiandre, e in seguito
nella rivolta dei comuneros,
poi fallita a causa della defezione
della nobiltà e del clero dal
movimento insurrezionale. È in
questa situazione disagevole che
Carlo conobbe Germana de Foix, la
giovane francese con la quale suo
nonno era convolato a seconde nozze
dopo la morte della regina Isabella
I di Castiglia.
Allevata alla luce della regalità in
quanto nipote del re Luigi XII di
Francia, Germana era arrivata in
Spagna a soli 18 anni con un unico,
importantissimo compito: dare un
erede maschio al già
cinquantaquattrenne Ferdinando.
Tuttavia, nonostante gli
innumerevoli tentativi di
concepimento nonché la effettiva
nascita di un bimbo, Giovanni, che
però morì poche ore dopo essere
venuto al mondo, la coppia reale non
riuscì mai nell’intento di
procreare.
Questo fu un problema tanto per
Ferdinando, che si ritrovò ancora
senza un successore, quanto per la
stessa Germana. Alla morte del
marito, infatti, senza discendenti
che potessero legarla alla sua terra
di adozione e senza una connessione
familiare con il nuovo monarca, la
donna si trovò totalmente alla mercé
della volontà, buona o cattiva, del
nipote del suo defunto sposo.
Ferdinando, prima di morire, aveva
cercato di fare il possibile per
tutelare sua moglie chiedendo a
Carlo, attraverso le sue volontà
testamentarie, di non abbandonarla:
«Ti prenderai cura di lei e la
onorerai e la rispetterai, affinché
possa essere ossequiata e sostenuta
da te in tutti i suoi bisogni»,
giustificando la richiesta con la
frase «del resto, non le rimane,
dopo Dio, altro rimedio che voi...»
(Peiró 2019). Tuttavia, nessuno
sapeva se Carlo avrebbe
effettivamente ottemperato alle
richieste di suo nonno o se gli
avrebbe voltato le spalle cacciando
la donna dalla Corte.
Ben consapevole che il suo futuro
era totalmente nelle mani del nuovo
sovrano, Germana si occupò, fin dai
primi momenti di vedovanza, di
conquistarne l’amicizia e la
fiducia, comunicandogli, tramite
corrispondenza, di volersi ritirare
dalla scena politica e di volergli
cedere tutti i presunti diritti sul
regno conquistato di Navarra (cosa
che effettivamente fece più avanti,
nel 1518). Si rifiutò anche di dare
qualsiasi tipo di appoggio ai
movimenti sorti per sostenere altri
candidati alla corona del suo
defunto marito, come l’Infante
Ferdinando o l’Arcivescovo di
Saragozza, che avevano richiesto il
suo supporto in quanto ultima regina
del Regno di Aragona. In questo
modo, mantenendo un profilo basso e
comunicando costantemente con il re
tramite lettere, Germana attese il
suo arrivo nel cuore della
Castiglia.
Il primo incontro tra i due, nel
novembre del 1517 a Valladolid, si
produsse sotto i migliori auspici,
come scriverà il cronista fiammingo
Laurent Vital: «Quando Carlo le
fu vicino, la baciò e la salutò e la
Principessa fece per scendere dalla
sua mula, ma il Re non glielo
permise» (Fernández Álvarez
2001). Il giovane monarca trattò la
sua nonnastra con molto rispetto
ricoprendola di attenzioni, e lei
presenziò al suo giuramento come Re
di Castiglia e León facendo la
testimone, insieme a lui, delle
molte celebrazioni che si svolsero
in quei giorni.
Contrariamente a quanto temesse,
accattivarsi la simpatia di Carlo fu
semplice per la donna: espansiva,
allegra e dalla mentalità aperta e
tollerante, ben lontana dai rigori e
dagli ascetismi castigliani e
aragonesi, la ventinovenne Germana
era una fanciulla nel pieno della
vita e dal fascino discreto.
Inoltre, parlava francese, lingua
madre di entrambi e l’unica che
Carlo sapesse padroneggiare
all’epoca.
Conoscere Germana fu per il sovrano
fiammingo una boccata di aria
fresca. Egli trovò in lei un rifugio
dalle ostilità, il sostegno morale e
pratico di una donna con più di
dieci anni di esperienza come regina
consorte, nonché un’amica preziosa
con cui conversare e condividere le
inquietudini che gli provocava
essere il nuovo monarca. Ma non
solo. Germana fu preziosissima anche
a livello politico: accompagnò Carlo
nel suo primo viaggio in Aragona per
farsi riconoscere come legittimo re
e il suo sostegno fu molto
importante per appianare il
difficile rapporto tra il sovrano e
la nobiltà aragonese nei prolegomeni
della sua ascesa al trono imperiale.
