[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 153 / SETTEMBRE 2020 (CLXXXIV)


attualità

TRA COVID, SCUOLA E SANITÁ

Riflessioni su pubblico e privato

di Giovanna D’Arbitrio

 

Purtroppo il Covid-19 ha messo in rilievo le conseguenze dei massicci tagli su tutto ciò che è “pubblico”, in particolare sanità e istruzione. In effetti invece di porsi obiettivi prioritari per sanare tante trascurataggini in tali settori, ogni tanto i politici tirano fuori in clima elettorale la proposta di costruire grandi opere, mentre cadono ponti, crollano scuole e tanti pendolari aspettano per ore treni scassati che non arrivano mai in orario in piccole ferrovie fatiscenti.

 

Ed ora con quale spirito affronteremo il voto per referendum ed elezioni, mentre si sfasciano i grandi partiti in mille rivoli (soprattutto a sinistra), litigando tra loro senza pensare al Bene dell’Italia?

 

In molti nasce un forte desiderio di ridurre il numero di parlamentari, ma… ridotta la quantità, chi ci garantirà la qualità? Perché per un incarico di così alta responsabilità non vengono richiesti un curriculum su studi fatti, competenze acquisite e soprattutto una fedina penale pulita, come si fa per essere assunti nelle aziende, nelle scuole e in altri campi?

 

In verità un po’ di istruzione gioverebbe anche a tanti parlamentari incolti.

 

E riportando il discorso su sanità e carenza di ospedali, a quanto pare, i drammatici effetti si sono visti in particolare in Lombardia. «C’è stato un clamoroso fallimento, e di questo ne dovremo prendere atto per il futuro, della medicina territoriale. Ammettiamolo e riconosciamo questo aspetto», ha dichiarato Massimo Galli, direttore dell’Istituto di Scienze Biomediche all’ospedale Sacco di Milano” lo scorso 8 aprile 2020 ad Agorà RAI.

 

E anche Vittorio Agnoletto, noto medico del lavoro, oggi docente di Globalizzazione e Politiche della Salute all’Università degli Studi di Milano, ha affermato: «Le cause principali, che ci hanno impedito di reggere all’onda d’urto del coronavirus vanno ricercate proprio nell’abbandono dell’assistenza territoriale e nella privatizzazione della sanità lombarda (…) la sanità pubblica è stata tagliata, indebolita e smantellata. Ora deve essere rifinanziata e tornare a produrre salute. Non profitto per pochi, come è successo in Lombardia, dove il 40% della spesa sanitaria corrente è stato destinato a strutture private. Ricordiamo che, su 100 ospedali pubblici, il 60-70% ha un Pronto Soccorso e un reparto per emergenze. Nel privato non si arriva al 30%. In questi anni si è lasciato totalmente alla sanità pubblica l’onere dell’emergenza e al privato il profitto determinato dalla cura dei malati cronici».

 

E che dire della prossima riapertura delle scuole tra polemiche e dubbi, mentre esplodono nuovi focolai pandemici?

 

In un momento di grande difficoltà per il rispetto delle misure anti Covid19, la Scuola Statale è senz’altro allo stremo, già duramente provata da continue riforme che negli anni hanno creato un clima di grave disagio in tutto il personale scolastico e soprattutto negli alunni.

 

Ci mancava solo la pandemia! Davvero difficile insegnare in “classi pollaio” e in scuole fatiscenti a rischio crollo per terremoti e quant’altro!

 

E mentre nelle scuole aumentano sempre più computer, lavagne e registri elettronici, adesso più che mai necessari per lezioni telematiche, già da tempo a inizio anno scolastico mancavano, e ora mancheranno ancor più, sedie, banchi e perfino carta igienica. Così i danni pregressi accumulati in lunghi anni di tagli sull’Istruzione vengono al pettine.

 

Rinfreschiamoci dunque la memoria partendo dal 1962, quando la legge n. 1859 istituì la Scuola Media Unica Obbligatoria e gratuita dagli 11 ai 14 anni, abolendo la Scuola Media di Avviamento professionale (della durata di 3 anni, risalente alla Riforma Gentile del 1923, che favoriva l’inserimento nel mondo del lavoro).

 

Tale riforma, senz’altro positiva nelle intenzioni, evidenziò tuttavia fin dall’inizio gravi problemi per il notevole aumento degli iscritti. Così mentre Don Lorenzo Milani sottolineava l’inutilità di bocciature ripetute più volte per carenti strategie di recupero, anche da diverse parti della società arrivava la denuncia dell’incapacità di offrire istruzione per problemi legati a classi sovraffollate, doppi e tripli turni giornalieri per mancanza di edifici scolastici, programmi vecchi e inadeguati a un numero crescente di alunni con accentuato divario culturale per la presenza di diverse classi sociali.

