N. 130 - Ottobre 2018
(CLXI)
IL CONFLITTO ANGLO-AMERICANO DEL 1812
LA
MENO
NOTA
SECONDA
GUERRA
D’INDIPENDENZA
AMERICANA
-
PARTE
II
di
Gian
Marco
Boellisi
Con
il
passare
del
tempo
la
situazione
si
volse
a
favore
della
Gran
Bretagna.
Infatti
le
guerre
napoleoniche
erano
ormai
al
termine
e
dopo
Lipsia
gli
inglesi
riuscirono
a
dirottare
parte
delle
loro
forze,
terrestri
ma
soprattutto
navali,
verso
il
continente
americano.
Ciò
portò
ad
azioni
più
intraprendenti
e
rischiose
da
parte
dell’esercito
di
Sua
Maestà.
Un
esempio
lampante
fu
la
campagna
di
Chesapeake,
omonima
baia
nello
stato
della
Virginia.
Sotto
il
comando
dell’ammiraglio
George
Cockburn
e
del
generale
Robert
Ross,
nel
1814
le
giubbe
rosse
decisero
di
tentare
una
rapida
risoluzione
del
conflitto
attaccando
direttamente
la
capitale
americana,
Washington
D.C.
Forti
di
2500
uomini,
gli
inglesi
si
aprirono
la
strada
fino
alla
capitale
statunitense
ed
il
24
agosto
entrarono
in
una
Washington
abbandonata
dalle
truppe
nemiche
ed
anche
dalla
delegazione
presidenziale.
Durante
la
loro
breve
permanenza
nella
capitale
gli
inglesi
bruciarono
gran
parte
della
città,
dedicando
particolare
attenzione
agli
edifici
simbolici
della
politica
americana,
primi
fra
tutti
la
Casa
Bianca
ed
il
Campidoglio.
Ad
oggi,
nella
storia,
è
stata
l’unica
volta
in
cui
Washington
D.C.
sia
caduta
con
l’uso
della
forza
per
mezzo
di
una
forza
straniera.
In
seguito
l’attenzione
britannica
si
concentrò
su
Baltimora.
Tuttavia
gli
americani
ebbero
il
tempo
di
preparare
le
difese
e
riuscirono
a
respingere
le
forze
britanniche
via
terra
e
via
mare
infliggendo
importanti
perdite
al
nemico.
Lo
stesso
generale
inglese
Robert
Ross
fu
colpito
a
morte
durante
gli
scontri.
Questo
dimostrò
ancora
una
volta
alle
truppe
britanniche
come
le
forze
americane
non
andassero
mai
sottovalutate,
nonostante
il
vantaggio
o le
vittorie
già
conseguite.
Lezione
che
gli
inglesi
non
sembravano
aver
appreso
neanche
dopo
40
anni
dalla
Guerra
d’Indipendenza.
Infine
l’ultimo
teatro
degli
scontri
fu
quello
del
Sud.
Qui
i
due
fronti
videro
contrapposti
nella
prima
fase
del
conflitto
le
confederazioni
di
nativi
foraggiate
dall’Inghilterra
contro
i
regolari
statunitensi.
Dopo
svariate
battaglie
terrestri
gli
americani
riuscirono
a
prevalere
contro
gli
indiani,
mettendo
in
crisi
le
risorse
britanniche
in
questo
settore.
Tuttavia
la
risposta
di
Londra
non
si
fece
attendere.
Infatti,
in
seguito
all’abdicazione
di
Napoleone
a
Fontainebleau
nel
1814,
gli
inglesi
si
trovarono
liberi
dagli
impegni
militari
europei
e
così
iniziarono
ad
inviare
migliaia
di
soldati
come
rinforzo
in
America.
Fu
così
che
si
arrivò
allo
scontro
più
importante
di
tutto
i
territori
del
Sud
e
probabilmente
anche
di
tutta
la
guerra:
la
battaglia
di
New
Orleans.
