[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

176 / AGOSTO 2022 (CCVII)


moderna

L’INCONFESSABILE SEGRETO DI CARLO V
LA PASSIONE PROIBITA PER GERMANA DE FOIX, NONNASTRA DELL’IMPERATORE

di Valeria La Donna

 

Quando Ferdinando II d’Aragona morì, il 23 gennaio del 1516, lasciava i suoi territori in una situazione decisamente complicata. Senza figli maschi viventi e con l’erede legittima al trono, sua figlia Giovanna, rinchiusa a Tordesillas per instabilità mentale, il pericolo di una scissione del regno era più che palpabile.

 

Contravvenendo a qualsiasi desiderio precedentemente espresso nei due testamenti già firmati e timbrati, che vennero lacerati e dei quali non doveva rimanere nota alcuna, Ferdinando aveva disposto che le nuove volontà testamentarie servissero da supplemento di età del figlio adolescente di Giovanna, il principe Carlo, affinché questi potesse governare. Il testamento così concepito determinò una modifica della mappa dinastica europea cosicché le due corone ispaniche d’Aragona e di Castiglia si trovarono concentrate, per la prima volta nella storia, nelle mani di un solo uomo. Si trattava di Carlo I di Spagna, futuro imperatore del Sacro Romano Impero Germanico con il nome di Carlo V e padre del re sui cui territori non tramontava mai il sole.

 

Quando Carlo giunse in terra iberica, nel 1517, per prendere possesso dei suoi reami, aveva solo 17 anni, scarsa esperienza di potere e nessuna conoscenza del territorio così come di quell’agglomerato di istituzioni e di elementi contrastanti che era la Spagna. Straniero e con un seguito formato quasi esclusivamente da fiamminghi, Carlo fu tutt’altro che gradito ai nuovi sudditi, che vedevano la sua ascesa al trono con malcelata diffidenza.

 

Questo malcontento verso il nuovo monarca si manifestò dapprima nelle assemblee delle Cortes, che opposero vari ostacoli al governo di Carlo nel timore di vedere conferire le più alte cariche dello stato a uomini delle Fiandre, e in seguito nella rivolta dei comuneros, poi fallita a causa della defezione della nobiltà e del clero dal movimento insurrezionale. È in questa situazione disagevole che Carlo conobbe Germana de Foix, la giovane francese con la quale suo nonno era convolato a seconde nozze dopo la morte della regina Isabella I di Castiglia.

 

Allevata alla luce della regalità in quanto nipote del re Luigi XII di Francia, Germana era arrivata in Spagna a soli 18 anni con un unico, importantissimo compito: dare un erede maschio al già cinquantaquattrenne Ferdinando. Tuttavia, nonostante gli innumerevoli tentativi di concepimento nonché la effettiva nascita di un bimbo, Giovanni, che però morì poche ore dopo essere venuto al mondo, la coppia reale non riuscì mai nell’intento di procreare.

 

Questo fu un problema tanto per Ferdinando, che si ritrovò ancora senza un successore, quanto per la stessa Germana. Alla morte del marito, infatti, senza discendenti che potessero legarla alla sua terra di adozione e senza una connessione familiare con il nuovo monarca, la donna si trovò totalmente alla mercé della volontà, buona o cattiva, del nipote del suo defunto sposo.

 

Ferdinando, prima di morire, aveva cercato di fare il possibile per tutelare sua moglie chiedendo a Carlo, attraverso le sue volontà testamentarie, di non abbandonarla: «Ti prenderai cura di lei e la onorerai e la rispetterai, affinché possa essere ossequiata e sostenuta da te in tutti i suoi bisogni», giustificando la richiesta con la frase «del resto, non le rimane, dopo Dio, altro rimedio che voi...» (Peiró 2019). Tuttavia, nessuno sapeva se Carlo avrebbe effettivamente ottemperato alle richieste di suo nonno o se gli avrebbe voltato le spalle cacciando la donna dalla Corte.

 

Ben consapevole che il suo futuro era totalmente nelle mani del nuovo sovrano, Germana si occupò, fin dai primi momenti di vedovanza, di conquistarne l’amicizia e la fiducia, comunicandogli, tramite corrispondenza, di volersi ritirare dalla scena politica e di volergli cedere tutti i presunti diritti sul regno conquistato di Navarra (cosa che effettivamente fece più avanti, nel 1518). Si rifiutò anche di dare qualsiasi tipo di appoggio ai movimenti sorti per sostenere altri candidati alla corona del suo defunto marito, come l’Infante Ferdinando o l’Arcivescovo di Saragozza, che avevano richiesto il suo supporto in quanto ultima regina del Regno di Aragona. In questo modo, mantenendo un profilo basso e comunicando costantemente con il re tramite lettere, Germana attese il suo arrivo nel cuore della Castiglia.

 

Il primo incontro tra i due, nel novembre del 1517 a Valladolid, si produsse sotto i migliori auspici, come scriverà il cronista fiammingo Laurent Vital: «Quando Carlo le fu vicino, la baciò e la salutò e la Principessa fece per scendere dalla sua mula, ma il Re non glielo permise» (Fernández Álvarez 2001). Il giovane monarca trattò la sua nonnastra con molto rispetto ricoprendola di attenzioni, e lei presenziò al suo giuramento come Re di Castiglia e León facendo la testimone, insieme a lui, delle molte celebrazioni che si svolsero in quei giorni.

