attualità
TRA COVID, SCUOLA E SANITÁ
Riflessioni su
pubblico e privato
di Giovanna D’Arbitrio
Purtroppo il Covid-19 ha messo in
rilievo le conseguenze dei massicci
tagli su tutto ciò che è “pubblico”, in
particolare sanità e istruzione. In
effetti invece di porsi obiettivi
prioritari per sanare tante
trascurataggini in tali settori, ogni
tanto i politici tirano fuori in clima
elettorale la proposta di costruire
grandi opere, mentre cadono ponti,
crollano scuole e tanti pendolari
aspettano per ore treni scassati che non
arrivano mai in orario in piccole
ferrovie fatiscenti.
Ed ora con quale spirito affronteremo il
voto per referendum ed elezioni, mentre
si sfasciano i grandi partiti in mille
rivoli (soprattutto a sinistra),
litigando tra loro senza pensare al Bene
dell’Italia?
In molti nasce un forte desiderio di
ridurre il numero di parlamentari, ma…
ridotta la quantità, chi ci garantirà la
qualità? Perché per un incarico
di così alta responsabilità non vengono
richiesti un curriculum su studi fatti,
competenze acquisite e soprattutto una
fedina penale pulita, come si fa per
essere assunti nelle aziende, nelle
scuole e in altri campi?
In verità un po’ di istruzione
gioverebbe anche a tanti parlamentari
incolti.
E riportando il discorso su sanità e
carenza di ospedali, a quanto pare, i
drammatici effetti si sono visti in
particolare in Lombardia. «C’è stato un
clamoroso fallimento, e di questo ne
dovremo prendere atto per il futuro,
della medicina territoriale.
Ammettiamolo e riconosciamo questo
aspetto», ha dichiarato Massimo Galli,
direttore dell’Istituto di Scienze
Biomediche all’ospedale Sacco di Milano”
lo scorso 8 aprile 2020 ad Agorà RAI.
E anche
Vittorio Agnoletto, noto medico del
lavoro, oggi docente di Globalizzazione
e Politiche della Salute all’Università
degli Studi di Milano, ha affermato: «Le
cause principali, che ci hanno impedito
di reggere all’onda d’urto del
coronavirus vanno ricercate proprio
nell’abbandono dell’assistenza
territoriale e nella privatizzazione
della sanità lombarda (…) la sanità
pubblica è stata tagliata, indebolita e
smantellata. Ora deve essere
rifinanziata e tornare a produrre
salute. Non profitto per pochi, come è
successo in Lombardia, dove il 40% della
spesa sanitaria corrente è stato
destinato a strutture private.
Ricordiamo che, su 100 ospedali
pubblici, il 60-70% ha un Pronto
Soccorso e un reparto per emergenze. Nel
privato non si arriva al 30%. In questi
anni si è lasciato totalmente alla
sanità pubblica l’onere dell’emergenza e
al privato il profitto determinato dalla
cura dei malati cronici».
E che dire della prossima riapertura
delle scuole tra polemiche e dubbi,
mentre esplodono nuovi focolai
pandemici?
In un momento di grande difficoltà per
il rispetto delle misure anti Covid19,
la Scuola Statale è senz’altro allo
stremo, già duramente provata da
continue riforme che negli anni hanno
creato un clima di grave disagio in
tutto il personale scolastico e
soprattutto negli alunni.
Ci mancava solo la pandemia! Davvero
difficile insegnare in “classi pollaio”
e in scuole fatiscenti a rischio crollo
per terremoti e quant’altro!
E mentre nelle scuole aumentano sempre
più computer, lavagne e registri
elettronici, adesso più che mai
necessari per lezioni telematiche, già
da tempo a inizio anno scolastico
mancavano, e ora mancheranno ancor più,
sedie, banchi e perfino carta igienica.
Così i danni pregressi accumulati in
lunghi anni di tagli sull’Istruzione
vengono al pettine.
Rinfreschiamoci dunque la memoria
partendo dal 1962, quando la legge n.
1859 istituì la Scuola Media Unica
Obbligatoria e gratuita dagli 11 ai 14
anni, abolendo la Scuola Media di
Avviamento professionale (della durata
di 3 anni, risalente alla Riforma
Gentile del 1923, che favoriva
l’inserimento nel mondo del lavoro).
Tale riforma, senz’altro positiva nelle
intenzioni, evidenziò tuttavia fin
dall’inizio gravi problemi per il
notevole aumento degli iscritti. Così
mentre Don Lorenzo Milani
sottolineava l’inutilità di bocciature
ripetute più volte per carenti strategie
di recupero, anche da diverse parti
della società arrivava la denuncia
dell’incapacità di offrire istruzione
per problemi legati a classi
sovraffollate, doppi e tripli turni
giornalieri per mancanza di edifici
scolastici, programmi vecchi e
inadeguati a un numero crescente di
alunni con accentuato divario culturale
per la presenza di diverse classi
sociali.
