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filosofia & religione


N. 129 - Settembre 2018 (CLX)

LA POSSIBILITÀ DELLE SECONDE NOZZE

SULla teologia cristiana ortodossa

di Ada Prisco

 

La fede cristiana ortodossa, analogamente a quella cattolica, considera il matrimonio un sacramento, cioè un segno eloquente ed efficace della volontà di Dio espressa fin dalla creazione (Genesi 1, 27; 2, 18.22-23) come progetto di libertà, unità e indissolubilità con queste parole: (...) l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne (Genesi 2, 24).

 

L’apostolo Paolo rilegge questa immagine alla luce dell’amore che ha condotto Cristo fino al dono di sé per la chiesa, sua sposa. Il legame sponsale si realizza e trova senso su questo sfondo teologico per la cristianità ortodossa e per quella cattolica, è finalizzato alla reciproca santificazione dei coniugi e alla loro progressiva crescita in Dio. La forza divina del patto, la grazia che fa di loro una sola carne, è per la vita eterna, per questo l’ideale cristiano prevede un solo matrimonio.

 

Nella prassi pastorale le teologie hanno attuato degli adattamenti capaci di coniugare lo spirito evangelico, lo strumento del divorzio, già previsto nel diritto romano ribadito da quello giustinianeo, e la necessità di dare risposta ad alcune concrete situazioni di vita, tra cui l’adulterio, la vedovanza, servendo il fine di agevolare i cristiani nel testimoniare coerenza fra la fede e la vita.

 

Le soluzioni scelte di fronte a questi problemi vedono il cattolicesimo e l’ortodossia imboccare strade diverse: se il primo ammette in alcuni casi il riconoscimento della nullità e lo scioglimento del vincolo (cf. CJC 1073-1107), la seconda applica il principio teologico della economia. Questo tipico concetto teologico trascrive la parola greca oikonomia, tradotto nel latino dispensatio (cf. Efesini 1, 10), compreso nel significato di governo e di equa distribuzione.

 

Lo scopo di favorire una ripartizione giusta e armonica porta all’istituto giuridico della dispensa, che armonizza un caso specifico con lo spirito complessivo delle norme e dell’ideale religioso che tende all’integrazione di tutti in Cristo per la salvezza. Nella teologia ortodossa il principio di economia si confronta continuamente con quello di acribia (akribeia), cioè con l’osservanza rigida della norma.

 

Il collegamento fra il criterio dell’economia e le seconde nozze è mediato da un importante discorso paolino, in cui, pur essendo esaltata la superiorità della verginità sul matrimonio, l’apostolo afferma tra l’altro: … è meglio sposarsi che ardere (1 Corinzi 7, 9).

 

A fondare la prassi orientale disponibile a legalizzare le seconde nozze intervengono due passi del vangelo secondo Matteo (5, 32; 19,9), in cui Gesù risponde alla questione del ripudio, ammettendolo solo in caso di porneia, termine greco reso ora con relazione illegale, ora con concubinato, ora con adulterio.

 

Dalla sua interpretazione scaturisce un ventaglio di soluzioni, che vanno dall’affermazione rigida dell’indissolubilità all’ammissione di condizioni che invalidano il patto a causa della fragilità e dell’infedeltà umana e che riconoscono la morte simbolica del matrimonio, ufficializzandola con il divorzio e la possibilità di nuove nozze: tale possibilità è aperta ai laici, ma preclusa a diaconi e presbiteri, che possono sposarsi una sola volta e prima dell’ordinazione. Nel caso in cui questi decidano di convolare a nuove nozze, sono ridotti allo stato laicale. Valutare se sia opportuno applicare il principio di economia o quello di acribeia spetta al vescovo.

 

A differenza di quello che si potrebbe pensare, la concessione di nuove nozze religiose nell’ortodossia non si configura come cedevolezza al diritto civile, né come maggiore flessibilità rispetto al cattolicesimo. Rispetto al fronte civile, la teologia ortodossa attuale è il portato di una lunga e laboriosa riflessione teologica che ha conosciuto più esiti circa le seconde nozze. Circa il confronto con la chiesa di Roma, nel cattolicesimo i sacramenti celebrati hanno tutti lo stesso valore.

 

Le chiese ortodosse attribuiscono la qualità di sacramento esclusivamente al primo matrimonio. Le seconde e, eventualmente, le terze nozze possono essere concesse ai vedovi come ai divorziati, stabilendo dei periodi di penitenza, come deroga, segni di misericordia di Dio che non lascia i propri figli avvinti dai limiti del peccato, come preferenza del male minore rispetto all’esclusione dalla vita ecclesiale. Sono valutati con attenzione anche per chi abbia causato cum damno il divorzio perché ha abbandonato il coniuge (definito innocente e ammesso a nuove nozze dopo il divorzio per bona gratia), è stato infedele, e, successivamente voglia contrarre nuove nozze.

 

Il rito del fidanzamento, che si svolge all’ingresso della chiesa dove i due sposi manifestano al celebrante il loro libero consenso, apre la cerimonia. Ricevono due ceri accesi, sono incensati ed entrano processionalmente fino all’altare, dove sono appoggiati l’anello d’oro per lo sposo e quello d’argento per la sposa.

 

Il celebrante compie triplici benedizioni su ognuno con in mano la fede che infila nei rispettivi anulari e che i testimoni provvederanno a scambiare fra gli sposi per tre volte (in onore alla Trinità), segno del loro reciproco arricchimento. Poi le mani degli sposi sono unite talvolta da un nastro intrecciato.

 

Segue la caratteristica incoronazione, per un certo periodo interdetta o modificata nelle seconde nozze, perché ritenuta da alcuni padri (ad esempio Teodoro lo Studita, Niceforo) segno della vittoria della verginità sulle passioni. Secondo il formulario, si riceve l’altro come corona. In senso traslato, pensando alle cerimonie dei monarchi, potremmo affermare si accoglie l’altro come proprio re, propria regina e proprio vanto.

 

Anche in questo caso le corone sono scambiate per tre volte. Si ascoltano brani biblici, per quanto siano bibliche anche le preghiere lungo il rito. Bevono dallo stesso calice, simbolo del comune destino, il vino, a memoria delle nozze di Cana benedette da Gesù. Insieme girano per tre volte intorno all’altare, segno delle traversie che dovranno affrontare, ma con il cero acceso in mano, cioè alla luce della fede.

 

Attualmente l’unica differenza nel rito delle seconde nozze riguarda le preghiere dopo lo scambio degli anelli che sostituiscono al tono della festa quello del peccato, della penitenza e del perdono.

 

Il clima festoso non si perde nella festa completata da lauti banchetti, lanci festosi di petali o grani o persino soldi da parte di parenti e amici e da danze gioiose.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Enrico Morini, Il matrimonio nella dottrina e nella prassi canonica della Chiesa ortodossa, in “Memorie teologiche”, 1(2015).

Basilio Petrà, Divorzio e seconde nozze nella tradizione greca. Un’altra via, Cittadella Editrice, Assisi 2014.

La teologia del XX secolo un bilancio. Prospettive pratiche, a cura di Giacomo Canobbio- Piero Coda, Città Nuova, Roma 2003, p. 381.

Enrico Morini, Gli Ortodossi. L’oriente dell’occidente, Il Mulino, Bologna 2002.

Basilio Petrà, L’economia nella chiesa ortodossa, in “Il Regno-documenti”, 18 (1973).



 

 

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