 

Contrariamente a quanto temesse, accattivarsi la simpatia di Carlo fu semplice per la donna: espansiva, allegra e dalla mentalità aperta e tollerante, ben lontana dai rigori e dagli ascetismi castigliani e aragonesi, la ventinovenne Germana era una fanciulla nel pieno della vita e dal fascino discreto. Inoltre, parlava francese, lingua madre di entrambi e l’unica che Carlo sapesse padroneggiare all’epoca.

 

Conoscere Germana fu per il sovrano fiammingo una boccata di aria fresca. Egli trovò in lei un rifugio dalle ostilità, il sostegno morale e pratico di una donna con più di dieci anni di esperienza come regina consorte, nonché un’amica preziosa con cui conversare e condividere le inquietudini che gli provocava essere il nuovo monarca. Ma non solo. Germana fu preziosissima anche a livello politico: accompagnò Carlo nel suo primo viaggio in Aragona per farsi riconoscere come legittimo re e il suo sostegno fu molto importante per appianare il difficile rapporto tra il sovrano e la nobiltà aragonese nei prolegomeni della sua ascesa al trono imperiale.

 

L’intesa fra loro era evidente, così come lo erano la stima e il rispetto che Carlo provava per la donna, al punto che, come notò Prudencio de Sandoval – monaco e cronista benedettino –, «Se lei entrava e il re era seduto, egli si alzava dalla sedia, si scopriva il capo e le parlava con il ginocchio a terra» (Fernández Álvarez).

 

Come testimoniano alcuni documenti d’archivio, inoltre, Carlo organizzava frequentemente banchetti e tornei in suo onore e, a un certo punto, ordinò addirittura la costruzione di un ponte coperto in legno che potesse facilmente collegare il suo palazzo con la residenza di lei. Laurent Vital racconta che il ponte, nonostante fosse stato costruito ufficialmente per far sì che «il re e sua sorella (Leonor) potessero camminare all’asciutto e in maniera più discreta per vedere la regina» (Cervera 2018), agevolava di fatto l’incontro tra amanti, che potevano così incontrarsi senza correre il rischio di essere visti da occhi indiscreti.

 

Nonostante il riserbo nell’espressione dei sentimenti, le voci riguardo a una liaison tra Carlo e Germana cominciarono ben presto a diffondersi a macchia d’olio e, con esse, anche i rischi di vedere compromessi i risultati politici conseguiti fino a quel momento. Il pericolo di uno scandalo, infatti, avrebbe comportato una minaccia troppo grande per l’ascesa di Carlo al trono imperiale, a contendersi il quale c’erano altri due sovrani altrettanto giovani, ambiziosi ed energici. Si trattava di due formidabili personaggi che, in una sorta di conflitto perenne fatto di intrighi, guerre, alleanze e clamorosi voltafaccia, avrebbero condizionato la politica europea della prima metà del XVI secolo: Francesco I re di Francia ed Enrico VIII re d’Inghilterra.

 

Quella che in teoria avrebbe dovuto essere una libera scelta dei sette Principi Elettori, fu in realtà una competizione agguerrita fra i tre sovrani, pilotata da fiumi di denaro e corruzione, per accaparrarsi l’ambito titolo di imperatore del Sacro Romano Impero Germanico. Una competizione costosissima per le tasche di Carlo che sborsò circa un milione di fiorini d’oro – costituiti in buona parte da proventi delle terre del Nuovo Mondo –, metà dei quali usati per comprare il voto degli Elettori e l’altra metà per ottenere i favori dei vari funzionari affinché facilitassero la scelta dei loro referenti politici.

 

La posta in gioco era troppo alta per permettere a uno scandalo sessuale di porre fine a tutto, così, per zittire le chiacchiere circolanti, Carlo prese in mano la situazione dando in sposa Germana, nel giugno del 1519, al marchese Giovanni di Brandeburgo. In questo modo, non solo riuscì a placare le dicerie sulla loro relazione, ma anche a ottenere l’appoggio del Principe Elettore di Brandeburgo, parente di Giovanni.

 

La strategia funzionò: il 27 giugno dello stesso anno, i sette Elettori proclamarono Carlo V imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, dando vita così a un’egemonia sullo scacchiere europeo che lo avrebbe impegnato su molti fronti negli anni a venire.

 

Ma il diavolo ci mette sempre lo zampino e, alla morte di Giovanni, avvenuta nel 1525, a causa – pare – dell’eccessivo ardore di Germana, la passione repressa tra i due antichi amanti si riaccese. Durante i festeggiamenti del matrimonio di Leonor – sorella dell’imperatore – con il re di Francia Francesco I, Germana si mostrò al braccio di Carlo e ballò con lui, cosa che turbò i consiglieri del sovrano e affrettò un nuovo matrimonio della donna per evitare ulteriori tentazioni.