Il tentativo di recuperare un corretto
rapporto tra scuola e società si
concretizzò alla fine con la legge n.
477 del 30 luglio 1973, la cosiddetta
“Legge Delega”. Il quadro complessivo
del rinnovamento passò attraverso 5
D.P.R. (Decreti Delegati del
31/5//1974), ciascuno destinato a
stabilire le nuove norme su un diverso
settore.
Il DPR 416, in particolare, istituiva
una serie di organi collegiali, in
alcuni dei quali in modo democratico
venivano introdotti anche rappresentanti
di genitori e alunni: consigli di
classe, di interclasse, collegio
docenti, comitato per la valutazione del
servizio degli insegnanti, consigli di
disciplina degli studenti, consiglio di
circolo per le elementari, consiglio
scolastico distrettuale, consiglio
scolastico provinciale, consiglio
nazionale P.I.
Nonostante l’ entusiasmo iniziale di chi
credeva in una scuola aperta a tutte le
classi sociali, rimanevano purtroppo
insoluti gli endemici problemi legati a
edifici fatiscenti, mancanza di aule, di
spazi da dedicare ai laboratori
pomeridiani per una scuola a “tempo
pieno”, necessaria soprattutto per
colmare il divario culturale degli
svantaggiati e dei ragazzi nei quartieri
a rischio… problemi per i quali i non si
trovavano mai i soldi!
Si parlò allora di “cultura di massa”,
definizione fraintesa da molti, poiché
ciò significò solo promozioni facili per
tutti, ricchi e poveri, senza peraltro
garantire alle classi meno abbienti un
reale diritto allo studio, né quindi
uguali opportunità per le scelte future.
Incapaci di risolvere i suddetti
problemi (o non volendo), iniziò allora
una politica del “lasciar fare” da parte
di governi, lassismo che giovò solo al
personale meno impegnato e assenteista.
Con il continuo mutare del quadro
socio-politico generale, negli anni ’80
anche gli organi collegiali assunsero
sempre più un carattere burocratico.
Alla fine degli anni ’90 il ministro
della Pubblica Istruzione, Luigi
Berlinguer, intanto, già cominciava a
parlare di “Scuola Azienda”,
introducendo riforme simili quelle
imposte alle fabbriche dalla
globalizzazione: riduzione dei costi con
fusioni, tagli sul personale,
flessibilità, mobilità, stipendi non
adeguati ma verticalizzazioni del
personale. E in seguito piombarono
sull’Istruzione dieci miliardi di tagli
tra il 2008 e il 2012, per le politiche
di austerità. Vari governi di destra e
centro sinistra si sono ancora alternati
imponendo numerose riforme scolastiche.
Più colpevoli i partiti conservatori,
meno sensibili a equità sociale e ai
bisogni delle classi più umili.
Alla fine siamo arrivati agli attuali
“Istituti Comprensivi”, sempre guidati
dalla logica del risparmio e dei tagli
su Istruzione e Cultura. In effetti un
istituto comprensivo consente una grande
riduzione dei costi, poiché esso
consiste in un complesso scolastico
all’interno del quale coesistono più
gradi di istruzione, quali, ad esempio,
scuola materna, elementare e media,
tutte raggruppate in un unico complesso,
con una sola presidenza, un solo
consiglio d’istituto, un collegio dei
docenti unitario e un esiguo personale
ATA.
E purtroppo la pandemia ci ha resi tutti
più schiavi delle nuove tecnologie,
poiché tra smart working per gli
adulti e lezioni telematiche per i
ragazzi, si indeboliscono sempre più i
rapporti umani. Ecco perché porre fine
alla pandemia è di fondamentale
importanza, rispettando almeno le norme
igieniche previste per evitare il
contagio, in attesa di un vaccino sicuro
che non ci danneggi ulteriormente.
Cultura, Democrazia, Libertà sono
senz’altro tappe inscindibili di un
percorso verso un livello evolutivo più
alto dell’Umanità. Il punto di partenza
è senza dubbio la Cultura che non è
soltanto istruzione, ma anche
“educazione”, intesa come socratica
ars maieutica (arte della
levatrice), ovvero l'abilità educativa
nel far venire alla luce conoscenza e
verità attraverso il dialogo
docente-discente.
Con l’uso di aggeggi elettronici di ogni
genere, purtroppo tale aspetto non è
prioritario, anche se in linea di
massima il diritto allo studio è più o
meno garantito. Pessima la situazione in
tanti paesi dove tale diritto non è
nemmeno riconosciuto e, non a caso, in
essi sono assenti anche democrazia e
libertà. |