L’intesa fra loro era evidente, così
come lo erano la stima e il rispetto
che Carlo provava per la donna, al
punto che, come notò Prudencio de
Sandoval – monaco e cronista
benedettino –, «Se lei entrava e
il re era seduto, egli si alzava
dalla sedia, si scopriva il capo e
le parlava con il ginocchio a terra»
(Fernández Álvarez).
Come testimoniano alcuni documenti
d’archivio, inoltre, Carlo
organizzava frequentemente banchetti
e tornei in suo onore e, a un certo
punto, ordinò addirittura la
costruzione di un ponte coperto in
legno che potesse facilmente
collegare il suo palazzo con la
residenza di lei. Laurent Vital
racconta che il ponte, nonostante
fosse stato costruito ufficialmente
per far sì che «il re e sua
sorella (Leonor) potessero camminare
all’asciutto e in maniera più
discreta per vedere la regina»
(Cervera 2018), agevolava di fatto
l’incontro tra amanti, che potevano
così incontrarsi senza correre il
rischio di essere visti da occhi
indiscreti.
Nonostante il riserbo
nell’espressione dei sentimenti, le
voci riguardo a una liaison
tra Carlo e Germana cominciarono ben
presto a diffondersi a macchia
d’olio e, con esse, anche i rischi
di vedere compromessi i risultati
politici conseguiti fino a quel
momento. Il pericolo di uno
scandalo, infatti, avrebbe
comportato una minaccia troppo
grande per l’ascesa di Carlo al
trono imperiale, a contendersi il
quale c’erano altri due sovrani
altrettanto giovani, ambiziosi ed
energici. Si trattava di due
formidabili personaggi che, in una
sorta di conflitto perenne fatto di
intrighi, guerre, alleanze e
clamorosi voltafaccia, avrebbero
condizionato la politica europea
della prima metà del XVI secolo:
Francesco I re di Francia ed Enrico
VIII re d’Inghilterra.
Quella che in teoria avrebbe dovuto
essere una libera scelta dei sette
Principi Elettori, fu in realtà una
competizione agguerrita fra i tre
sovrani, pilotata da fiumi di denaro
e corruzione, per accaparrarsi
l’ambito titolo di imperatore del
Sacro Romano Impero Germanico. Una
competizione costosissima per le
tasche di Carlo che sborsò circa un
milione di fiorini d’oro –
costituiti in buona parte da
proventi delle terre del Nuovo Mondo
–, metà dei quali usati per comprare
il voto degli Elettori e l’altra
metà per ottenere i favori dei vari
funzionari affinché facilitassero la
scelta dei loro referenti politici.
La posta in gioco era troppo alta
per permettere a uno scandalo
sessuale di porre fine a tutto,
così, per zittire le chiacchiere
circolanti, Carlo prese in mano la
situazione dando in sposa Germana,
nel giugno del 1519, al marchese
Giovanni di Brandeburgo. In questo
modo, non solo riuscì a placare le
dicerie sulla loro relazione, ma
anche a ottenere l’appoggio del
Principe Elettore di Brandeburgo,
parente di Giovanni.
La strategia funzionò: il 27 giugno
dello stesso anno, i sette Elettori
proclamarono Carlo V imperatore del
Sacro Romano Impero Germanico, dando
vita così a un’egemonia sullo
scacchiere europeo che lo avrebbe
impegnato su molti fronti negli anni
a venire.
Ma il diavolo ci mette sempre lo
zampino e, alla morte di Giovanni,
avvenuta nel 1525, a causa – pare –
dell’eccessivo ardore di Germana, la
passione repressa tra i due antichi
amanti si riaccese. Durante i
festeggiamenti del matrimonio di
Leonor – sorella dell’imperatore –
con il re di Francia Francesco I,
Germana si mostrò al braccio di
Carlo e ballò con lui, cosa che
turbò i consiglieri del sovrano e
affrettò un nuovo matrimonio della
donna per evitare ulteriori
tentazioni.
Nel 1526, sia Carlo che Germana
convolarono a nozze, separando le
loro strade definitivamente: lui,
con sua cugina di primo grado, la
principessa di Portogallo Isabella
d’Aviz; lei, con Ferdinando
d’Aragona – omonimo del suo primo
marito –, duca di Calabria.
Nonostante i due matrimoni
nascessero da esigenze prettamente
politiche, furono entrambi solidi e
felici, seppur relativamente brevi:
nel 1538, Germana morì, senza figli
legittimi, per idropisia; mentre
l’anno successivo toccò a Isabella,
che si spense per complicazioni da
parto.