Qui
si
fronteggiarono
circa
4.000
soldati
americani
comandati
dall’allora
generale
Andrew
Jackson
contro
le
circa
14.000
giubbe
rosse
capeggiate
dal
generale
Edward
Pakenham.
Sfruttando
delle
barriere
difensive
appositamente
costruite,
il
clima
nebbioso
e la
grande
abilità
come
tiratori
dei
suoi
soldati,
essendo
essi
per
la
maggior
parte
cacciatori
di
professione,
gli
americani
ottennero
una
schiacciante
vittoria
contro
gli
inglesi
l’8
Gennaio
1815.
Gli
inglesi
lasciarono
sul
campo
più
di
2.000
caduti,
tra
cui
3
generali
di
cui
uno
fu
lo
stesso
Edward
Pakenham,
mentre
tra
gli
statunitensi
se
ne
contarono
meno
di
70.
La
vittoria,
oltre
che
sollevare
il
morale
americano
in
un
conflitto
che
non
sembrava
proseguire
in
nessuna
direzione,
spianò
la
strada
per
l’elezione
di
Andrew
Jackson
alla
presidenza,
diventando
così
uno
dei
presidenti
più
famosi
nella
storia
americana.
Tuttavia,
a
conti
fatti,
la
battaglia
di
New
Orleans
non
portò
a
nessun
risultato
concreto.
Anzi,
ad
essere
obiettivi,
fu
del
tutto
inutile
e la
ragione
è
che
il
24
dicembre
1814
era
già
stata
stipulata
la
pace
in
Europa
tra
Gran
Bretagna
e
Stati
Uniti.
Infatti
già
dal
1814
entrambe
le
parti
si
erano
rese
conto
che
il
conflitto
stava
portando
a
costi
esorbitanti
senza
portare
ad
un
risultato
tangibile.
In
seguito
a
queste
considerazioni
delegazioni
diplomatiche
degli
schieramenti
in
lotta
decisero
di
incontrarsi
in
territorio
neutrale,
in
Belgio,
per
avviare
colloqui
di
pace.
Tuttavia
le
ostilità
durante
questo
periodo
di
trattativa
non
accennarono
a
fermarsi.
Anzi,
al
contrario.
Forti
del
fatto
che
il
teatro
di
guerra
si
trovasse
dall’altra
parte
del
mondo,
Stati
Uniti
e
Inghilterra
progettarono
nuove
offensive
ed
invasioni
così
da
poter
estorcere
migliori
condizioni
ai
propri
avversari.
La
politica
del
bastone
e
della
carota
200
anni
prima
che
andasse
di
moda.
Nonostante
gli
intrighi
e le
menzogne,
entrambi
gli
schieramenti
desideravano
la
pace
quanto
prima.
Infatti
gli
Stati
Uniti
erano
vicini
alla
bancarotta,
tanta
era
la
pressione
esercitata
dal
blocco
navale
inglese
nei
confronti
dei
porti
americani.
Si
temeva
addirittura
che,
a
causa
delle
ristrettezze
economiche,
il
New
England
lasciasse
l’unione
per
formare
uno
stato
a sé
in
modo
da
ottenere
condizioni
più
favorevoli
dagli
inglesi.
Per
quanto
riguarda
la
Gran
Bretagna
invece,
essa
continuava
ad
essere
duramente
colpita
dagli
attacchi
dei
corsari
americani
e
non
era
più
disposta
a
sostenere
le
immense
perdite
che
il
commercio
con
il
Canada
aveva
subito
negli
ultimi
anni.
Si
passò
così
alla
richiesta
di
condizioni.
Londra
chiese
esplicitamente
e
senza
mezzi
termini
la
formazione
di
uno
stato
indiano
indipendente
nella
regione
dei
Grandi
Laghi,
così
da
creare
il
tanto
agognato
buffer
tra
gli
Stati
Uniti
ed
il
Canada.
Al
contrario,
Washington
pretese
il
risarcimento
di
tutti
i
danni
perpetrati
dalle
giubbe
rosse
alla
capitale
Washington
D.C.
ed
il
risarcimento
di
tutte
le
perdite
economiche
precedenti
al
conflitto.
