[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 202 / OTTOBRE 2024 (CCXXXIII)


attualità

A PROPOSITO DI SCUOLA

TRA tagli, SCIOPERI E PROTESTE

di Giovanna D'Arbitrio


Dopo la drammatica esperienza della pandemia causata dal Covid, pensavamo che tutti si fossero resi conto dei gravi problemi di ospedali, scuole e trasporti, purtroppo, a quanto pare, ora ritornano irrisolti suscitando proteste e polemiche. È comprensibile che ora tutta l’attenzione sia concentrata sule tragiche guerre in corso e sui migranti, ma anche se si discute sul settore “pubblico” in verità si parla poco della Scuola Statale che ha già scioperato diverse volte nel corso del 2024 e si prepara a un nuovo sciopero per il prossimo 31 ottobre 2024.

La protesta è stata proclamata dalla Federazione FLCCGIL dopo il fallito tentativo di conciliazione con i rappresentanti del Ministero dell’Istruzione e del Ministero di Università e Ricerca. Secondo il comunicato dei sindacati allo sciopero parteciperanno tutte le scuole, l’università, la ricerca e l’Afam, cioè il personale docente e non docente delle scuole, così come il personale universitario e di ricerca.

Ecco le motivazioni dello sciopero e le consequenziali richieste messe in rilievo da FLC CGIL:
- stanziamento di risorse aggiuntive per il rinnovo del Ccnl 2022-2024 al fine di tutelare la perdita del potere di acquisto dei salari in linea con la percentuale dell’inflazione Ipca per il triennio di riferimento;
- salvaguardia della dimensione nazionale del Ccnl contro qualsiasi ipotesi di regionalizzazione;
- stabilizzazione del precariato;
- rafforzamento degli organici;
- cessazione immediata delle invasioni di campo da parte del legislatore sulle materie che attengono la regolazione del rapporto di lavoro;superamento delle numerose e pesanti emergenze affrontate quotidianamente dal personale di scuola, università, ricerca e Afam.

Significative le osservazionidi Irene Manzi, responsabile Scuola nella Segreteria Nazionale del Pd e capogruppo Dem in commissione Cultura di Montecitorio: «I tagli ai ministeri indicati nel Dpb consegnato a Bruxelles dovrebbero valere nel 2025 circa 2,5 miliardi di euro. Questo significa tagli lineari di spesa a partire da cultura, istruzione e università che già nelle scorse leggi di bilancio sono state oggetto di mancati investimenti e tagli. Ribadiamo con forza che togliere ulteriori fondi a questi comparti, già sottofinanziati, sarebbe un grave errore. A scuola, università e cultura mancano risorse e sono comparti che non possono sopportare ulteriori tagli. L’Italia è indietro rispetto alla spesa per l’istruzione in rapporto al PIL, e occorrono investimenti per colmare questo divario, non tagli. Non è condivisibile una legge di bilancio che incide negativamente, ancora una volta, sui comparti del sapere, della conoscenza e della cultura, definiti sempre strategici nelle dichiarazioni ma marginalizzati nelle scelte di spesa».

Anche l’Anief, associazione di categoria per il settore scolastico, ha espresso forte contrarietà sui tagli a scuola, università e ricerca nella Legge di Bilancio. «Togliere anche un solo euro dalla scuola e ai suoi dipendenti avrebbe il sapore della beffa», ha detto Marcello Pacifico, Presidente di Anief. A quanto pare, l’aumento salariale previsto per il personale scolastico, pari al 6%, non è sufficiente a compensare l’inflazione, che negli ultimi due anni è salita del 15%. Per quanto riguarda gli atenei, si evidenziano tagli al Fondo di Finanziamento Ordinario (Ffo), cioè il 2% in meno rispetto al 2023. Sarebbero serviti almeno 500 milioni soltanto per recuperare l’inflazione del 2023, invece il governo ha scelto di tagliare sull’istruzione terziaria, secondo i giovani dell’Udu, l’Unione degli universitari,

Ho dedicato molti articoli alla Scuola Statale, in uno di essi sul “diritto allo studio”, pubblicato in InStoria nel dicembre 2022, scrissi quanto segue: «A quanto pare, il diritto allo studio, sancito dalla nostra Costituzione, viene costantemente attaccato con tagli sempre più massicci sulla Scuola Statale che dovrebbe rappresentare un luogo di cultura, di crescita e di formazione delle nuove generazioni in un paese civile. In effetti anche l’attuale governo intende realizzare un “dimensionamento delle scuole” innalzando il numero minimo di alunni per istituto che arriva a 900 alunni: a quanto pare, ciò significa che verranno eliminate altre 700 scuole in tutta Italia. Con l’innalzamento del parametro minimo saranno a rischio soprattutto le scuole delle isole e delle comunità montane, scuole già in sofferenza perché colpite dalla denatalità e dall’abbandono dei territori e che adesso potrebbero essere costrette a chiudere. Si perpetua dunque l’operazione tagli e accorpamenti iniziato nel 1998/1999, operazione incrementata poi con gli “istituti comprensivi”, strutture enormi e difficili da gestire, con migliaia di alunni e decine di plessi sparsi anche in luoghi diversi. Fusioni e chiusure di istituti accresceranno, inoltre, il disagio per alunni e famiglie, obbligandoli a raggiungere scuole distanti dalla loro abitazione o costringendoli ad accettare pluriclassi di alunni di età diverse e differente grado d’istruzione. E pensare che molte scuole rappresentano l’unico presidio contro la criminalità organizzata in zone critiche del nostro Paese!».

Purtroppo, tali misure hanno fatto crescere il numero degli alunni nelle classi, incidendo sulla qualità della didattica e incrementando la dispersione scolastica nelle zone a rischio dove la povertà rende ancor più arduo inseguire la scuola “nel centro più vicino”, per cui a molti bambini è stato negato il diritto allo studio. Si deduce, inoltre, che anche i posti di lavoro con tali strategie diminuiranno sempre più e sarà sempre più difficile risolvere i problemi del precariato. Servono quindi più risorse da investire in un sistema scolastico pubblico di qualità in tutto il Paese per garantire un reale diritto allo studio.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]