 

Il tentativo di recuperare un corretto rapporto tra scuola e società si concretizzò alla fine con la legge n. 477 del 30 luglio 1973, la cosiddetta “Legge Delega”. Il quadro complessivo del rinnovamento passò attraverso 5 D.P.R. (Decreti Delegati del 31/5//1974), ciascuno destinato a stabilire le nuove norme su un diverso settore.

 

Il DPR 416, in particolare, istituiva una serie di organi collegiali, in alcuni dei quali in modo democratico venivano introdotti anche rappresentanti di genitori e alunni: consigli di classe, di interclasse, collegio docenti, comitato per la valutazione del servizio degli insegnanti, consigli di disciplina degli studenti, consiglio di circolo per le elementari, consiglio scolastico distrettuale, consiglio scolastico provinciale, consiglio nazionale P.I.

 

Nonostante l’ entusiasmo iniziale di chi credeva in una scuola aperta a tutte le classi sociali, rimanevano purtroppo insoluti gli endemici problemi legati a edifici fatiscenti, mancanza di aule, di spazi da dedicare ai laboratori pomeridiani per una scuola a “tempo pieno”, necessaria soprattutto per colmare il divario culturale degli svantaggiati e dei ragazzi nei quartieri a rischio… problemi per i quali i non si trovavano mai i soldi!

 

Si parlò allora di “cultura di massa”, definizione fraintesa da molti, poiché ciò significò solo promozioni facili per tutti, ricchi e poveri, senza peraltro garantire alle classi meno abbienti un reale diritto allo studio, né quindi uguali opportunità per le scelte future.

 

Incapaci di risolvere i suddetti problemi (o non volendo), iniziò allora una politica del “lasciar fare” da parte di governi, lassismo che giovò solo al personale meno impegnato e assenteista.

 

Con il continuo mutare del quadro socio-politico generale, negli anni ’80 anche gli organi collegiali assunsero sempre più un carattere burocratico. Alla fine degli anni ’90 il ministro della Pubblica Istruzione, Luigi Berlinguer, intanto, già cominciava a parlare di “Scuola Azienda”, introducendo riforme simili quelle imposte alle fabbriche dalla globalizzazione: riduzione dei costi con fusioni, tagli sul personale, flessibilità, mobilità, stipendi non adeguati ma verticalizzazioni del personale. E in seguito piombarono sull’Istruzione dieci miliardi di tagli tra il 2008 e il 2012, per le politiche di austerità. Vari governi di destra e centro sinistra si sono ancora alternati imponendo numerose riforme scolastiche. Più colpevoli i partiti conservatori, meno sensibili a equità sociale e ai bisogni delle classi più umili.

 

Alla fine siamo arrivati agli attuali “Istituti Comprensivi”, sempre guidati dalla logica del risparmio e dei tagli su Istruzione e Cultura. In effetti un istituto comprensivo consente una grande riduzione dei costi, poiché esso consiste in un complesso scolastico all’interno del quale coesistono più gradi di istruzione, quali, ad esempio, scuola materna, elementare e media, tutte raggruppate in un unico complesso, con una sola presidenza, un solo consiglio d’istituto, un collegio dei docenti unitario e un esiguo personale ATA.

 

E purtroppo la pandemia ci ha resi tutti più schiavi delle nuove tecnologie, poiché tra smart working per gli adulti e lezioni telematiche per i ragazzi, si indeboliscono sempre più i rapporti umani. Ecco perché porre fine alla pandemia è di fondamentale importanza, rispettando almeno le norme igieniche previste per evitare il contagio, in attesa di un vaccino sicuro che non ci danneggi ulteriormente.

 

Cultura, Democrazia, Libertà sono senz’altro tappe inscindibili di un percorso verso un livello evolutivo più alto dell’Umanità. Il punto di partenza è senza dubbio la Cultura che non è soltanto istruzione, ma anche “educazione”, intesa come socratica ars maieutica (arte della levatrice), ovvero l'abilità educativa nel far venire alla luce conoscenza e verità attraverso il dialogo docente-discente.

 

Con l’uso di aggeggi elettronici di ogni genere, purtroppo tale aspetto non è prioritario, anche se in linea di massima il diritto allo studio è più o meno garantito. Pessima la situazione in tanti paesi dove tale diritto non è nemmeno riconosciuto e, non a caso, in essi sono assenti anche democrazia e libertà.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]