 

Nel 1526, sia Carlo che Germana convolarono a nozze, separando le loro strade definitivamente: lui, con sua cugina di primo grado, la principessa di Portogallo Isabella d’Aviz; lei, con Ferdinando d’Aragona – omonimo del suo primo marito –, duca di Calabria. Nonostante i due matrimoni nascessero da esigenze prettamente politiche, furono entrambi solidi e felici, seppur relativamente brevi: nel 1538, Germana morì, senza figli legittimi, per idropisia; mentre l’anno successivo toccò a Isabella, che si spense per complicazioni da parto.

 

Ma la Storia aveva bisogno di un altro colpo di scena, e questo arrivò con il testamento di Germana: nelle sue volontà, la donna lasciava il suo gioiello più prezioso, una collana di 133 grandi perle, a una giovane suora di nome Isabella. Chi fosse la fanciulla lo rivela la stessa Germana nel documento: «alla serenissima Doña Isabella, Infanta di Castiglia, figlia di sua Maestà l’Imperatore, mio Signore e figlio» (Cervera). Isabella di Castiglia, personaggio fino a quel momento passato del tutto inosservato, era quindi la figlia naturale di Carlo V.

 

Che relazione avesse con Germana, però, nelle sue volontà non era specificato. È un documento che accompagnava il testamento della donna a chiarirci le idee. Si tratta di una lettera del Duca di Calabria don Ferdinando, vedovo di Germana, rivolta all’imperatrice Isabella. Nella missiva, scritta quattro giorni dopo la morte della moglie, il Duca informava la sovrana della sua malattia, aggiungendo: «con la presente andrà copia autenticata del suddetto testamento, affinché Vostra Maestà possa vedere, grazie ad essa, l’eredità di perle che lascia alla Serenissima Infanta Doña Isabella, sua figlia» (Fernández Álvarez). Il Duca di Calabria svela pertanto il mistero: il vincolo tra Germana e la ragazza era quello riscontrabile tra una madre e la propria figlia.

 

Come ipotizza il famoso storico Manuel Fernández Álvarez, ciò spiegherebbe anche perché la donna non avesse fatto alcun riferimento alla propria maternità nel testamento: trattandosi di un documento pubblico, infatti, questo avrebbe rivelato e reso ufficiale l’inconfessabile, mentre il canale della lettera privata, utilizzato da Ferdinando, avrebbe permesso alla Regia Segreteria di archiviare le prove.

 

A ogni modo, nonostante sia ormai ampiamente accettato dai più che Carlo e Germana abbiano vissuto un’intensa storia d’amore, degna dei migliori racconti cavallereschi, vi è una piccola controparte scettica che nega ogni possibilità di legame sentimentale tra i due, a volte anche con attacchi verbali decisi (tra cui quello del genealogista spagnolo Vicente de Cadenas y Vicent che scrisse un intero saggio per screditare le teorie a favore della liaison tra i due reali).

 

Secondo i dubbiosi, per esempio, l’appellativo “sua figlia”, usato da Ferdinando nella lettera rivolta all’imperatrice e riferito a Germana, sarebbe semplicemente da attribuirsi alla pratica, molto comune nell’età Moderna, di alludere a differenti legami familiari senza che questi lo fossero realmente dal punto di vista consanguineo; consuetudine, questa, appartenente alla stessa Germana, che chiamava “figlio” l’imperatore – come si può riscontrare nel testamento stesso – così come l’imperatrice e tutti i fratelli di Carlo.

 

Quale che sia la verità, rimane la sensazione aleggiante di una realtà ben più intricata di quella esposta dagli studiosi scettici, la quale ben poco tiene conto del lato umano ed emotivo che si cela dietro lo sviluppo di certe vicende e testimonianze documentali.

 

Una cosa è indiscutibilmente certa: il legame tra Carlo e Germana fu profondo e intenso e segnò positivamente l’esistenza di entrambi, permettendo loro di affrontare le difficoltà e le incertezze della vita con la sicurezza di avere accanto qualcuno di fidato su cui poter contare.

 

 

Riferimenti bibliografici:


C. Cervera, El amor obsesivo entre Carlos V y su abuela «obesa», in ABC Historia, 2018.

V. De Cadenas y Vicent, Una calumnia gratuita levantada al Emperador Carlos V por uno de sus mejores historiadores: Manuel Fernández Álvarez, in Hidalguía, n.º 270, 2015, pp. 625-646.

M. Fernández Álvarez, El inconfesable secreto de Carlos V, La Aventura de la historia, ISSN 1579-427X, n. 27, 2001, pp. 56-63.

R. Martinez, La reina Germana de Foix y su relación amorosa con Carlos V, in Actually Notes Magazine, 2017.

C. Peiró, Carlos V, conquistador de América, emperador de dos mundos… y amante de su abuela francesa, in Infobae Historia, 2019.

A. Tahoces, Germana de Foix: sexo, mentiras, y un collar de 133 perlas, in La Razón, 2019.

Testamento de Fernando II el Católico: Madrigalejo, 22 de enero de 1516, in Archivo de la Corona de Aragón, Ministerio de Cultura y Deporte.

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