[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

189 / SETTEMBRE 2023 (CCXX)


filosofia & religione

LA SCRITTURA RONGORONGO
Storia di una lingua misteriosa e indecifrabile

di Lorenzo Bruni

 

Con il termine “Rongorongo” si intende una particolare forma di scrittura tramite glifi, scoperta dagli europei sull’Isola di Pasqua nel corso XIX secolo, ancora oggi impossibile da decifrare. Il suo nome completo in lingua pasquense è Kohau Rongorongo, dove Kohau significa “legno utilizzato per fabbricare lo scafo della barca” e Rongorongo “il grande messaggio”, oppure “recitare, declamare”: il nome potrebbe essere tradotto in “legno di recitazione”.

 

Le testimonianze materiali che ci sono arrivate e che da anni hanno definitivamente abbandonato l’Isola di Pasqua per finire in musei o collezioni private, sono tutte incise su tavolette lignee, parte delle quali rovinate da bruciature. I glifi sono ottenuti tramite profondi solchi, impressi nel legno probabilmente adoprando denti da squalo; a fianco di questi ne sono presenti altri di profondità inferiore, una prima stesura, nella quale si pensa siano presenti anche errori di scrittura, ricavata con piccoli stili d’ossidiana.

 

Un ristretto numero di tavolette, in base alle analisi sopra condotte, sarebbe invece stato ottenuto con coltelli di ferro, i quali si ritiene siano arrivati in possesso della popolazione pasquense in seguito al commercio con gli europei: dato che il loro arrivo nell’area è datato nel XVIII secolo, queste sarebbero successive alle altre, presumibilmente create tra il 1200 e il 1400, oppure si tratti di imitazioni.

 

Il mistero della loro interpretazione resta legato in particolare alla scarsità del materiale a disposizione, dato che le tavolette sopravvissute fino ai giorni nostri sono soltanto ventisei, ma soprattutto a causa dell’assenza di fonti dirette: già a partite dalla seconda metà del 1800 nessun abitante dell’isola era più in grado di interpretare il significato dei glifi. Questo a causa della complicata e conflittuale storia della popolazione pasquense, la civiltà Rapa Nui (nome dato alla stessa isola e che può essere tradotto con “grande roccia”).

 

Pur non essendoci prove certe sulla sua origine, si crede che questa si sia formata nel corso del IX secolo in seguito alla migrazione di alcuni popoli polinesiani. In un primo momento i Rapa Nui vissero sfruttando al meglio le risorse naturali del luogo e la ristretta superficie dell’isola, ma dal 1200 in poi l’incremento demografico della popolazione e la volontà di utilizzare le palme per costruire i moai, i giganteschi monoliti in pietra, portarono a un inesorabile disboscamento e alla riduzione di fauna e risorse commestibili.

 

Nei due secoli successivi l’albero della palma si estinse del tutto e iniziarono violente lotte interne per il possesso delle poche risorse residue; ciò comportò una drastica diminuzione della popolazione, processo facilitato dal dilagare delle malattie portate dagli europei nel corso del Settecento e dalle numerose spedizioni schiaviste di tribù peruviane, delle quali la più sanguinosa avvenne nel 1862, che passò dagli originari 15-20mila abitanti fino ai 111 presenti nel 1877.

 

È nel corso di questi difficili secoli che la scrittura Rongorongo prima si sviluppò e, infine, andò a sparire, dato che i locali iniziarono a riutilizzare le tavolette lignee come combustibile o per costruire strumenti da pesca. Queste dovettero inoltre sopravvivere all’aperta avversione degli europei che, impossibilitati a leggere e capire ciò che vi era scritto, giunsero alla conclusione che si trattassero di invocazioni demoniache e ne distrussero una buona quantità.

 

In epoca contemporanea un importante tentativo di decifrare i glifi è stato compiuto nel 1914 dall’antropologa Katherine Routledge, la quale si recò in loco per intervistare due anziani di nome Kapiera e Tomenika, quest’ultimo da tempo malato di lebbra, che sembravano conoscere la lingua rongorongo. I due uomini, però, si contraddissero su più punti, rendendo la ricerca non scientificamente probante. Proprio per questo motivo la Routledge giunse alla conclusione che sulle tavolette non fosse utilizzata una vera e propria forma di scrittura, ma che i glifi appartenessero a un sistema mnemonico idiosincratico, un linguaggio che poteva dunque essere interpretato unicamente da chi lo avesse scritto o che fosse stato appositamente istruito per leggerlo. Prese così piede la teoria, riconosciuta tutt’oggi, che fossero litanie per sacerdoti e che con la scomparsa della casta sacerdotale fosse venuta meno nel popolo anche la possibilità di interpretarne i segni.

 

Nel corso della spedizione l’antropologa definì anche l’andamento bustrofedico inverso della scrittura, cioè scritto in direzioni alternanti: per essere letta, si doveva procedere fino al margine del supporto, invertendo la direzione nel rigo sottostante, dal basso verso l’alto. Un altro importante contributo è stato fornito da Rafal Wieczorek, professore dell’Università di Varsavia, secondo il quale il Rongorongo non sia una derivazione linguistica, evoluta dal polinesiano o da altre lingue della zona, ma si sia sviluppato in autonomia e indipendentemente dai sistemi di notazione conosciuti. Il professor Wieczorek continua tutt’oggi a studiare i glifi Rongorongo, sicuro prima o poi di riuscire a decifrarli.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]