Inutile
anche
dirlo,
i
colloqui
di
pace
raggiunsero
presto
una
condizione
di
stallo.
Spazientiti
dalle
lungaggini
delle
trattive,
il
governo
inglese
valutò
seriamente
di
inviare
il
duca
di
Wellington
a
prendere
il
comando
delle
forze
di
terra
britanniche
di
stanza
nella
regione
dei
Grandi
Laghi.
Tuttavia
la
cosa
si
risolse
in
un
nulla
di
fatto,
essendo
il
duca
convinto
di
essere
più
utile
in
Europa
e
che
soprattutto
la
sua
presenza
non
avrebbe
fatto
alcuna
differenza
essendo
il
conflitto
ormai
in
una
situazione
di
stallo
perenne.
Chissà
come
sarebbe
andata
il
18
giugno
1815
a
Waterloo
se
Wellington
fosse
veramente
salpato
alla
volta
del
Canada.
Fu
allora
che
il
Primo
Ministro
Liverpool
decise
che
il
proseguimento
della
guerra
non
avrebbe
portato
alcun
vantaggio
politico
ed
economico
per
l’Inghilterra,
ma
al
contrario
avrebbe
danneggiato
i
commerci
ad
un
punto
tale
che
l’economia
inglese
ne
avrebbe
risentito
incontrovertibilmente.
Inoltre
stabilì
quali
fossero
gli
interessi
principali
della
Gran
Bretagna
negli
anni
a
venire,
ovvero
partecipare
in
maniera
attiva
al
Congresso
di
Vienna
e
ristabilire
al
più
presto
possibile
i
commerci
con
l’Europa
continentale
(in
particolar
modo
con
la
Francia)
ed
in
generale
con
le
colonie
tutte.
Di
certo
una
guerra
senza
fine
con
gli
Stati
Uniti
non
rientrava
nella
sua
agenda.
Fu
così
che
le
richieste
inglesi
furono
del
tutto
ritirate
e
venne
firmato
un
trattato
che
riportò
i
confini
delle
due
nazioni
allo
status
ante-guerra.
Il
24
dicembre
1814
venne
firmato
il
trattato
di
Gand,
il
quale
però
sarebbe
arrivato
a
Washington
solo
in
febbraio
inoltrato
del
1815.
Il
conflitto
alla
fine
si
risolse
con
un
nulla
di
fatto,
avendo
entrambi
gli
schieramenti
completamente
falliti
gli
obiettivi
postisi
all’inizio
delle
ostilità.
La
guerra
dimostrò
la
debolezza
delle
truppe
terrestri
inglesi,
essendo
la
maggior
parte
di
esse
concentrate
a
dar
la
caccia
a
Napoleone
in
giro
per
l’Europa.
Al
contrario
provò
come
“l’Esercito
Continentale”,
nonostante
la
scarsa
esperienza
e
scarso
addestramento,
con
la
forza
di
volontà
e la
risolutezza
potesse
farsi
valere
sul
campo
anche
contro
il
più
grande
impero
del
mondo.
Nonostante
non
vi
fu
un
vincitore
dichiarato
del
conflitto,
quelli
che
ne
uscirono
rafforzati
furono
gli
americani.
Infatti
non
solo
avevano
evitato
la
creazione
di
uno
stato
indipendente
indiano
a
ridosso
della
loro
porta,
ma
avevano
anche
inferto
una
serie
di
sconfitte
clamorose
all’esercito
inglese,
prima
fra
tutte
quella
di
New
Orelans,
che
aveva
risollevato
sì
l’orgoglio
nazionale
e
lavato
via
dai
cuori
i
fumi
dell’incendio
di
Washington,
ma
anche
dimostrato
definitivamente
come
gli
Stati
Uniti
d’America
fossero
un’entità
politica
a sé
stante,
politicamente
e
militarmente
in
grado
di
farsi
rispettare
e
soprattutto
indipendente
una
volta
per
tutte
dall’Impero
Britannico.