N. 16 - Aprile 2009
(XLVII)
Zéro de conduite
UNESCO E DISAGIO
GIOVANILE
di Giovanna
D’Arbitrio
Il problema
dell’indisciplina nelle scuole è ormai diventato
prioritario per i Ministeri dell’Istruzione di numerosi
paesi: insulti, insolenze, bagarre, vandalismo, violenze
di vario genere e talvolta perfino sconcertanti e
drammatiche stragi, diventano sempre più frequenti qua e
là nel mondo.
Cosa accade, dunque, ai giovani? Quali sono le cause del
disagio giovanile?
Lucia Iglesias Kuntz, giornalista del Courrier de
l’UNESCO, ha scritto un articolo “Zéro de Conduite”,
titolo che richiama alla memoria un vecchio film
francese del regista Jean Vigo, un tempo spesso citato
per contestare sistemi educativi troppo rigidi.
La Kuntz, in realtà, ci
offre un’interessante sintesi delle opinioni di diversi
esperti ed educatori che stanno studiando il fenomeno
dell’indisciplina per scoprirne le cause e proporre
soluzioni.
Bernard Charlot, professore di scienza dell’educazione
all’Università Paris VIII, autore di vari testi tra cui
“La Mystification pédagogique”, distingue 4 tipi di
indisciplina: gravi atti di violenza, punibili dalla
legge, infrazioni del regolamento scolastico,
comportamenti incivili, indifferenza ostentata e
provocatoria verso presidi e professori.
Paloma Garrido, insegnante presso un’università di
Madrid, sottolinea l’importanza di “fissare ruoli e
distanze”, affinché gli studenti comprendano fin
dall’inizio che il docente non è un compagno, altrimenti
tendono a sviluppare comportamenti insolenti ed
irrispettosi.
Alfredo Furlàn, esperto argentino in scienza
dell’educazione, afferma che “saper tener una classe” è
la prima qualità che un docente deve apprendere, ma
purtroppo nei corsi di formazione per i futuri
insegnanti a ciò nessuno pensa.
I pareri sono tanti e tutti evidenziano il fenomeno
ampiamente diffuso soprattutto nei paesi più ricchi,
poiché in quelli sottosviluppati il problema è meno
sentito (il diritto all’istruzione è infatti ancora una
chimera in molti di essi!).
In generale si rileva che
è necessario punire i trasgressori, benché purtroppo i
risultati siano scarsi e le severe punizioni non
funzionino più da deterrente come un tempo.
I gravi problemi della
società non restano certo fuori dalla scuola, anzi essa
ora li riproduce e li rispecchia, anche se in scala
ridotta: perdita di valori, violenza, effetti del
consumismo, incomunicabilità, la crisi della famiglia,
la minor attenzione dei genitori verso i figli, diffuso
senso di insicurezza ed instabilità, emarginazione,
povertà, problemi legati ai flussi migratori,
intolleranza e razzismo, sono i temi più discussi.
L’omologazione dei comportamenti e delle mode,
soprattutto, ci colpisce, un’omologazione ormai
globalizzata, dovuta all’influsso deleterio dei mass
media che bombardano i giovani con lo stesso genere di
messaggi, di programmi TV uguali in tutti i paesi, come
quiz e reality show, che impongono l’imitazione di falsi
miti, modelli superficiali ed inconsistenti oppure
deleteri e distruttivi.
Guadagnare subito e tanto,
e soprattutto senza sgobbare, è l’obiettivo! Molti
adolescenti così vogliono diventare calciatori, attori o
attrici, veline, vincere magari qualche favoloso premio
ad una lotteria e quant’altro!
Essi osservano il mondo in cui vivono, guardano gli
adulti, imitano i loro esempi negativi e si chiedono: -
Perché dobbiamo studiare tanto se poi non troveremo un
lavoro che ci consentirà di vivere bene o se addirittura
non ne troveremo uno!
Per lo spagnolo Antonio Garcia Correa, professore di
psicologia educativa, autore del libro “Un aula pacifica
para una cultura de paz”, il fenomeno è dovuto ad una
sorta di “analfabetismo emozionale”, una mancanza di
educazione ai sentimenti e ai comportamenti civili.
I sistemi educativi,
insomma, dovrebbero coltivare nei giovani il rispetto di
se stessi e degli altri, l’onestà, il senso civico, la
solidarietà, la compassione, la gentilezza, la
tolleranza.
E come potremo educare le nuove generazioni a tutto ciò
senza un’evoluzione positiva della società a livello
etico e spirituale?
Come insegnante ed educatrice, per gli studi fatti e le
mie esperienze “sul campo”, penso che i docenti debbano
almeno conoscere bene i problemi dei loro alunni per
poter contribuire alla loro “crescita” in modo concreto.
Anni fa ebbi l’incarico di
Funzione Obiettivo (che strani nomi s’inventa il
Ministero della P.I.!) per l’Orientamento nella scelta
degli studi successivi e, in particolare, per
individuare le cause dell’insuccesso scolastico, così
seguii diversi alunni ritenuti “difficili” per scarso
impegno e comportamenti indisciplinati.
Ebbi allora ancora una
volta l’opportunità di constatare che spesso
l’atteggiamento da “bullo” nasconde profonde ferite
interiori e gravi problematiche legate all’ambiente o
alla famiglia, un serio disagio psichico che spesso
esplode quando meno te l’aspetti.
Soltanto con la
collaborazione tra scuola, famiglia e supporti
territoriali, come validi assistenti sociali e
psicologi, si ottengono risultati positivi.
Personalmente, malgrado tutte le notizie negative di
giornali e telegiornali, continuo ad aver fiducia nei
giovani, nella loro capacità di cambiare quando qualcuno
s’interessa veramente a loro con affetto e
professionalità, cercando soluzioni concrete per
aiutarli.
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