Ma la Storia aveva bisogno di un
altro colpo di scena, e questo
arrivò con il testamento di Germana:
nelle sue volontà, la donna lasciava
il suo gioiello più prezioso, una
collana di 133 grandi perle, a una
giovane suora di nome Isabella. Chi
fosse la fanciulla lo rivela la
stessa Germana nel documento:
«alla serenissima Doña Isabella,
Infanta di Castiglia, figlia di sua
Maestà l’Imperatore, mio Signore e
figlio» (Cervera). Isabella di
Castiglia, personaggio fino a quel
momento passato del tutto
inosservato, era quindi la figlia
naturale di Carlo V.
Che relazione avesse con Germana,
però, nelle sue volontà non era
specificato. È un documento che
accompagnava il testamento della
donna a chiarirci le idee. Si tratta
di una lettera del Duca di Calabria
don Ferdinando, vedovo di Germana,
rivolta all’imperatrice Isabella.
Nella missiva, scritta quattro
giorni dopo la morte della moglie,
il Duca informava la sovrana della
sua malattia, aggiungendo: «con
la presente andrà copia autenticata
del suddetto testamento, affinché
Vostra Maestà possa vedere, grazie
ad essa, l’eredità di perle che
lascia alla Serenissima Infanta Doña
Isabella, sua figlia» (Fernández
Álvarez). Il Duca di Calabria svela
pertanto il mistero: il vincolo tra
Germana e la ragazza era quello
riscontrabile tra una madre e la
propria figlia.
Come ipotizza il famoso storico
Manuel Fernández Álvarez, ciò
spiegherebbe anche perché la donna
non avesse fatto alcun riferimento
alla propria maternità nel
testamento: trattandosi di un
documento pubblico, infatti, questo
avrebbe rivelato e reso ufficiale
l’inconfessabile, mentre il canale
della lettera privata, utilizzato da
Ferdinando, avrebbe permesso alla
Regia Segreteria di archiviare le
prove.
A ogni modo, nonostante sia ormai
ampiamente accettato dai più che
Carlo e Germana abbiano vissuto
un’intensa storia d’amore, degna dei
migliori racconti cavallereschi, vi
è una piccola controparte scettica
che nega ogni possibilità di legame
sentimentale tra i due, a volte
anche con attacchi verbali decisi
(tra cui quello del genealogista
spagnolo Vicente de Cadenas y Vicent
che scrisse un intero saggio per
screditare le teorie a favore della
liaison tra i due reali).
Secondo i dubbiosi, per esempio,
l’appellativo “sua figlia”, usato da
Ferdinando nella lettera rivolta
all’imperatrice e riferito a
Germana, sarebbe semplicemente da
attribuirsi alla pratica, molto
comune nell’età Moderna, di alludere
a differenti legami familiari senza
che questi lo fossero realmente dal
punto di vista consanguineo;
consuetudine, questa, appartenente
alla stessa Germana, che chiamava
“figlio” l’imperatore – come si può
riscontrare nel testamento stesso –
così come l’imperatrice e tutti i
fratelli di Carlo.
Quale che sia la verità, rimane la
sensazione aleggiante di una realtà
ben più intricata di quella esposta
dagli studiosi scettici, la quale
ben poco tiene conto del lato umano
ed emotivo che si cela dietro lo
sviluppo di certe vicende e
testimonianze documentali.
Una cosa è indiscutibilmente certa:
il legame tra Carlo e Germana fu
profondo e intenso e segnò
positivamente l’esistenza di
entrambi, permettendo loro di
affrontare le difficoltà e le
incertezze della vita con la
sicurezza di avere accanto qualcuno
di fidato su cui poter contare.
Riferimenti bibliografici:
C. Cervera, El amor obsesivo
entre Carlos V y su abuela «obesa»,
in ABC Historia, 2018.
V.
De Cadenas y Vicent, Una calumnia
gratuita levantada al Emperador
Carlos V por uno de sus mejores
historiadores: Manuel Fernández
Álvarez, in Hidalguía, n.º 270,
2015, pp. 625-646.
M.
Fernández Álvarez, El
inconfesable secreto de Carlos V,
La Aventura de la historia,
ISSN
1579-427X, n. 27,
2001,
pp. 56-63.
R. Martinez, La reina Germana de
Foix y su relación amorosa con
Carlos V, in Actually Notes
Magazine, 2017.
C.
Peiró, Carlos V, conquistador de
América, emperador de dos mundos… y
amante de su abuela francesa, in
Infobae Historia, 2019.
A. Tahoces, Germana de Foix:
sexo, mentiras, y un collar de 133
perlas, in La Razón, 2019.
Testamento de Fernando II el
Católico: Madrigalejo, 22 de enero
de 1516,
in Archivo de la Corona de Aragón,
Ministerio de Cultura y Deporte.